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Quarant'anni di esorcismi cinematografici

Da L'esorcista a Il rito, la tradizione del cinema esorcistico.
di Rudy Salvagnini

Anthony Hopkins in una scena del film Il rito.
Anthony Hopkins Altri nomi: (Sir Anthony Hopkins ) (86 anni) 31 dicembre 1937, Port Talbot (Gran Bretagna) - Capricorno. Interpreta Padre Lucas Trevant nel film di Mikael Hafström Il Rito.

lunedì 7 marzo 2011 - Approfondimenti

L'arrivo nelle sale de Il rito di Mikael Håfström non fa che perpetuare l'ormai consolidata tradizione del cinema esorcistico, capace di crearsi una solida nicchia all'interno del genere horror mettendo in scena lo scontro tra il Male assoluto e gli agenti del Bene. La religione ha sempre avuto un ruolo di rilievo nell'horror, soprattutto in quello di stampo gotico, proprio perché occupandosi quest'ultimo spesso di elementi soprannaturali malevoli è venuto naturale contrapporre a essi i simboli della fede. Basta pensare ai crocifissi protesi contro i vampiri. Nell'horror moderno, invece, generalmente questi simboli hanno meno valenza perché le vicende raccontate testimoniano di una società senz'anima: protendere un crocifisso davanti a uno zombie non produce alcun effetto (almeno in un film). I film esorcistici sono un'eccezione a questo atteggiamento perché sono ambientati in epoca contemporanea e mirano al realismo. E, attraverso il realismo, vogliono sottolineare l'esistenza del Diavolo anche nella società contemporanea, materialista e nichilista.

L'inizio è con L'esorcista
Il cinema demoniaco ha datazione antica, ma quello più propriamente esorcistico inizia nel 1973 con L'esorcista, un horror che ha segnato un'epoca non solo per la tematica, ma anche per aver aperto la stagione dei blockbuster, quei film evento che, distribuiti massicciamente, dominano il box office e determinano la scelta del pubblico invece che subirla. All'uscita, il film suscita notevoli controversie e dibattiti: il suo contenuto è preso seriamente e il suo approccio realistico paga in termini di spaventi procurati, anche perché tutti vanno a vederlo, anche quindi spettatori poco avvezzi a farsi spaventare al cinema. Ma sono anche anni particolari, in cui tutto è politica e L'esorcista è visto - proprio per la sua insistenza sulle istituzioni religiose e sulla loro lotta contro un Male esterno all'uomo - come un film reazionario e di destra, in contrapposizione all'horror eversivo e rivoluzionario affermatosi con La notte dei morti viventi. In un certo senso, come il successo di Guerre stellari pone fine alla stagione della fantascienza sociopolitica e impegnata (Il pianeta delle scimmie, 2022: i sopravvissuti e molti altri), allo stesso modo quello dell'Esorcista chiude un periodo di innovazione riportando l'horror al classico confronto tra Bene e Male. Considerando le cose a distanza di anni si possono però evitare prese di posizione pregiudiziali e riconoscere non solo la grande qualità del film di Friedkin, ma anche la notevole perspicacia nell'intercettare i malesseri sotterranei di una società opulenta alle prese con paure ancestrali.

La cinematografia italiana
Il successo de L'esorcista determina l'immediato diluvio di imitazioni da parte delle più svariate cinematografie. Tra queste si distingue quella italiana, pronta, soprattutto all'epoca, ad afferrare le occasioni giuste. L'anticristo di Alberto De Martino è il più illustre epigone e mette in scena una scatenata Carla Gravina nei panni di Ippolita, nobildonna romana preda della possessione demoniaca. Ma i titoli sono tanti: si va dal modesto L'ossessa di Mario Gariazzo con Stella Carnacina nel ruolo dell'indemoniata a fronteggiare un frate esorcista interpretato dal bravo Luigi Pistilli all'incredibile Un urlo dalle tenebre firmato da Elo Pannacciò e interpretato dalla vecchia gloria hollywoodiana Richard Conte, al suo ultimo film nei panni del prete esorcista che deve farsi carico della possessione di un giovane e delle angosce della sua sorella suora. Sconcertante e sconclusionato, è un trashone che può divertire. Per non parlare de La casa dell'esorcismo, un pedestre film composito che cerca di trasformare il macabro e suggestivo Lisa e il diavolo di Mario Bava in un film esorcistico con l'aggiunta sostanziosa di scene girate ex novo con uno spaesatissimo Robert Alda in clergyman. Caratteristica originale dei film italiani è, non sorprendentemente, un marcato accento erotico che non manca nemmeno nel tedesco I turbamenti sessuali di Maddalena di Walter Boos.

Fra Spagna, America e Oriente
Anche la cinematografia spagnola si distingue nel campo. Le notti di Satana di Juan Bosch mette in scena il robusto divo dell'horror iberico Paul Naschy come sacerdote esorcista. Naschy, anche sceneggiatore del film, ha sempre negato d'essersi ispirato all'Esorcista e di aver scritto il film prima dell'uscita del film di Friedkin. In ogni caso, il film - il cui titolo in spagnolo è l'inequivocabile Exorcismo - ha goduto dell'onda lunga del kolossal americano. L'eretica di Armando de Ossorio è un'altra variante ed è caratterizzato da qualche tocco inquieto in un contesto risaputo. Tra le imitazioni americane vale la pena almeno di ricordare l'incredibile Abby, appartenente all'allora imperversante blaxploitation e diretto da William Girdler, uno specialista del genere "animali all'assalto", che sarebbe morto pochi anni dopo in un incidente d'elicottero mentre cercava le locations per un suo film. Interpretato da attori di colore, Abby è un vero e proprio clone dell'Esorcista e vede, nel ruolo dell'esorcista, l'austero e bravo William Marshall, fattosi notare un paio d'anni prima con Blacula, la versione "nera" di Dracula. Il presagio e Amityville Horror - con il loro folto strascico di seguiti e remake - sono invece solo imparentati con il filone esorcistico e seguono prevalentemente percorsi originali, anche se hanno sempre a che fare con il demonio. Oltre alle imitazioni e agli epigoni, L'esorcista ha generato svariati seguiti: dal bizzarro e non tropo riuscito L'esorcista II di un John Boorman fuori zona e poco convinto all'ambizioso L'esorcista III diretto dall'autore stesso del romanzo originario, William Peter Blatty, incapace però di ridare linfa vitale alla serie. Ma ancora più curioso è il quarto episodio di cui esistono addirittura due versioni. Quella originale - Dominion: Prequel to the Exorcist - diretta da Paul Schrader (e uscita solo in dvd) e quella in grandissima parte rifatta da Renny Harlin su ordine della produzione insoddisfatta: L'esorcista - La genesi. Il fatto che il film scartato sia migliore di quello rifatto la dice lunga sul fiuto dei boss hollywoodiani. Da non dimenticare le parodie: in primo luogo l'ineffabile e indimenticabile L'esorciccio, diretto e interpretato con gusto da Ciccio Ingrassia, e poi Riposseduta, con Linda Blair che era stata la bambina indemoniata del film originale, appaiata al più improbabile degli esorcisti, che ha il volto sornione di Leslie Nielsen. Anche in Oriente non mancano film esorcistici. Per citarne solo alcuni si può ricordare in primo luogo Hex di Kuei Chih-hung, targato Hong Kong, bizzarro e visivamente affascinante oltre che capace di generare una piccola serie. Oppure i tailandesi Nang Nak di Nonzee Nimibutr, raffinato e toccante, e Il fantasma di Mae Nak che prende spunto dalla stessa leggenda e coniuga esorcismi e fantasmi: i credi religiosi sono diversi, ma il concetto del rito che deve cacciare il Male è lo stesso.

Gli anni più recenti
Nel corso degli anni, il filone esorcistico ha mantenuto una presenza magari discontinua ma persistente, modificando nel tempo alcuni elementi per rinnovarsi e inanellando svariati titoli a conferma del costante interesse del pubblico. Stigmate (1999) di Rupert Wainwright è un esorcistico appena un po' atipico e più disinvolto nel ricercare la spettacolarità: stavolta è il beffardo Gabriel Byrne a indossare gli abiti talari. Possessed (2000) di Steven E. de Souza recupera lo spirito dell'Esorcista mettendo in scena la storia del solo esorcismo documentato praticato dalla Chiesa cattolica nell'America moderna: almeno così dice una didascalia iniziale ed è proprio lo stesso episodio da cui ha preso spunto L'esorcista. Anche in questo caso l'ambientazione è estremamente realistica e la figura del sacerdote esorcista - interpretato da Timothy Dalton - ha tratti molto umani, con i suoi dubbi e le sue delusioni, ma anche con la ferma volontà di rimanere ancorato alla propria fede. The Exorcism of Emily Rose (2005) di Scott Derrickson riporta il genere ai fasti del successo popolare, tenendo sotto tono l'aspetto crudamente orrorifico ed enfatizzando quello realistico attraverso l'uso del collaudato format del film processuale. Requiem (2006) di Hans-Christian Schmid è basato sulla stessa storia di The Exorcism of Emily Rose, ma la affronta con un approccio molto diverso, ancora più dimesso e realistico, più dubbioso. Per nulla enfatico, rifiuta la spettacolarizzazione del fenomeno e ottiene risultati notevoli e convincenti. Il recentissimo L'ultimo esorcismo (2010) di Daniel Stamm è interessante per l'approccio fresco e originale al genere attraverso il connubio con l'ormai imperversante reality horror. Ma quello che è interessante non è tanto l'artifizio ormai più volte usato di voler far credere che quanto si sta vedendo sia vero, ma il fatto di aver posto al centro della storia un esorcista che si è ridotto a diventare un fenomeno da baraccone e vuole dimostrare quanto poco ci sia di sincero e di "vero" nelle pratiche esorcistiche praticate sin lì con fede sempre più calante. Lo sguardo che il film getta sul mondo ambiguo dei predicatori della provincia americana è inquieto e inquietante.

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