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Tutti per uno, Bruni contro Bruni

La sorella di Carlà nel film contro le politiche sull'immigrazione del governo francese.
di Ilaria Ravarino

Una foto del film Tutti per uno di Romain Goupil.

lunedì 30 maggio 2011 - Incontri

Guerra fredda in casa Bruni, e tutto per colpa di un film: Tutti per uno di Roman Goupil, che in Italia arriva solo adesso (dal 1 giugno), oltralpe ha già fatto discutere, costringendo all’inevitabile confronto le due sorelle italiane più famose di Francia. Nel mirino del film, presentato due anni fa a Cannes, c’è la politica francese, il governo Sarkozy, le misure contro l’immigrazione. La più piccola, la première dame Carla Bruni, ha incassato con classe l’attacco del regista a suo marito: «Con il Governo Sarkozy – ha detto Goupil - la Francia si è involuta». La sorella più grande, Valeria Bruni Tedeschi, che del film è co-sceneggiatrice e protagonista, ha invece sottoscritto con forza le parole dell’autore: «Francia e Italia nei confronti dell’immigrazione vanno nella stessa direzione – ha detto a Roma presentando il film – cioè quella della paura. Trovo terribilmente sbagliato considerare lo straniero un delinquente e un pericolo. E non smetto di indignarmi per questo». A proposito della sorella, irrimediabilmente dall’altra parte della barricata, Valeria non si lascia sfuggire nemmeno una battuta: «Ognuno è libero di pensarla come vuole», dice fredda, perché da un paio d’anni l’argomento è tabù. Il mondo del cinema è troppo piccolo per due Bruni: se l’Eliseo è di Carla, il palco deve essere (senza discussioni) di Valeria.

Qual è la situazione del dibattito politico in Francia riguardo all’immigrazione?
Goupil: Dopo le grandi manifestazioni del 1997, e con l’elezione di Sarkozy, il dibattito è clamorosamente regredito. Tutta la politica, in generale, è peggiorata. Si è diffuso un pensiero pericoloso, lo stesso espresso da Sarkozy a Grenoble, che spinge per l’equazione tra straniero e nemico, tra “altro” e delinquente. Siamo tornati indietro, siamo regrediti, e questo film vuole mostrare pubblicamente la nostra impotenza: la società civile, gli adulti, si sono arresi, si sono dimenticati il valore della solidarietà. Abbiamo lasciato che il potere facesse leva sui nostri più biechi istinti. E gli unici che si salvano, in questo contesto, sono i bambini.

Il film esprime tre diverse posizioni sull’immigrazione. Qual è quella più vicina al suo pensiero?
G: Nel film c’è un personaggio che esprime la posizione maggioritaria del paese, che soprattutto in periodo di crisi teme lo straniero, considerando quello dell’immigrazione un problema a carico dell’economia. La mia posizione è vicina a quella dei moderati, del mondo associativo. Ma la posizione che trovo più giusta, e che vorrei fosse dominante, è quella espressa dal personaggio di Valeria: una donna che senza far grandi teorizzazioni si mette spontaneamente dalla parte del più debole. Mi auguro che in futuro, guardando indietro, ci renderemo conto che il nostro comportamento nei confronti degli immigrati è stato abominevole. Chissà: magari ci chiederemo come sia potuto succedere.

Cosa avete pensato della posizione espressa dalla Francia sui respingimenti, soprattutto durante gli sbarchi a Lampedusa?
G: Su Lampedusa Sarkozy si è comportato in maniera vergognosa. Ma più in generale, credo che tutta l’Europa avrebbe dovuto muoversi per approvare i permessi temporanei di sei mesi ai profughi. Quel che è accaduto in Egitto e negli altri paesi mediorientali è un capovolgimento grande come la caduta del muro di Berlino: avremmo dovuto agire in maniera univoca, senza trattare gli immigrati come nemici, ladri di pane e di lavoro. Trovo impossibile fare una classifica su chi sia peggio tra Berlusconi e Sarkozy.
Valeria Bruni Tedeschi: Sono d’accordo con lui. Non ho visto le immagini di Lampedusa, ma so che sono avvenuti fatti violentissimi. Quel che è accaduto in Italia è insostenibile: ci sono stati anche tanti morti, e fra loro bambini e donne.

Il film, in una sequenza, cita una famosa fotografia: quella del bambino scattata durante il rastrellamento di Varsavia. Perché?
G: Perché quella foto ci ricorda avvenimenti che oggi ci sembrano impossibili. E come dicevo, mi auguro che un giorno anche noi penseremo che quel che accade in questi giorni sia talmente sbagliato da risultare incomprensibile.

Come è stato accolto il film in Francia?
VBT: Dopo Cannes è uscito in sala, ed è andato bene. È un film in grado di attrarre sia grandi che piccoli: lo si può vedere con la famiglia, e questa è una grande qualità commerciale.

Valeria Bruni Tedeschi che apporto ha dato al film?
VBT: Ho lavorato con Goupil sulla sceneggiatura: avevo bisogno di precisare il mio personaggio per sentirmi a mio agio nei suoi panni. Ci siamo concentrati sui dialoghi, cercando di renderli veri e naturali. Ho messo nel film tutta la mia energia di madre e di essere umano.

C’è qualcosa di simile tra lei e il suo personaggio?
VBT: Certo, io lavoro sempre utilizzando sul set la mia vita personale, cioè quel che sono e quello che sogno di diventare. Le differenze tra me e il mio personaggio risiedono principalmente nel fatto che io spero di non essere altrettanto cattiva con il mio fidanzato, e che nella vita vera non fumo. Ma mi sono ritrovata molto in questo ruolo di madre, in questo sentirmi un po’chioccia con i suoi pulcini. È stato bello mettersi all’altezza dei bambini, ascoltarli, parlare il loro linguaggio.

L’ha aiutata il fatto di essere madre anche nella vita?
VBT: Certo. Io mia figlia l’ho adottata, ma non credo ci sia differenza tra lei e un bambino biologicamente mio. Ho saltato alcune tappe della sua vita, purtroppo, ma nel mio modo di amarla non sono diversa dalle altre madri.

Recitare con i bambini è stato difficile?
VBT: No, è una grande lezione perché ti obbliga alla verità. Gli attori dovrebbero lavorare regolarmente con i bambini. I piccoli non li puoi truffare, non li puoi imbrogliare mai.
G: In un certo senso è come con gli animali: un cane non lo puoi dirigere. La reazione dei bambini è imponderabile, puoi spiegargli tutto, ma non saprai mai come reagiranno alla scena. Valeria, che recitava con loro, doveva essere sempre attenta. Se non si fosse messa alla loro altezza non avrebbe potuto raccogliere le loro reazioni, perché i bambini ti sorprendono sempre.

La sorella di Valeria ha visto il film?
G: Ci aspettavamo questa domanda e ho suggerito a Valeria come rispondere. Anche a Cannes un giornalista ce l’ha chiesto, ancor prima di parlare del film. Non c’è nessun problema se uno di noi ha un parente famoso, magari nella politica. Ognuno ha diritto di pensarla come vuole sul film: quel che importa, e che vorrei che sapeste, è che Valeria è un’attrice fantastica.
VBT: E vostra sorella l’ha visto, il film?

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