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Un film di Julien Maury, Alexandre Bustillo. Con Béatrice Dalle, Jérémy Kapone, Catherine Jacob, Chloé Coulloud, Félix Moati.
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Titolo originale Livide. Horror, durata 88 min. - Francia 2011.
   
   
   

Il respiro livido di Bustillo e Maury Valutazione 3 stelle su cinque

di dario carta


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giovedì 31 maggio 2012

"A' l'interieur" (2007) è stato il debutto per il grande schermo del binomio Julien Maury e Alexandre Bustillo,festa splatter che i due registi hanno saputo far risaltare come termine ultimo di acclamazione al cinema gore gallico,in una follia visiva pari a quella di "Frontière(s)".
Il senso dell'immaginifico malato rovesciato nelle sequenze del primo lavoro trova seguito nel secondo titolo dei registi,"Livide",pellicola tanto inquietante e ambiziosa,quanto sofferente d'identità.
La titolazione "Livide" si fa testo di una spettacolarità portata dai registi ai margini della formula canonica dell'orrore,connotando un film che richiama a fiabe dark e racconti gotici in una coniugazione di generi fra fantasy e vampirismo,sfocianti in storie di spettri e creature non vive e non morte.
Lucy (Chloe Coulloud) è una giovane infermiera dedita all'assistenza ai malati e agli anziani.
Per il suo tirocinio è assistita dalla signora Wilson (Catherine Jacob) donna sbrigativa ma esperta nel suo lavoro.
Madame Jessel (Marie-Claude Pietragalla),ora anziana e costretta a letto in stato vegetativo,era stata una insegnante di ballo dai metodi di insegnamento discutibili.
Lucy viene a sapere dalla sua tutor che la vecchia signora custodisce nella sua villa,oramai fatiscente e abbandonata,un antico tesoro e che fosse stata madre di una ragazzina nata muta e morta da anni.
Lucy vuole sapere di più sul tesoro e con l'aiuto del suo fidanzato e di un amico,entra di notte nella magione della signora in coma.
Una volta all'interno della casa,la realtà che vive fra le mura e la vera natura dell'anziana donna si manifesteranno ai ragazzi in tutto il loro orrore.
"Livide" vive di atmosfere spettrali e immagini di fantasie trasposte oltre la misura della plausibilità - non richiesta nel catalogo horror - e saturate nella palette cromatica livida e violenta che pervade ambienti e figure su un palcoscenico oscuro e visionario.
Il film è pervaso da un'ossessione surreale,a volte grottesca,che alimenta tutta la narrazione,dall'incipit,presentato come un malinconico canto alla vecchiaia e all'infermità,mesti traguardi della caducità delle risorse umane,fino al senso di oscura irrealtà che,fra soluzioni macabre e suggerimenti fantastici,scorre nelle sequenze dove l'incubo si armonizza con il senso d'immaginazione.
La coloritura paonazza ed esasperata,azzeccatissima soluzione scenica intestata alla tipologia del racconto,vomita verdi malati negli ambienti chiusi e modella tonalità di grigio e azzurri assopiti negli esterni.
Lo score è una danza inquieta e invasata che culla la narrazione in un ritmo quasi ipnotico e equivoco.
La fotografia,affascinante e claustrofobica,fissa la suggestione della realtà opaca e sfuggente che respira nella polvere di un palcoscenico impagliato in un passato mummificato e irreale.
Giochi di ombre,riflessi e occhiate di luci lanciate sui muri lividi di una casa lasciata stagnare nel tempo,sono gli abbracci di una regia che si pavoneggia in mille particolari e in un'antologia di dettagli.
Se nel loro primo lavoro gli autori mostravano che aprire una porta potesse significare farsi aprire un ventre in stato di accoglienza di un nascituro,in "Livide" la protagonista vive una storia di liberazione,nei vivi curati dalle infermità,nei morti affrancati dalla prigionia e restituiti alla loro dimensione.
Se "A' l'interieur" parlava di un assedio,"Livide" parla di una reclusione.
Se il primo è il racconto di un folle incubo dove il sangue sgorga dalla brutalità e dalla scelleratezza,il secondo è un viaggio stilistico pennellato di virtuosismi visivi,una storia kitch tessuta in una trama animata da spettri,zombie e vampiri,una favola nera fra l'esoterico e il paranormale,l'horror e il visionario.
Il senso dell'immagine supera,per virtù registica,il suo stesso significato e lo spettacolo dribbla la formula esperita dello splatter d'ordinanza a privilegio di una rappresentazione pittorica della perversione.
Il film accorda i toni del cinema asiatico di genere ("The Ring") con le frasi del cinema horror francese ("La horde","Mutants","Martyrs","Morsive"),con i contrappunti del cinema di Guillermo Del Toro o Dario Argento (cfr. immagini e respiri della sig.ra Jessel con le sequenze di Elena Marcos in "Suspiria").
"Livide",lavoro ibrido ma stimolante,racconta e parla con un linguaggio affascinante,ma riesce a lavorare con successo fino a metà del suo potenziale.
Forse intenzionalmente pensato fin dall'origine dai registi come ambiziosa messinscena di una mescolanza di generi orbitanti nell'universo della paura e tradotti in spettacolo con un gergo fra il serio e il faceto,"Livide" trova il suo posto in una soluzione di regia un po' stilistica per un cinema più lusingato dall'eleganza e dalle forme che dalle virtù dei contenuti.

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