siper
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domenica 21 novembre 2010
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un perfetto metronomo agrodolce
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Dal genio tutto livornese di Paolo Virzì nasce “La prima cosa bella”, ambientato, manco a dirlo, a Livorno. Questa è la storia di Bruno Michelucci (Valerio Mastandrea) il quale viene convinto dalla sorella Valeria (Claudia Pandolfi) a tornare nella natia Livorno al capezzale della madre, malata terminale, Anna (Stefania Sandrelli). Qui prende vita un’enorme analisi a ritroso della vita di Anna (interpretata da giovane da Micaela Ramazzotti) che coinvolge gioco-forza l’infanzia di Bruno e Valeria. Nella Livorno degli anni ’70 Anna spiccava, oltre che per la sua bellezza, anche per il suo spirito libero e leggiadro, per questo stonante con la società dell’epoca. Oppressa da un marito geloso e possessivo (Sergio Albelli), Anna si trova a doversi districare in mille situazioni disparate, ma con la costante intenzione di essere la madre migliore possibile per i suoi figli.
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Dal genio tutto livornese di Paolo Virzì nasce “La prima cosa bella”, ambientato, manco a dirlo, a Livorno. Questa è la storia di Bruno Michelucci (Valerio Mastandrea) il quale viene convinto dalla sorella Valeria (Claudia Pandolfi) a tornare nella natia Livorno al capezzale della madre, malata terminale, Anna (Stefania Sandrelli). Qui prende vita un’enorme analisi a ritroso della vita di Anna (interpretata da giovane da Micaela Ramazzotti) che coinvolge gioco-forza l’infanzia di Bruno e Valeria. Nella Livorno degli anni ’70 Anna spiccava, oltre che per la sua bellezza, anche per il suo spirito libero e leggiadro, per questo stonante con la società dell’epoca. Oppressa da un marito geloso e possessivo (Sergio Albelli), Anna si trova a doversi districare in mille situazioni disparate, ma con la costante intenzione di essere la madre migliore possibile per i suoi figli. Virzì punta i riflettori anche sul particolare rapporto tra Bruno e sua madre. Il ragazzo, taciturno e introverso, soffre particolarmente l’estroversione della madre e la sua apertura nei confronti del mondo, nella quale prova a coinvolgere anche lui. Il regista livornese tratta, però, quest’aspetto con il giusto dosaggio di ironia e drammaticità, elemento ricorrente in tutto il film. E’ proprio quest’ultimo il carattere peculiare de “La prima cosa bella. Il film è, infatti, una sorta di commedia drammatica, agrodolce che a differenza di altre opere con pretese simili, si muove con sincronismi perfetti tra i due generi, come un vero e proprio metronomo mosso con straordinaria abilità da Virzì. Tutto questo a sostegno del vero e proprio tema centrale dell’opera ”virziniana” ossia la simbologia della prima cosa bella appunto, che il regista vuole intendere come la libertà, la freschezza di Anna che, anche in fin di vita, conserva questa sua caratteristica che si trasmette a tutto il resto del film. Una piccola nota a margine merita la straordinaria somiglianza e capacità di adattamento reciproco tra la Ramazzotti e la Sandrelli che, interpretando 2 età diverse della vita di Anna, si vengono incontro fino a trovare un punto d’equilibrio dove il carattere di Anna trova la sua giusta forma e omogeneità che rimane costante negli anni, un motivo in più per complimentarsi con Paolo Virzì, oltre che per aver diretto il suo film migliore.
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dano25
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lunedì 20 dicembre 2010
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la vita vissuta fino in fondo
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Virzì ci proietta nella Livorno degli ultimi 40 anni con un film ricco di sentimenti e retto più che dalla bellezza di Micaela Ramazzotti , dalla toccante interpretazione di Stefania Sandrelli. A dirla tutta un pò troppo lungo, il film si snoda sulla vita di una donna che non lascia niente al caso ma che vive tutto con la passione e l'amore per i figli non lasciandosi travolgere dagli eventi neanche in punto di morte ma regalandosi un'ultima gioia. Curioso vedere due attori "romanacci" come Mastandrea e la Pandolfi districarsi con il Toscano certo non facile e lo stesso dicasi per la Ramazzotti. Il film è buono per una serata tranquilla d'inverno.
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Virzì ci proietta nella Livorno degli ultimi 40 anni con un film ricco di sentimenti e retto più che dalla bellezza di Micaela Ramazzotti , dalla toccante interpretazione di Stefania Sandrelli. A dirla tutta un pò troppo lungo, il film si snoda sulla vita di una donna che non lascia niente al caso ma che vive tutto con la passione e l'amore per i figli non lasciandosi travolgere dagli eventi neanche in punto di morte ma regalandosi un'ultima gioia. Curioso vedere due attori "romanacci" come Mastandrea e la Pandolfi districarsi con il Toscano certo non facile e lo stesso dicasi per la Ramazzotti. Il film è buono per una serata tranquilla d'inverno.
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tina galante tisbe
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mercoledì 17 novembre 2010
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un'alchimia tra l’essere madre e l’essere donna
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“La prima cosa bella” è un film dalle emozioni forti. Virzì ricorre al flash-back per raccontare una storia che abbraccia tre generazioni.
Una madre vive il suo rapporto intenso con i suoi due figli, in una società in rapida evoluzione che, però, indugia nel pregiudizio. Non mancano gli spunti di riflessione sulla figura della madre, il suo ruolo imposto dalle regole sociali e la capacità di amare senza frontiere. La protagonista incarna l’idea di una donna che fa della sua vita una “rivoluzione pratica”, che sfida le convenzioni e viaggia con anticipo sul suo tempo. Se dovessimo rappresentare il suo messaggio, sarebbe quello di una donna che pur facendo ruotare la propria vita intorno all’amore per gli uomini, riesce ad essere la migliore madre possibile.
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“La prima cosa bella” è un film dalle emozioni forti. Virzì ricorre al flash-back per raccontare una storia che abbraccia tre generazioni.
Una madre vive il suo rapporto intenso con i suoi due figli, in una società in rapida evoluzione che, però, indugia nel pregiudizio. Non mancano gli spunti di riflessione sulla figura della madre, il suo ruolo imposto dalle regole sociali e la capacità di amare senza frontiere. La protagonista incarna l’idea di una donna che fa della sua vita una “rivoluzione pratica”, che sfida le convenzioni e viaggia con anticipo sul suo tempo. Se dovessimo rappresentare il suo messaggio, sarebbe quello di una donna che pur facendo ruotare la propria vita intorno all’amore per gli uomini, riesce ad essere la migliore madre possibile. Anna, dai trascorsi discutibili, ne esce vincente, perché nella lotta per la sopravvivenza ha saputo creare una sottile alchimia tra l’essere madre e l’essere donna libera, con tutto ciò che comporta, compreso il giudizio implacabile dei figli. La storia la assolve, pienamente, e fa di lei un’icona della vita che si esprime al suo massimo splendore nel momento tragico della malattia e della morte.
Il lungometraggio di Virzì è un film da non perdere. Non solo lascia emozioni forti, ma imprime nella memoria dialoghi, immagini e musiche difficili da dimenticare. Attraverso il suo fluire sullo schermo ho rivisto la mia infanzia e la mia adolescenza, non perché mia madre assomigliasse alla protagonista, ma per l’esatto contrario.
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lume_hc
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martedì 29 marzo 2011
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un amore immenso ma complicato
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Paolo Virzì si cimenta con un tema universale come l'amore madre-figlio, la forma più pura di sentimento. Un amore immenso che però, a volte, può anche far male.
Anna (Micaela Ramazzotti) è una madre speciale, bella, giovane e con una gioia di vivere mista ad un ottimismo al limite dell'ottusità, che in una provinciale Livorno degli anni sessanta non è ben vista da suo marito e dalla comunità benpensante. Bruno (Valerio Mastandrea), il figlio maggiore, a distanza di più di vent'anni ritorna dalla madre, ora molto malata e prossima alla fine (Stefania Sandrelli), e l'evoluzione del rapporto viene analizzata dal regista attraverso dei bellissimi flashback nella Livorno fra gli anni sessanta ed ottanta: Bruno è letteralmente sopraffatto dall'amore della madre, un amore immenso e purissimo che però fa anche soffrire il ragazzo; il giovane Bruno si accorge delle troppe attenzioni rivolte dagli uomini alla bella madre, e il turbinio di emozioni a cui è sottoposto lo confonde e lo porta a staccarsi da lei.
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Paolo Virzì si cimenta con un tema universale come l'amore madre-figlio, la forma più pura di sentimento. Un amore immenso che però, a volte, può anche far male.
Anna (Micaela Ramazzotti) è una madre speciale, bella, giovane e con una gioia di vivere mista ad un ottimismo al limite dell'ottusità, che in una provinciale Livorno degli anni sessanta non è ben vista da suo marito e dalla comunità benpensante. Bruno (Valerio Mastandrea), il figlio maggiore, a distanza di più di vent'anni ritorna dalla madre, ora molto malata e prossima alla fine (Stefania Sandrelli), e l'evoluzione del rapporto viene analizzata dal regista attraverso dei bellissimi flashback nella Livorno fra gli anni sessanta ed ottanta: Bruno è letteralmente sopraffatto dall'amore della madre, un amore immenso e purissimo che però fa anche soffrire il ragazzo; il giovane Bruno si accorge delle troppe attenzioni rivolte dagli uomini alla bella madre, e il turbinio di emozioni a cui è sottoposto lo confonde e lo porta a staccarsi da lei.
Il processo di rielaborazione e il riavvicinamento alla madre a alla sorella (una trasandata Claudia Pandolfi) porterà Bruno a fare pace con la madre e soprattutto con se stesso.
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sprock93
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mercoledì 12 febbraio 2014
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il cinema italiano non è ancora morto!
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Paolo Virzi con "Tutta la vita davanti" si era già presentato come un regista ispirato, dalle grandi qualità, ma quanto fatto nel "La prima cosa bella" rimarrà per molto tempo nello scenario cinematografico italiano.
Il racconto si apre nell'estate livornese del 1971 , l'elezione di Anna (Micaela Ramazzotti) come miss mamma, porta grande scompiglio nella famiglia Michelucci. Quest'ultima ne verrà allontana,per il suo comportamento un pò libertino, stravolgendo completamente la vita dei due suoi due figli Bruno (Valerio Mastandrea) e Valeria (Claudia Pandolfi).
All'interno del film prende vita un’enorme analisi della vita di Anna e del rapporto con Bruno e Valeria.
Il rapporto è uno di quelli sinceri, veri ma di un intensità che ti tramortisce, ti schiaccia , ti logora.
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Paolo Virzi con "Tutta la vita davanti" si era già presentato come un regista ispirato, dalle grandi qualità, ma quanto fatto nel "La prima cosa bella" rimarrà per molto tempo nello scenario cinematografico italiano.
Il racconto si apre nell'estate livornese del 1971 , l'elezione di Anna (Micaela Ramazzotti) come miss mamma, porta grande scompiglio nella famiglia Michelucci. Quest'ultima ne verrà allontana,per il suo comportamento un pò libertino, stravolgendo completamente la vita dei due suoi due figli Bruno (Valerio Mastandrea) e Valeria (Claudia Pandolfi).
All'interno del film prende vita un’enorme analisi della vita di Anna e del rapporto con Bruno e Valeria.
Il rapporto è uno di quelli sinceri, veri ma di un intensità che ti tramortisce, ti schiaccia , ti logora.
Il lavoro degli attori è importante, essi sono supportati da un profondo Virzi che ne riesce a delineare l'intero apparato psicologico.
Ciò che ti rimane, dopo aver visto il film , è una grande tempesta di sentimenti. Due ore di emozioni , il pensare , il mal di pancia, tanto da legare le tue esperienze di vita con quelle della pellicola.
Presente - futuro , infanzia - età adulta , Ramazzotti - Sandrelli tutto funziona egregiamente.
Verità, amore e purezza sono i temi del racconto.
Non posso non dare 5 stelle e consigliarlo.
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stefano capasso
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martedì 19 aprile 2016
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il recupero dell'amore materno
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La vita di Bruno è caratterizzata da una grande infelicità. Insegna lettere a Milano, e i suoi rapporti sono caratterizzati dalla scarsa capacità di partecipazione affettiva. Quando la sorella Valeria lo raggiunge per portarlo nella loro città, Livorno, per assistere la madre nella fase terminale di una malattia, tentenna e quasi non vuole andare. Finalmente convinto inizia un percorso a ritroso nella sua storia caratterizzata dall’esuberanza della madre incapace di dare certezze e stabilità a lui e alla sorella. Al tempo stesso è l’occasione per ristabilire con lei una nuova comprensione, ancora tra estri e stravaganze che pure negli ultimi giorni manifesta.
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La vita di Bruno è caratterizzata da una grande infelicità. Insegna lettere a Milano, e i suoi rapporti sono caratterizzati dalla scarsa capacità di partecipazione affettiva. Quando la sorella Valeria lo raggiunge per portarlo nella loro città, Livorno, per assistere la madre nella fase terminale di una malattia, tentenna e quasi non vuole andare. Finalmente convinto inizia un percorso a ritroso nella sua storia caratterizzata dall’esuberanza della madre incapace di dare certezze e stabilità a lui e alla sorella. Al tempo stesso è l’occasione per ristabilire con lei una nuova comprensione, ancora tra estri e stravaganze che pure negli ultimi giorni manifesta.
Bello questo film di Paolo Virzi, che racconta, in parallelo, la storia di un microcosmo di persone a partire dai protagonisti, gli intrecci, i segreti e le difficoltà che coinvolgono tutti. E’ una bella storia di umanità e sentimenti caratterizzata dal recupero dell’amore materno. La comprensione che tutti i disagi vissuti nell’infanzia, ancora dolorosamente presenti, nulla tolgono all’amore che il genitore, a suo modo, ha potuto dare, rende possibile quella riappacificazione che apre nuove possibilità di vita
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accettoilcaos
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giovedì 20 aprile 2017
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la malinconia ci salverà
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In un mondo in cui il benessere è misurato in base all'efficienza e alla produttività, la tristezza e la malinconia non sono ben accette. Avere sempre il sorriso sulle labbra, sfoggiare la propria maschera migliore e divertirsi solo in compagnia, sono i must have dal XX secolo. Chi non si adegua a questo, diventa un emarginato, un individuo dal quale stare alla larga.
E Bruno (Valerio Mastandrea) è così fin da quando è piccolo. È un animo inquieto, turbato da mille pensieri. Sente il peso degli anni, fin dall'infanzia. Così è anche la sorella Valeria (Claudia Pandolfi) che soffre, dietro un'apparente atteggiamento capriccioso e infantile che continuerà fino all'età adulta.
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In un mondo in cui il benessere è misurato in base all'efficienza e alla produttività, la tristezza e la malinconia non sono ben accette. Avere sempre il sorriso sulle labbra, sfoggiare la propria maschera migliore e divertirsi solo in compagnia, sono i must have dal XX secolo. Chi non si adegua a questo, diventa un emarginato, un individuo dal quale stare alla larga.
E Bruno (Valerio Mastandrea) è così fin da quando è piccolo. È un animo inquieto, turbato da mille pensieri. Sente il peso degli anni, fin dall'infanzia. Così è anche la sorella Valeria (Claudia Pandolfi) che soffre, dietro un'apparente atteggiamento capriccioso e infantile che continuerà fino all'età adulta. Così d'altra parte è la madre Anna (Micaela Ramazzotti/Stefania Sandrelli), anima alla perenne ricerca della felicità, che però si sgretola puntualmente come un castello di sabbia.
È una donna che ci ha provato, come si suol dire, che ci ha provato con tutta se stessa per raggiungere una stabilità, forse più per gli altri che per se stessa. Ci riesce solo in vecchiaia, con l'arrivo di una malattia che non lascia scampo. Ci riesce abbandonandosi alla malinconia e ai ricordi del passato, guardando ad essi con indulgenza e amore. Riscopre una leggerezza che poche volte aveva avuto la possibilità di sperimentare, la stessa freschezza che traspare quando canta la famosa canzone di Nicola di Bari con i suoi bambini; non a caso, la stessa canzone chiuderà il cerchio, facendo sì che la fine della vita di questa Madre coincida invece con l'inizio della vita, quella vera, dei figli.
Questo film parla dei ricordi, che nonostante si cerchi di seppellirli da qualche parte nella nostra memoria, tornano sempre; tornano con fierezza, per far sì che non ci si arrenda a un'esistenza fatta di sopravvivenza.
Questo film parla della malinconia, quella dimensione tanto amata da Leopardi, che investiva il soggetto di grande sensibilità e di un'aura quasi sacrale.
È un film che invita ad abbandonarsi, anche per un solo istante, al flusso che ci ha portato ad essere quelli che siamo.
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doni64
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mercoledì 22 settembre 2010
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film....intenso
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Film intenso nella trama, con una interpretazione ottimale da parte degli interpreti tutti compresi.Buona la sceneggiatura e l'ambientazione del periodo inscenato per un film bello e intenso.Voto 8
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enzo70
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mercoledì 10 settembre 2014
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tutto il mestiere di virzì
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Tutto il mestiere di Virzì per un film dai sentimenti facili ma che coglie nel segno. Una storia nel tempo, banale per molti profili, ma che proprio nella sua banalità riesce ad esaltare le capacità del regista livornese. E proprio a Livorno è ambientato questo film; il protagonista, Bruno, è un professore senza alcun entusiasmo per la vita, costretto ad abbandonare il suo tran tran a Milano per tornare a Livorno per assistere la madre alle prese con un tumore terminale. E questa volta la vita non è davanti, ma dietro, nella ricostruzione della vita del protagonista e del suo rapporto con la madre, Micaela Ramazzotti, da giovane, e Stefania Sandrelli poi, e con la sorella, Claudia Pandolfi.
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Tutto il mestiere di Virzì per un film dai sentimenti facili ma che coglie nel segno. Una storia nel tempo, banale per molti profili, ma che proprio nella sua banalità riesce ad esaltare le capacità del regista livornese. E proprio a Livorno è ambientato questo film; il protagonista, Bruno, è un professore senza alcun entusiasmo per la vita, costretto ad abbandonare il suo tran tran a Milano per tornare a Livorno per assistere la madre alle prese con un tumore terminale. E questa volta la vita non è davanti, ma dietro, nella ricostruzione della vita del protagonista e del suo rapporto con la madre, Micaela Ramazzotti, da giovane, e Stefania Sandrelli poi, e con la sorella, Claudia Pandolfi. Come detto è un film incentrato sulla quotidianità, senza le complessità che arricchiranno la sceneggiatura del capitale umano, ma, c’è poco da dire, il risultato è meritorio.
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elgatoloco
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giovedì 20 novembre 2014
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flash backs irrompono intelligentemente nel film
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Film molto acuto, dove la fusione totale tra passato e presente(i flash-backs irrompono intelligentemente nel film, avevo scritto nella frase di lancio, ma lo fanno continuamente, tanto da togliere il gap passato-presente, tanto da "annullare"sostanzialmente il concetto stesso di flash-back)è latrice ma anche foriera di un nuovo modo di fare cinema con i sentimenti e sui sentimenti(e quale altro cinema, dato che i sentimenti, in realtà, ci sono sempre, nel cinema, anche in quello più"anaffettivo"?), con l'accentuazione del gap tra due generazioni, ma soprattutto tra due mentalità(madre versus figlio, i.e.Stefania Sandrelli versus Valerio Mastrandrea), dove il più"serio"(un po'paradossalmente)è il figlio, pur se occasionalmente, come riconosce, "si fa".
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Film molto acuto, dove la fusione totale tra passato e presente(i flash-backs irrompono intelligentemente nel film, avevo scritto nella frase di lancio, ma lo fanno continuamente, tanto da togliere il gap passato-presente, tanto da "annullare"sostanzialmente il concetto stesso di flash-back)è latrice ma anche foriera di un nuovo modo di fare cinema con i sentimenti e sui sentimenti(e quale altro cinema, dato che i sentimenti, in realtà, ci sono sempre, nel cinema, anche in quello più"anaffettivo"?), con l'accentuazione del gap tra due generazioni, ma soprattutto tra due mentalità(madre versus figlio, i.e.Stefania Sandrelli versus Valerio Mastrandrea), dove il più"serio"(un po'paradossalmente)è il figlio, pur se occasionalmente, come riconosce, "si fa". Forcludendo completamente la dimensione politica, Paolo Virzì e i suoi coautori hanno scelto, direi consapevolmente, scientemente, di concentrarsi completamente sul"privato", facendo irrompere anche la musica, non più solo come sound-track, come colonna sonora, ma come protagonista-segno emblematico di un'epoca. Ecco allora la musica popolare, quella che nell'Ottocento e all'inizio del 1900 era l'opera lirica, nel tardo 1900(fine anni Sessanta-inizio anni Settanta)era il "melodico"(per me insopportabile, in quella forma, ma de gustibus, come si sa, non est disputandum...)della canzone del titolo e il quasi-rock "Camaleonti"con "L'eternità"e di"Ho spento già la luce", versione italiana troppo edulcorata(ma vale quanto detto/scritto sopra)di"Homburg"dei"Procol Harum"che, ignoranza del latino a parte, erano ben più solidi, nella loro ricezione, al limite(ma senza attingerlo)del plagio verso Bach e Pachelbel... Film commovente, come afferma giustamente il co-sceneggiatore Piccolo, film toccante, film intelligente, con l'interpretazione straordinaria di Stefania Sandrelli e di Valerio Mastrandrea e di tutti i comprimari, a dimostrazione della bravura e della vitalità della"commedia"(ma come nel caso-teatrale- di Benvenuti e di Maria Cassi, la commedia sottende anche sempre il dramma)toscana e in particolare fiorentina. Tra i"comprimari"da segnalare sempre ancora un nome chiave:quello di Marco Messeri. El Gato
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