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Essere donna in un'Italia che cambia

Bianca Guaccero interpreta una madre coraggio nella nuova fiction di RaiUno.
di Edoardo Becattini

Il cast della miniserie Mia madre, in onda domenica 14 e martedì 16 novembre su Raiuno alle 21.00

venerdì 12 novembre 2010 - Televisione

Appena una settimana fa, Ricky Tognazzi ha portato al Festival di Roma un film tratto da un romanzo di Giancarlo De Cataldo dedicato alla figura paterna: Il padre e lo straniero. Oggi, il regista e attore presenta invece una miniserie in due puntate interamente incentrata sulla figura di una giovane madre coraggio che verso la fine degli anni Cinquanta si sposta dalla Puglia a Torino assieme ai tre figli. Si intitola Mia madre e, oltre ad essere un viaggio dal Sud al Nord del paese negli anni delle prime migrazioni dalla campagna alla fabbrica, è anche il racconto di un'Italia che cambia: nel pensiero, nella ricchezza economica, nella cultura e nell'emancipazione femminile. Questo viaggio segue da vicino Nunzia, donna del sud cresciuta dal pensiero umanista del padre, nelle tragedie familiari da affrontare e nelle battaglie operaie da condurre. È la neanche-trentenne Bianca Guaccero a interpretarla in tutte le sue evoluzioni dai venti ai cinquant'anni, accompagnata da altri giovani attori noti come il primo marito Marco Cocci, il sindacalista Francesco Venditti e il figlio cresciuto Primo Reggiani.
Nella sua introduzione al film, il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce dedica un piccolo ricordo alla figura di Dino De Laurentiis, scomparso ieri sera, del quale rammenta "l'amore ininterrotto per il cinema e la lucidità professionale che lo hanno accompagnato fino in fondo", per poi spendere qualche paragone fra il lavoro di Ricky Tognazzi e un capolavoro come Rocco e i suoi fratelli di Visconti: "entrambi affrontano il periodo della migrazione interna alternando scene di dolcezza e calore familiare a scene che mostrano tutta la violenza di una difficile integrazione". Mia madre sarà in onda in prima serata su RaiUno domenica 14 e martedì 16 novembre, dopo aver incontrato non poche difficoltà produttive in quanto progetto di romanzo storico e popolare a lungo considerato troppo complesso. Del peso specifico di tale complessità abbiamo parlato con il regista, lo sceneggiatore Andrea Purgatori e i protagonisti.
Che problemi ha incontrato il film?
Ricky Tognazzi: Si può dire che ho tradito molto il lavoro originale ma solo per cercare di piegare i problemi dei costi produttivi di un racconto come questo alle nostre esigenze artistiche. Per me la cosa più importante era fare un film dedicato interamente a una donna. Dopo tante storie di ragazzi e di rapporti coi padri, volevo finalmente potermi dedicare a una donna, a quel tipo di donna che ha fatto il nostro paese. Le donne sono sempre state padrone del destino di tutti: sono loro ad aver costruito il tessuto sociale all'interno delle famiglie in cerca di un futuro. Quella che racconto è la storia di una madre esemplare, un'eroina come tante altre: uno spirito libero che insegna ai propri figli ad accettare le differenze attraverso ottimismo e generosità. Il ventennio raccontato dal film mi appartiene personalmente, l'ho vissuto come fossi uno dei figli di Nunzia.
Da cosa nasce la sua storia?
Andrea Purgatori: Nasce da un racconto di Antonio Desiati che abbiamo pensato di riscrivere sotto forma di un grande romanzo popolare che attraversasse tanto il fenomeno delle migrazioni che il periodo della famosa "Marcia dei Quarantamila" che segnò uno spartiacque fra la vecchia concezione operaia e il periodo delle lotte dei sindacati. Il tentativo era raccontare in modo corale il percorso di emancipazione di una donna che affronta la sfida di crescere da sola tre figli e tutto il mare di pregiudizi che tale scelta comporta, cercando di mostrare in filigrana quello che è stato il motore propulsivo della modernità del nostro paese. Sono molto fiero che una fiction che racconta l'evoluzione storica italiana sia stata girata interamente in Italia, cosa purtroppo sempre più rara nella produzione televisiva.
Cosa ha significato diventare Nunzia?
Bianca Guaccero: È difficile trovare al giorno d'oggi ruoli femminili così affascinanti e profondi. C'è una frase chiave che recito nel film e che esprime benissimo cosa è Nunzia per me: "Ho conoscenza diretta di una ragazza che è stata dichiarata pazza perché correva a piedi scalzi verso la luna". Ecco, questa idea di una ricerca di libertà, di una lotta in nome della libera espressione di sé è diventata un po' la mia filosofia di vita. Attraverso Nunzia ho imparato a rimanere aggrappata ai miei sogni e ho capito cosa significhi essere madre. Vivendo dall'altra parte i rapporti familiari, anche solo in nome della finzione, ti rendi conto di quanto sia difficile crescere un figlio e sacrificarsi per dargli una vita migliore. Quanto nella vita sia importante quello che si ha ma quello in cui si crede, lo stare insieme, la reciproca conoscenza.
Chi è invece Mario?
Francesco Venditti: Mario è un idealista, uno che ha sacrificato la serenità, l'amore, e tutto ciò che può esserci nella vita di un venticinquenne normale per cercare di cambiare il mondo con energia e forza. Dopo anni di grandi sforzi e di lotte operaie, scopre però che vicino al sogno di cambiare il mondo può esserci posto anche per una donna e un amore. Finalmente dopo un certo numero di anni che faccio l'attore non mi hanno fatto fare un criminale. Anzi, il bello di un personaggio come questo è che ti aiuta a scoprire tutta l'intensità del ruolo paterno: il fatto che i figli li devi crescere, educare, far stare bene, ma che devi anche lasciarli guidare dalla natura, dargli il loro spazio e permettergli di sbagliare, perché se non sbagliano non crescono mai. È dallo sbaglio, dall'errore, che un ragazzo può immediatamente capire cosa è giusto.
È stato difficile interpretare una donna in varie fasi dell'età?
Bianca Guaccero: Per interpretare Nunzia più matura, è stato fatto un lavoro di trucco molto sottile, senza troppe rughe o segni eccessivamente visibili. Con l'aiuto di Simona Izzo e Ricky ho invece cercato di lavorare più sulla voce, che in realtà è la cosa che cambia di più con l'età. Invecchiando, una donna usa sempre meno enfasi e più intensità nella propria espressione vocale.
Oltre a Visconti, ci sono altri grandi riferimenti nel film?
Ricky Tognazzi: Fare un lavoro di questo tipo mi ha permesso di rendere omaggio a tanti grandi maestri. Mentre giravo, avevo sempre in mente, oltre a Visconti, anche Romanzo popolare di Monicelli, Così ridevano di Amelio o anche tutto il cinema di Elio Petri. Ma mi sono divertito anche a citare il modo di narrare di Tornatore. D'altronde il cinema è un grande gioco e mi ritengo davvero privilegiato a fare un mestiere dove, anche se con sempre maggiori difficoltà, si possono imparare un sacco di cose.

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