Megamind

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Un film di Tom McGrath. Con Will Ferrell, Tina Fey, Jonah Hill, David Cross, Brad Pitt.
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Animazione, Ratings: Kids, durata 95 min. - USA 2010. - Universal Pictures uscita venerdì 17 dicembre 2010. MYMONETRO Megamind * * * 1/2 - valutazione media: 3,67 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La rinascita della Dreamworks: blu, bella e bulla! Valutazione 4 stelle su cinque

di il Brandani


Feedback: 1142 | altri commenti e recensioni di il Brandani
domenica 9 gennaio 2011

Due bambini alieni sono gli unici sopravvissuti alla deriva dei propri pianeti natii, entrambi risucchiati da un buco nero. Si salvano a bordo di due navicelle spaziali formato bebè e atterrano sul pianeta Terra (e dove sennò?). Quello più simile alla razza umana e con il mento marcato ha un’infanzia felice, quello con il testone pelato e la pelle color blu un po’ meno. I due bambini, uno agli antipodi dell’altro, crescono e con loro cresce anche la loro leggendaria rivalità. L’uno dotato di superpoteri quali forza sovrumana e capacità di volare, l’altro di un’incredibile intelligenza in ambito scientifico e tecnologico. Inutile dire che l’uno è amato mentre l’altro è odiato. Il mentone sceglie la via del bene e il testone la via del male. “Lui prese come nome Metroman, io pensai di scegliere qualcosa di più modesto: Megamind! L’incredibile, bellissimo signore del male!”
Fin qui nulla di nuovo, ma che succederebbe se il male riuscisse ipoteticamente a vincere?
Dopo Madagascar 2 la Dreamworks sembrava a corto di idee: un passo falso Mostri contro alieni, simpatico ma senza troppe pretese il seguente Dragon Trainer, e decisamente bocciato l’ultimo capitolo della saga orchesca. Sembrava aver perso quello smalto irriverente e trasgressivo che aveva con sapienza applicato, nel lontano 2001, sulle unghie dell’orco più politicamente scorretto del mondo dell’animazione. Con Megamind non si può fare altro che ricredersi. La Dreamworks porta avanti l’attitudine dissacrante inaugurata con Shrek tenendo il piede pigiato sull’acceleratore e ascoltando hard rock a tutto volume. Se con il suo illustre predecessore il bersaglio era il mondo delle fiabe e venivano distrutti con intelligente satira anni di cliché legati alla connotazione favolistica disneyana, questa volta a essere preso di mira è il mondo supereroistico nato dai fumetti Marvel e DC. Al di là dell’evidente rimando alla nemesi più famosa del settore (Metroman/Superman, Megamind/Lex Luthor), pari solo a quella composta da Batman e Joker, il film offre una visione personale delle dialettiche onnipresenti in tutti fumetti del genere, liberando i suoi personaggi dalla maschera fossilizzante dello stereotipo e osando là dove nessun cartone animato in CGI aveva mai osato prima. Possiede il pregio di essere ricco come non mai di citazioni e riferimenti cinematografici, fumettistici, culturali e sociali perfettamente in linea con lo sviluppo narrativo, senza mai distorcerne il senso e senza mai sfociare nel referenziale difficile da comprendere. Si passa così dai volantini con la faccia di Megamind che fanno il verso alla campagna propagandistica per le elezioni presidenziali di Obama, al costume, look e mosse alla Elvis Presley di Metroman, intorno al quale prendono vita tutte le leggende metropolitane sul re del rock ‘n’ roll. L’unica citazione particolarmente audace la si può trovare nella divertente scena in cui Megamind si trasforma in un anziano signore che parla con forzato accento siciliano e si presenta al supereroe come il suo “padrino spaziale”. Tale momento racchiude in sé una doppia citazione che in questo caso sfiora la cinefilia: come tutti sanno, una delle interpretazioni più famose di Marlon Brando (che gli valse il premio Oscar nel 1973) è quella di Don Vito Corleone ne  Il Padrino  di Francis Ford Coppola, ciò che invece pochi sanno, è che nel 1978 interpretò il ruolo del padre di Superman, nell’omonimo film di Richard Donner. Il risultato sorprendente è che nel film questi due ruoli si fondono in un unico personaggio che contemporaneamente crea un rimando immediato all’immagine dell’attore, è funzionale nel contesto trattato e fa ridere copiosamente senza che sia necessaria una comprensione del meccanismo parodistico creato.
I corpi dei personaggi vengono spogliati dalla cura ossessiva per il dettaglio, a favore di una maggiore attenzione per la fluidità dei movimenti, soprattutto facciali, atti a conferire un’intensa espressività che in alcuni punti sfocia in una recitazione di alto livello. Il risultato è sicuramente un corpo più elastico e gommoso rispetto alla natura iperrealistica del pelo dei ratti di Ratatouille o della chioma dorata della protagonista di Rapunzel. Ma ciò, va detto, non comporta un difetto. Anzi, oltre a regalare scambi di battute irresistibili e incisivi, gag corporali esilaranti e una mimica facciale straordinaria, Megamind offre al pubblico una rappresentazione della dimensione emotiva che non scade mai nel banale o nell’ostentato, riuscendo a parlare di umanità meglio di tanti film con attori in carne ed ossa.
Non mi è mai capitato, infine, di avere a che fare con una colonna sonora così suggestiva senza che la pellicola venga accusata di pompare eccessivamente il climax di determinate scene. Per dirlo con parole semplici: nonostante la presenza di AC/DC, George Thorogood, Ozzy Osbourne e Guns ‘N’ Roses, con i loro pezzi più famosi, collocati in punti salienti che ne esaltano la presenza, il film non scade in esagerazioni grossolane stile Iron Man. Anzi, con questa scelta, soprattutto per la presenza degli AC/DC, la pellicola pare prendere in giro proprio quest’ultimo, blockbuster movie che ha notoriamente sfruttato la recente ribalta commerciale del gruppo hard rock australiano (non per niente quando si sente Back In Black il protagonista sta manovrando un enorme robottone). Comunque, al di là di certi meccanismi che sono pure supposizioni, ciò che mi preme evidenziare è che le canzoni, in primis per la loro componente testuale, sono perfettamente adeguate e in sintonia con le situazioni in cui sono state collocate e con lo spirito del film, a differenza di tanti altri titoli che ne hanno sfruttato unicamente la potenza musicale (e il riscontro commerciale). Dirò di più: una volta entrati nell’ingranaggio, in certi momenti si giunge facilmente, entusiasti, a esclamare: “non potevano che mettere questa!”.
C’è ben poco da criticare negativamente, quindi, del vincitore dei film d’animazione natalizi 2010 (Rapunzel perde in partenza al suo cospetto). Sinceramente nulla, a parte una dovuta considerazione.
Il fatto che Megamind sia così accattivante dal punto di vista dell’intrattenimento, lo si deve in parte, sicuramente, alla presenza di persone come Ben Stiller, Guillermo Del Toro (regista e sceneggiatore de Il labirinto del fauno) e Justin Theroux (sceneggiatore di Tropic Thunder), accreditati come consulenti creativi o produttori esecutivi. Se a ciò aggiungiamo che nella versione originale le voci dei protagonisti sono di Will Ferrell (eccezionale attore comico, membro del Frat Pack di Ben Stiller), Brad Pitt e Tina Fey (esplosiva attrice comica del Saturday Night Live) si fa presto a capire che tipo d’atmosfera si dev’essere respirata nello studio degli sceneggiatori.
Sono personalità del mondo dello spettacolo operanti in un cinema rivolto ad un pubblico adulto, maturo, perlomeno adolescenziale.  Si presume pertanto che la gente si prepari ad avere a che fare con un film non esattamente indirizzato ad un pubblico infantile, nonostante si tratti di animazione. Invece (ma guarda un po’) così non accade. Al contrario, abbiamo orde di genitori che, senza un attimo di esitazione, trascinano i propri figli nei babilonici multisala,  dimenticando un fatto importante. Questi particolari cartoni animati. si reggono sulle fondamenta della parodia. Essi non vedono altro tipo di approccio moderno a temi divenuti ormai classici se non la scelta di un linguaggio, talvolta persino satirico, che sconvolge e soverchia l’ordine costituito. Un adolescente o un adulto riesce ad apprezzare appieno questo tipo di comicità e a riderne proprio perché sa cosa è venuto prima, qual è il mondo che il film in questione sta distruggendo. Ma un bambino no. Se il pubblico a cui si riferiscono gli autori, quindi, è veramente un pubblico infantile, allora questi sono cartoni troppo avanti per dei bambini: in sala eravamo in quattro estasiati nel vedere il film, circondati da ragazzini delle scuole elementari che ridevano ogni tanto, nei momenti in cui il livello di comicità si faceva più accessibile alla loro età. Il problema è che si è perso di vista il giusto linguaggio da utilizzare, se di animazione per bambini si tratta: la struttura lineare con i buoni di qua e i cattivi di là che porta la trama ad una conclusione a lieto fine con messaggi positivi e universali. Perchè, in parole povere, è giusto che il bambino cresca con gli stereotipi, per vederli poi bruciare una volta raggiunta l’età idonea alla fruizione di film come questo. Questi film rimangono adatti ai più piccoli solamente nella misura in cui si mantengono privi di volgarità, turpiloquio o umorismo a sfondo sessuale. Adatti, però, non significa accessibili: dubito che un bambino possa comprendere (e quindi apprezzare) la trama di un film nella quale, nei primi quindici minuti, si vede vincere l’antagonista. Detto questo, risulta chiaro che il problema, se tal può definirsi, non risiede nel film, ma nella gente. La gente che ancora oggi, nonostante la rivoluzione di Matt Groening, se vede che si tratta di un film d’animazione lo relega automaticamente nell’intrattenimento per bambini.

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kingkong sabato 22 gennaio 2011
si ma...
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...si può sapere cosa fai nella vita? nel senso...ma dove lo trovi il tempo per sto poema??? manco fosse Kubrick, cmq grazie per l' impegno...lo vado a vedere domani con mio figlio!

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carlariz sabato 9 febbraio 2013
complimenti
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Grazie per la tua bellissima recensione, è quello che ho sempre pensato io riguardo questi cartoni della Dreamworks, adatti per adulti ma non per i bambini. Purtroppo però questa è la direzione in cui si sta andando. Peccato. Preferivo i Disney di una volta.

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