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A ben 12 anni da quel Jin-Roh che aveva visto il suo esordio come regista (di un progetto che tuttavia apparteneva più a Mamoru Oshii), Okiura torna nei cinema con un nuovo anime, di matrice stavolta del tutto personale.
Un film d’animazione placido, elegiaco, malinconico, estremamente affascinante sul piano figurativo (capace di creare sfondi di grande bellezza, dettagliati e realistici, nonché personaggi esilaranti e fortemente caricaturali, ovvero i tre “demoni”, che rimandano iconograficamente alle illustrazioni del periodo Edo), meno su quello narrativo, pur nella sua indiscussa capacità di trattare temi anche complessi (l’elaborazione del lutto, il rimorso) e di costruire personaggi femminili (ma non solo) a tutto tondo ai quali non si può che affezionarsi.
Ricorda molto il cinema di Miyazaki, ma questo non è da considerarsi certo un difetto. Mentre a dover essere considerato tale è il fatto che, al tirar delle somme, la storia si risolva in poca cosa, non tutte le intuizioni siano di prima mano e in alcuni passaggi il film arranchi non poco, faticando a raggiungere le due ore.
Forse avrebbe tratto beneficio da qualche taglio, anche se si può legittimamente sostenere che fosse nelle intenzioni del regista creare un clima così sospeso, placido per l’appunto (capace, fugacemente, di toccare corde fin quasi poetiche).
Peccato che, nonostante un paio di momenti realmente convincenti, quando non direttamente esilaranti (vedi la fuga dai cinghiali), appesantisca un po’ troppo la narrazione (come quasi mai accade, invece, in Miyazaki) quando si sofferma a disquisire di aldilà e altri temi connessi.
Ciononostante, rimane un anime di pregevole fattura, ben animato e capace di regalare almeno una sequenza memorabile (quella della corsa in motorino in mezzo alla tempesta).
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