robyoby
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venerdì 17 settembre 2010
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chiassoso
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Il bello, quando leggi un libro è che i protagonisti li scegli tu. Scegli inoltre di ricordarti e di amare alcuni aspetti del libro: la tua visione. Il bello di un libro è che difficilmenti lo assapori con una musica assordante a farti da sfondo perchè t'impedirebbe di leggere e capire i dialoghi... I dialoghi invece, in questo film, sono praticamente inesistenti e sostituiti da musica ad altissimo volume. Difficilmente penso di aver visto un film con una fotografia peggiore, con controluce accecanti e insensati. La storia di due persone che hanno vissuto esperienze forti che si approcciano all'amore con alterne vicende per rincorrersi e mai trovarsi viene vanificata con la rappresentazione di due psicopatici, sociopatici.
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Il bello, quando leggi un libro è che i protagonisti li scegli tu. Scegli inoltre di ricordarti e di amare alcuni aspetti del libro: la tua visione. Il bello di un libro è che difficilmenti lo assapori con una musica assordante a farti da sfondo perchè t'impedirebbe di leggere e capire i dialoghi... I dialoghi invece, in questo film, sono praticamente inesistenti e sostituiti da musica ad altissimo volume. Difficilmente penso di aver visto un film con una fotografia peggiore, con controluce accecanti e insensati. La storia di due persone che hanno vissuto esperienze forti che si approcciano all'amore con alterne vicende per rincorrersi e mai trovarsi viene vanificata con la rappresentazione di due psicopatici, sociopatici.
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maria
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venerdì 17 settembre 2010
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dove sono i numeri primi?
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se si considera che la definizione centrale del romanzo viene collocata nella scena del matrimonio di Viola e pronunciata da Viola stessa in chiave apparentemente sarcastica(proprio non sono riuscita a capirla questa....ma anche altre cose) , si può capire quanto il regista abbia preso sul serio l'opera. Se ne è appropriato facendo un'altra cosa, abbastanza incomprensibile e un po' noiosa. Per me si salvano solo le sequenze sui due traumatici episodi infantili;peraltro, Alice e Mattia bambini, e in parte gli adolescenti, sono interpretati molto meglio dei due personaggi adulti, imbalsamati in recitazioni grottesche(Rohrwacher compresa: oltretutto assolutamente inadatta fisicamente).
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se si considera che la definizione centrale del romanzo viene collocata nella scena del matrimonio di Viola e pronunciata da Viola stessa in chiave apparentemente sarcastica(proprio non sono riuscita a capirla questa....ma anche altre cose) , si può capire quanto il regista abbia preso sul serio l'opera. Se ne è appropriato facendo un'altra cosa, abbastanza incomprensibile e un po' noiosa. Per me si salvano solo le sequenze sui due traumatici episodi infantili;peraltro, Alice e Mattia bambini, e in parte gli adolescenti, sono interpretati molto meglio dei due personaggi adulti, imbalsamati in recitazioni grottesche(Rohrwacher compresa: oltretutto assolutamente inadatta fisicamente).
Se un film dichiara esplicitamente di essere tratto da un'opera letteraria e il suo autore contribuisce alla sceneggiatura, non vuol dire che ne debba essere la copia conforme ma deve rispettarne lo spirito, al limite potenziare la parola con le immagini. Ci possono e devono essere differenze ma che comunichino lo stesso livello di emozione , facciano capire da dove si parte, non tralascino temi fondamentali.Non voglio citare Il gattopardo, come ha detto Costanzo, ma penso di poter portare l'esempio de I giorni dell'abbandono o Caos calmo, tanto per fermarci a prodotti recenti del cinema italiano.
Sono delusa che Paolo Giordano abbia accettato e firmato lo scempio del suo primo e finora unico romanzo. Ragioni editoriali, suppongo.
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francesco giuliano
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venerdì 17 settembre 2010
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il guscio della solitudine
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Parlerò solo del film per evitare le superflue discussioni che portano spesso ad evidenziare le differenze sostanziali tra un film e il romanzo da cui la storia del film è stata estratta.
Il film descrive le storie parallele di Mattia e di Alice, il primo con il corpo pieno di cicatrici, la seconda claudicante. Sono queste lesioni che fanno presentire che i due hanno vissuto un’infanzia segnata da fatti tragici o comunque dolorosi. Fatti che gli hanno condizionato irreversibilmente la vita per tutta la sua durata, che hanno indotto nei loro comportamenti l’impossibilità di esprimere apertamente i sentimenti più genuini, e che hanno determinato in ciascuno di loro un chiudersi verso l’altro creando, naturalmente e involontariamente, un invisibile ma percettibile guscio protettivo per difendersi da chi gli potrebbe procurare soltanto del male.
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Parlerò solo del film per evitare le superflue discussioni che portano spesso ad evidenziare le differenze sostanziali tra un film e il romanzo da cui la storia del film è stata estratta.
Il film descrive le storie parallele di Mattia e di Alice, il primo con il corpo pieno di cicatrici, la seconda claudicante. Sono queste lesioni che fanno presentire che i due hanno vissuto un’infanzia segnata da fatti tragici o comunque dolorosi. Fatti che gli hanno condizionato irreversibilmente la vita per tutta la sua durata, che hanno indotto nei loro comportamenti l’impossibilità di esprimere apertamente i sentimenti più genuini, e che hanno determinato in ciascuno di loro un chiudersi verso l’altro creando, naturalmente e involontariamente, un invisibile ma percettibile guscio protettivo per difendersi da chi gli potrebbe procurare soltanto del male. Gli sguardi fissi, il perdurare dei silenzi snervanti, la mancanza di un dialogo normale, domande senza risposte, l’incapacità di aprirsi l’un l’altro, tutto ciò evidenzia uno stato latente di sofferenza duratura che blocca quell’attitudine empatica che contraddistingue ogni essere umano nei comuni rapporti affettivi. Certo diversa è la storia di Mattia che si infligge delle ferite per espiare una colpa gravissima da quella di Alice che in seguito ad un incidente sulla neve rimane zoppa. Storie diverse che comunque portano agli stessi comportamenti.
Il regista per tutta la durata del film usa spesso dei flash andando sia indietro che avanti nella storia dei due protagonisti. In un primo momento questo disorienta lo spettatore che si rende conto poi della tecnica adottata e l’apprezza.
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maurizio
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giovedì 16 settembre 2010
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saverio costanzo fa centro un'altra volta
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Film eccezionale sia per l'architettura della sceneggiatura che per il gusto quasi viscontiano-ma non estetizzante- del dettaglio che, infine, per la bravura degli interpreti. La Rohrwacher cresce esponenzialmente di film in film. Strepitosi i tre minuti che Filippo Timi si è ritagliato da co-sceneggiatore per costruire un "cameo" indinenticabile. Senz'altro ai livelli più alti della produzione cinematografica dell'anno.
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(di giuliaebasta)
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monclick
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giovedì 16 settembre 2010
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che orrore!
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Ieri sera sono andato al Cinema per vedere questo film, ancora pieno dell'emozione che mi aveva dato il libro, uno dei migliori libri italiani letti negli ultimi anni.
Il film l'ho trovato terribile: di una pesantezza oscura e tetra, claustrofobico e con personaggi che sembrano macchiette. Forse l'unica che non lo sembra è Viola, per il resto sembrano tutti stereotipi lombrosiani.
Sono uscito dal Cinema dopo poco più di un'ora, lo sconsiglio assolutamente a meno che si abbia voglia di farsi un po' di male. Della Poesia che l'autore riesce a trovare nei personaggi si vede ben poco, quel che resta è solo un gran mal di stomaco e senso di soffocamento.
Leggetevi il libro, bellissimo e poetico, e dimenticate questo Polpettone.
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Ieri sera sono andato al Cinema per vedere questo film, ancora pieno dell'emozione che mi aveva dato il libro, uno dei migliori libri italiani letti negli ultimi anni.
Il film l'ho trovato terribile: di una pesantezza oscura e tetra, claustrofobico e con personaggi che sembrano macchiette. Forse l'unica che non lo sembra è Viola, per il resto sembrano tutti stereotipi lombrosiani.
Sono uscito dal Cinema dopo poco più di un'ora, lo sconsiglio assolutamente a meno che si abbia voglia di farsi un po' di male. Della Poesia che l'autore riesce a trovare nei personaggi si vede ben poco, quel che resta è solo un gran mal di stomaco e senso di soffocamento.
Leggetevi il libro, bellissimo e poetico, e dimenticate questo Polpettone.
Qualcuno ha scritto che è un horror: appunto. Un Orrore.
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giulinet
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giovedì 16 settembre 2010
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la solitudine ben raccontata
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Questo è un signor film se paragonato alle tante uscite recenti nelle sale. Il regista si vede che conosce bene il suo mestiere, dal taglio delle inquadrature a come dirige i suoi attori, tutti bravissimi. Bella la fotografia e sceneggiatura ben costruita. Si può dire però che è più un operazione stilistica dell'autore che un film per il grande pubblico. Infatti all'inizio si fa fatica a seguire la storia perchè chi non ha letto il libro, come me, perde il patos del racconto nel cercare di focalizzare i personaggi nei continui flashback usati dal regista per rivelarceli incrociandoli continuamente in un lungo arco temporale che li segue da bambini sino all'età adulta. E' un racconto sempre in tensione a cui fa da contralto una colonna sonora di memoria darioargentiana, e sia le atmosfere cupe e rarefatte dei dolorosi ricordi che i colori saturi delle sofferenze del presente contribuiscono a dare il senso del dramma di queste solitudini che il film ben racconta.
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Questo è un signor film se paragonato alle tante uscite recenti nelle sale. Il regista si vede che conosce bene il suo mestiere, dal taglio delle inquadrature a come dirige i suoi attori, tutti bravissimi. Bella la fotografia e sceneggiatura ben costruita. Si può dire però che è più un operazione stilistica dell'autore che un film per il grande pubblico. Infatti all'inizio si fa fatica a seguire la storia perchè chi non ha letto il libro, come me, perde il patos del racconto nel cercare di focalizzare i personaggi nei continui flashback usati dal regista per rivelarceli incrociandoli continuamente in un lungo arco temporale che li segue da bambini sino all'età adulta. E' un racconto sempre in tensione a cui fa da contralto una colonna sonora di memoria darioargentiana, e sia le atmosfere cupe e rarefatte dei dolorosi ricordi che i colori saturi delle sofferenze del presente contribuiscono a dare il senso del dramma di queste solitudini che il film ben racconta. Da vedere.
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m.d.c
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giovedì 16 settembre 2010
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amori impossibili nella solitudine urbana
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Tutto sommato un tradimento può essere davvero ben accetto, soprattutto se realizzato con la collaborazione attiva del "tradito". La solitudine dei numeri primi si discosta in modo felice dal libro omonimo di P. Giordano (piuttosto sopravvalutato) rispettandone lo spirito ma stravolgendone la struttura e modificandone con sapienza l'atmosfera che, rispetto alla pagina scritta, diviene sullo schermo decadente e persino malata. Così le vite guaste dei due protagonisti, l'anoressica Alice e l'autolesionista Mattia, si incrociano dando vita ad una deriva esistenziale credibilissima incarnata nel corpo martoriato di Alba Rohrwacher (costretta ad un orripilante dimagrimento) e in quello liso della scoperta Luca Marinelli.
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Tutto sommato un tradimento può essere davvero ben accetto, soprattutto se realizzato con la collaborazione attiva del "tradito". La solitudine dei numeri primi si discosta in modo felice dal libro omonimo di P. Giordano (piuttosto sopravvalutato) rispettandone lo spirito ma stravolgendone la struttura e modificandone con sapienza l'atmosfera che, rispetto alla pagina scritta, diviene sullo schermo decadente e persino malata. Così le vite guaste dei due protagonisti, l'anoressica Alice e l'autolesionista Mattia, si incrociano dando vita ad una deriva esistenziale credibilissima incarnata nel corpo martoriato di Alba Rohrwacher (costretta ad un orripilante dimagrimento) e in quello liso della scoperta Luca Marinelli. Segnati nel fisico e nella psiche da due traumi infantili (lui ha abbandonato la sorellina autistica mai più ritrovata, lei è divenuta claudicante a causa di un incidente sulla pista da sci)gli adolescenti Mattia ed Alice si sfiorano come due rette parallele destinate a non incontrarsi, attraversano con i loro traumi l'adolescenza fino all'età adulta, dove il copione ce li propone come due insicuri confidenti ancora alle prese con le loro vite irrisolte. E se l'irregolare Mattia è in procinto di trasferirsi in Germania su consiglio della madre Isabella Rossellini, la fotografa Alice è alle prese con un timido e discreto corteggiatore che finirà per prenderla in moglie. Con un nuovo salto temporale li ritroviamo ai giorni nostri, lei minata dall'anoressia e separata, lui imbrigliato nella ragnatela della solitudine ma pronti entrambi a ritrovarsi di nuovo per un ultimo, e forse definitivo, incontro. Il merito principale della rappresentazione è quello di non mostrarci semplicisticamente i due protagonisti con il loro affanni ma di esaltarne le contorte dinamiche attraverso immagini desolatamente credibili e un montaggio sincopato, accompagnato da una colonna sonora straniante. Alla tenuta della storia ha dato un contributo essenziale il regista Costanzo che ha riletto il plot, contrassegnato da un minimalismo spesso didascalico, caricandolo di segnali inquietanti e di colori abbacinanti.Tradendo felicemente il melò e trasgredendo alla regola non scritta della fedeltà alla pagina, Costanzo ha trasfigurato le esistenze segnate dei suoi personaggi collocandoli in una sorta di realtà parallela, non risparmiando citazioni che vanno da Kubrick a Carpenter fino a Bava e trasformando un amore ideale e impossibile in una sorta di inferno privato dove persino gli oggetti e i luoghi (corridoi, panchine, gallerie)sono carichi di un inquietante simbolismo. E di fronte a questo coraggio gli si perdona tutto, persino di aver rubato il finale all'Antonioni de l'Avventura. Matteo De Chiara
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brian77
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giovedì 16 settembre 2010
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regia, non romanzo
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Non ho letto il romanzo e devo dire che - a partire da quanto vedo sullo schermo - mi sembra che il materiale narrativo in sé sia piuttosto schematico, un po' furbastro. Ma il film ha ambizioni alte, Costanzo si conferma uno dei pochi registi italiani giovani che cercano di lavorare sulle immagini, che non cadono nella banalità da fiction paratelevisiva, che tentano soluzioni ambiziose di regia. In questo film a volte riesce, a volte no, a volte cade rovinosamente (il primo piano horror di Mattia mentre la madre dice che le fa paura è veramente ridicolo), ma nell'insieme cerca di fare del cinema. Dei personaggi, delle loro storie e delle loro enfatiche disgrazie, purtroppo mi frega poco: e questo è un limite del film.
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Non ho letto il romanzo e devo dire che - a partire da quanto vedo sullo schermo - mi sembra che il materiale narrativo in sé sia piuttosto schematico, un po' furbastro. Ma il film ha ambizioni alte, Costanzo si conferma uno dei pochi registi italiani giovani che cercano di lavorare sulle immagini, che non cadono nella banalità da fiction paratelevisiva, che tentano soluzioni ambiziose di regia. In questo film a volte riesce, a volte no, a volte cade rovinosamente (il primo piano horror di Mattia mentre la madre dice che le fa paura è veramente ridicolo), ma nell'insieme cerca di fare del cinema. Dei personaggi, delle loro storie e delle loro enfatiche disgrazie, purtroppo mi frega poco: e questo è un limite del film. Della regia, invece, qualcosa mi interessa. E questo è un pregio. Ad esempio, non mi interessa certo la regia degli Ozpetek o dei Salvatores...
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lalli
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giovedì 16 settembre 2010
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spesso ci sente soli numeri primi...
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ancora non ho letto il libro ma presto lo farò. un bel film con ottimi attori, fuori luogo a volte le musiche "horror"
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nicolac
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mercoledì 15 settembre 2010
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incontri e vissuti
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Il film di Saverio Costanzo è un intreccio di storie, vissuti e incontri.
Sono presenti diversi flashback che hanno come protagonisti Mattia e Alice.
I due ragazzi sono descritti nelle loro problematiche, la trama del film
è drammatica e carpisce l'attenzione dello spettatore. Mi ha colpito, in particolare,
il rapporto di Alice con le sue amiche che la deridono e la figura
complessa di Mattia.
Complessivamente il film mi è piaciuto e ne consiglio la visione.
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