Toy Story 3 - La grande fuga |
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Un film di Lee Unkrich.
Con Tom Hanks, Michael Keaton, Joan Cusack, Tim Allen, John Ratzenberger.
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Titolo originale Toy Story 3.
Animazione,
Ratings: Kids,
durata 103 min.
- USA 2010.
- Walt Disney
uscita mercoledì 7 luglio 2010.
MYMONETRO
Toy Story 3 - La grande fuga
valutazione media:
4,10
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Per sbaglio i giocattoli approdano in asilo-lager.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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giovedì 12 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
TOY STORY 3 – LA GRANDE FUGA (USA, 2010) diretto da LEE UNKRICH.
In partenza per il college, Andy deve decidere quali giocattoli tenere, quali buttare e quali destinare ai bambini dell’asilo. Per errore il sacco dei nostri amici finisce in una scuola materna/lager, comandata da un orso profumato alla fragola che nasconde dietro un’apparenza di bontà una malvagia prepotenza, dove i nuovi arrivati vengono trasferiti nella sala dei più piccoli: bambini scatenati e terribili che non sanno giocare e li maltrattano, utilizzandoli come utensili o armi. Woody, rimasto fuori dal trasloco involontario e obbligato, interviene in soccorso dei compagni. Rischiano di finire tutti alla discarica, ma poi trovano una nuova bambina che sa valorizzarli, alla quale l’ormai cresciuto Andy affida volentieri i suoi adorati balocchi. Le avanzate novità tecnologiche sono soltanto l’aspetto più secondario e trascurabile di questo terzo capitolo delle avventure di alcuni fra i personaggi più amati di un classico uscito dalla fucina Pixar-Disney. La definizione e l’approfondimento dei personaggi ormai conosciuti e la simpatia e ironia di alcuni fra i personaggi nuovi (un memorabile Ken, un inquietante bambolotto-neonato guercio degno di Stephen King, un clown triste doppiato da Giorgio Faletti, un telefono-informatore con la voce di Gerry Scotti, un insetto con occhi e arti rotanti e un polipo femmina di colore viola) sono gli autentici pregi di questa perla diretta da L. Unkrich, che ha sostituito il suo maestro John Lasseter alla regia dell’episodio conclusivo della trilogia. E per quanto i sequel in genere risultino inutili, infruttuosi o ripetitivi, questa volta l’eccezione conferma la regola: un secondo seguito era necessario per chiudere un ciclo di vicende emozionanti e accattivanti che era cominciato nel 1995, quando fu realizzato il primo cartoon interamente girato col computer. Come ho già ribadito, le innovazioni informatiche passano in secondo piano di fronte alle memorabili ambientazioni, fra cui la scuola materna che di giorno riprende con commovente realismo le stanze dei bambini e di notte si trasforma in uno spaventoso campo di concentramento. Anche la discarica e l’inceneritore trovano uno spazio espressivo proficuo e consistente e riescono addirittura a risultare poetici e magici. A livello plastico e figurativo, ha innumerevoli meriti: i colori sono splendidamente appaiati e le tecniche rappresentative funzionano a dovere. La tensione narrativa abbonda nelle sequenze più drammatiche ed è tesa come il filo di un acrobata circense quando lo Spannung (in gergo il momento in cui l’eccitazione del racconto è alle stelle) tocca i suoi picchi più elevati. Bella colonna sonora con brani che fanno riassaporare un’atmosfera e un clima passati, oltre che a procurare sogni ambiziosi sulle note di canzoni orecchiabili e intriganti. Il gioco di squadra che gli sceneggiatori assegnano alle azioni dei personaggi è incredibilmente sublime, e testimonia con veridicità e sincerità l’importanza dell’amicizia nelle difficoltà e nei più ostici momenti di bisogno. Tra le scene più rosee e divertenti: l’accoglienza delle new entries all’asilo, denominato Sunny Side; la prodezza di Mr. Potato che attacca le sue parti scomponibili prima a una sfoglia e poi a un tubero affusolato; la tentata riparazione di Buzz, che comincia, dopo un errore di aggiustamento, a parlare un delirante spagnolo. Le trovate, le gag e la suspense completano il quadro stupendo e pertinente di un film d’animazione che meriterebbe di far scuola presso i “colleghi” dello stesso genere, perché non solo è adatto al pubblico giovanissimo ma appare perfettamente fruibile anche per gli adulti.
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