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Horror Frames: Mister Vendetta e il cinema della ritorsione

La cosa peggiore per un horror è essere noioso.
di Rudy Salvagnini

In foto una scena del film Mister Vendetta di Michael Oblowitz.

martedì 9 agosto 2011 - News

Il tema della vendetta è tra i più popolari nel cinema e attraversa vari generi, se non tutti. È centrale ad esempio in quello sulle arti marziali, dove spesso il protagonista è motivato nelle sue azioni proprio da un torto subito. Ma anche nel thriller trova spesso albergo: in questo senso, come non ricordare la serie de Il giustiziere della notte che ha consacrato Charles Bronson come vendicatore e raddrizzatore di torti per eccellenza? Curiosamente, il regista Michael Winner, iniziatore della serie, ne ha fatta anche una versione al femminile con l’insolito Dirty Weekend. Restando in ambito femminile, ci sono i cosiddetti rape & revenge movies, dove la donna reagisce violentemente a uno stupro subito organizzando una vendetta più o meno a mente fredda: quintessenziale, tra i molti, è il controverso Non violentate Jennifer di Meir Zarchi, recentemente oggetto di un remake a opera di Steven R. Monroe. Oppure il dittico di Lady Snowblood di Toshiya Fujita, pesantemente saccheggiato da Quentin Tarantino per Kill Bill. Più recentemente, è stato il grande Park Chan-wook a teorizzare in modo sublime sul tema della ritorsione con Mr. Vendetta, Lady Vendetta e Oldboy.

In campo più propriamente horror, innumerevoli sono le vendette, spesso alla ricerca di una giustizia negata. Talvolta sono vendette terrene, talaltre ultraterrene, come quelle ricercate bizzarramente da fantasmi di ogni genere. L'ultima casa a sinistra ibrida horror e rape & revenge in modo anomalo perché non sono le vittime della violenza a vendicarsi, ma è pur sempre incentrato sullo sfogo violento di una famiglia normale che supera i confini della civiltà per il desiderio di ottenere una rivalsa.
L'abominevole dr. Phibes di Robert Fuest è invece la rappresentazione elegante e sofisticata di un altro tipo di vendetta, lucida e calcolata. Ma gli esempi potrebbero essere centinaia perché il sentimento della vendetta, cinematograficamente parlando, fornisce ai registi di horror un supporto motivazionale forte e facilmente comprensibile dallo spettatore per inscenare in modo dinamico lo spettacolo della violenza. E più grave è il torto subito, peggiore sarà la reazione.

Mister Vendetta, sin dal titolo italiano (quello originale è il più asettico The Traveler), manifesta la sua natura e le sue intenzioni. La trama inizia in modo promettente.
Vigilia di Natale. In una piccola stazione di polizia arriva un inquietante sconosciuto, giunto per confessare un omicidio. Il detective Alex Black, ancora turbato per la morte violenta della figlioletta Mary a opera di un maniaco, deve occuparsi del caso. Lo sconosciuto afferma di chiamarsi “nessuno” e prima che la notte finisca sarà colpevole dell’omicidio di sei persone. Non solo, conosce la scritta incisa sulla penna di Alex (“al miglior papà del mondo”: la penna è un regalo della figlioletta morta). Inoltre, non ha impronte digitali e il suo volto non viene impresso nelle foto segnaletiche. I poliziotti cominciano a essere oppressi da un certo disagio e non sanno come governare la situazione, anche perché tutti i presenti hanno un’ombra nel passato essendo stati coinvolti collettivamente in un brutale interrogatorio sfociato in omicidio. Il clima si fa sempre più ossessivo e i delitti cominciano.
L’atmosfera inquieta è ben delineata: una stazioncina di polizia, le Feste incombenti, il clima rigido, l’isolamento causato da problemi stradali e dal malfunzionamento dei cellulari, un misterioso individuo che si proclama colpevole di omicidi non ancora commessi. La situazione di partenza è interessante e anche il tratteggio e l’interazione dei personaggi sono definiti con una cura leggermente migliore rispetto alla media degli horror, pur affondando nella maniera e negli stereotipi (il poliziotto fifone, il detective tormentato e così via). Esaurita la prima mezz’ora di preparazione, il film però mostra la corda di una situazione che non appena si chiarisce perde di interesse e diventa schematica e prevedibile. Senso di colpa, desiderio di vendetta, catarsi nella violenza, ricerca ossessiva della giustizia che si risolve inevitabilmente nell’arbitrio e nell’ingiustizia: sono questi i temi sottesi dalla trama del film che però è articolata in modo ovvio e inscena uno dopo l’altro gli omicidi cercando inutilmente di supplire alla prevedibilità con il gore. Cascami biblici dovrebbero garantire spessore ideologico alla vendetta, ma il condizionale è più che d’obbligo.

La cosa peggiore che può capitare a un horror - ma può valere per qualsiasi tipo di film - non è di essere brutto, ma di essere noioso. Dopo un inizio promettente, questo film lo è - noioso - senza se e senza ma. Dopo mezz’ora si sa già come le cose andranno avanti e l’onnipotenza dell’assassino aggrava la situazione. Non è qualcosa di inedito: se ci si pensa, ciò avviene in qualunque film in cui ci siano di mezzo, per esempio, Michael Myers (Halloween) e Jason Voorhees (Venerdì 13). In questi casi però gli omicidi stessi diventano dei pezzi a se stanti e la qualità intrattenitiva del film dipende dall’inventiva nell’inscenarli: i delitti diventano dei numeri di attrazione capaci di assumere una valenza autonoma su cui misurare la qualità del film. Qui non succede: gli omicidi sono perlopiù senza fantasia e ripetitivi. Non solo gli omicidi sono ripetitivi, ma anche altre sequenze sono ripetute senza tregua, come per sottolineare concetti che sono già stati comunque afferrati anche dallo spettatore più disattento (o, più probabilmente in questo caso, addormentato).

Peccato perché l’inizio prometteva bene e il colpo di scena finale - in stile I bassifondi di San Francisco - è decisamente azzeccato. Un Val Kilmer, inquartato e capellone, risalta per contrasto in un cast complessivamente modesto. Il regista Michael Oblowitz, sudafricano, ha diretto tra gli altri un paio di horror: La stirpe, su un mondo del futuro in cui vampiri e umani cercano una convivenza pacifica, e Sharkman - Una nuova razza di predatori, un monster movie squinternato ma a tratti divertente. Rispetto a quelli, questo Mister Vendetta non presenta particolari miglioramenti. Di certo, non siamo dalle parti Park Chan-wook e del suo quasi omonimo Mr. Vendetta.

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