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È lui o non è lui? Certo che è lui!

Greggio e il suo Box Office 3D aprono la 68. Mostra del Cinema.
di Ilaria Ravarino

Ezio Greggio arriva al Lido in compagnia di Anna Falchi
Ezio Greggio (70 anni) 7 aprile 1954, Cossato (Italia) - Ariete. Regista del film Box Office 3D - Il film dei film.

mercoledì 31 agosto 2011 - Incontri

È lui o non è lui? È proprio lui, Ezio Greggio, in smoking al centro della Sala Grande a ricevere applausi da un pubblico più o meno affezionato, più o meno convinto, più o meno turbato. E a un sedile di distanza ci sono proprio loro, Marco Müller e Paolo Baratta, rispettivamente Direttore del festival di cinema più antico d’Europa e Presidente della Biennale d’Arte, stravaccati sulla poltroncina della sala fresca di restauro con due paia di grossi occhiali per il 3D, indossati con l’entusiasmo dei bambini. Bizzarra pre-apertura della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con il ritorno alla regia di Greggio, dopo 16 anni, con Box Office 3D: parodia a episodi (11) dei kolossal americani, da Il signore degli anelli ad Avatar, con attori di scuderia italiana, da Gigi Proietti ad Anna Falchi, da Biagio Izzo ad Antonello Fassari e i cameo dei televisivi Biscardi, Pizzul, Giurato e Buonamici. Nelle sale, per tutti, dal 9 settembre in 300 copie.

Greggio, come si è sentito in sala?
È stato un momento meraviglioso. Ho sentito l’affetto del pubblico, anche prima che si spegnessero le luci e cominciasse il film: non ho mai ricevuto tanti applausi in vita mia. Venezia è un sogno. E questa pre-apertura dimostra che la commedia ha finalmente rotto gli argini, dopo un anno di grandi successi e dopo gli elogi di Tarantino è riuscita ad approdare anche alla Mostra.

Il suo film apre Venezia: come ha fatto a convincere Müller?
Venni qua 6 o 7 anni fa per parlare del mio festival, quello della commedia a Montecarlo, e cercai in quell’occasione di consegnare un tapiro d’oro a Müller, per segnalare la singolare penuria di commedie nel programma della Mostra. Poi, quando tornai qui con il film di Avati nel 2008, già Venezia apriva con una commedia dei Fratelli Coen. Quando ho mandato a Müller il film in visione, credo che lui non abbia fatto altro che cogliere la palla al balzo.

E Gina Lollobrigida? Come l’ha convinta a partecipare?
L’avevamo premiata al mio festival, è risultata l’attrice più votata dal pubblico e per me è un mito. Si assomiglia, è identica a se stessa, non è come le donne che a una certa età non le riconosci più. Ho pensato: già che devo massacrare il cinema, gli faccio anche un omaggio. Lei ha accettato ed è venuta sul set da New York: a me sembrava incredibile che nel 2011 io potessi girare una scena con lei. E sul set c’è stata una processione di persone che venivano a salutarla, a stringerle la mano, a parlarle.

Perché tornare alla regia dopo 12 anni?
Perché dopo l’ultimo film ero stanco, ma la Moviemax mi ha convinto. Il mio elemento naturale è la recitazione, faccio il regista solo quando non posso farne a meno. Credo però che Box Office 3D sia il più carino dei miei film, ha un gran ritmo, è un piccolo kolossal italiano. Sono orgoglioso di aver dimostrato nel mio piccolo che anche l’Italia ha un ottimo know-how, abbiamo realizzato un 3D non fastidioso e messo insieme un gruppo di lavoro esperto. E insomma, con una sola delle nostre scenografie ci venivano dieci film.

Perché ha scelto di parodiare i film americani?
Perché questo è l’anno dei sequel americani, dei film come arance spremute, con attori che invecchiano e prodotti non straordinari. Avatar era eccezionale, sì, ma solo sul piano tecnico. Sono contento che per una volta il cinema italiano abbia preso in giro quello americano.

Perché non parodiare il cinema italiano? Si è autocensurato?
Io adoro il cinema italiano, sono un fan di Benigni, Verdone e Olmi, che per inciso è un gran seguace di Striscia la Notizia. Anche Brizzi è un ottimo regista, e Moretti un autore che fa cinema con la sua chiave personale, come Fellini e Monicelli. Noi non abbiamo bisogno di parodia, la parodia si fa sull’industria e non sugli artigiani. Non avrebbe avuto senso parodiare i film di Checco Zalone o di Bisio. Semmai è il paese che meriterebbe attenzione, ed è quello che faccio tutti i giorni con Striscia la Notizia.

I guai dell’Italia però si affacciano in alcune battute. Pensa che qualcuno si offenderà?
No, il gioco sulla Medusa Film che diventa “Fitusa” è un gioco, siamo amici. E Berlusconi credo sia allenato alle battute. La battuta sugli “Stati disuniti d’Italia”, beh, chi l’ha colta l’ha colta.

Il film sarà distribuito all’estero?
A tappeto. In molti sono interessati.

Si sente mai prigioniero del suo ruolo di fustigatore di costumi?
Della tv non mi sento prigioniero, se voglio scappo facendo fiction o cinema. E quanto a Striscia me la tengo stretta. Resiste da 24 anni, ce la chiede l’Italia. Il 26 settembre infatti tornerò in onda con Iacchetti.

A Striscia si censura?
No. Facciamo grandi ascolti e sono i fatti del giorno a determinare le nostre scelte, Bersani o Berlusconi. Che poi magari Berlusconi si arrabbia di più se lo prendiamo in giro per il cerone che se lo pungiamo sulle le tasse. Le querele le prendiamo anche noi, siamo il numero uno dei querelati. Solo che quasi sempre le vinciamo.

Se avesse la bacchetta di Harry Potter come cambierebbe l’Italia?
Mi servirebbe una fabbrica di bacchette.

E della politica cosa ne pensa?
Che la gente è migliore della classe politica che la rappresenta.

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