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Opinioni di un clone

Non lasciarmi esplora i possibili turbamenti dei giovani corpi-involucro.
di Edoardo Becattini

Ruth (Keira Knightley) guarda da dietro i vetri di una finestra in una scena del film Non lasciarmi.
Keira Knightley (39 anni) 26 marzo 1985, Teddington (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta Ruth nel film di Mark Romanek Non lasciarmi.

mercoledì 23 marzo 2011 - Approfondimenti

Che il tema del doppio fosse materia peculiare per tutte le narrazioni e le elucubrazioni sul cinema è cosa nota dai tempi dell'Espressionismo tedesco. Eppure, mossi da una fascinazione perversa per catastrofi, apocalissi e cospirazioni, i film che si sono confrontati con i doppi biologici e che hanno lanciato ipotesi sul futuro degli esperimenti sulla clonazione, hanno più che altro sfruttato il potenziale dell'eugenetica per creare narrazioni distopiche. Al cinema, quindi, la levatura del dibattito bioetico si limita alle paranoie relative ai vari Ultracorpi che hanno invaso i racconti di fantascienza dalla Guerra Fredda a oggi, con l'aggiunta del fracasso di fondo di film come The Island di Michael Bay o Il sesto giorno con Schwarzenegger. In questo scenario sotto più punti di vista catastrofico, un film come Non lasciarmi raffredda le macerie con un soffio algido di sensibilità.
Sulla carta, o meglio sulla base dei nomi coinvolti (visto che sulla carta vera e propria c'è un romanzo dell'autore anglo-nipponico Kazuo Ishiguro), il film lascerebbe presagire un forte ascendente giovanilista. Sceneggiatura firmata da Alex Garland, autore di The Beach e 28 giorni dopo, e conduzione affidata a uno dei registi più noti nel mondo dei videoclip come Mark Romanek, che negli ultimi vent'anni ha lavorato con Madonna, Michael Jackson, Nine Inch Nails e Coldplay. Nelle loro mani, oltre all'icona glamour Keira Knightley, giovani volti in continua ascesa popolare come la Carey Mulligan di An Education e Wall Street 2 e Andrew Garfield, socio co-fondatore di Facebook in The Social Network e novello Spider-Man nel prossimo remake-reboot firmato da Marc Webb. Eppure, ciò che nasce da questo embrione potenzialmente molto teen perde nello sviluppo qualsiasi facile ammiccamento, canzone pop in voga o rimando all'estetica frenetica di Mtv.

Copie senza originali
In Non lasciarmi, le paure legate alla clonazione incontrano la parola elegante di una letteratura senza limiti temporali, lo sguardo distorto e paranoico della fantascienza si abbassa di fronte a quello turgido e dilatato del melodramma, il romanzo di formazione trova inedita ispirazione in un ideale poetico funereo e anti-idealistico. Ma, soprattutto, è il tipico esistenzialismo giovanile a trovare una definizione inversa rispetto al regime dei moderni racconti sui ventenni. Agli interrogativi del cinema giovanile (tipo, Che ne sarà di noi?), Non lasciarmi risponde con l'angosciata quiete di tre ragazzi perfettamente consapevoli del loro destino di cloni. Niente ansie legate alla paura del fallimento, niente dubbi sulle prospettive incerte e sulle personali aspettative. Tutti i turbamenti adolescenziali risultano come incompiuti, offuscati, mentre i momenti legati alla perdita dell'innocenza convergono tutti nella sincerità di una maestra di scuola mentre rivela ai suoi piccoli allievi che non c'è un mestiere per loro, ma che sono solo una sorta di recipienti animati per organi destinati a un originale invisibile. Il fatto che non ci sia permesso di scorgere, né a noi né ai tre protagonisti, questi originali uguali e diversi, li rende ancora più simili a dei personaggi sganciati dal loro attore, dal loro corpo guida. Un po' come ne La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen, dove il Jeff Daniels-personaggio in bianco e nero e il Jeff Daniels-attore a colori attore vivevano due esistenze separate e differenti ma la vita dell'uno dipendeva da quella dell'altro; con la differenza fondamentale che in Non lasciarmi la distanza fra originale e copia non si colma e non si intravede neanche la possibilità di un cortocircuito fra il mondo della realtà e quello dei sogni, della tv o dei film del passato. Senza un punto di riferimento preciso se non quello dettato da chi ha scelto per loro questo destino, i tre giovani cloni scontano così l'impossibilità a lasciare andare e far correre le loro vite. Così come ad animarle coi colori splendenti dell'universo dei film.

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