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tonyparadise
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mercoledì 16 novembre 2011
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da non perdere...
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Senza dubbio uno dei più bei film dell'anno, struggente, romantico e passionale allo stesso tempo. Un vero e proprio viaggio nella natura tormentata del protagonista attraverso l'amore per una donna che non può avere. Una fotografia e colonna sonora meravigliosa ,quasi anni 80, accompagnano tutto il film, che non smette d'incantare dal primo all'ultimo minuto. Vi consiglio di vederlo in originale, magari sottotitolato, per non perdere nulla di questa bellissima gemma.
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the mikemaister
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mercoledì 18 gennaio 2012
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il silenzio dei sociopatici
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Drive (non ha un nome nel film) è poliedrico lavoratore: stuntman – meccanico di giorno, autista per rapine di notte. Il suo datore di lavoro all’officina vede in lui un grande talento e decide di investire su di lui per farlo correre sui circuiti professionistici, entrando in società con dei malavitosi. Ma le cose andranno diversamente, ci sarà un risvolto emotivo – sentimentale che cambierà per sempre lo scenario nel complesso del tutto.
Mr. Drive è una figura criptica ed emblematica, gode di grande riservatezza ma al contempo ha una sfrontata maschera pirandelliana che utilizza all’evenienza senza fare troppi complimenti. Fermo, deciso, implacabile e perfezionista, Mr. Drive è semplicemente figlio di un’idea rivisitata della buonanima di John Wayne, il duro per eccellenza che non deve chiedere mai, anche se a mio avviso è “troppo” forzato il paragone.
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Drive (non ha un nome nel film) è poliedrico lavoratore: stuntman – meccanico di giorno, autista per rapine di notte. Il suo datore di lavoro all’officina vede in lui un grande talento e decide di investire su di lui per farlo correre sui circuiti professionistici, entrando in società con dei malavitosi. Ma le cose andranno diversamente, ci sarà un risvolto emotivo – sentimentale che cambierà per sempre lo scenario nel complesso del tutto.
Mr. Drive è una figura criptica ed emblematica, gode di grande riservatezza ma al contempo ha una sfrontata maschera pirandelliana che utilizza all’evenienza senza fare troppi complimenti. Fermo, deciso, implacabile e perfezionista, Mr. Drive è semplicemente figlio di un’idea rivisitata della buonanima di John Wayne, il duro per eccellenza che non deve chiedere mai, anche se a mio avviso è “troppo” forzato il paragone.
Se non fosse per una magistrale interpretazione da parte del nostro Ryan Gosling, Refn fa una rivisitazione di un cultbook che lascia a sprazzi desiderare: mentre il romanzo di Sallis presenta una netta spaccatura nella consecutio temporum, tracciando un solco netto tra il passato e presente del nostro Mr. Drive, nel film il tutto viene narrato in parallelo, senza ricorrere a flashback o cambi di scena, una scelta che, tutto sommato, incide relativamente nel complesso, dato che comunque nel film si respira la stessa atmosfera che chiunque avesse letto il libro avrebbe potuto respirare. Ma con una devastante differenza: il romanzo cura fortemente l’empatia con il lettore, le pause ed i silenzi sono frutto della spontaneità narrativa, cosa che Refn invece si permette di imprimerci sottostando al suo volere, diciamo che in questo film ha parafrasato il nostro libero arbitrio.
Questi silenzi sono una manifestazione assillante ed assordante per tutto il film, principi di una conversazione base mandati a fare un giro perché questi silenzi appunto dovevano manifestarsi con tutta la loro imponenza, una forzatura stilistica di cattivo gusto a mio avviso, un copione scritto in men che non si dica. E non facciamoci prendere dalla vena artistica secondo il quale “ciò che è strano è arte”, o meglio, non facciamoci persuadere dall’idea che le ambiguità e le stranezze siano frutto di una mente geniale, perché di solito queste manifestazioni sono il prodotto di un lavoro precipitoso e incurato. Non possono essere tutti Allen o Cronenberg, Tarantino o Scorsese, Burton o Ritchie. Per forza di cose la genialità è essa stessa identificabile in paragone ad un ente con facoltà inferiori, e cari lettori questo è il caso che va a pennello, perché quello di Refn è un pallido tentativo di affermarsi come grande, acquistando da un bagarino il biglietto per l’Olimpo…. Solo che il biglietto è falso, e noi ce ne siamo accorti.
Drive non ha amici. Drive non ha soldi. Drive non ha famiglia. Sembrano parole di Machete, ma qui di Rodriguez non si vede nemmeno l’ombra. Nicolas Winding Refn ci regala uno spettacolare sceneggiato che inneggia la mediocrità a tutto spiano; la sua unica fortuna è che,di questi tempi, dove tutti ambiscono a sfondare con un film epocale( anche se si dovesse trattare dei Puffi), dove le regie “normali” non esistono, dove il cast low-cost è ambito e ritenuto artisticamente attraente, la “normalità” acquisisce un peso particolare, persuade oserei l’immaginario del collettivo.
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[+] recensione populista, 'e noi ce ne siamo accorti'.
(di amyblue)
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maa54
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sabato 7 aprile 2012
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il guidatore inesperto
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Incuriosito dalla fantastica colonna sonora proposta da questo gettonatissimo film mi sono deciso a guardarlo, non sapendo minimamente di cosa parlasse. I dialoghi sono pochi e banali; la trama è divisa in due tronconi ben separati che poco hanno a che vedere tra di loro (complimenti vivissimi al regista) e la personalità del protagonista è un mix del perfetto buon samaritano/maniaco omicida incapace di ragionare ma solo (da perfetto super-uomo) di agire. Questo (a mio parere) può essere definito il film commerciale per eccellenza, la (mia) delusione cinematografica per eccellenza.
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ultimoboyscout
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domenica 13 maggio 2012
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io guido. e basta.
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Nicolas Winding Refn dimostra come conquistare Hollywood a 200 al'ora. Ha un passato da regista di nicchia europeo e un futuro da regista americano, e un dono particolarissimo per la fotogenia della violenza che ricorda alla lontana Tarantino. Non ne ha ancora forza e autorità, ma ha coraggio da vendere e voglia di stupire costi quel che costi che per un nulla non guasta le gesta e la storia di questo silenzioso samurai del volante che si innamora della ragazza sbagliata. Omaggia senza mezzi termini il "Driver" di Walter e tra un'ottima fotografia, inseguimenti mozzafiatanti, banditi tanto feroci quanto stupidi non cerca psicologia, profondità e moralità.
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Nicolas Winding Refn dimostra come conquistare Hollywood a 200 al'ora. Ha un passato da regista di nicchia europeo e un futuro da regista americano, e un dono particolarissimo per la fotogenia della violenza che ricorda alla lontana Tarantino. Non ne ha ancora forza e autorità, ma ha coraggio da vendere e voglia di stupire costi quel che costi che per un nulla non guasta le gesta e la storia di questo silenzioso samurai del volante che si innamora della ragazza sbagliata. Omaggia senza mezzi termini il "Driver" di Walter e tra un'ottima fotografia, inseguimenti mozzafiatanti, banditi tanto feroci quanto stupidi non cerca psicologia, profondità e moralità. Chi non le vuole si divertirà alal grande. Noir sanguinario e romantico, si astengano però i romantici poco noir da non sopportare sangue e petti squarciati. Colori scuri, toni dolenti, atmosfere che riportano al cinema notturno di Mann. Ma il merito immenso di Winding Refn è di non inventare e di non rimescolare nulla: illumina la strada del Santo Guidatore (occhio alla canzone finale) lungo questo grande action movie senza sgommate, piroette e sbandate fast & furious, che come quasi mai accade, batte anzi asfalta, l'omonimo romanzo di James Sallis da cui è tratto. La scena chiave del film è quella del'ascensore: prima il bacio tra Driver e Irene, poi le botte allo sconosciuto. C'è tanto di Winding Refn che in pochissimi secondi condensa dolcezza e orrore, unorismo e violenza smodata, smascherando completamente l'anima della pellicola. "Drive" è uno di quei film che difficilmente si dimentica, che mixa tanti generi (thriller, horror, western, action, gangster e sentimenti)a ritmi ed epoche differenti, trasforma L.A. in una giungla metropolitana con un eroe che ricorda Clint Eastwood e Steve McQueen. E stupisce come un danese abbia restituito al pubblico una città tanto americana come nemmeno i registi locali abbiano mai fatto, svela luoghi interessanti, quasi poetici grazie a uno sguardo totalmente "local". Il cocktail di dialoghi scarni, scenografie espressioniste, sconcertanti esplosioni di violenza e romanticismo disperato funziona come meglio non potrebbe, Gosling ci mette tantissimo del suo personaggio innominato, autista freelance, la colonna sonora pizzica pop-sinto e i titoli di testa in corsivo shocking pink introducono nella storia in maniera che non si crede finchè non si vede. Un progetto incosciente, come l'amora che racconta, difficile da raccontare e spiegare a chi non l'ha visto, è un calcio dritto nei denti che ci si porta dietro per anni e anni. Gosling è il talento cristallino del momento, aiutato da quella faccia da schiaffi (o da baci, vedete voi) che si coniuga con questo film fortemente iconico che , forse, è il più bello del 2011 e che ha permesso all'attore canadese di scrollarsi di dosso l'immagine di belloccio fin troppo standardizzata. Silenzi e fisicità alla Charles Bronson per lui, chapeau al regista capace di catturare quegli stessi silenzi e inquadrarli magicamente, facendone l'arma in più di un film pressochè perfetto.
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lucio
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venerdì 30 settembre 2011
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ul film livido e coinvolgente
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Un giovane meccanico di poche parole, forse intimamente malinconico, circondato da un mondo cinico e spregiudicato, tenta di sopravvivere alle vessazioni quotidiane di uomini senza scrupoli. Dentro una vettura nasce e si concretizza l'altro da sé. L'affermazione passa attraverso arcane pulsioni di riscatto che la società moderna racchiude in messaggi subliminali difficili da decifrare se non si hanno strumenti culturali adeguati. Le luci della città che passano attraverso il vetro non mutano il linguaggio del corpo di colui che non ha ancora trovato la retta via da percorrere. "Drive" è un ologramma, un film in cui è forte la dicotomia espressa dai comportamenti del protagonista che si sporca le mani di grasso in una officina meccanica e poi si offre alla malavita usando le sue abili doti di pilota come un grimaldello sociale.
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Un giovane meccanico di poche parole, forse intimamente malinconico, circondato da un mondo cinico e spregiudicato, tenta di sopravvivere alle vessazioni quotidiane di uomini senza scrupoli. Dentro una vettura nasce e si concretizza l'altro da sé. L'affermazione passa attraverso arcane pulsioni di riscatto che la società moderna racchiude in messaggi subliminali difficili da decifrare se non si hanno strumenti culturali adeguati. Le luci della città che passano attraverso il vetro non mutano il linguaggio del corpo di colui che non ha ancora trovato la retta via da percorrere. "Drive" è un ologramma, un film in cui è forte la dicotomia espressa dai comportamenti del protagonista che si sporca le mani di grasso in una officina meccanica e poi si offre alla malavita usando le sue abili doti di pilota come un grimaldello sociale. I morti ammazzati, il sangue che scorre a fiumi, sono le conseguenze tragiche, quasi ineluttabili, di una realtà metropolitana intrisa di violenza e di odio.
Immagini eteree si mescolano, all'improvviso, con alcuni frammenti del lato oscuro della mente. In questo senso il film è straordinario. Il giusto e l'ingiusto si rincorrono con il sottofondo di una colonna sonora onirica . Una donna semplice ferma il tempo e lo sottopone a catarsi. Nasce così un amore sincero che lei concede con gli occhi, con l'anima e con il candore universale della femminilità. L'amato forse la raggiunge dopo essere stato ferito gravemente. Il danaro resta sul selciato. I sentimenti autentici accendono il motore della vita.
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boffese
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venerdì 7 ottobre 2011
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driver gosling
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Nicolas Winding Refn , giovane regista danese, si conferma un cineasta moderno , irrazionale e audace, e grazie a drive , fa si' che il bellissimo e onirico Bronson, non rimanga una chimera nella sua filmografia.
Bravissimo , soprattutto a non cadere nella trappola Americana del filone dei Fast and Furious; e' vero ci sono inseguimenti pirotecnici e violenza , ma il tutto e' girato con maestria da grande cinema d'autore.
Refn ci regala uno splendido noir , con omaggi cinematografici del cinema americano losangelino anni 80, una pellicola alla Scorsese o alla Michael Mann, ma rimanendo sempre nel suo stile danish.
Una regia spietata , giustamente premiata a cannes, che riesce ad incollarti "alla poltrona di guida ", grazie ad una tecnica quasi da videogioco , capace di farti sentire il vero driver della chevrolet impala .
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Nicolas Winding Refn , giovane regista danese, si conferma un cineasta moderno , irrazionale e audace, e grazie a drive , fa si' che il bellissimo e onirico Bronson, non rimanga una chimera nella sua filmografia.
Bravissimo , soprattutto a non cadere nella trappola Americana del filone dei Fast and Furious; e' vero ci sono inseguimenti pirotecnici e violenza , ma il tutto e' girato con maestria da grande cinema d'autore.
Refn ci regala uno splendido noir , con omaggi cinematografici del cinema americano losangelino anni 80, una pellicola alla Scorsese o alla Michael Mann, ma rimanendo sempre nel suo stile danish.
Una regia spietata , giustamente premiata a cannes, che riesce ad incollarti "alla poltrona di guida ", grazie ad una tecnica quasi da videogioco , capace di farti sentire il vero driver della chevrolet impala . intensi primi piani , che raccolgono tanta tensione e solitudine grazie soprattutto ad un Ryan Gosling da oscar.
La sceneggiatura tratta dal romanzo omonimo di James Sallis e' scarna, taciturna ed essenziale come il suo personaggio principale. riesce nel difficile compito di raffreddare l'azione , di oscurare la violenza nella prima parte del film.
Fanno da cornice una splendida colonna sonora di Cliff Martinez, che spazia dall'elettronica anni 80 a pezzi pop come nightcall di Kavinsky o oh my love di Ortolani ; la fotografia di Newton Thomas Sigel capace di catturare tutto l'universo luminoso della notturna Los Angeles.
Il resto tutto gira intorno ad uno splendido Ryan Gosling ,antieroe , taciturno e senza nome , che ci regala momenti di talento di puro espressionismo , misto ad attimi di squilibrata violenza pulp.
Drive , e' una storia gia' vista , ma che grazie alla premiata ditta Refn-Gosling diventera' un cult.
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ettoregna
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venerdì 7 ottobre 2011
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drive e i suoi primi 15 minuti
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Drive è la storia di un ragazzo che fa lo stuntman part-time e l'autista di rapinatori occasionalmente. Schivo e di poche parole è sostanzialmente un bravo ragazzo che si muove per giuste cause ma la sua fredezza e determinazione appaiano subito evidenti nei primi 15 min film, minuti che valgono il film intero. Il ragazzo (nel film il nome non viene menzionato) passa la maggior parte della sua giornata guidando,come se questo lo aiutasse a pensare e a placare la sua inquietudine; in diverse scene infatti le emozioni dei protagonisti sembrano quasi essere accompagnate dalle manovre e dalle fermate dell'auto. Conosce irinne, se ne innamora e fa di tutto per salvarle la vita rischiando la propria.
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Drive è la storia di un ragazzo che fa lo stuntman part-time e l'autista di rapinatori occasionalmente. Schivo e di poche parole è sostanzialmente un bravo ragazzo che si muove per giuste cause ma la sua fredezza e determinazione appaiano subito evidenti nei primi 15 min film, minuti che valgono il film intero. Il ragazzo (nel film il nome non viene menzionato) passa la maggior parte della sua giornata guidando,come se questo lo aiutasse a pensare e a placare la sua inquietudine; in diverse scene infatti le emozioni dei protagonisti sembrano quasi essere accompagnate dalle manovre e dalle fermate dell'auto. Conosce irinne, se ne innamora e fa di tutto per salvarle la vita rischiando la propria. Bellissima la scena rallenty del bacio fra i due, caratterizzato da un infinita dolcezza che fa da contrasto alla violenza che viene subito dopo. Può sembrare un film noioso sopratutto nella prima parte a causa prinicipalmente dei pochi dialoghi ma non lo è, la storia è interessante e sicuramente le scene di azione riportano all'attenzione lo spettatore che vuol vedere come va a finire. I dialoghi come già detto sono pochi e i silenzi, sopratutto tra i due protagonisti, davvero troppo lunghi. Alcune scene, sopratutto legate ai boss del nino's pizza, le ho trovate grottesche ma tutto sommato vale la pena vedere questo film, sia per l'ottima regia di Nicolas Winding sia per la faccia di Ryan Gosling.
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[+] indimenticabile
(di il conformista)
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pier lorenzo pisano
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domenica 9 ottobre 2011
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poche parole, tanta adrenalina
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Una scena notturna altamente adrenalinica,ritmata da una musica che batte come un cuore pulsante. Sin dall’inizio ”Drive” si mostra nelle sue caratteristiche principali: un uomo di cui non conosceremo nemmeno il nome, la sua macchina, poche regole precise e poche parole, un rapporto tra sguardi, inquadrature ed elementi sonori sorprendente (che ha conquistato Cannes).
Quest’uomo (Ryan Gosling), guida durante le rapine, ed è il migliore nel suo campo.
Ci aspetta dunque un gangster movie on the road?
Lo seguiremo durante i suoi spostamenti, da una rapina all’altra, osserveremo con quanta arguzia si rende irrintracciabile e lo compatiremo per la sua vita priva di contatti sociali?
No, perché dopo pochi minuti lo vediamo di giorno in uniforme da poliziotto.
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Una scena notturna altamente adrenalinica,ritmata da una musica che batte come un cuore pulsante. Sin dall’inizio ”Drive” si mostra nelle sue caratteristiche principali: un uomo di cui non conosceremo nemmeno il nome, la sua macchina, poche regole precise e poche parole, un rapporto tra sguardi, inquadrature ed elementi sonori sorprendente (che ha conquistato Cannes).
Quest’uomo (Ryan Gosling), guida durante le rapine, ed è il migliore nel suo campo.
Ci aspetta dunque un gangster movie on the road?
Lo seguiremo durante i suoi spostamenti, da una rapina all’altra, osserveremo con quanta arguzia si rende irrintracciabile e lo compatiremo per la sua vita priva di contatti sociali?
No, perché dopo pochi minuti lo vediamo di giorno in uniforme da poliziotto.
E’ un geniale doppiogiochista?
No, e non è nemmeno un criminale, almeno non a tempo pieno: è uno stuntman di poche parole, che apparentemente non dà molto valore alla sua vita (esattamente 500 dollari in più, se durante la sequenza capovolge anche la macchina).
Alle prese con gli altri esseri umani concede rari, ma radiosi e sinceri sorrisi, sembra evitare il contatto umano e pare vivere in un mondo separato, il mondo di chi controlla completamente la sua vita o almeno è convinto di poterlo fare, così come la sua maestria al volante gli consente di fare quello che vuole in strada.
E’ un personaggio magnetico, caratterizzato da una gestualità minima, capace di una violenza selvaggia ma anche di attimi di dolcezza, sebbene non lo lasci mai trasparire. Si troverà incastrato in una situazione più grande di lui, e vivrà l’esperienza più bella della sua vita, come ammette egli stesso: un’ embrionale relazione fatta di qualche parola, sguardi e silenzi più eloquenti, ma anche alcuni dei momenti più atroci della sua vita.
Non bisogna pensare che per i dialoghi ridotti all’osso e l’apparente pacatezza del personaggio il film sia lento. Quando si sta dentro una macchina i nostri capelli non si muovono nemmeno, ma intorno a noi il mondo scorre freneticamente: così il film presenta molte scene di pura tensione, un intreccio interessante anche se ad un certo punto prevedibile, e un grande attore protagonista.
Punti deboli del film, un certo cambio di registro verso la metà, con una decisa virata verso lo splatter che non tutti potrebbero apprezzare, l’evolversi prevedibile della vicenda, ed il personaggio stesso, che nonostante ci abbia conquistato ci fa sorgere il dubbio che non sia appositamente costruito per piacere al pubblico.
Da segnalare assolutamente l’ottima colonna sonora, perfettamente incastonata con le atmosfere, sempre in sintonia con la scena del momento, ed anche bella da ascoltare.
Un film che getta finalmente un pò d’acqua ghiacciata nell’inferno del cinema attuale. Poteva essere ancora di più, ma diventerà comunque un cult.
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francesco2
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domenica 23 ottobre 2011
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ed io....avrò cura di te
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Di fronte a "Drive", è scontato dividersi tra chi proponga di superare i "generi", e saluti positivamente la menzione a Cannes (Che in realtà è stata alla REGIA), e coloro che interpretino l'interesse per questi titoli come una caduta del "Cinema d'autore", che porterebbe i critici, più o meno in buona fede, a elogiare un cinema una volta "Hollywoodiano".
Qualcosa (O forse molto, almeno in Italia) del genere si era visto quando "The Heat" con De Niro e Pacino fu visto all'inizio come cinema di "Intrattenimento" che suscitava curiosità per la contemporanea presenza di due mostri sacri, ma che si trasformò in un oggetto di culto (almeno) per i sempre più numerosi estimatori di Mann. Ma chi GUARDI e non VEDA l'inizio, può davvero non constatare l'alienazione che, con movimenti di macchina "semplici" eppure sinuosi e forse studiatissimi, il regista ci regala? Solo, nel suo andare e tornare, è il gelido quanto idealista protagonista, a tratti simile all'"idiota" di dostoevskijana memoria, nella sua apparente assenza che illumina con una luce lieve come la fiammella di un acendino, eppure accecante, grazie anche ad un eccellente doppiaggio italiano, che constateremo successivamente.
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Di fronte a "Drive", è scontato dividersi tra chi proponga di superare i "generi", e saluti positivamente la menzione a Cannes (Che in realtà è stata alla REGIA), e coloro che interpretino l'interesse per questi titoli come una caduta del "Cinema d'autore", che porterebbe i critici, più o meno in buona fede, a elogiare un cinema una volta "Hollywoodiano".
Qualcosa (O forse molto, almeno in Italia) del genere si era visto quando "The Heat" con De Niro e Pacino fu visto all'inizio come cinema di "Intrattenimento" che suscitava curiosità per la contemporanea presenza di due mostri sacri, ma che si trasformò in un oggetto di culto (almeno) per i sempre più numerosi estimatori di Mann. Ma chi GUARDI e non VEDA l'inizio, può davvero non constatare l'alienazione che, con movimenti di macchina "semplici" eppure sinuosi e forse studiatissimi, il regista ci regala? Solo, nel suo andare e tornare, è il gelido quanto idealista protagonista, a tratti simile all'"idiota" di dostoevskijana memoria, nella sua apparente assenza che illumina con una luce lieve come la fiammella di un acendino, eppure accecante, grazie anche ad un eccellente doppiaggio italiano, che constateremo successivamente. Ma sola è anche l'umanità che egli (tras) porta, tranne forse che non si autoimprovvisino grupp(ett)i, o si cerchi sollievo nello sguardo di un perfetto sconosciuto.
Successivamente ci "immergiamo" nel genere, con le sue storie (Ma sempre?) già viste, di padrini e figure di varia (dis)umanità, che nella loro apparentemente simpatica "Mediocrità" rischiano di suscitare anche maggiore antipatia dei padrini stessi. Come il tipo che, forse per stupidità o forse per malafede o per entrambe, finirà per causare guai "Non indifferenti". Ma "Driver", che come osserva Zappoli non ha un nome, è unico nel suo esere come tanti. E' disposto a mettersi in guai grossi per aiutare chi abbia pagato un debito con la giustizia, e _Soprattutto- si ricongiunga con l'oggetto di un nuovo amore(Ma la reazione di questo ex-galeotto non è troppo "Morbida", non perché di un ex-galeotto, ma perché morbida?).Nel proporci figure minori come la "complice", Winding Refn riempie lo schermo di "pennellate" da grande regista: una presentazione rapidissima (Un'inquadratura con una sigaretta in mano), poi un epilogo che porta con sé tutta la drammaticità dei "casinò" scorsesiani. Nel mezzo, la morte della menzogna che arriva grazie ad un uomo-macchina apparentemente "Robotizzato" che sembra uscito dal sopravvalutato "Festen", oltretutto di un connazionale del regista.
Ecco, questo citare ed attingere ha fatto pensare ad un film minore o comunque sopravvalutato. Cose simili erano sono state (già) lette a proposito del bellissimo, pur con qualche concessione al "genere", "Bastardi senza gloria" tarantiniano. Come se l'artista, una volta imparato, non rivelasse la sua grandezza nel momento in cui REinventa la realtà secondo una chiave personale. E "Drive", a parte qualche forzatura, reale lo è. E terribilmente. Ironicamente o crudamente, nel mostrare la violenza, ma lo è. E non è forse irreale che il protagonista, saldati i suoi _Suoi?- debiti col mondo, prenda -Letteralmente- la sua strada, in un mondo che a volte non offre speranza.Perché, forse, al regista non interessava rassicurarci -Troppo-, ma mostrarci la parabola di un antieroe; che, gelido in una realtà gelida, è foriero di ideali in un mondo in cui diobbiamo imparare a cavarcela da soli. Al più presto.
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blackredblues
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martedì 13 marzo 2012
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grand drive auto
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Entrando nella trama e nel mood del film ho pensato: “Dovrebbero farne un videogioco”. Poi quasi immediatamente mi sono detto: “Aspetta un attimo, qual è il videogame con cui hai allegramente buttato nel cesso badilate di preziosissime ore della tua gioventù?” La risposta è apparsa chiara e inequivocabile: “GTA”. Chiedo scusa in anticipo per il riferimento (veramente poco colto) che forse alcuni di voi non potranno cogliere ma, d’altro canto, sono sicuro che chi come me ha passato ore davanti allo schermo per terminare ossessivamente il gioco in questione, potrà comprendermi molto bene.
Per chi non conoscesse GTA (aka Grand Theft Auto) è bene specificare che trattasi di un popolare videogame che vede il giocatore assumere i panni di Nico Bellic, un criminale che in quanto ad attitudine da duro e occupazioni criminose non ha nulla da invidiare al biondo della pellicola.
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Entrando nella trama e nel mood del film ho pensato: “Dovrebbero farne un videogioco”. Poi quasi immediatamente mi sono detto: “Aspetta un attimo, qual è il videogame con cui hai allegramente buttato nel cesso badilate di preziosissime ore della tua gioventù?” La risposta è apparsa chiara e inequivocabile: “GTA”. Chiedo scusa in anticipo per il riferimento (veramente poco colto) che forse alcuni di voi non potranno cogliere ma, d’altro canto, sono sicuro che chi come me ha passato ore davanti allo schermo per terminare ossessivamente il gioco in questione, potrà comprendermi molto bene.
Per chi non conoscesse GTA (aka Grand Theft Auto) è bene specificare che trattasi di un popolare videogame che vede il giocatore assumere i panni di Nico Bellic, un criminale che in quanto ad attitudine da duro e occupazioni criminose non ha nulla da invidiare al biondo della pellicola. Le attinenze tra la dinamica del gioco (guidare auto rubate e fracassare teste facendo carriera) e ciò che è rappresentato nel film sono davvero notevoli.
Torniamo al film. La storia è quella dello spietato e violentissimo Nico (ho deciso di prendere il nome in prestito da GTA) il quale, oltre alle caratteristiche che ho appena, è incidentalmente dotato di un cuore tenero come un marshmallow. Nico durante la sua routine lavorativa piuttosto variegata, inciampa in una coppia madre figlio con padre in carcere (suoi vicini di pianerottolo) e nel frequentarli trova magicamente quella dimensione di sicurezza, accudimento e amore che con buona probabilità tende a mancargli quando di notte guida per la mala, minaccia persone e riceve pistolettate dagli sbirri.
Il marito tornerà dal carcere con un debito con dei malavitosi i quali a loro volta minacceranno di rivalersi terminando la sua famiglia. Nico, oltre a farsi cavallerescamente da parte nonostante l’amore nascente per la giovane donna, in prima battuta tenterà di aiutare il marito (in odore di corna) a pagare il debito guidando per una rapina, in seconda battuta (essendo andato storto il piano A) si prodigherà, a costo della sua stessa vita, per salvare la mamma e il bimbo (uccidendo a sangue freddo un po’ di gente quà e là).
Il mio parere su questo film è combattuto, la trama e il suo articolarsi restituiscono una forte sensazione di carenza neuronale. Mettiamola così: non è un film fatto di fine introspezione emotiva e nemmeno di un dipanarsi credibile della storia.
D'altra parte è evidente che a monte non vi sia questo intento e allora che cosa rimane? Resta un grosso, rozzo, modernissimo e brutale coacervo del nerdoso (la "n" non è un refuso) intrattenimento made in 2011.
Valanghe di riferimenti a film e telefilm polizieschi anni ‘70 (un tuffo al cuore quando ho riconosciuto lo scorpione dell’Abarth sulla giacchetta del biondo). Musiche e scritte in stile primi ’80 (chi ha scelto il font e il pink dei titoli di coda è un grande) e molto altro ancora in questo senso.
Siamo tristi, superficiali e ci crogioliamo in riferimenti a ciò che era e che ora non è più, come il protagonista arriviamo dal nulla e finiremo nel nulla ma...e se ci piacesse così?! ;-)
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[+] ok
(di liuk�)
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