il befe
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martedì 10 marzo 2015
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capolavoro
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luigi chierico
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mercoledì 26 novembre 2014
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come poter parlare
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Un ottimo film per una triste verità. Storia recente. Personaggi noti ed ancora in vita. Il dramma di un grande uomo alla vigilia di una tragedia dell’umanità. Siamo infatti alle porte di un conflitto internazionale che vede la Gran Bretagna, insieme alla Francia e alla Russia tra le più invise al loquace, logorroico e strillone Adolf Hitler, il fuhrer, odierno Catone il censore ante C. n., che sembra urlare al suo”senato”: “delenda sunt”. Alla corte d’Inghilterra c’è Giorgio V, oramai anziano che si appresta ad abbandonare la vita e a lasciare il trono al figlio maggiore Edward, che prende il nome di re Edoardo VIII, giovane impegnato più a star dietro a gonne e donne che non agli affari di stato, una donna val bene un regno! Questo già costituisce un grave problema, il re deve abdicare in favore del fratello Albert, che tanto ha ridicolizzato ed offeso per la sua balbuzie.
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Un ottimo film per una triste verità. Storia recente. Personaggi noti ed ancora in vita. Il dramma di un grande uomo alla vigilia di una tragedia dell’umanità. Siamo infatti alle porte di un conflitto internazionale che vede la Gran Bretagna, insieme alla Francia e alla Russia tra le più invise al loquace, logorroico e strillone Adolf Hitler, il fuhrer, odierno Catone il censore ante C. n., che sembra urlare al suo”senato”: “delenda sunt”. Alla corte d’Inghilterra c’è Giorgio V, oramai anziano che si appresta ad abbandonare la vita e a lasciare il trono al figlio maggiore Edward, che prende il nome di re Edoardo VIII, giovane impegnato più a star dietro a gonne e donne che non agli affari di stato, una donna val bene un regno! Questo già costituisce un grave problema, il re deve abdicare in favore del fratello Albert, che tanto ha ridicolizzato ed offeso per la sua balbuzie. Siamo nel 1936. Albert è afflitto da questo dramma umano che in un re rasenta la tragedia vera e propria, al suo popolo deluso non osa rivolgersi neanche attraverso la radio, là dove in Germania un ometto, un ex caporale, senza origini, senza titolo e tradizioni fomenta il suo popolo entusiasta alla guerra; guida la folla alla follia!
Colin Firth è stato chiamato a farci partecipare all’angoscia di Albert divenuto Re Giorgio VI. Premio Oscar meritatissimo come miglior attore maschile, fa vivere a tutti gli spettatori le sue ansie, i suoi tentennamenti, la sofferenza di non riuscire a proferir parola, attraverso mille improvvisati tentativi per vincere il suo difetto e poter parlare e discorrere. Lo sostiene la dolce e paziente moglie Elizabeth Bowes-Lyon, molto bene interpretata dalla bella Helena Bonham Carter, con le sue due figlie Elizabeth, attualmente ancora regina d’Inghilterra da oltre 60 anni, e Margaret. Il pubblico partecipa con rispetto alla sofferenza del re, soprattutto perché a mostrarla è Colin Firth. Questa la vicenda tema dell’ ottimo film condotto con tono garbato, rispettoso e solenne dal regista inglese Tom Hooper, altro meritato Oscar. Non è la storia o la vicenda a fare il film, ma gli attori, le inquadrature, le pause e la suspense insieme al dialogo alla musica e soprattutto all’impegno profuso dagli attori. Qui c’è tutto. A guidare ed in incoraggiare l’afflitto re c’è un modesto personaggio: Lionel Logue il cui volto e modi sono offerti da un grandioso Geoffrey Rush. Diciamo che la sua per il re è “La migliore offerta”. Ci fa assistere a momenti di altissima tensione in un rapporto difficile tra suddito e sovrano il cui segreto sta nell’essere capace di affrontare il confronto senza remore, con un dialogo serrato, prepotente, talora ridicolo da proporre al proprio interlocutore che afflitto e sconsolato dirà:“non ce la farò mai, rinuncio”. Non c’è ancora la Guerra, ma c’è lotta tra Lionel e Albert.
Il film sebbene ottimo sotto tanti aspetti,tuttavia non è eccezionale.
Di veramente eccezionale ci sono Colin Firth e Geoffrey Rush.
Ottima la sceneggiatura attraverso dialoghi familiari ed ufficiali, ottima la scenografia con scene ed ambientazione dagli interni di corte a quelli dell’accogliente casa di Lionel, dagli esterni tra le vie di Londra a quelle della gente in attesa di ascoltare se il proprio Re Giorgio VI, in nome di Dio, parlerà. chibar22@libero.it
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great steven
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mercoledì 3 settembre 2014
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la voce di un re che deve farsi sentire dal popolo
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IL DISCORSO DEL RE (GB/USA, 2011) diretto da TOM HOOPER. Interpretato da COLIN FIRTH – GEOFFREY RUSH – HELENA BONHAM CARTER – GUY PEARCE – TIMOTHY SPALL – MICHAEL GAMBON – DEREK JACOBI – JENNIFER EHLE – ANTHONY ANDREWS – CLAIRE BLOOM – EVE BEST – CALUM GITTINS – ROGER PARROTT – FREYA WILSON – RAMONA MARQUEZ § Dopo la morte del padre Giorgio V (1865 – 1936) e la scandalosa e obbligata abdicazione del fratello Edoardo VIII (1894 – 1972) che sposa la divorziata, borghese americana Wallis Simpson, il duca di York Albert Frederick Windsor detto Bertie sale riluttante al trono col nome di Giorgio VI (1895 – 1952).
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IL DISCORSO DEL RE (GB/USA, 2011) diretto da TOM HOOPER. Interpretato da COLIN FIRTH – GEOFFREY RUSH – HELENA BONHAM CARTER – GUY PEARCE – TIMOTHY SPALL – MICHAEL GAMBON – DEREK JACOBI – JENNIFER EHLE – ANTHONY ANDREWS – CLAIRE BLOOM – EVE BEST – CALUM GITTINS – ROGER PARROTT – FREYA WILSON – RAMONA MARQUEZ § Dopo la morte del padre Giorgio V (1865 – 1936) e la scandalosa e obbligata abdicazione del fratello Edoardo VIII (1894 – 1972) che sposa la divorziata, borghese americana Wallis Simpson, il duca di York Albert Frederick Windsor detto Bertie sale riluttante al trono col nome di Giorgio VI (1895 – 1952). Scritto da David Seidler – che ne aveva già fatto una pièce teatrale – e diretto da un regista televisivo, ne è uscito un film premiatissimo. Spettacolare nella struttura, con ammirevole sottigliezza psicologica nel disegno dei personaggi, è un’opera complessa nei temi, svariante nei toni fra dramma e commedia, fra tenerezza e soprassalti epici, raffinata nell’apparato figurativo, recitata da attori bravissimi con un Firth straordinario. Il suo asso portante è il difficile rapporto e poi l’amicizia tra Bertie/Giorgio VI e Lionel Logue, eccentrico logopedista che lo aiuta a vincere la paura, fonte principale sin dall’infanzia della balbuzie. Per capire il film – e il punto di vista di Seidler e Hooper – conta il dialogo fra il balbettante e suo padre: “Non siamo una famiglia”, gli dice, “ma una ditta”. I Windsor sono da secoli in affari nel ramo della monarchia e intendono restarci. Perciò è indispensabile saper parlare con gli altri, col popolo.
Le interpretazioni di questo capolavoro assoluto del cinema storico contemporaneo contribuiscono ad alzare la media già di per sé elevata e struggente: Firth impersona un sovrano roso dall’indecisione e dall’incertezza, che si trascina dietro fin da bambino la soggezione verso il fratello maggiore e il timore di governare quando arriva finalmente il suo turno di ereditare lo scettro e guidare il Paese verso la seconda guerra mondiale, ma col discorso che fa nel sottofinale all’intera nazione si riscatta definitivamente e acquista un ruolo di primo piano nella conduzione del business famigliare che comprende da decenni e decenni il trattamento della dinastia monarchica; G. Rush è un dottore non laureato, appassionato di Shakespeare e pure attore mancato, che esercita la sua professione “abusivamente” fin da quando curava i soldati australiani (suo Paese natale è infatti lo stato più esteso dell’Oceania) rientrati dalla Grande Guerra, e appone i suoi metodi bislacchi ma pur sempre efficaci e utilissimi al suo insolito paziente, aiutandolo non solo a superare i balbettii ma a prendere decisamente coscienza della parte che il destino della Storia gli ha affidato, e della quale, anche grazie agli insegnamenti del medico, capirà di averne avuto il merito completo e pervasivo; H. B. Carter ci regala come sempre un’interpretazione fuori da ogni schema e ordinario, incarnando un’Elizabeth Bowes-Lyon (che morì centoduenne) affezionata al marito, che lo appoggia in tutti i suoi tentativi tutt’altro che penosi di vincere le insicurezze che lo intralcerebbero non poco nel lavoro governativo del quale è stato prudentemente investito dai casi della vita (e della Storia, che ancora una volta ricorre a collegare vite fra loro e a decidere le sorti di personaggi che si muovono in essa come pesci in un acquario che può condurre di nuovo al mare), e offre agli spettatori una duchessa politica, autoironica e saggia che certamente non sarà da dimenticare nel già vario repertorio dei suoi personaggi così femminili da strappare un applauso accorato; G. Pearce è un fratello serio ma al tempo stesso anche canzonatorio nei confronti del protagonista, e rappresenta inoltre un regnante che disdegna il trono perché ama una donna di stirpe non nobile il cui matrimonio con lei gli impedirebbe di prendere in magno il Regno Unito e governarlo come hanno fatto i suoi illustri predecessori, ed è interessante notare l’ardore con cui motteggia il fratello minore, al quale ha però lasciato sul groppone un’immensa responsabilità; T. Spall (lo stesso attore che interpretò Peter Minus/Codaliscia nei film di Harry Potter) è un Winston Churchill serioso, manieristico, imponente e maestoso, non ancora capo del governo nel periodo antebellico (allora c’era ancora Neville Chamberlain), che si distingue per la sua saggezza e il suo senso pratico nell’affrontare il percorso che porta il protagonista a raggiungere l’ampiezza del trono per attirare a sé i favori del popolo e diventare dunque un sovrano amato e rispettato, ma soprattutto forte e impavido, dato i tempi che si prospettano; infine, M. Gambon (l’Albus Silente della saga di Harry Potter, tranne che per le prime due pellicole) è un vecchio re Giorgio V ammalato che sente il dovere di istruire il figlio che sembra più inadeguato a succedergli con amore paterno e devozione quasi idolatrica, pur sapendo che l’altro figlio farà di tutto per intralciare i suoi progetti e specialmente per deluderlo. Le scene migliori: quella iniziale, in cui Bertie non riesce a parlare in pubblico tenendo il foglietto in mano; il primo incontro fra il protagonista e Lionel, in cui Bertie legge l’Amleto con la musica classica nelle orecchie tramite le cuffie; la morte di Giorgio V e le successive disposizioni governative; gli esercizi per sciogliere la lingua, il palato e le tonsille e le parolacce pronunciate a gioioso scopo terapeutico per sconfiggere i timori reverenziali, tutto questo sempre nello studio di Logue; la scena della sedia di legno nell’abbazia di Canterbury e l’incontro con l’arcivescovo Cosmo Lang (D. Jacobi); il discorso conclusivo alla radio e la seguente ovazione del pubblico, interessato e commosso dalle parole del re che ha finalmente ottenuto il suo obiettivo e può, da quel momento in avanti, regnare con padronanza e assennatezza. Molto suggestive le musiche del maestro Alexandre Desplat. Dodici candidature e quattro Oscar: miglior film, migliore attore protagonista, miglior regia e miglior sceneggiatura originale.
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brando fioravanti
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venerdì 25 luglio 2014
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hitler era cattivo gli altri tutti buoni
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A parte la grande interpretazione degli attori il film non è niente di che. Ma ormai è chiaro basta che si fa un film contro Hitler che si fa un capolavoro. Si sa che per giustificare le proprie cattiverie l'America ha dato premi politici, ma ormai si degenera. Come si può negare?
Basta con la politica il cinema che lo faccino gli artisti
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(di renato c.)
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nick simon
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venerdì 2 agosto 2013
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emozionante storia di un uomo e della sua voce
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“Il discorso del re” è l’appassionante racconto di un uomo che “scopre” di avere una voce e impara a farsi ascoltare, elevandosi a punto di riferimento per un popolo confuso e impaurito. Il film si mostra classico ed elegante nella forma, diretto da Tom Hooper in maniera essenziale dal punto di vista tecnico ma con cura sotto l’aspetto storico-biografico e meticolosa attenzione ai personaggi. Nel 1936 il re d’Inghilterra Edoardo VIII (Guy Pearce) abdica, nello scalpore generale, a favore del fratello Giorgio VI. Questi, introverso e affetto da balbuzie, dovrà conquistare la fiducia e l’ammirazione della sua gente, mentre la minaccia del nazismo è alle porte.
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“Il discorso del re” è l’appassionante racconto di un uomo che “scopre” di avere una voce e impara a farsi ascoltare, elevandosi a punto di riferimento per un popolo confuso e impaurito. Il film si mostra classico ed elegante nella forma, diretto da Tom Hooper in maniera essenziale dal punto di vista tecnico ma con cura sotto l’aspetto storico-biografico e meticolosa attenzione ai personaggi. Nel 1936 il re d’Inghilterra Edoardo VIII (Guy Pearce) abdica, nello scalpore generale, a favore del fratello Giorgio VI. Questi, introverso e affetto da balbuzie, dovrà conquistare la fiducia e l’ammirazione della sua gente, mentre la minaccia del nazismo è alle porte. Colin Firth è perfetto nel trattenere, interiorizzare, quasi soffocare le emozioni mostrando le insicurezze di un uomo, Giorgio VI, che è nato per essere re ma ancora non lo sa. Una performance composta e solenne, ma dolorosa ed estremamente intensa, caratterizzata da un aplomb tipicamente inglese. Suo mentore nell’arduo percorso sarà l’eccentrico logopedista Lionel Logue: Geoffrey Rush, interprete di classe indiscussa, riesce a dare i giusti tocchi di esuberanza e vivacità a questo singolare personaggio. La fermezza dei suoi consigli e il suo umorismo insolente saranno fondamentali nell’instaurazione di un rapporto di profonda amicizia con il futuro re. Basilare sarà per quest’ultimo anche l’affettuoso sostegno della moglie Elizabeth Bowes-Lyon, l’ottima Helena Bonham Carter. Nel cast anche Jennifer Ehle e Derek Jacobi. Sceneggiatura brillante, equilibrata, sapientemente ironica e irriverente. Notevoli le scenografie e i costumi dell’epoca. Comicità e leggerezza alternate con giudizio a sequenze drammatiche struggenti. Squisiti momenti di complicità tra Logue e Giorgio VI. È bellissimo seguire l’evoluzione di quest’uomo, che con crescente consapevolezza si fa guida per un’intera nazione, regalando un finale vibrante e imperioso.
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mystic
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sabato 2 marzo 2013
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una sorpresa di pregiata fattura
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Il biopic su un re balbuziente alle prese con i doveri dei propri incarichi pubblici non era di per sé una prospettiva allettante per un film memorabile e spesso il genere storico/biografico è stato sinonimo di sterilità emotiva e, per parte del pubblico, di noia. A maggior ragione quindi, ringraziamo Tom Hooper e Colin Firth per averci fatto ricredere.
Il primo, regista ancora giovane, si è aggiudicato l’Oscar per la regia, mentre il secondo per il migliore attore. E, senza tener conto dello sconcertante successo al botteghino, Il discorso del re è un elegante dramma introspettivo che diventa immediatamente un classico.
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Il biopic su un re balbuziente alle prese con i doveri dei propri incarichi pubblici non era di per sé una prospettiva allettante per un film memorabile e spesso il genere storico/biografico è stato sinonimo di sterilità emotiva e, per parte del pubblico, di noia. A maggior ragione quindi, ringraziamo Tom Hooper e Colin Firth per averci fatto ricredere.
Il primo, regista ancora giovane, si è aggiudicato l’Oscar per la regia, mentre il secondo per il migliore attore. E, senza tener conto dello sconcertante successo al botteghino, Il discorso del re è un elegante dramma introspettivo che diventa immediatamente un classico. Non è sfarzoso, ma racchiude in sé un nucleo di eleganza e sobrietà perdute.
Il veterano Geoffrey Rush ed Helena Bonham Carter sono perfetti nei ruoli minori, ma è con quell’espressione inerme e compressa e con un minuzioso studio del personaggio che Firth ci emoziona, fintanto da farci sperare che da quello sua bocca incapace di esprimersi escano finalmente quelle maledette parole. Nonostante l’Oscar (meritato) Tom Hooper non gira un film perfetto, ma il suo lavoro rimane una sorpresa di pregiata fattura.
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graziano bianco
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giovedì 28 febbraio 2013
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un film che vale la pena di vedere
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un film coinvolgente ,i personaggi sono fantastici, sinceramente non credevo che questo film sarebbe stato così interessante....un cast eccezzionale ed un colin firth eccezzionale come non mai...
il film non è banale e non arriva mai ad essere noioso ,un film che consiglio vivamente...
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shiningeyes
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giovedì 21 febbraio 2013
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regia e cast perfetti
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Ok, è vero, Oscar alla regia e Oscar al miglior film vanno sempre a braccetto, e spesso, uno dei due è immeritato a tale premio. Fa eccezione l'opera di Hooper: la regia merita l'Oscar per la sua capacità di dare un'anima ad un film Inglese(il quale dev'essere), presentandocelo fitto di emozioni e con una gran gestione degli ottimi interpreti; per non parlare di una regia di classe.
Al miglior film perché vista la lista dei film nominati per quell'anno, risulta decisamente il migliore, e trovo strano che il Golden Globe sia andato solo Firth.
Parlando meglio di questo grande film, posso dire che si tratta di un film veramente accurato e lavorato bene sotto ogni punto di vista: la scenografia sobria al punto giusto rende bene l'idea dei tempi e dei luoghi; la fotografia anche ha dei veri cavalli di battaglia, tra primi piani mozzafiato, location regali e bellissimi scorci di Londra (valide le nomination, ma non ai livelli di "Inception" e "Alice in Wonderland"); gli interpreti si calano tutti magnificamente nei loro personaggi, nessuno escluso.
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Ok, è vero, Oscar alla regia e Oscar al miglior film vanno sempre a braccetto, e spesso, uno dei due è immeritato a tale premio. Fa eccezione l'opera di Hooper: la regia merita l'Oscar per la sua capacità di dare un'anima ad un film Inglese(il quale dev'essere), presentandocelo fitto di emozioni e con una gran gestione degli ottimi interpreti; per non parlare di una regia di classe.
Al miglior film perché vista la lista dei film nominati per quell'anno, risulta decisamente il migliore, e trovo strano che il Golden Globe sia andato solo Firth.
Parlando meglio di questo grande film, posso dire che si tratta di un film veramente accurato e lavorato bene sotto ogni punto di vista: la scenografia sobria al punto giusto rende bene l'idea dei tempi e dei luoghi; la fotografia anche ha dei veri cavalli di battaglia, tra primi piani mozzafiato, location regali e bellissimi scorci di Londra (valide le nomination, ma non ai livelli di "Inception" e "Alice in Wonderland"); gli interpreti si calano tutti magnificamente nei loro personaggi, nessuno escluso.
Firth si merita l'Oscar, la sua è una interpretazione sentita e coinvolgente, e non penso che gli sia stato regalato solo per aver interpretato un personaggio storico; Geoffrey Rush è stato semplicemente defraudato da quel un Bale fin troppo “naturale”, l'Oscar lo meritava diecimila volte di più di lui, e se per questo, anche il Globe, per un'interpretazione contraddistinta dal suo stile appassionato e simpatico; forse non meritevole di nomination, ma un plauso va anche per Helena Boham Carter, capace di dare una realistica figura della spigliata e scomposta Regina (futura regina madre); poi ci sono i vari Pearce,Jacob e Spall che anche se compaiono poco nel film, lo impreziosiscono con buone performance.
Un merito va riconosciuto anche alle musiche, che intelligentemente non si sovrappongono nel film e lo accompagnano velatamente, amplificandosi ai momenti giusti. La sceneggiatura è bella e scorrevole e nonostante racconti di fatti abbastanza conosciuti, si sa rendere curiosa, e possiede delle forme che sanno creare momenti memorabili, come nelle scene della terapia e dei toccanti confronti dei protagonisti, fino alla meravigliosa scena finale, in cui si aggiunge un montaggio d'alto livello e ben eseguito; certo che l'Oscar alla sceneggiatura lo avrei preferito ad Inception, ma la sceneggiatura “Del discorso del re” lo vale comunque.
Non è certo un film consigliabile a tutti, ma lo si può segnalare a chi ama storie del genere e chi sa apprezzare un cinema fatto con poco budget, ma con tanta voglia di fare bene; non lo si consiglia a chi non ama le biografie.
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shiningeyes
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mercoledì 20 febbraio 2013
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regia e cast perfetti
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Ok, è vero, Oscar alla regia e Oscar al miglior film vanno sempre a braccetto, e spesso, uno dei due è immeritato a tale premio. Fa eccezione l'opera di Hooper: la regia merita l'Oscar per la sua capacità di dare un'anima ad un film Inglese(il quale dev'essere), presentandocelo fitto di emozioni e con una gran gestione degli ottimi interpreti; per non parlare di una regia di classe.
Al miglior film perché vista la lista dei film nominati per quell'anno, risulta decisamente il migliore, e trovo strano che il Golden Globe sia andato solo Firth.
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Ok, è vero, Oscar alla regia e Oscar al miglior film vanno sempre a braccetto, e spesso, uno dei due è immeritato a tale premio. Fa eccezione l'opera di Hooper: la regia merita l'Oscar per la sua capacità di dare un'anima ad un film Inglese(il quale dev'essere), presentandocelo fitto di emozioni e con una gran gestione degli ottimi interpreti; per non parlare di una regia di classe.
Al miglior film perché vista la lista dei film nominati per quell'anno, risulta decisamente il migliore, e trovo strano che il Golden Globe sia andato solo Firth.
Parlando meglio di questo grande film, posso dire che si tratta di un film veramente accurato e lavorato bene sotto ogni punto di vista: la scenografia sobria al punto giusto rende bene l'idea dei tempi e dei luoghi; la fotografia anche ha dei veri cavalli di battaglia, tra primi piani mozzafiato, location regali e bellissimi scorci di Londra (valide le nomination, ma non ai livelli di "Inception" e "Alice in Wonderland"); gli interpreti si calano tutti magnificamente nei loro personaggi, nessuno escluso.
Firth si merita l'Oscar, la sua è una interpretazione sentita e coinvolgente, e non penso che gli sia stato regalato solo per aver interpretato un personaggio storico; Geoffrey Rush è stato semplicemente defraudato da quel un Bale fin troppo “naturale”, l'Oscar lo meritava diecimila volte di più di lui, e se per questo, anche il Globe, per un'interpretazione contraddistinta dal suo stile appassionato e simpatico; forse non meritevole di nomination, ma un plauso va anche per Helena Boham Carter, capace di dare una realistica figura della spigliata e scomposta Regina (futura regina madre); poi ci sono i vari Pearce,Jacob e Spall che anche se compaiono poco nel film, lo impreziosiscono con buone performance.
Un merito va riconosciuto anche alle musiche, che intelligentemente non si sovrappongono nel film e lo accompagnano velatamente, amplificandosi ai momenti giusti. La sceneggiatura è bella e scorrevole, e nonostante racconti di fatti abbastanza conosciuti, si sa rendere curiosa, e possiede delle forme che sanno creare momenti memorabili, come nelle scene della terapia e dei toccanti confronti dei protagonisti, fino alla meravigliosa scena finale, in cui si aggiunge un montaggio d'alto livello e ben eseguito; certo che l'Oscar alla sceneggiatura lo avrei preferito ad Inception, ma la sceneggiatura “Del discorso del re” lo vale comunque.
Non è certo un film consigliabile a tutti, ma lo si può segnalare a chi ama storie del genere e chi sa apprezzare un cinema fatto con poco budget, ma con tanta voglia di fare bene; non lo si consiglia a chi non ama le biografie.
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mariatiziana
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mercoledì 2 gennaio 2013
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commovente!
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Si un pò lentino,ma bello lo stesso.Tutti molto bravi e film fatto molto bene.Mi è piaciuto!!!
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