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luca.terrinoni
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venerdì 22 aprile 2011
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pietas per chi ha dimenticato se stsso
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Accade che il cardinale Melville (Michel Piccoli), a sorpresa eletto papa, non accetta la nomina. Non se la sente, non vuole, soffre per il senso di colpa, ma non può.Il conclave resta riunito, aspetta che il papa accetti o rinunci definitivamente alla carica. Ovviamente, nulla viene spiegato al pubblico nè viene detto il nome del pontefice; ciò permetterebbe di nominarne un altro, occultando l'accaduto.Un eminente psicanalista (Nanni Moretti) viene chiamato affinché aiuti il papa a risolversi. Ma l'incontro è (apparentemente) inutile, le limitazioni imposte al terapeuta ne imbrigliano le capacità.
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Accade che il cardinale Melville (Michel Piccoli), a sorpresa eletto papa, non accetta la nomina. Non se la sente, non vuole, soffre per il senso di colpa, ma non può.Il conclave resta riunito, aspetta che il papa accetti o rinunci definitivamente alla carica. Ovviamente, nulla viene spiegato al pubblico nè viene detto il nome del pontefice; ciò permetterebbe di nominarne un altro, occultando l'accaduto.Un eminente psicanalista (Nanni Moretti) viene chiamato affinché aiuti il papa a risolversi. Ma l'incontro è (apparentemente) inutile, le limitazioni imposte al terapeuta ne imbrigliano le capacità. Preoccupato dal fallimento, il portavoce del conclave (Jerzy Stuhr) fa incontrare il papa con un'altra terapeuta (Margherita Buy) in un contesto più appropriato; si tratta della ex moglie dello psicanalista, bloccato in Vaticano per ragioni di segretezza, dallo stesso suggerita ancorché convinta che ogni problema della psiche possa spiegarsi con un "deficit di accudimento".Al termine del colloquio e ricevuta la prevista diagnosi, Melville riesce a sfuggire alla scorta, e si rifugia nel cuore della città.Mentre lo psicanalista gestisce in modi a dir poco inconsueti l'attesa dei cardinali, ignari dell'accaduto (anzi, indotti a credere che il papa stia riflettendo nei suoi appartamenti); mentre il portavoce si adopera per rintracciare l'eletto e convincerlo ad accettare il mandato; Melville torna casualmente a contatto col il suo amore giovanile, il teatro. Alla fine, mentre Melville assiste felice al "Gabbiano" dell'amatissimo Cechov, i cardinali invadono il teatro, lo trovano e lo applaudono, assieme a tutti i presenti, rendendo così pubblica la sua elezione. Credono, così, di essere riusciti ad imporgli la nomina. Lo credono, e lo crediamo anche noi spettatori, quando vediamo Melville, perfettamente addobato da papa, avvicinarsi mestamente al balcone centrale del Vaticano per offrirsi all'enorme folla plaudente.
Sin qui la sinossi. Ora vi propongo cinque livelli di lettura del film.
Il primo livello di lettura è antropologico. Nessuno sconto viene fatto al conclave e ai cardinali: sono esseri umani, fanno parte di una elettissima schiera, ma hanno i loro problemi, come tutti, e soprattutto sono attanagliati da una feroce paura di sbagliare. Il regista rappresenta il conclave con la medesima mancanza di riguardo con cui lo psicanalista comunica con le loro eminenze. Predicate umiltà, eccovi umili; professate umanità, eccovi umani. Ma qui inizia e finisce l’affronto. I cardinali, infatti, sono trattati dal regista e dallo psicanalista con evidente simpatia, ben oltre la comprensione. Ridotti (o elevati?) ad esseri umani, meritano ogni rispetto; le loro speranze, i loro timori, le ambizioni inconfessate, il bisogno di sicurezza li assoggettano al più di una ironia, ma sono sostanzialmente integri, pronti al gioco, disposti alla sincerità appena si offra loro l’occasione. Come bambini, e bambini – lo sappiamo – abbiamo tutti dato al mondo il meglio di noi stessi. Ma, come bambini, sempre guidati da un adulto, il portavoce, (personaggio perfettamente disegnato, anche grazie alla splendida prova di Stuhr), che si sobabrca il “lavoro sporco” per garantire l’eternità dell’istituzione. Non c’è pesantezza, l’umanità dei toni ci costringe a sospendere ogni giudizio. Non c’è sarcasmo, c’è ironia, e non è la stessa cosa. E soprattutto speranza, speranza di potercela fare, di evitare il disastro, di potersi affidare ancora a Dio o alla vita: perché, come ci viene ricordato, “cambia todo”, possiamo essere noi stessi.
La canzone (nella storica interpretazione di Mercedes Sosa) cala come una carezza dall’appartamento del papa sui cardinali ansiosi, coinvolgendoli irresistibilmente: credono che sia il “loro” papa a mandargliela, e si lasciano andare, rapiti, ad una momentanea felicità. E possiamo capirli: sono abituati a tener lontana da sé, la felicità del momento, sono stati allevati nell’idea che il suo prezzo è la dannazione (“quando dirò all’attimo: fermati, sei così bello!”), ora scoprono che anche la gioia è “una bella scintilla divina”.
Il secondo livello di lettura, psicologico, riguarda Melville. Non l’abbiamo visto, durante le votazioni, mormorare lo stucchevole “non io, Signore”. Ma, appena resosi conto della forma che stava assumendo il proprio destino, lo sentiamo ruggire il suo “non possumus”. “Troppo umano”, il cardinal Melville non sa spiegare a se stesso cosa gli impedisca di immedesimarsi nell’altissima carica alla quale è chiamato. Non ha perso la fede, crede ancora che questa chiamata, in realtà frutto dello sfiancante stallo fra i favoriti, sia opera di Dio. Ma non la vuole, e non sa, non intende forzarsi. I brevi incontri con lo psicanalista e la ex moglie prima lo orientano ad inquadrare il proprio problema, poi a risolverlo, salvando se stesso. Uomo “senza qualità” (lo vediamo sgradevolmente brusco con chi vuole aiutarlo, poco aduso a conoscersi ed accettarsi, spaventato e insofferente), finisce tuttavia per darci una lezione di grande umanità, rifiutando – vecchio e malfermo – un destino, per quanto onorevole, che altri gli hanno assegnato. Ha trascorso la vita a rimpiangere il teatro, abbandonato per mancanza di coraggio; ma è, e si sente, “attore” (così dice alla terapeuta, ignasra dell’identità del misterioso paziente) e non vuole più lasciare quel gran teatro che è la vita. Di fronte alla sua silenziosa, ma ferrea, determinazione, i cardinali soffrono sinceramente (si copre gli occhi, il povero cardinal Cincotta, il bravissimo Roberto Nobile, la cui sorridente mansuetudine farebbe onore a più di un conclave), tranne forse i più intelligenti, i meno puri di spirito : come il cardinal Gregori (magnifico, imperscrutabile Renato Scarpa!), che certo assapora una nuova chance di successo, ma non può non avvertire la grandezza del rivale e, con essa, il dubbio tremendo che sia stato davvero Dio a sceglierlo.
La figura di Melville è straordinariamente nobilitata dalla performance di Piccoli, semplicemente perfetto: realmente straniato dall’intoppo linguistico, lo sguardo smarrito, angosciato dal dubbio di saper amare il prossimo se non ha accettato se stesso, ci offre il ritratto di un uomo, piuttosto che “inadeguato” al compito, pronto ad inventare un “nuovo” compito: “como todo cambia, que yo cambie no es extraño”. Semplicemente meraviglioso.
Il terzo livello è culturale, relativo alla psicanalisi. Un terreno già frequentato da Moretti, con il suo personaggio de “La stanza del figlio” (2001) oppure con gli irresistibili esperimenti di autocoscienza in “Ecce bombo” (1978). Magari i terapeuti fossero come quello interpretato da Moretti! Anche la figura dello psicanalista (godibilissima) è profondamente umana. Certo, entrando in un conclave, un tono deve pur darselo, ma poi rivela – dietro i modi da domatore - i propri complessi (il bisogno di ordinare la realtà, come quando difende coi denti lo schema del torneo di volley), le proprie debolezze (ci tiene a fare scopa e per distrarre gli eminenti avversari arriva a farsi compatire per il suo matrimonio fallito). Il culmine di questo percorso di “autoanalisi” arriva quando, dopo aver inutilmente glissato, è costretto dall’insistenza del cardinale australiano a dirgli che nessun bookmaker aveva puntato su di lui: lo fa con l’apparente sadismo di chi – spesso un genitore - deve dare un dolore e non sa farlo, e allora sconfina nella umiliazione di chi ha di fronte, umiliando nel contempo se stesso.
Infine, deluso dall’interruzione del torneo, lo psicanalista apprende col pallone sotto il braccio che il papa è fuggito ormai da giorni : il gioco è finito, la messa è finita .
La figura della ex moglie è meno sfumata: l’essere fissata con la sua “causa unica” non le fa professionalmente onore, e tantomeno negare di avere un nuovo compagno ai due figli che ormai l’hanno scoperto e accettato con tanta più maturità. Ma, sia come sia, è lei a suggerire a Melville la chaive del suo problema: non è forse un “deficit di accudimento” verso se stesso, in occasione di un iniziale insuccesso, che lo ha portato a tradire la sua vera vocazione in favore della ben più rassicurante carriera ecclesiastica?
Il quarto livello è storico e coinvolge la Chiesa. Molto garbatamente, Melville – prima in privato, poi ex cathedra - dice come la sogna: più attenta, meno chiusa, pronta a cambiare e a favorire il benessere spirituale. Chi lo ascolta sorride, pensa che il nuovo papa stia dichiarando il proprio programma, ma egli non crede di essere l’uomo adatto, con o senza l’aiuto di Dio. Il che richiama ovviamente Celestino V o il più recente papa Luciani, che fece appena in tempo a definire Dio "più madre che padre".
Il film parte con le immagini (reali) delle esequie di Giovanni Paolo II. Non so in quale ordine di priorità si collochi, per Moretti, la riflessione sullo stato della Chiesa (sono più propenso a pensare che la Chiesa sia qui, piuttosto, un interessante e paradossale spaccato dell’umanità). In ogni caso, come sappiamo, non è stato esattamente un papa “a la Melville” a succedere a Wojtyla. Lasciatemelo dire: lo immaginate Benedetto XVI che ammira il lungotevere da un bus in corsa, chiede ad un barista l’uso del telefono e infine gode nel ripetere le battute di Cechov? E con che profondo turbamento avrà accolto la propria elezione, dopo aver supplicato “non sono degno”? Altro che Celestino, qui abbiamo piuttosto un nuovo Bonifacio!
Ma la Chiesa non esce male dal film: non possiamo decontestualizzare, si tratta di un’istituzione con degli scopi e delle regole, come tutte le altre; che le regole passino al di sopra degli impulsi soggettivi, è nella natura delle regole; e che gli scopi siano proiettati sull’eternità, è nel suo essere Chiesa.
Si lascia il film con un sentimento di serena simpatia per i cardinali, e perfino per il portavoce, che certo non ha nella sincerità il suo punto forte, ma anche lui è onestamente impegnato.
In fondo, medici poliziotti o avvocati sono normalmente sinceri?
Nel complesso il film è coinvolgente : in sala si ride molto, soprattutto grazie al Moretti attore, lieve e divertito; ma ci si commuove in più occasioni e – miracolo! – più d’uno mi ha detto di aver lacrimato per un misto di risate e commozione. Fra le sequenze più emozionanti, quella – già richiamata - conla canzone “cambia todo”, quella in cui i cardinali si impegnano come ragazzi nella pallavolo, e quella finale, della quale preferisco non dire. Dà i brividi la sequenza del teatro: inquietanti creature, vestite di nero e di rosso, sembrano più diavoli a caccia di anime che cardinali in soccorso del confratello perduto; sentiamo la sorda violenza sorda di un destino che sempore incombe e prevale, in questa scena, la cui oggettiva inverosimiglianza può disturbare solo animi aridamente verosimili.
Il film, come si usa dire, riesce a toccare corde assai profonde. Ma è anche compito nostro, cardinali abitudinari e conformati, saperne godere con spirito di avventura. Ho sentito che Moretti ama definirlo una “commedia dolorosa”; apparente e raffinata antinomia: Da Ponte, come noto, definì il libretto del Don Giovanni, un “dramma giocoso”.
Dal punto di vista tecnico, la bellezza è conquistata con la cura ossessiva di ogni elemento. La fisionomia dei personaggi, affidati ad attori di non grande richiamo ma efficacissimi; la ricostruzione degli ambienti in cui la troupe non è stata ammessa e la collocazione di altre sequenze in luoghi perfetti; la misura delle scene di massa, una novità assoluta per Moretti.
Quanto al linguaggio, si apprezzano i movimenti di macchina, sempre funzionali e coinvolgenti, a partire dal carrello a ritroso sul papa rifugiatosi nella Cappella Sistina; le soggettive che riproducono lo sguardo del papa immerso nella vita della città; il delicato movimento laterale che ci mostra i tre finestroni dai quali i cardinali salutano affettuosamente l’illustre confratello, prendendo per sua l’ombra che si muove nelle stanze prospicienti.
Con molta serietà Moretti riprende i primi piani, ricchi dei segni del tempo.
Silvano Agosti raccomanda da sempre di ricordare che un buon primo piano richiede un fondo scuro e il campo occupato per almeno due terzi dal volto; esattamente quelli del film, soprattutto nella sequenza dell’annuncio finale. Non è difficile farli, basta mettersi al servizio della bellezza! Non a caso Hitchcock diceva che bastano due giorni per imparare la tecnica del cinema. Il resto sono le idee.
Scrive Giulia Canova, in un forum che a due giorni dalla “prima” già accoglie centinaia di pareri sul film, “Moretti mi ha fatto quasi tenerezza, l’ho visto più nudo del solito, con meno certezze da ‘bellissimo quarantenne’. Insomma ho amato questo film sin dai primi minuti”. La penso come lei, e sono grato a Nanni Moretti, perché è rimasto se stesso, perché ha realizzato questo film meraviglioso, perché ci fa pensare ancora che il cinema “è portatore di movimento, è audacia, è un atleta”. Lo ringrazio perché non si è allontanato da suo destino, nonostante una folla lo reclamasse affettuosamente alla guida del nostro riscatto. Si impegna da sempre a dare il suo meglio, che non è poco, ma talvolta gli tocca restare, con un pallone sotto il braccio, ad osservare gli altri che si rassegnano.
E questo era il quinto livello di lettura, che voi avevate dimenticato, ma io no.
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algernon
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domenica 24 aprile 2011
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una chiesa umanizzata
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una Chiesa umanizzata, informale, ingenua, tutte belle qualità che dovrebbero suscitare apprezzamento, ma invece no, la Chiesa deve conservare la sua veste formale e gerarchica, è credibile solo come esplicita struttura di potere. il film di Moretti è tutt'altro che anticlericale, anzi interpreta la Chiesa a modo suo, mostrando, anzi inventando, degli aspetti positivi. ed è normale che questo disturbi l'immagine che per la Chiesa è stata prevista. il film di Moretti è molto bello, uno dei suoi migliori, non è un film contrario alla Chiesa o alla religione, ma certamente è, almeno in parte, un film sulla Chiesa, e sugli uomini che la dirigono: il papa, o presunto tale, un magnifico Michel Piccoli di cui si raccontano il sentimento di inadeguatezza, la passione giovanile per il teatro, ed il rimpianto per non averla potuta mettere in pratica; i cardinali, ingenui e semplici, pronti ad appassionarsi alle partite di scopone e di pallavolo, o alle bombe con la crema e alle mostre di Caravaggio, belle persone un po' fragili.
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una Chiesa umanizzata, informale, ingenua, tutte belle qualità che dovrebbero suscitare apprezzamento, ma invece no, la Chiesa deve conservare la sua veste formale e gerarchica, è credibile solo come esplicita struttura di potere. il film di Moretti è tutt'altro che anticlericale, anzi interpreta la Chiesa a modo suo, mostrando, anzi inventando, degli aspetti positivi. ed è normale che questo disturbi l'immagine che per la Chiesa è stata prevista. il film di Moretti è molto bello, uno dei suoi migliori, non è un film contrario alla Chiesa o alla religione, ma certamente è, almeno in parte, un film sulla Chiesa, e sugli uomini che la dirigono: il papa, o presunto tale, un magnifico Michel Piccoli di cui si raccontano il sentimento di inadeguatezza, la passione giovanile per il teatro, ed il rimpianto per non averla potuta mettere in pratica; i cardinali, ingenui e semplici, pronti ad appassionarsi alle partite di scopone e di pallavolo, o alle bombe con la crema e alle mostre di Caravaggio, belle persone un po' fragili. e la fragilità dell'uno e degli altri è messa in luce dallo psicanalista Moretti, che con questa trovata prende decisamente il sopravvento. molto bello il peregrinare per Roma del papa Piccoli, in fuga dall'oppressione del ruolo, e i suoi passaggi per tram, cornetterie e teatri. molto belle le scene con la troupe teatrale. bravissimo l'attore pazzo interprete di Cechov, Dario Cantarelli, già visto tante volte nei film di Moretti. tanti attori bravi, Renato Scarpa, Jerzy Stuhr, Margherita Buy ... Ottima regia, ottima fotografia. bello.
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[+] mi ci ritrovo
(di angelo umana)
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pipay
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domenica 24 aprile 2011
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geniale radiografia critica di un mondo ingessato
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Un film che restituisce umiltà e soprattutto umanità alla figura del Pontefice, figura troppo spesso coinvolta con enormi giochi politici e di potere. Merita molto più il Papa smarrito e confuso che ci propone Nanni Moretti, grazie alla insuperabile interpretazione di Michel Piccoli, che un Tale (e qui dico qualcosa di molto impopolare) che con tutti i connotati del VIP ha fatto più chilometri in aereo di un pilota di linea per far montare il suo baldacchino rosso e dorato qua e là per il mondo (ben lontano però da luoghi funestati da epidemie o calamità naturali). E ora, con gran gaudio dei fedeli, verrà pure proclamato in gran fretta Beato. Le vie della grandezza, specie quella autentica, tutta interiore, passano invece sempre attraverso l'umiltà e il dubbio.
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Un film che restituisce umiltà e soprattutto umanità alla figura del Pontefice, figura troppo spesso coinvolta con enormi giochi politici e di potere. Merita molto più il Papa smarrito e confuso che ci propone Nanni Moretti, grazie alla insuperabile interpretazione di Michel Piccoli, che un Tale (e qui dico qualcosa di molto impopolare) che con tutti i connotati del VIP ha fatto più chilometri in aereo di un pilota di linea per far montare il suo baldacchino rosso e dorato qua e là per il mondo (ben lontano però da luoghi funestati da epidemie o calamità naturali). E ora, con gran gaudio dei fedeli, verrà pure proclamato in gran fretta Beato. Le vie della grandezza, specie quella autentica, tutta interiore, passano invece sempre attraverso l'umiltà e il dubbio. Peccato che questo "Habemus Papam" (al quale darei dieci stelle di votazione, se fossero disponibili) sia così lontano dalla realtà; un intelligente,originale e coraggioso divertissement che purtroppo, in questo Paese bigotto, troverà anche diversi ottusi detrattori. Molto improbabile, insomma, un terremoto ideologico e di comportamento in Vaticano.
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(di luana)
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immanuel
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martedì 26 aprile 2011
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un richiamo evangelico
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Quel papa tanto umile da non sentirsi adatto al ruolo per il quale è stato chiamato sembra simboleggiare una chiesa che si riconnette al vero messaggio evangelico, e che con tanta semplicità, ma con turbamento intenso, afferma di voler riflettere sul da farsi. Con grande spirito di riflessione cerca di guardare al modo migliore con cui affacciarsi alle sfide del domani. Moretti non affresca un quadro truculento delle gerarchie vaticane, non getta uno sguardo impietoso sui vizi, sulla corruzione o sulla deliquescenza morale dei prelati. Ne costruisce una rappresentazione bonaria e placida, quasi infantile, nella fragilità e nella povertà essenziale dell'umanità di quegli uomini di potere, ridimensionati sotto una lente geriatrica, quasi da gerontocomio (i cardinali impegnati nella partita di pallavolo, nei giochi da tavolo, nel ricomporre un puzzle, desiderosi di evadere, come nella scena dei tre prelati gitanti, dalla clausura del conclave per andare in quel posto dove preparano “dei bomboloni…").
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Quel papa tanto umile da non sentirsi adatto al ruolo per il quale è stato chiamato sembra simboleggiare una chiesa che si riconnette al vero messaggio evangelico, e che con tanta semplicità, ma con turbamento intenso, afferma di voler riflettere sul da farsi. Con grande spirito di riflessione cerca di guardare al modo migliore con cui affacciarsi alle sfide del domani. Moretti non affresca un quadro truculento delle gerarchie vaticane, non getta uno sguardo impietoso sui vizi, sulla corruzione o sulla deliquescenza morale dei prelati. Ne costruisce una rappresentazione bonaria e placida, quasi infantile, nella fragilità e nella povertà essenziale dell'umanità di quegli uomini di potere, ridimensionati sotto una lente geriatrica, quasi da gerontocomio (i cardinali impegnati nella partita di pallavolo, nei giochi da tavolo, nel ricomporre un puzzle, desiderosi di evadere, come nella scena dei tre prelati gitanti, dalla clausura del conclave per andare in quel posto dove preparano “dei bomboloni…"). Non li ridicolizza direi, ma li esalta nel loro essere semplici e innocenti, come quando (accade), a una certa età della vita, si ritorna alle ingenuità e ai capricci dell'infanzia. Nella modestia del cardinale Melville, non bramoso di potere ma desideroso del bene per la propria istituzione e quindi capace di fare un passo indietro, c'è la volontà e il desiderio di un recupero del messaggio originario, quel messaggio apostolico accantonato da una certa Chiesa e, secondo Moretti, destinato a riproporsi perché essa stessa non si estingua, soprattutto nel futuro che si affaccia, relativistico e privo di tensioni spirituali ("todo cambia" nelle note della struggente Mercedes Sosa). Al centro c'è il travaglio dell'uomo, ma anche un profondo disagio umano, nella dimensione propriamente collettiva. Una sofferenza psichica, dunque umana, per la quale, talvolta, le cure farmacologiche o terapeutiche non offrono garanzia di guarigione. Vediamo allora i cardinali imbottiti di tranquillanti e ansiolitici (dei quali lo psicoanalista Moretti spiega la distinzione), un attore ormai sull'orlo di una crisi professionale irreversibile, osserviamo aspettative giovanili tradite nel pontefice neoeletto: avrebbe voluto fare l'attore, si ritrova a dover guidare un gregge di milioni di anime, invece "ha lui bisogno di essere guidato". Il film si conclude in modo secco e deciso, quasi freddo, con una immagine che lascia un'incognita inquietante: il balcone del papa è vuoto, ne necessita uno nuovo, la Chiesa appare, ancora, priva di una guida.
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hidalgo
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giovedì 28 aprile 2011
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il papa umano di moretti
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Dopo la sua elezione, il nuovo Papa entra in una crisi da cui non sembra in grado di uscire in breve tempo e da solo. Il mondo cattolico è sotto shock per un fatto mai verificatosi prima, così i cardinali si giocano la carta della "nemica" psicoanalisi per salvare baracca e burattini. Nanni Moretti è il migliore (per sua stessa ammissione) nel suo campo, nonstante sia ateo e non faccia differenza tra inconscio e anima. Durante il suo "sequestro" tra le mura Vaticane, il Nanni nazionale ha l'occasione per dare libero sfogo alle sue idee anticlericali, con (in)delicato sarcasmo e sublime ironia, riuscendo tuttavia a non risultare nè offensivo nè blasfemo.
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Dopo la sua elezione, il nuovo Papa entra in una crisi da cui non sembra in grado di uscire in breve tempo e da solo. Il mondo cattolico è sotto shock per un fatto mai verificatosi prima, così i cardinali si giocano la carta della "nemica" psicoanalisi per salvare baracca e burattini. Nanni Moretti è il migliore (per sua stessa ammissione) nel suo campo, nonstante sia ateo e non faccia differenza tra inconscio e anima. Durante il suo "sequestro" tra le mura Vaticane, il Nanni nazionale ha l'occasione per dare libero sfogo alle sue idee anticlericali, con (in)delicato sarcasmo e sublime ironia, riuscendo tuttavia a non risultare nè offensivo nè blasfemo. Moretti può piacere o non piacere, ma ha classe, intelligenza e coraggio. Firma un'opera di pura fantasia, poco credibile ma proprio per questo perfetta. Umanizza la figura del Papa fino ai limiti del grottesco, e lo fa con attenta sensibilità nei confronti dell'uomo e non dell'abito che indossa. Non rinuncia - e fa bene - a tirare bordate qua e la alla Chiesa cattolica ("al Vaticano avete tutto eh? La benzina che costa di meno, la farmacia con le medicine che a Roma non si trovano..."), usa la ragione "contro" la fede, sostiene che la Bibbia è un libro depressivo e, per cercare di dare un senso alla monotonia delle loro vite, organizza un torneo di pallavolo tra cardinali(!) mentre sostiene la teoria darwiniana dell'evoluzione. Geniale e rispettosamente provocatorio, ci mostra un Papa come non siamo abituati a vederlo (e mai lo vedremo...), fuori dagli schemi, alla ricerca di se stesso tra i pagani, le camere d'albergo e le cene con una compagnia di attori teatrali, lui, The Pope, che in gioventù sognava di recitare. Verrà ritrovato dai cardinali proprio all'interno di un teatro, scenario ideale per un'altra stoccatina niente male: i prelati fanno il loro ingresso mentre gli attori sul palco parlano di come sia diventato difficile arrivare a fine mese...problemi che dalle parti del Vaticano non hanno. Papa Michel Piccoli (bravissimo, complimenti) viene ricondotto a "casa" per il gran finale che marchia in modo indelebile il significato del film e del pensiero morettiano. Da vedere. A mente libera...
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tumau
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mercoledì 27 aprile 2011
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moretti nanni - maliconica tenerezza
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Moretti in questo film affronta un aspetto quasi imbarazzante della vita odierna . La paura e la consapevolezza dell'essere inadeguati ad un compito .
La condizione di continua competizione rende raro un esempio ( come in questo film ) di rinuncia ad un incarico di prestigio al di la dei propri reali meriti e capacità .
Muore il Papa ed il conclave elegge un uomo mite che, come tutti gli altri cardinali, non si sente capace di sostenere il peso e la responsabilità del ruolo che gli si è stato affidato dal destino .
Il tormento dell'uomo è visibile e splendidamente interpretato da Michel Piccoli ; occhi che cercano una via di uscita, che fuggono e che soffrono in odo profondo e disperato, ben espresso nell'urlo di dolore smarrito che il neo Papa emette alla proclamazione al pubblico dei fedeli della elezione .
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Moretti in questo film affronta un aspetto quasi imbarazzante della vita odierna . La paura e la consapevolezza dell'essere inadeguati ad un compito .
La condizione di continua competizione rende raro un esempio ( come in questo film ) di rinuncia ad un incarico di prestigio al di la dei propri reali meriti e capacità .
Muore il Papa ed il conclave elegge un uomo mite che, come tutti gli altri cardinali, non si sente capace di sostenere il peso e la responsabilità del ruolo che gli si è stato affidato dal destino .
Il tormento dell'uomo è visibile e splendidamente interpretato da Michel Piccoli ; occhi che cercano una via di uscita, che fuggono e che soffrono in odo profondo e disperato, ben espresso nell'urlo di dolore smarrito che il neo Papa emette alla proclamazione al pubblico dei fedeli della elezione .
Moretti, come sempre da ampia importanza al valore assoluto che hanno le parole. Disprezza i conformismi lessicali, le cialtronerie televisive: in due occasioni rende spregevole sia il giornalista che chiede “ un totalino sulla Cappella Sistina “ che il pianto dell'opinionista che confessa di “improvvisare “. Ecco la cifra della sciatteria , della trita ripetizione di formule ripetute , buone per tutto e tutti . Oltraggio della cultura e della civiltà.
Così come non manca di denudare la moderna professione dello psicanalista , interpretato da lui stesso , incapace di fare nulla se non di organizzare un torneo di pallavolo ( dichiarando di averci impiegato tutta la notte ) come la ex-moglie e collega sa solo trovare soluzione ad ogni sofferenza dell'anima in un “deficit di accudimento “ , buono per ogni situazione .
Moretti odia ( e noi con lui) ogni formula semplice , predigerita, pronta all'uso. Senza profondità. Ogni compiacimento narcisistico ( salvo il suo naturalmente ).
Ma , al contrario di quel che ci si sarebbe aspettato, non incide con cattiveria sulla Chiesa e sui suoi rappresentanti più autorevoli. Li disegna, incerti, confusi, fuori dal tempo, ma anche pronti a servire con umiltà.
Ed in definitiva ci pone una domanda profonda e suggestiva : ma non sarà proprio colui che si sente inadatto ad essere, invece, la persona che meglio può affrontare le sfide ?
Una frase :” Non si preoccupi per l'inferno, non ci andrà neppure lei che è ateo , perché l'inferno è deserto, non ci va nessuno “. Come a dire , l'immensa misericordia di Dio perdona tutto e tutti.
Mauro
27 aprile 2011
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donpedrito
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venerdì 20 maggio 2011
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un uomo-papa col beneficio del dubbio
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Anche i Papi hanno dubbi. Nonostante il dogma della loro infallibilità e nonostante la necessaria fiducia nella Volonta divina, dietro i ruoli ci sono sempre uomini con le loro debolezze, le loro più o meno sopite aspirazioni e quindi i loro rimpianti. Il solito, acuto Nanni Moretti partorisce un film su un tema difficile e delicato non tanto per la tematica, già di per sè impegnativa come il bilancio di una vita, quanto per i soggetti ed i luoghi sui quali ruota la vicenda: i cardinali riuniti in conclave per l'elezione del nuovo Papa. Ma il nuovo Papa, un cardinale francese straordinariamente interpretato da Michel Piccolì, probabilmente afflitto da un "deficit di accudimento", autentico leitmotive psichiatrico del film, di assumere l'incarico proprio non vuole saperne.
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Anche i Papi hanno dubbi. Nonostante il dogma della loro infallibilità e nonostante la necessaria fiducia nella Volonta divina, dietro i ruoli ci sono sempre uomini con le loro debolezze, le loro più o meno sopite aspirazioni e quindi i loro rimpianti. Il solito, acuto Nanni Moretti partorisce un film su un tema difficile e delicato non tanto per la tematica, già di per sè impegnativa come il bilancio di una vita, quanto per i soggetti ed i luoghi sui quali ruota la vicenda: i cardinali riuniti in conclave per l'elezione del nuovo Papa. Ma il nuovo Papa, un cardinale francese straordinariamente interpretato da Michel Piccolì, probabilmente afflitto da un "deficit di accudimento", autentico leitmotive psichiatrico del film, di assumere l'incarico proprio non vuole saperne. Sfuggito alle attenzioni del cerimoniere vaticano (interpretato dall'ottimo Jerzy Sturh), vaga, finalmente "comune mortale", per le strade di Roma e conosce la vita reale, fatta di persone che prendono l'autobus, lavorano e inseguono le loro passioni come il teatro; proprio l'incontro casuale con un gruppo di teatranti fa riemergere delle nebbie del passato la sua vera vocazione per Cecov e la recitazione. Dopo momenti di autentica poesia e qualche gag interlocutoria (come quella dei cardinali impegnati in un torneo di pallavolo) all'improvviso sembra che il filo del film si perda per trascinarsi verso un finale avaro di emozioni in cui il Papa comunica al mondo una decisione che è già chiara fin dall'inizio. Un film all'altezza di un maestro come Moretti, ma non uno dei suoi migliori.
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marcel cerdan
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martedì 19 aprile 2011
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il film che non c'è
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Moretti dopo tanti bei film (con in mezzo il traballante Caimano) ci ha regalato una grande delusione. E' giusto aspettarsi una bella pellicola da Moretti, soprattutto se chi scrive è un suo grande fan, ma questo Habemus papam è forse il peggior film del regista romano. Si potrebbe dire che è un film che ha un inizio e una fine, ma manca tutto il resto in mezzo. Piccoli novantenne fa tenerezza nella parte di un papa sperduto e solo che vaga per Roma, ma la superficialità di tutto il resto non convince per niente. I cardinali sono dei simpatici vecchietti amorevoli (probabilmente molto lontani dalla realtà), gli psicologi sono due persone insicure e con poco da insegnare, gli attori di Cechov commedianti fuori dal mondo, le guardie svizzere ridicole marionette.
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Moretti dopo tanti bei film (con in mezzo il traballante Caimano) ci ha regalato una grande delusione. E' giusto aspettarsi una bella pellicola da Moretti, soprattutto se chi scrive è un suo grande fan, ma questo Habemus papam è forse il peggior film del regista romano. Si potrebbe dire che è un film che ha un inizio e una fine, ma manca tutto il resto in mezzo. Piccoli novantenne fa tenerezza nella parte di un papa sperduto e solo che vaga per Roma, ma la superficialità di tutto il resto non convince per niente. I cardinali sono dei simpatici vecchietti amorevoli (probabilmente molto lontani dalla realtà), gli psicologi sono due persone insicure e con poco da insegnare, gli attori di Cechov commedianti fuori dal mondo, le guardie svizzere ridicole marionette. Forse il personaggio più riuscito è proprio il responsabile della sala stampa vaticana, il polacco Sturh, che mostra tutte la preoccupazione per un gesto che fa fatica a comprendere. In mezzo a tutto ciò ci sono le giocose invenzioni di Moretti, che non servono però a tirare su un film che non ha ritmo, non ha trama e non desta interesse. I balli, i dolci, le scene sportive che un tempo incantavano in questo film annoiano. Moretti stesso è spesso fuori luogo in un personaggio che sembra caduto per caso in film che non ha uno svolgimento. Forse come il papa Piccoli, di cui non si dice mai il nome, anche Moretti è ormai fatto per essere condotto e non per condurre.
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giuliog02
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giovedì 21 aprile 2011
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fiabesco
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Una fiaba, delicata, raccontata con intelligenza, senso della misura, ironia. Fotografia e inquadrature di grande qualità. Recitazione assolutamente splendida di Michel Piccoli nella parte del papa e una grande performance anche del portavoce vaticano. Moretti ha saputo frenare sé stesso e si é ritagliato una parte non di primo piano, ma cruciale nello sviluppo della vicenda. Probabilmente questo - a mio avviso - é il suo miglior film. Una metafora di grande profondità, che - attraverso il dubbio del papa eletto sulla propria adeguatezza al ruolo - induce a pensare all'adeguatezza o meno dell'attuale pontefice alla guida di una chiesa che deve cambiare. Film da vedere.
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liagatti
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domenica 24 aprile 2011
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l'eleganza umana, parlando di dio
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sono uscita dalla sala colma di emozioni,quindi sono contenta di essere andata al cinema e ringrazio Moretti per la sua capacità di "sparigliare" tante mie conoscenze, credenze e convinzioni. il primo pensiero compiuto che sono riuscita a formulare è che guardando da vicino degli uomini che pensano di poter rappresentare Dio... non c'è scampo: il rigore sillogistico rende sempre ineludibile che la premessa si riveli falsa o inappropriata. Inappropriata, per l'appunto.
il secondo pensiero che mi è venuto è sulla bellezza dell'ascolto e del riconoscimento. Una bellezza che possiamo sperimentare vicina solo se siamo capaci di ascoltare qualcosa di qualcun altro e che ci può arricchire, se ancora esistono persone come Moretti.
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sono uscita dalla sala colma di emozioni,quindi sono contenta di essere andata al cinema e ringrazio Moretti per la sua capacità di "sparigliare" tante mie conoscenze, credenze e convinzioni. il primo pensiero compiuto che sono riuscita a formulare è che guardando da vicino degli uomini che pensano di poter rappresentare Dio... non c'è scampo: il rigore sillogistico rende sempre ineludibile che la premessa si riveli falsa o inappropriata. Inappropriata, per l'appunto.
il secondo pensiero che mi è venuto è sulla bellezza dell'ascolto e del riconoscimento. Una bellezza che possiamo sperimentare vicina solo se siamo capaci di ascoltare qualcosa di qualcun altro e che ci può arricchire, se ancora esistono persone come Moretti. Infatti, sono entrata in un cinema e ho ammirato una tela che non avevo dipinto io e neanche avevo mai visto, neanche avevo mai pensato di concepire e, insomma, non la conoscevo eppure...l'ho subito riconosciuta. Non con la ragione, non lucidamente. Anzi. Eppure proprio per questo sono contenta: perchè ora dovrò lavorare (un bel gioco nuovo) su tutto questo materiale che si è mosso e che richiede un riassetto.
Il terzo pensiero (l'ultimo per ora e per voi) è stato un pensiero sull'umiltà. cioè sul concetto costitutivo di tutta la filosofia cristiana e cattolica. Mi è venuto in mente di tutto: la filosofia niciana, quella agostiniana, il sapere esoterico e le allegorie dantesche e perfino la pedagogia del gioco simbolico, oltre naturalmente alla storia di Cristo e... basta. per ora basta. con umiltà metto da parte tanto sapere e mi concentro sull' umanità profonda e coerente (proprio per ciò sovversiva) e semplice (proprio per ciò elegante) che il regista mi ha trasmesso: come la sciocca di un villaggio sapiente mi vergogno della mia ignoranza ma solo perchè dell'uso che del nostro cosiddetto sapere potremmo fare... diffido. preferisco godere di questo sparigliamento creativo e assaporarne le possibili nuove costruzioni. Grazie al regista. l'unica cosa che boicotterei in qusto film è il contesto in cui viene prodotto e distribito: non schieriamoci . Non è contro la Chiesa nè troppo indulgente con essa. Non è in favore dell'umiltà cristiana o cattolica, nè la usa come Silone avrebbe usato le Leggi per parlare di giustizia. Non è una risposta ma mille domande. E' soltanto un'opera d'arte (mi vien da dire "umana, troppo umana") e se non ci schieriamo ma approfittiamo dei quesiti... forse possiamo meritarcela.
Lia
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