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Le ultime 56 ore: Verità all'uranio

Intrattenimento e attualità nella nuova pellicola di Claudio Fragasso.
di Edoardo Becattini

Cinema di genere civile
Luigi Maria Burruano Altri nomi: (Luigi Burnano / Luigi Burruano ) 20 ottobre 1948, Palermo (Italia) - 10 Settembre 2017, Palermo (Italia). Interpreta Avallone nel film di Claudio Fragasso Le ultime 56 ore.

giovedì 29 aprile 2010 - Incontri

Cinema di genere civile
Dopo aver affrontato il viaggio di ritorno dal nord al sud Italia della scorta capitanata da Raoul Bova, Claudio Fragasso resta in Sicilia e si dedica ad un altro capitolo del suo cinema di genere innamorato dell'attualità. Partendo da un soggetto fortemente voluto dalla compagna di vita e di idee Rossella Drudi, Fragasso realizza un film ritmato dall'azione e improntato al problema delle varie “sindromi” che hanno colpito vari militari in seguito alle loro missioni. Sindromi che lo stesso governo ha poi riconosciuto essere malattie e mutazioni cancerogene contratte dal contatto con l'uranio impoverito. Le ultime 56 ore presenta così due personaggi e i loro personali percorsi di ribellione: da una parte il vicequestore Manfredi (Luca Lionello), negoziatore esperto quanto poco incline alle regole e ai protocolli, dall'altra il colonnello Moresco (Gianmarco Tognazzi), militare pluridecorato coinvolto in una personale battaglia per far emergere la verità sui miasmi respirati nelle operazioni belliche.
L'argomento è controverso e già non manca di suscitare polemiche e contrasti riguardo le verità sull'uso delle armi da parte dell'esercito nelle missioni degli ultimi dieci anni. Quel che è certo è che questo connubio di “cinema di genere civile” ha ricevuto l'approvazione sia del Ministero dei Beni Culturali che di quello della Difesa.

Come è nato questo progetto?
Claudio Fragasso: Ho sempre giocato con il cinema di genere ed è mia intenzione restare rigoroso a questa ricerca di un tipo di cinema che in Italia purtroppo si fa poco, o meglio non si fa più. È mio preciso impegno infatti cercare di portare al cinema questa “terza via” da poter percorrere, quella che viene dopo la commedia e il film di impegno, e che va dal giallo al film d'azione e al thriller. Noi italiani siamo molto abili a confezionare prodotti con un budget molto più basso rispetto agli standard americani o europei. Abbiamo una lunga tradizione in questo senso, una tradizione che questo film vuole ripercorrere, approfondendo il connubio fra il cinema di genere e il cinema di contenuto.
Rossella Drudi (sceneggiatrice): L'idea era nella mia testa da dieci anni e quando ho provato a proporla non è stato facile trovare dei sostenitori. La connessione fra l'uranio impoverito e le forme di tumore e le mutazioni genetiche dovute alla radioattività mi ha talmente colpito e mi ha coinvolto così da vicino, che ho pensato fosse giusto fare un film sull'argomento. In Italia si tratta sicuramente del primo film su questo argomento e, dal momento che anch'io amo molto il cinema di genere e da lì provengo, ho cercato di elaborarlo secondo un linguaggio che potesse rivolgersi al pubblico più ampio possibile, soprattutto ai giovani. Così, Le ultime 56 ore è diventato un thriller a tutti gli effetti, con un contenuto importante all'interno. La formula di trattare argomenti che riguardano il sociale e gli aspetti più duri della cronaca senza essere pedanti, senza fare lezioni, l'avevamo già sperimentata con Teste rasate. Molti personaggi del film sono ispirati a persone reali (ad esempio il personaggio di Barbora Bobulova, ispirato alla dottoressa Gatti, il primo medico che abbia denunciato la connessione fra l'uranio e la malattia), tant'è che si può considerare il film come una storia di fantasia con dei personaggi veri.

Come avete lavorato su questi personaggi?
Gianmarco Tognazzi: Ho cercato di vedere le differenze caratteriali, cercare di darmi una disciplina, cosa che in generale proprio non ho nella vita. L'aspetto più divertente è riuscire a portare se stessi verso il personaggio e non viceversa, così da mettere in campo quelle che sono le diversità caratteriali e umane. Il personaggio del colonnello Moresco è straordinario perché non è mai quello che sembra: è un personaggio con una morale discutibile, un personaggio eccessivo e in un certo senso provocatorio e un po' fuori di testa. Forse per me la più grande difficoltà è stata rendere credibile questa autorità del colonnello Moresco tale da giustificare l'affetto e il rispetto per le istituzioni gerarchiche di tutto il gruppo dei ragazzi militari. Sono molto orgoglioso di aver partecipato alla realizzazione di questo film proprio perché credo personalmente in questa idea di unire i problemi della realtà con la logica dell'intrattenimento. La costruzione del racconto è molto ben architettata seguendo un gioco fra i destini di due personaggi che rappresentano due istituzioni diverse e che hanno storie diverse. Questa chiave di racconto serve ad intrattenere il pubblico e a introdurlo ad un problema molto grosso.
Luca Lionello: Ho la convinzione che non esista il cinema di genere ma il “genere cinema”, e poi esistono i gusti del pubblico. Fragasso prepara dei piatti forti e pone i suoi attori in condizioni interpretative al limite. Sia il mio personaggio che quello di Gianmarco rappresentano lo Stato, creando una sorta di conflitto finale fra lo stato contro lo stato. Entrambi siamo persone innamorate che vanno perdendo le proprie basi per colpa di una malattia. Lavorare a questa storia è stato come attraversare l'amore, la morte, la tragedia e il fuoco tutti assieme, con l'aggiunta che stavamo parlando di problemi veri.

Quanto è importante fare questo tipo di cinema?
Rossella Drudi: L'importanza sta nel dare voce a tutte quelle persone che hanno subito il problema e che sono rimaste in silenzio per troppo tempo. Penso che il cinema sia un mezzo straordinario per raccontare le situazioni e i problemi. Oltre alla questione della malattia, per me era importante anche creare due personaggi protagonisti speculari per dare altri valori alla vicenda. Ognuno di loro vive lo stesso dolore e cerca un modo per difendere la propria famiglia: l'esercito per il colonnello e la moglie e la figlia per il negoziatore Manfredi. Perché non utilizzare il cinema, l'evasione e il divertimento anche per far riflettere il pubblico?

Quali sono i riferimenti cinematografici?
Claudio Fragasso: Ci sono molti riferimenti, a partire da una vera e propria dichiarazione d'amore per il cinema italiano degli anni Settanta nella scena della rapina. Poi ci sono riferimenti a Roma violenta, ma anche a molto cinema americano d'assedio: c'è John Q, Spike Lee e Quel pomeriggio di un giorno da cani. A noi piace molto anche giocare con generi e citazioni: il film in questione non si prestava molto alla commedia, ma nel prossimo lavoreremo con ironia su un conflitto fra poliziotti italiani e marines americani.

Parlano gli altri attori
Simona Borioni: Non ho preparato il personaggio in questo caso particolare. Di solito, tendo a rifarmi a persone che conosco nella realtà, ma per quanto riguarda il personaggio di Isabella (moglie e madre che scopre di avere un cancro), lei viveva una realtà che per fortuna non mi ha mai toccato troppo da vicino. È un personaggio che mi tormentava in un certo senso, che continuava ad apparirmi nei sogni, e che ho dovuto costruire da sola. Inoltre, l'attore maschile che doveva interpretare mio marito avrebbe dovuto essere un altro. Luca è arrivato all'ultimo momento e abbiamo dovuto cominciare da una scena a letto in cui gli annuncio la mia malattia: era forse la mia scena più importante e difficile e devo solo alle spiegazioni del regista se sono riuscita a farla.
Barbora Bobulova: Ero preoccupata dalla possibilità di non trovarmi bene col regista e invece alla fine mi sono trovata più che bene. In particolare, mi è piaciuta molto la collaborazione che c'è fra Claudio e Rossella. Assieme costituiscono la cellula fondamentale del film: Rossella mi aiutava più sui dialoghi e Claudio invece più sui movimenti, sulla recitazione, che per me era molto importante, visto che si trattava della mia prima volta in un film d'azione.
Francesco Venditti: Sono stato poco sul set, solo una settimana. Però sono stato molto contento, perché Claudio fa un cinema diverso, un cinema coraggioso che rispecchia molto la sua personalità. L'incontro fra lui e Rossella è un bellissimo connubio di energia e potenza. Vederli lavorare assieme, criticandosi ma amandosi, è davvero un'esperienza lavorativa e umana che porterò sempre con me.

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