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Il cinema della fraternité

Il mio migliore incubo! e l’ondata delle commedie francesi.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Il mio migliore incubo!.
Isabelle Huppert (Isabelle Ann Huppert) (72 anni) 16 marzo 1953, Parigi (Francia) - Pesci. Interpreta Agathe nel film di Anne Fontaine Il mio migliore incubo!.

domenica 1 aprile 2012 - Approfondimenti

Non c’è dubbio che il cinema francese stia sorprendentemente giocando un ruolo di primo piano nella distribuzione italiana. Dopo che The Artist ha meritato anche da noi, grazie all’Oscar, un’attenzione mediatica importante, si è affacciato il vero successo del periodo febbraio-marzo, quel Quasi amici divenuto il maggior incasso transalpino di tutti i tempi in Italia. E ora, mentre già il pubblico attende Piccole bugie tra amici e Gli infedeli (entrambi con Jean Dujardin), ecco comparire Il mio migliore incubo!, ennesima prova della salute del cinema medio francese. In effetti, che il cinema d’autore a Parigi se la passasse bene, è noto da più di quarant’anni (e in questi giorni, anche 17 ragazze conferma la naturalezza dei giovani registi alle prime prove sulla distanza del lungometraggio). Diverso il caso del cinema popolare, da noi non sempre conosciuto né apprezzato – tanto è vero che Giù al Nord ha avuto bisogno di un remake nazionale per sfondare al botteghino. Il sopravvalutato Quasi amici, tuttavia, è la riprova che, a insistere, la formula originaria di una commedia può funzionare ovunque e non solo nel paese di origine.
Che cosa unisce i vari titoli del cinema medio francese? Non la qualità, che è molto discontinua, e varia particolarmente da film a film. Non i registi, che si danno allegramente il cambio. Non le ambientazioni, di volta in volta urbane, provinciali, marittime o di confine. Se dobbiamo trovare un trait-d’union, almeno a giudicare dai titoli che abbiamo elencato, è quello del superamento dei contrasti sociali e culturali. Giù al Nord mostrava come si può armonizzare una differenza geografica e civile così marcata da mettere a rischio persino la dimensione minima del comunicare (la lingua comune); Quasi amici mette a confronto un ricco borghese paralizzato e un incontenibile “corpo” estraneo della banlieue, tema di conciliazione nazionale molto sentito in Francia; questo Il mio migliore incubo! ingloba negli stessi interni alto borghesi colei che ne è in qualche modo espressione (Isabelle Huppert) e colui che ci si trova come un pesce fuor d’acqua (Benoit Poelvoorde), finendo anche in questo caso con l’avvicinarli e comprenderli. Poco importa poi che Anne Fontaine faccia riferimento più agli schemi della screwball comedy hollywoodiana e gli altri guardino maggiormente alle commedie francesi anni Settanta: il desiderio di pacificazione e intesa sociale, politica, etnica, evidentemente la fa da padrone, almeno nelle produzioni mainstream – e vale la pena aggiungere, per suffragare l’ipotesi, altri titoli recenti come Il mio migliore amico o Il mio amico giardiniere. Per una volta, i titoli italiani – assai discutibili – raggruppano film dallo stesso sapore, segno, intenzionalità. Di Il mio migliore incubo! si apprezza, più che negli altri casi, la capacità di analizzare anche certe irriducibili diffidenze (qui simbolizzate dal mondo dell’arte contemporanea) e la presenza della casa come espressione architettonica di barriere culturali tutt’altro che immateriali.

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