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montana92
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domenica 29 gennaio 2012
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specchio di una realtà!
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A.C.A.B. è un film sociale, possono dire che sia troppo di destra, troppo crudo, troppo violento ma non è altro che lo specchio della nostra società.
Il film abbraccia quasi tutti i tipi di problemi dei nostri giorni, dagli scioperi dei lavoratori, alla politica passando per gli ultrà allo stadio fino agli immigrati, si perchè che i finti buonisti si scandalizzano o meno nei problemi dei nostri giorni gli immigrati ci rientrano e come.
La storia non è nulla di ecezzionale ma di questo film si deve vedere il contesto. Sollima dopo il grandissimo Romanzo Criminale-la serie, si conferma un buonissimo regista, e di questi tempi in italia è oro nel deserto!
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big85
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domenica 29 gennaio 2012
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all cops are bastards? sì
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Secondo il giudizio di Sollima: tutti i poliziotti sono fascisti, frustrati e incapaci di scindere tra vita privata (irrimediabilmente disastrata) e lavoro.
Scordatevi un film politicamente scorretto (e quando mai?) o buonista verso le forze dell'ordine. Come in tutti i film italiani manca il punto prendendo una posizione regalando però un interessante spaccato su "quelli che stanno dall'altra parte"...romanzato ovviamente.
Per quanto riguarda le implicazioni di comportamenti e ideologie ognuno può trarre le conclusione che vuole da un tema attualissimo e scottante, Sollima non mette limiti.
Il film che ne esce è molto buono e coivolgente per l'ambietazione, chi è di Roma si può divertire come me ha ritrovare i luoghi delle scene girate, per le musiche, che ti sfidano ha rimanere fermo sulla poltrona (The Clash, Pixies, White stripes) e per le soluzioni di transizione che permettono al ritmo di non calare mai lasciandoti sempre con la voglia di sapere cosa succede dopo.
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Secondo il giudizio di Sollima: tutti i poliziotti sono fascisti, frustrati e incapaci di scindere tra vita privata (irrimediabilmente disastrata) e lavoro.
Scordatevi un film politicamente scorretto (e quando mai?) o buonista verso le forze dell'ordine. Come in tutti i film italiani manca il punto prendendo una posizione regalando però un interessante spaccato su "quelli che stanno dall'altra parte"...romanzato ovviamente.
Per quanto riguarda le implicazioni di comportamenti e ideologie ognuno può trarre le conclusione che vuole da un tema attualissimo e scottante, Sollima non mette limiti.
Il film che ne esce è molto buono e coivolgente per l'ambietazione, chi è di Roma si può divertire come me ha ritrovare i luoghi delle scene girate, per le musiche, che ti sfidano ha rimanere fermo sulla poltrona (The Clash, Pixies, White stripes) e per le soluzioni di transizione che permettono al ritmo di non calare mai lasciandoti sempre con la voglia di sapere cosa succede dopo.
Gli attori romani tutti bravi ma molto stereotipati nel coatto romano (ma Giallini è sempre così?), ovviamente sopra a tutti Favino che in qualunque ruolo lo si vede sembra vero. Per gli altri solo le briciole.
La regia è collaudata e quindi non innovativa ma molto funzionale nell'intrattenimento; è il tipo di film che vuole sembrare una pellicola americana ma con una sceneggiatura più coinvolgente e finalmente senza la solita deriva sentimentale strappalacrime.
Consigliato da Big!
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enrysonci
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domenica 29 gennaio 2012
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sollima un genio!
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Il regista conferma l'ottima regia già dimostrata con le 2 serie di romanzo criminale. Il film però si eleva a un livello superiore, portando con se tematiche e domande senza una facile risposta. Il significato della violenza nella nostra società, il concetto di fratellanza, delle istituzioni, ecc... Con la crema degli attori italiani, un montaggio in stile hollywood, il miglior film italiano dell'anno!
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bella earl!
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domenica 29 gennaio 2012
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un film forte, che non condanna ne assolve.
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- Crede che mi piaccia spaccare la testa alla gente? Che mi diverto, a farlo? -
Cobra, Negro e Mazinga sono tre celerini della vecchia guardia poliziotti che fanno tutto ciò che è in loro potere (e anche che non lo è) per far rispettare le leggi. Ma hanno una situazione famigliare difficile: Cobra è sotto processo per lesioni aggravate, Negro ha una famiglia composta da una moglie cubana che non lo vuole più vedere e una figlia che tiene a lui ma affidata alla madre e Mazinga non riesce a recuperare il rapporto col figlio. In mezzo a queste loro vite difficili e anche alla difficoltà di essere un celerino si aggiunge alla loro squadra Spina un giovane che prova gusto nella violenza.
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- Crede che mi piaccia spaccare la testa alla gente? Che mi diverto, a farlo? -
Cobra, Negro e Mazinga sono tre celerini della vecchia guardia poliziotti che fanno tutto ciò che è in loro potere (e anche che non lo è) per far rispettare le leggi. Ma hanno una situazione famigliare difficile: Cobra è sotto processo per lesioni aggravate, Negro ha una famiglia composta da una moglie cubana che non lo vuole più vedere e una figlia che tiene a lui ma affidata alla madre e Mazinga non riesce a recuperare il rapporto col figlio. In mezzo a queste loro vite difficili e anche alla difficoltà di essere un celerino si aggiunge alla loro squadra Spina un giovane che prova gusto nella violenza. Cobra, Negro e Mazinga, per riabilitarsi, tenteranno di cambiare il ragazzo.
Un cast d'eccezione interpreta il primo lungometraggio targato Stefano Sollima. Già rivelazione in "Romanzo Criminale - La Serie" Sollima sembra voler continuare la sua striscia positiva aggiungendo questa piccola perla di cinema italiano al suo repertorio. Al suo fianco in questa piccola grande impresa Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro e Marco Giallini interpreti "ad hoc" per dei ruoli che sembrano cuciti addosso a loro. Finalmente il cinema italiano si sta muovendo.
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diomede917
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sabato 28 gennaio 2012
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il matto, lo zoppo e il cattivo
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“Prima di chiedersi chi sono gli innocenti e i colpevoli bisogna chiedersi come funziona il lavoro della Celere”
Questa frase, detta da Pierfrancesco Favino durante il processo a suo carico per eccesso di violenza nei confronti di un ultrà, racchiude il senso d questo film.
Nella cornice degli eventi italiani degli ultimi anni che hanno segnato la cronaca del nostro Paese (sgombri voluti dal comune di Roma, il caso Reggiani fino ad arrivare alla morte di Gabriele Sandri) si dipanano le storie di un gruppo di celerini.
Fin dalle prime scene il regista Stefano Sollima vuole mettere in risalto prima le vicende personali dei protagonisti quasi a volere mettere le cose in chiaro questi sono uomini arrabbiati dalla vita.
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“Prima di chiedersi chi sono gli innocenti e i colpevoli bisogna chiedersi come funziona il lavoro della Celere”
Questa frase, detta da Pierfrancesco Favino durante il processo a suo carico per eccesso di violenza nei confronti di un ultrà, racchiude il senso d questo film.
Nella cornice degli eventi italiani degli ultimi anni che hanno segnato la cronaca del nostro Paese (sgombri voluti dal comune di Roma, il caso Reggiani fino ad arrivare alla morte di Gabriele Sandri) si dipanano le storie di un gruppo di celerini.
Fin dalle prime scene il regista Stefano Sollima vuole mettere in risalto prima le vicende personali dei protagonisti quasi a volere mettere le cose in chiaro questi sono uomini arrabbiati dalla vita.
Mazinga, Cobra e Negro sono tre bastardi senza gloria che si trovano a dovere spiegare lo spirito di fratellanza che esiste nella celere alla spina “Adriano Costantini e Basta”.
Mazinga è l’anziano del gruppo oltre alla merda che deve affrontare tutti i giorni deve combattere con un figlio adolescente fascista convinto che non lo vede come un padre ma semplicemente una “Guardia”, Cobra è quello che più crede in quello che fa si carica cantando “Cellerino figlio di p…”…la sua casa è un mausoleo di Mussolini vive da solo e la sua famiglia sono i colleghi, Negro è segnato dal suo spirito violento la moglie lo ha lasciato considerandolo un pericolo per la figlioletta….e questo aumenta il suo squilibrio psichico….in questo bel contesto si inserisce il novellino che vuole un mestiere onesto, sceglie la celere perché paga di più ed è arrabbiatissimo con il mondo perchè una famiglia tunisina ha occupato abusivamente la casa popolare della madre.
Questi personaggi sono interpretati alla perfezione da tutto il cast. Marco Giallini ha una faccia sofferta e vissuta che sembra uscita da un western di Sergio Leone, Filippo Nigro è uno schizzato al punto giusto ma sono Pierfrancesco Favino e Domenico Diele a darci le due facce della stessa medaglia delle regole.
Stefano Sollima dirige in maniera virile questo gruppo di gladiatori (da vedere lo scontro contro i tifosi del Napoli per credere) non facendo sconti a nessuno. Tutti sono sporchi e cattivi, poliziotti e delinquenti fino ad arrivare ai politici. Accompagnati da una colonna sonora da contatto fisico (come si può vedere con la versione di “Police on my back” dei The Clash cantata e ballata dopo la sentenza da tutto il gruppo). E sopra di loro aleggia il fantasma della Diaz definita da Giallini la più grande stronzata mai fatta e vissuta non dalle parole ma dallo sguardo di Favino. Un’esperienza che ha lasciato il suo segno, una colpa che viene a chiedere il conto nel tesissimo finale.
Un film duro che farà discutere e che non rimarrà indifferente proprio per il suo non prendere una posizione precisa ma per il modo diretto di rappresentare questa realtà violenta.
Voto 7
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zibolina
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sabato 28 gennaio 2012
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da non perdere
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ottimo film, realistico, bravi gli attori
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angeload87
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sabato 28 gennaio 2012
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crudo, vero, angosciante, maledettamente bello
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non è un film leggero, vedendolo diciamo che sono rimasto molto attento e mi ha fatto pensare a tante cose, dovrebbe essere una base su cui instaurare una profonda riflessione morale sul nostro Paese, su dove siamo arrivati e perché ai giorni nostri queste sono anche conseguenze della mancanza di speranza e fiducia nel futuro come Italiani. Mi ha fatto ricordare bruttissimi momenti della nostra storia recente come la Diaz a Genova, la morte dell'ispettore Raciti, l'omicidio Reggiani e la morte di Gabriele Sandri... ma anche malcostumi e diritti negati come la storia di Adriano, inerme difronte la situazione della madre proprietaria legittima di una casa occupata da persone che neanche ci vogliono stare nel nostro "bel paese", ma anche drammi familiari come quello di Mazinga ( ottimo Marco Giallini) e il figlio neofascista coinvolto anche lui ( e volontariamente) nel vortice senza fine della violenza.
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non è un film leggero, vedendolo diciamo che sono rimasto molto attento e mi ha fatto pensare a tante cose, dovrebbe essere una base su cui instaurare una profonda riflessione morale sul nostro Paese, su dove siamo arrivati e perché ai giorni nostri queste sono anche conseguenze della mancanza di speranza e fiducia nel futuro come Italiani. Mi ha fatto ricordare bruttissimi momenti della nostra storia recente come la Diaz a Genova, la morte dell'ispettore Raciti, l'omicidio Reggiani e la morte di Gabriele Sandri... ma anche malcostumi e diritti negati come la storia di Adriano, inerme difronte la situazione della madre proprietaria legittima di una casa occupata da persone che neanche ci vogliono stare nel nostro "bel paese", ma anche drammi familiari come quello di Mazinga ( ottimo Marco Giallini) e il figlio neofascista coinvolto anche lui ( e volontariamente) nel vortice senza fine della violenza.... 4 storie che purtroppo sono comuni, per questo per me nonostante sia uno dei film più crudi, violenti e "difficili" da me visto, merita le 4 stelle e lo consiglio.
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alessi umberto
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sabato 28 gennaio 2012
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non rispecchia la realta'
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non rispecchia affatto la vita normale di un polizziotto fa vedere delle scheggie piene di problemi la maggior parte delle forze dell' ordine non sono cosi
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bottediferro
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giovedì 26 gennaio 2012
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massiccio
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Ben girato, ben interpretato... dalle prime immagine ci si rendo conto di cosa ci aspetta... un bel film "massiccio" duro, sporco e cattivo.
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massimiliano morelli
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giovedì 26 gennaio 2012
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il celere quintetto dei fasci da sfascio
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Roma violenta. Sembra ambientata alle falde dei poliziotteschi seventies, il crudo romanzo criminale che Sollima, e chi meglio di lui, gira tra le pieghe nascoste di un drappello duro e puro di legionari della Celere. C’è tanta violenza, urlata senza filtro, nei fatti, nelle manganellate e nell’aria, con l’ atmosfera cupa di disfacimento che aleggia all’ ombra dell’ Italia quanto mai irrisolta e tormentata dei nostri giorni recentissimi. Non un western contemporaneo, giammai, quando mancano le stereotipate linee di demarcazione tra cattivi ed eroi, ma un tutti contro tutti, perché tutti hanno qualcosa da nascondere ai tribunali e a Dio. E da raccontare. La macchina da presa sferraglia spedita, cambiando continuamente prospettiva, sballottata dalla precisa voglia di non stare da nessuna delle sponde del guado, ma di affogare tutto nella stessa acqua melmosa.
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Roma violenta. Sembra ambientata alle falde dei poliziotteschi seventies, il crudo romanzo criminale che Sollima, e chi meglio di lui, gira tra le pieghe nascoste di un drappello duro e puro di legionari della Celere. C’è tanta violenza, urlata senza filtro, nei fatti, nelle manganellate e nell’aria, con l’ atmosfera cupa di disfacimento che aleggia all’ ombra dell’ Italia quanto mai irrisolta e tormentata dei nostri giorni recentissimi. Non un western contemporaneo, giammai, quando mancano le stereotipate linee di demarcazione tra cattivi ed eroi, ma un tutti contro tutti, perché tutti hanno qualcosa da nascondere ai tribunali e a Dio. E da raccontare. La macchina da presa sferraglia spedita, cambiando continuamente prospettiva, sballottata dalla precisa voglia di non stare da nessuna delle sponde del guado, ma di affogare tutto nella stessa acqua melmosa.
Guardie e ladri, fasci e clandestini, tifosi e celerini, ce n’è per tutti, o forse per nessuno. Dimenticata la maschera di talco conciliante delle fiction celebrative sui belloni in divisa, ma anche l’arrembaggio sinistroide dei reportage su Genova, Sollima si colloca nel mezzo, dopo aver mandato giù a memoria il libro genitore di Bonini, Repubblichino per amore di testata.
Qui siamo oltre Genova, è l’ Italia del dopo Diaz, la “macelleria messicana” che cambiò la Storia e le storie dei nostri paladini con le divise ammaccate. Ci sono buoni attori, tirati a lucido per l’occasione, perché ottima è la verosimiglianza del quintetto di fasci da sfascio Favino, Giallini, Nigro, Sartoretti e Diele, e c’è una sceneggiatura che scorre a dovere, bombardata da una colonna sonora modernissima e semmai invadente.
E poi c’è tanta fiction, sebbene il proposito dichiarato dal regista fosse dimenticare fasti e movenze del suo recentissimo romanzo criminale raccontato al piccolo schermo. Perché è fiction l’incastonarsi nel fiume principale della narrazione, di una flotta di micro-storie affluenti, fatte di figli ribelli, mogli cubane deluse e mamme sfrattate, che da un lato umanizzano la scena, dall’altro banalizzano e distolgono.
Non è un film che farà epoca, perché ancora troppo legato a cordoni ombelicali politici di difficile soluzione, ma di certo è un racconto coraggiosamente contagioso, che della nostra epoca mette bene a (ferro e) fuoco l’odio sociale, nei giorni vicinissimi fatti di Raciti ed Alemanno. L’ abbandono dei cliché da film di genere è fortunatamente abbastanza celere, anche fuori dai facili giochi di parola.
Buona la caratterizzazione muscolare e psicologica dei celerini, “bastardi” nei modi e perché figli di nessuno, con una citazione doverosa per il giovane Domenico Diele. Il suo Spina è forse il personaggio più riuscito, che restituisce pubblica sicurezza al pubblico, piazzandosi quasi come una microcamera a circuito chiuso, all’interno del marciume di un sistema, con gli stessi occhi sbigottiti dello spettatore, e poche intenzioni di sporcarsi la divisa e la coscienza.
Chi cerca epica o solenni ballate di piombo stile gangster-movie, perderà presto la bussola e le speranze, non ci sono grandi concessioni all’ estetica della violenza, semmai alle sue ragioni. Che affondano il manganello e le radici in uno Stato, in senso istituzionale ed emotivo, di calma apparente, in cui tutto scorre, ma fuori dal proprio alveo.
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