vittorio
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domenica 8 maggio 2011
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particolare
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Film interessante, con un'ottima fotografia, le grandi interpretazioni degli attori, in particolare Geoffrey Rush e una storia particolare riesce comunque ad essere piacevole.....
Unica nota negativa?? Un po' noioso.....
Complessivamente da vedere...
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vales.
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mercoledì 4 maggio 2011
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non proprio da oscar...
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Da un film che ha vinto 4 premi Oscar sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Nella regia non trovato nulla di particolare, a volte scorre con troppa lentezza. Non è riuscito a coinvolgermi completamente perchè non ha una vera e propria trama: è solo una lunga preparazione al discorso finale del re. L'interpretazione di Firth non mi è sembrata così eccezionale da meritare addirittura un Oscar: si nota l'impegno, ma non è sempre il massimo dell'espressività e poi non lo trovo nemmeno un ruolo così impegnativo. In fondo si è limitato a fingere di balbettare. Non mi ha convinta del tutto manco la prova di Rush, che quando deve comunicare qualcosa in molti casi non fa che sgranare gli occhi. In compenso tra di loro sono piuttosto in sintonia.
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Da un film che ha vinto 4 premi Oscar sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Nella regia non trovato nulla di particolare, a volte scorre con troppa lentezza. Non è riuscito a coinvolgermi completamente perchè non ha una vera e propria trama: è solo una lunga preparazione al discorso finale del re. L'interpretazione di Firth non mi è sembrata così eccezionale da meritare addirittura un Oscar: si nota l'impegno, ma non è sempre il massimo dell'espressività e poi non lo trovo nemmeno un ruolo così impegnativo. In fondo si è limitato a fingere di balbettare. Non mi ha convinta del tutto manco la prova di Rush, che quando deve comunicare qualcosa in molti casi non fa che sgranare gli occhi. In compenso tra di loro sono piuttosto in sintonia. La prova migliore, a mio parere, è quella della Bonham Carter: anche se ha una parte più ridotta rispetto ai co-protagonisti maschili, mi è sembrata quella più comunicativa e che più efficacemente ha saputo caratterizzare il proprio personaggio, anche se con poche mosse o sguardi. Poco spazio alla storia e alla colonna sonora, comunque adeguata. Ho apprezzato invece la particolare cura con cui sono stati ricostruiti i costumi e gli arredi dell'epoca.
In conclusione, un film complessivamente buono, ma non eccezionale...
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blu_9
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lunedì 2 maggio 2011
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un ottimo lavoro
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Un film di alto livello, riuscito da molti punti di vista. Una recitazione di qualità da parte di tutti gli attori protagonisti, e da elogiare l'ambientazione delle scene e l'atmosfera da reggia british. Un'enfasi forse un po' troppo marcata sulla balbuzie del re, nonostante ciò sia palesemente voluto, e un contesto forse un po' troppo limitato all'interno del quale si articola il film: quasi tutte le scene si svolgono al chiuso nelle stanze del re. Personaggio di un interessante esuberanza il dottore, che nella sua singolarità riesce non solo a guarire il sovrano, ma anche a riscolpirne il carattere in un profilo totalmente nuovo e migliore.
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Un film di alto livello, riuscito da molti punti di vista. Una recitazione di qualità da parte di tutti gli attori protagonisti, e da elogiare l'ambientazione delle scene e l'atmosfera da reggia british. Un'enfasi forse un po' troppo marcata sulla balbuzie del re, nonostante ciò sia palesemente voluto, e un contesto forse un po' troppo limitato all'interno del quale si articola il film: quasi tutte le scene si svolgono al chiuso nelle stanze del re. Personaggio di un interessante esuberanza il dottore, che nella sua singolarità riesce non solo a guarire il sovrano, ma anche a riscolpirne il carattere in un profilo totalmente nuovo e migliore. Forse non da oscar ma sicuramente meritevole, Il Discorso del Re è un film da vedere e da apprezzare anche per la sua struttura non comune alle altre opere che vediamo uscire nelle sale. Magari non da oscar, ma caldamente consigliato ad un pubblico che ama il cinema
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g_andrini
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lunedì 2 maggio 2011
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non male
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E' un film semplice, ma non banale. Tratta un problema tipico di chi è insicuro, con intelligenza. Certo, l'Oscar quale miglior film è esagerato, comunque è da guardare.
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luca.terrinoni
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sabato 23 aprile 2011
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se anche parlassi le lingue degli angeli...
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Alberto, duca di York, sperimenta presto quanto la balbuzie gli impedisca, nell'epoca delle trasmissioni radio, di parlare al popolo. la moglie, la grande Elisabetta, lo convince a farsi aiutare da un logopedista. non ha ancora risolto il suo problema (che anzi non risolverà mai) quando il fratello maggiore preferirà un'ambigua signora agli oneri ed onori del regnare e, balbuzie o meno, gli toccherà fare il re e persino comunicare al mondo intero (una fortuna, per l'Inghilterra ed il mondo civile, che le solite anime belle preferiscono intendere come un sublime trionfo dell'amore...). meraviglioso teatro, grazie ai formidabili Geoffrey Rush (il logopedista), Colin Firth (Alberto, poi re Giorgio VI) e Helena Bonham Carter (Elisabetta, finalmente alleggerita nelle sopracciglia che tanto piacciono Tim Burton); meraviglioso teatro che si traduce in splendido cinema, grazie ad un ottima regia (la rivelazione Tom Hopper, che aveva fin qui realizzato essenzialmente lavori per la tv) e un cast tecnico di assoluta affidabilità.
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Alberto, duca di York, sperimenta presto quanto la balbuzie gli impedisca, nell'epoca delle trasmissioni radio, di parlare al popolo. la moglie, la grande Elisabetta, lo convince a farsi aiutare da un logopedista. non ha ancora risolto il suo problema (che anzi non risolverà mai) quando il fratello maggiore preferirà un'ambigua signora agli oneri ed onori del regnare e, balbuzie o meno, gli toccherà fare il re e persino comunicare al mondo intero (una fortuna, per l'Inghilterra ed il mondo civile, che le solite anime belle preferiscono intendere come un sublime trionfo dell'amore...). meraviglioso teatro, grazie ai formidabili Geoffrey Rush (il logopedista), Colin Firth (Alberto, poi re Giorgio VI) e Helena Bonham Carter (Elisabetta, finalmente alleggerita nelle sopracciglia che tanto piacciono Tim Burton); meraviglioso teatro che si traduce in splendido cinema, grazie ad un ottima regia (la rivelazione Tom Hopper, che aveva fin qui realizzato essenzialmente lavori per la tv) e un cast tecnico di assoluta affidabilità. due o tre i colpetti bassi per tirare su il tasso emotivo, ma di gusto accettabile (ad es. il prevedibile ascolto dell'incisione che dimostra che il maestro "sa" come far parlare il duca) e, perdonate la pignoleria, una curiosità irrisolta: ma se ascoltando la musica in cuffia, Alberto/Giorgio era in grado di recitare con passione Shakespeare senza intoppi, perché - almeno per i discorsi radiofonici - non venne usato questo espediente? c'è una sequenza fondamentale, presentata con infinita discrezione: re Giorgio VI, in lotta perenne con l'umiliante incapacità di parlare in pubblico, assiste ai cinegiornali che mostrano altri leader impegnati in trascinanti comizi. tra questi, Hitler. uno dei presenti alla proiezione commenta "che mostro!", in risposta il re mormora "però sa parlare". quando toccherà a lui, re Giorgio saprà ridare coraggio e dignità ad un popolo spaventato, assegnando alla nazione un compito senza spazio e senza tempo: respingere l'idea che la ragione sia del più forte. come dire: rendere la giustizia più forte della violenza. e questo è meno che "parlare"? o non è forse l'unico "parlare" che conta? chi saprebbe entusiasmarsi, oggi, ai discorsi di Hitler? forse qualche rasato al colmo dell'ebbrezza alcolica, al massimo qualche sindaco dalla memoria corta... quei tipi, insomma, che Woody Allen consigliava di trattare con "mazze da baseball e palle di cacca di cavallo". provate invece a riascoltare, prescindendo dal film, il testo del "discorso del re", quello che annuncia l'entrata in guerra dell'Inghilterra contro la Germania nazista dopo l'invasione della Polonia. sentirete nel vostro cuore l'eco delle parole di Pericle, riportate da Tucidide ("Qui ad Atene noi facciamo così..."), di Martin Luther King ("I have a dream..."), di J.F.Kennedy ("Ich bin ein Berliner!").
"Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l'amore, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l'amore".
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(di hollyver07)
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nicolas bilchi
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giovedì 14 aprile 2011
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il discorso del re.
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"Il discorso del re" è un film complesso, difficile da valutare e commentare. Sicuramente si sta parlando di un'opera dotata di notevole artistico, il giudizio della quale non può che essere ampiamente positivo, merito di una regia scaltra ed efficace e di un Colin Firth straordinario che regge la scena per tutti i 110 minuti di durata della pellicola. Soprattuto all'inizio, Firth si rende protagonista di una prestazione eccelsa, assolutamente perfetta eppure per nulla artificiosa; il vero merito dell'attore, che ha strameritato l'Academy Award, è stato quello di interpretare un ruolo ricchissimo di sfumature e che poteva facilmente portare ad assumera atteggiamenti esagerati e manieristi, con una naturalità veramente ammirevole.
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"Il discorso del re" è un film complesso, difficile da valutare e commentare. Sicuramente si sta parlando di un'opera dotata di notevole artistico, il giudizio della quale non può che essere ampiamente positivo, merito di una regia scaltra ed efficace e di un Colin Firth straordinario che regge la scena per tutti i 110 minuti di durata della pellicola. Soprattuto all'inizio, Firth si rende protagonista di una prestazione eccelsa, assolutamente perfetta eppure per nulla artificiosa; il vero merito dell'attore, che ha strameritato l'Academy Award, è stato quello di interpretare un ruolo ricchissimo di sfumature e che poteva facilmente portare ad assumera atteggiamenti esagerati e manieristi, con una naturalità veramente ammirevole. Anche Rush e la Carter forniscono il loro notevole contributo e, pur rimanendo un po' oscurati dal titanismo del protagonista, meritano un riconoscimento per l'ottimo svolgimento del proprio lavoro. Contemporaneamente però, "Il discorso del re" si inceppa in alcuni frangenti, parte molto bene ma non decolla mai; Hooper ha forse compiuto l'errore tradizionale di puntare tutto sulla star di turno, a discapito di tutti gli elementi di contorno che se presi singolarmente possono essere considerati sacrificabili ma che tutti insieme, nell'economia generale del film, contribuiscono in modo determinante alla sua riuscita o lo elevano a rango di capolavoro, cosa che in questo caso, sfortunatamente, non è avvenuta. In realtà non è neanche del tutto corretto attribuire al regista il demerito tradizionale proprio di tantissimi suoi predecessori: a ben guardare, "Il discorso del re" si presenta come opera ben studiata ed ordinata, forse un po' debole sul piano della fluidità narrativa dovuta ai bruschi ed improvvisi cambi di scena e situazione, ma in ogni caso programmata razionalmente con grande diligenza. Perciò il vero tallone d'Achille deve riscontrarsi in un altro punto: Hooper è ben consapevole delle grande potenzialità di Colin Firth e, giustamente, decide di sfruttarlo al massimo; per questo motivo presenta una lunga serie di temi (e conseguenti riflessioni) che il protagonista si trova ad affrontare man mano, in altre parole il regista fornisce al suo personaggio le basi necessarie per esprimersi con la massima libertà in tutta la sua energia. Ma così facendo, non si sofferma su nulla in particolare; anzichè inquadrare da un solo punto di vista la storia, così da fornire una visione univoca della scena e rendere anche più partecipe lo spettatore introducendolo all'interno della riflessione teorica di fondo, Hooper lancia a Firth una carrellata di spunti che però rimangono lì in superficie, senza essere approfonditi e veramente toccati (i problemi personali del re che lo hanno portato alla balbuzie, il dover celare la propria personalità dietro il sistema valoriale proprio della nobiltà regale, il contrasto tra i desideri individuali e le responsibilità istituzionali della propria carica). E' come se alla fine il film non riuscisse mai a progredire, rimane fermo fino al bellissimo discorso finale, uno dei pochissimi nella storia del cinema in cui l'atmosfera prevale sul contenuto, e pare quasi che non ci sia una vera storia a muovere il tutto. Sempre però, teniamone conto, all'interno di una struttura complessiva solida e razionale, supportata e nobilitata dallo straordinario Firth.
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i love horror
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giovedì 14 aprile 2011
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capolavoro!
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Stupenda scenografia, attori esperti, trama impeccabile e fotografia magica. 9 oscar credo che non bastino per un film così
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pensionoman
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domenica 10 aprile 2011
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un'opera regale!
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Ecco un vero capolavoro cinematografico, una sublime opera rappresentativa dalla potente regia e tempi del racconto che rasentano la perfezione. Umano e toccante, intenso e corale, accompagnato da musiche semplicemente splendide (soprattutto la colonna sonora dei titoli di coda), la narrazione racconta del percorso interiore del re Giorgio VI che, passando attraverso la sua personale maturazione dal ruolo di figlio condizionato e in soggezione a uomo (non solo di stato), supera le sue paure e acquista due delle cose più preziose della vita di un uomo: l'amicizia di un suo pari e la fiducia in se stesso, diventando così la guida morale della nazione nel momento della sua discesa in guerra.
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Ecco un vero capolavoro cinematografico, una sublime opera rappresentativa dalla potente regia e tempi del racconto che rasentano la perfezione. Umano e toccante, intenso e corale, accompagnato da musiche semplicemente splendide (soprattutto la colonna sonora dei titoli di coda), la narrazione racconta del percorso interiore del re Giorgio VI che, passando attraverso la sua personale maturazione dal ruolo di figlio condizionato e in soggezione a uomo (non solo di stato), supera le sue paure e acquista due delle cose più preziose della vita di un uomo: l'amicizia di un suo pari e la fiducia in se stesso, diventando così la guida morale della nazione nel momento della sua discesa in guerra.
Film di rara e pregevole fattura, ad un tempo delicato e ironico, sensibile ma possente, semplice e arguto, è la metafora della crescita umana attraverso l'impegno indefesso del protagonista per superare il problema della balbuzie, raccontando quelle che sono le debolezze di ognuno di noi.
Significativo, più di tutto, il colloquio tra “bertie” (il re) e “lionel” (il maestro) nella casa di quest'ultimo, che, parlando del padre del re Giorgio V o del fratello maggiore che lo derideva da piccolo, riassume tutto in una semplice ma potente verità: “è così semplice liberarsene... non dovete temere le cose che temevate a cinque anni. Siete padrone di voi stesso”! Diretto, semplice e vero!
Perchè, alla fine, dopo tutto, è questa la sua vera morale: il re è soprattutto un uomo, che diventa padrone di sé. Più grande è l'uomo, più grande il re!
Fantastiche le interpretazioni di Geoffrey Rush e Colin Firth, attori di un calibro smisurato assai raro oggigiorno, che regalano quel tocco di prezioso e indimenticabile, e l'alta qualità della vera arte della recitazione.
Tanta profondità per un film da gustare pienamente in ogni sua sfaccettatura, compresa da ultimo anche la pregevole ricostruzione storica e le scenografie.
Momenti di grandi emozioni e cinque stelle di qualità.
Un saluto e sempre buona visione.
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[+] bello ma...
(di andrea levorato)
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fabriziorsv
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martedì 5 aprile 2011
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assolutamente si
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Appossionato di film di fantascienza/fantasctici/azione mi sono recato a vedere "Il Discorso del re" per pura cortesia sentimentale, preparandomi al solito film "impegnato" (sonno profondo) e...sin dalle prime battute il film é incredibilmente scorrevole e interessante, la tematica trattata é importante basta conoscere qualcuno che abbia il disturbo della balbuzie per rendersene conto. Le fotografie sono ottime e le interpretazioni appassionate. Veramente un ottimo film che mi ha tenuto con il fiato sospeso sino all'ultimo istante coinvelgendomi incredibilmente. Garantito e consigliato.
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