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etta calì
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lunedì 11 aprile 2011
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la metamorfosi verso la perfezione
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Nina riesce finalmente ad ottenere un ruolo che premi la totale dedizione con cui si dedica alla sua attività di ballerina: interpreterà Odette nella versione de "Il lago dei cigni" rivisitata da un esigente e determinato Thomas Leroy. Ma oltre alla candida e ingenua purezza che caratterizzano il cigno bianco e che, in buona parte, le appartengono personalmente, è necessario lavorare maggiormente per far emergere con la stessa naturalezza anche quegli aspetti che Nina teme e ripudia, essenziali per incarnare il sensuale cigno nero, nel quale si riflette il fascino provocante della ballerina Lilly (una Mila Kunis più che convincente).
Natalie Portman riesce ad esprimere, con eccellente bravura, il dramma di una giovane e promettente artista costretta a confrontarsi con il suo lato oscuro per raggiungere quella perfezione al quale ambisce, assimilandone sensazioni, pensieri e paure.
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Nina riesce finalmente ad ottenere un ruolo che premi la totale dedizione con cui si dedica alla sua attività di ballerina: interpreterà Odette nella versione de "Il lago dei cigni" rivisitata da un esigente e determinato Thomas Leroy. Ma oltre alla candida e ingenua purezza che caratterizzano il cigno bianco e che, in buona parte, le appartengono personalmente, è necessario lavorare maggiormente per far emergere con la stessa naturalezza anche quegli aspetti che Nina teme e ripudia, essenziali per incarnare il sensuale cigno nero, nel quale si riflette il fascino provocante della ballerina Lilly (una Mila Kunis più che convincente).
Natalie Portman riesce ad esprimere, con eccellente bravura, il dramma di una giovane e promettente artista costretta a confrontarsi con il suo lato oscuro per raggiungere quella perfezione al quale ambisce, assimilandone sensazioni, pensieri e paure. Ma la discesa nel suo Io più profondo si rivelerà pericolosa ed irrimediabilmente compromettente. Ed ecco che Thomas (un ottimo Vincent Cassel), col suo "appassionato rapporto artistico" con Nina, scoperchia inconsapevolmente il vaso di Pandora, già appartenuto ad una Winona Ryder che si fa notare dalla massa! Il suo personaggio è infatti altra espressione palpabile di quel dramma che il film sviluppa, suscitando in modo crescente la partecipazione dello spettatore.
Le intense ed espressive scene del balletto abbelliscono in modo sublime la storia, mentre le riprese coinvolgenti accompagnando uno sviluppo della trama che riesce a sorprendere di continuo (poco importa se positivamente o meno). Alcuni punti restano poco chiari, ma il risultato tralascia i dubbi: l'armonia diventa terrore, le vittime si trasformano in carnefici, l'eccellenza muta in trasgressione e il razionale in follia...tutto nel suo lato oscuro, con una maestria che lascia attonitamente soddisfatti. Ma la perfezione è equilibrio tra le diverse facce della medaglia: più che ottenerla, sarà possibile conviverci?
Etichettare il film assegnandolo ad un genere definito e delineato sarebbe un errore! Qui infatti convergono con bravura caratteristiche diverse che, fondendosi, regalano un senso di costruttiva irrequietezza riflessiva che accompagna oltre la sala per ore, a spettacolo concluso. Si, Aronofsky (e non solo) ha raggiunto la perfezione!
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jack shepard
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domenica 24 aprile 2011
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il gelido inverno della perfezione diventa tragedi
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L'ossessione di una giovane ballerina per la perfezione.
La perfezione del proprio corpo; la perfezione del gesto; la perfezione del comportamento e del portamento;
Un'ossessione pagata a caro prezzo, quello di vivere senza ascoltare i propri sentimenti più profondi, in un mondo gelido e ovattato ma completamente fuori dalla realtà.
Un mondo senza affetto e senza sesso.
Un film che ci insegna che ognuno di noi ha un lato nascosto, non necessariamente oscuro e cattivo, dove si trovano gli aspetti più veri, più sinceri della nostra personalità che non deve mai essere represso per non impazzire ed alienarsi.
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annalisarco
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martedì 11 settembre 2012
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"chi sei?" -"sono una ballerina"
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“Black Swan”: la piccola scritta bianca d'apertura inghiottita dallo sfondo nero. Questi i colori contrastanti e dominanti nella pellicola di Aronofsky. Nina: dolce, insicura, prigioniera di una madre che cerca nella figlia la realizzazione dei suoi sogni di ragazza; Lily: sensuale, misteriosa, intrigante. Insieme sarebbero un perfetto Cigno Bianco e Cigno Nero, come la protagonista de Il Lago Dei Cigni, spettacolo di apertura della nuova stagione di un'importante compagnia di danza di New York che ha scelto Nina come nuova icona. Ma lei riesce a rappresentare solo il primo dei cigni. L'ambizione è ciò che la costringe ad entrare in contatto con ogni parte di sé, perché lei non fa la ballerina, è una ballerina, e se il ruolo richiede una versatilità che non possiede, Nina mette in discussione sé stessa, non le sue doti.
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“Black Swan”: la piccola scritta bianca d'apertura inghiottita dallo sfondo nero. Questi i colori contrastanti e dominanti nella pellicola di Aronofsky. Nina: dolce, insicura, prigioniera di una madre che cerca nella figlia la realizzazione dei suoi sogni di ragazza; Lily: sensuale, misteriosa, intrigante. Insieme sarebbero un perfetto Cigno Bianco e Cigno Nero, come la protagonista de Il Lago Dei Cigni, spettacolo di apertura della nuova stagione di un'importante compagnia di danza di New York che ha scelto Nina come nuova icona. Ma lei riesce a rappresentare solo il primo dei cigni. L'ambizione è ciò che la costringe ad entrare in contatto con ogni parte di sé, perché lei non fa la ballerina, è una ballerina, e se il ruolo richiede una versatilità che non possiede, Nina mette in discussione sé stessa, non le sue doti. E' lei che non va, è lei che sente graffiare dentro di sé una parte del tutto repressa di lei, la donna che è stata soffocata per tutti questi anni dai controlli ossessivi della madre, dalla mancanza di una figura maschile nella sua vita, di amici. Iniziano le visioni e gli sfoghi sulla pelle, un auto-punirsi per quello che non è, un tentativo di togliere questo “involucro” di pelle che impedisce al Cigno Nero di emergere. Cosa che avverrà alla prima dello spettacolo, quando Nina, inaspettatamente, risulterà essere perfetta nella parte del Cigno Nero, e leggermente imprecisa in quella del Cigno Bianco. Sempre a contatto con gli specchi,con l'aspirazione della perfezione, il ballerino è costretto a confrontarsi con tutte le sfaccettature del proprio carattere per entrare nei vari ruoli assegnati. E lo specchio è anche ciò che porrà fine alla vita di Nina che si trafiggerà con una parte di vetro rotto durante una delle sue visioni. Aronofsky è stato in grado di proporre un thriller psicologico ambientato in uno scenario sobrio che mantiene sempre una fotografia molto realistica e che trova un perfetto accordo con il percorso della protagonista.
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ros_ella
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lunedì 15 ottobre 2012
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come in un balletto
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Un film sul balletto che film sul balletto non è, un film che brutalmente, improvvisamente, senza mezzi termini, ci conduce all'interno della testa dell'algida Nina, dolce e sottomessa, insicura, ma determinata, irritante nella sua incapacità di crescere e di autodeterminarsi.
Il balletto rimane l'espediente per tratteggiare una non più bambina e non ancora donna che vorrebbe liberarsi dalle sue insicurezze ma ha paura di spiccare il volo; una protagonista vessata da una mamma che definirei spaventosa (la tratta come una bambina e riversa su di lei la frustrazione per il suo fallimento, come donna e come artista) e da una smania di perfezione che finirà col distruggerla.
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Un film sul balletto che film sul balletto non è, un film che brutalmente, improvvisamente, senza mezzi termini, ci conduce all'interno della testa dell'algida Nina, dolce e sottomessa, insicura, ma determinata, irritante nella sua incapacità di crescere e di autodeterminarsi.
Il balletto rimane l'espediente per tratteggiare una non più bambina e non ancora donna che vorrebbe liberarsi dalle sue insicurezze ma ha paura di spiccare il volo; una protagonista vessata da una mamma che definirei spaventosa (la tratta come una bambina e riversa su di lei la frustrazione per il suo fallimento, come donna e come artista) e da una smania di perfezione che finirà col distruggerla.
Una liberazione voluta, cercata, agognata per tutto il film, ma mai portata a compimento se non nella scena finale, forte, drammatica; una Nina che non è mai sola, è sempre con l'altra sè stessa, il suo doppio, che le ammicca, le fa lo sgambetto, la tormenta e, infine, lotta con lei fino alla morte.
Dialoghi ridotti all'osso, il dramma di Nina è raccontato dalle scene: scene di corpi martoriati, pelle sanguinolenta, labirinti fisici in spazi ridottissimi e specchi, specchi e ancora specchi. Sono loro che fanno compagnia alla protagonista per quasi tutto il film, sono loro che non la lasciano mai sola e fanno emergere, di continuo, il suo lato oscuro (che lei incarnerà in Lily, la sua antagonista, libera e spregiudicata,il cigno nero).
L'horror puro di alcune scene (come quando Nina va a trovare Beth, l'ex prima ballerina scaricata dal terribile direttore della compagnia di danza, mi ha ricordato un Dario Argento dei bei tempi andati) non fa che preannunciarci l'orrore della scena finale, nella quale Nina lotta con sè stessa, uccidendosi, però raggiungendo così la sua perfezione. Specchio determinante anche in quest'ultima scena.
Film ottimo, comunque da rivedere perché ricco di citazioni e sfumature, dagli horror classici e spartani ai thriller raffinati; analisi psicologica banalotta, ma resa in pieno dalla drammaticità delle scene e dall'assenza di parole: proprio come in un balletto.
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club dei cuori solitari
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domenica 20 febbraio 2011
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le due facce dell'artista
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Nero, bianco, musica de Il lago dei cigni di Cajkovskij. Il pianosequenza che segue, e che fa da incipit, è di per sé splendido, e funge anche da simbolico riassunto dell'intera vicenda. Ma quando Nina (Natalie Portman) si sveglia, scopriamo che si tratta di un suo sogno. Perciò ancora non lo sapevamo, ma la discesa è già iniziata. L'ossessione che divora lei e tutto ciò che la circonda per il resto del film parte da questo piccolo segnale, e dilaga in modo inaspettato e incontrollabile. Come in The Wrestler la macchina da presa (calata nella fotografia grezza e sgranata di Matthew Libatique) segue un corpo non più massiccio, anzi quasi scheletrico, ma ugualmente ferito e martoriato dagli eventi, in un percorso difficile, in una città cupa e impietosa.
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Nero, bianco, musica de Il lago dei cigni di Cajkovskij. Il pianosequenza che segue, e che fa da incipit, è di per sé splendido, e funge anche da simbolico riassunto dell'intera vicenda. Ma quando Nina (Natalie Portman) si sveglia, scopriamo che si tratta di un suo sogno. Perciò ancora non lo sapevamo, ma la discesa è già iniziata. L'ossessione che divora lei e tutto ciò che la circonda per il resto del film parte da questo piccolo segnale, e dilaga in modo inaspettato e incontrollabile. Come in The Wrestler la macchina da presa (calata nella fotografia grezza e sgranata di Matthew Libatique) segue un corpo non più massiccio, anzi quasi scheletrico, ma ugualmente ferito e martoriato dagli eventi, in un percorso difficile, in una città cupa e impietosa. La colonna sonora di Clint Mansell spazia dalla rielaborazione della musica originale a creazioni proprie di grande impatto, delicatezza, o partecipe accompagnamento. Il compositore scoperto da Aronofsky si rivela ancora una volta formidabile nella varietà e nell'espressività dei temi.
Nina lavora sodo per essere la migliore all'interno della compagnia di balletto di Thomas Leroy (VIncent Cassel), e dopo il ritiro della prima ballerina Beth (Winona Rider) vede spalancarsi le porte del successo. Arriva però un'altra talentuosa ragazza, Lilly (Mila Kunis) con la quale entra in competizione, e inoltre Leroy non si dimostra quello che credeva. Sua madre (Barbara Hershey) è un grande aiuto per lei, ma il fatto che sia una ballerina fallita per aver preferito la gravidanza alla carriera, la rende frustrata e maniacale nel gestirne la vita. Un'esistenza completamente dedicata al balletto, senza compromessi, tanto da essere rimasta infantile sotto qualsiasi altro aspetto. La ricerca di perfezione porta Nina a provare e riprovare acquisendo un livello tecnico eccelso, ma Leroy per la parte del cigno nero vuole passione, anima, e sesso. Una componente questa, fondamentale nel personaggio, e di conseguenza nel film, che per l'abbondanza di scene spinte si è meritato il divieto per i minori di 14 anni. Passare dal lato candido a quello oscuro non sarà facile per Nina, sarà fonte di uno stress che le logorerà i nervi fino a farle perdere la concezione della realtà. Nel combattimento contro sé stessa tutti diventano nemici, e si profila all'orizzonte l'amara fine di Beth anche per lei.
Così sembra che io abbia raccontato tutto, ma in realtà non è proprio niente. Aronofsky ha girato un film sul balletto classico, ispirato, potente e ricco di suggestioni, ma anche un formidabile thriller psicologico che si tinge di horror, e che non risparmia acute riflessioni psicanalitiche. Intensissimo e appassionante, Black Swan riesce ad essere allo stesso tempo raffinato e sporco. Si agita mentre rimane immobile tutto attorno alla figura tragica di Natalie Portman, che lo domina e lo percorre subendo e incassando fino alla inquietante e memorabile trasformazione finale. Al contrario di The Wrestler, dove Randy "The Ram" era un personaggio maturo e fortemente vitale, e dove tutto il film era permeato da una grande umanità, in questa pellicola non c'è nulla di umano. L'ambizione di Nina, la sua ossessione, raggiungono contorni mostruosi non solo metaforicamente, il suo personaggio non comunica, e reagisce all'oppressione chiudendosi in camera e rifugiandosi nella danza. Nell'ossessione stessa, ed è un circolo vizioso dal quale non c'è via d'uscita.
Randy affronta il suo destino con convinzione, cercandolo. Sa quali sono gli effetti dell'abbandonarsi all'urlo della folla, e decide di proseguire lo stesso. Nina è solo vittima inconsapevole, prima di tutto il resto, di sé stessa. Il fatto che sia così giovane fa pensare alle tante ragazze di oggi, impegolate nei mondi competitivi dei concorsi di bellezza, delle moda, dello sport, anche del cinema.
La luce dei riflettori è un abbaglio che porta via tutto, in cambio della vana illusione di poter ambire alla perfezione.
La scelta di trattare un tema del genere con un film disturbante, violento e morboso è stata sicuramente vincente. E non solo nelle intenzioni, ma anche nell'effettivo risultato, davvero sorprendente. La dote migliore de Il cigno nero infatti, piaccia o non piaccia, è l'originalità.
La stupenda sceneggiatura di Andres Heinz, Mark Heyman e John J. McLaughlin era nelle mani di Darren Aronofsky già nel 2000, ma prima di per realizzare questo progetto ha dovuto faticare non poco, e affermarsi in modo importante. Per quanto mi riguarda, con questo viaggio oscuro nei labirinti di un amore deviato, è definitivamente entrato nella lista dei "registi da seguire".
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davidestanzione
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lunedì 21 febbraio 2011
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il cigno di aronofsky inquieta, deraglia, ammalia
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Aronofsky fa cinema d’ossessioni, pregno di corpi solcati dalla sofferenza, psicologie distorte, umori visionari. Dopo The Wrestler, strameritato Leone d’Oro a Venezia 2008, il regista del suburbano e allucinato Requiem for a Dream mette in scena un contraltare acido al film con Mickey Rourke. Con le spalle ben protette dal precedente successo di critica che ha fatto dimenticare a molti il fiasco colossale di The Fountain, Aronofsky, nato e cresciuto a Brooklyn, ritorna alle tematiche visive e strutturali che gli sono più familiari e congeniali.
“Black Swan” è un film psicotropo e inquietante, che interessa e avvince per l’atmosfera di sordido mistero che trasuda da ogni inquadratura, pur non squassando mai, se non nel finale, l’anima dello spettatore.
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Aronofsky fa cinema d’ossessioni, pregno di corpi solcati dalla sofferenza, psicologie distorte, umori visionari. Dopo The Wrestler, strameritato Leone d’Oro a Venezia 2008, il regista del suburbano e allucinato Requiem for a Dream mette in scena un contraltare acido al film con Mickey Rourke. Con le spalle ben protette dal precedente successo di critica che ha fatto dimenticare a molti il fiasco colossale di The Fountain, Aronofsky, nato e cresciuto a Brooklyn, ritorna alle tematiche visive e strutturali che gli sono più familiari e congeniali.
“Black Swan” è un film psicotropo e inquietante, che interessa e avvince per l’atmosfera di sordido mistero che trasuda da ogni inquadratura, pur non squassando mai, se non nel finale, l’anima dello spettatore. La messa in scena, pennellata sulle magniloquenti e coinvolgenti melodie del Lago dei Cigni più che sulle creazioni originali di Clint Mansell, oscilla danzante dal primo piano al dettaglio, tradisce in più in punti i trascorsi indie di Aronofsky, vira di soppiatto nell’horror, seziona e scandaglia con cavillosa perizia e sincera affezione il corpo smagrito, solcato, sanguinante della protagonista. In comune con The Wrestler, questo Cigno Nero ha infatti il proposito di scandagliare la carnalità attoriale, un’autentica ossessione per Aronofsky fin dai tempi di Pi Greco. I muscoli tumefatti di Randy The Ram lasciano qui il posto alla fragile e smagrita sagoma danzante della Portman, strepitosa e tormentata ballerina “frigida” del New York City Ballet: Aronofsky si prodiga a sublimarla tra inquadrature ad altezza di nuca (altro inequivocabile rimando a “The Wrestler”) e primi piani fitti, saturi, di pura bellezza straniante.
“Black Swan”, a volerlo imbrigliare in una voluttuosa definizione di genere, è un mélo noir a tinte forti, più che un thriller. Se thriller lo si considerasse, il film risulterebbe zoppicante, alterno, quasi mal riuscito. La tensione é diluita, incatenata in meccanismi complessivamente abbastanza prevedibili. Ma l’intento di Aronofsky si spinge ben al di là del puro infiocchettamento da gratuito thriller del torbido: il suo è un film sulla genesi del male, sulla metà oscura, su quel sordido aggrovigliarsi della psiche che sfocia nella frammentazione concentrica dei punti di vista, tra turbe oniriche e acuminate pulsioni sessuali di ogni forma e natura. La fredda e metodica lucidità della Nina Seyers di Natalie Portman é stuzzicata, morsicata, vessata dalla melliflua ambizione del coreografo Vincent Cassel, che la esorta con luciferina fascinazione a cavare dal proprio candore asettico la sensualità destabilizzante del Cigno Nero. Il suo “gemello” cattivo e sensuale, in altre parole, che trasfigurerà Nina in un percorso di metamorfosi inesorabile e affastellato, reso sullo schermo come il più pingue degli incubi visionari. Una traballante discesa agli Inferi che gioca tutto sulla contraddizione, sul sogno-non sogno, sulla fragilità ferita e agonizzante.
Il balletto, in tutto ciò, un po’ scompare. Si defila sullo sfondo, sacrificato, ridotto a succulento contorno, ad ambientazione magnetica ma indubbiamente secondaria. Salvo poi riaffiorare, prepotente e ossessivo, in un finale dalla bellezza stordente. Una chiusura (forse, una quadratura) del cerchio che ancora una volta rimanda a The Wrestler: un altro volo conclusivo, solo che stavolta è un delicato volo di cigno, apice ed emblema di una parabola umana ed artistica in cui l’arte si sovrappone tragicamente alla vita, esasperandone e distorcendone gli istinti, le pulsioni, le sofferte emozioni. Si resta impietriti, raggelati da un film straniante, a osservare un’abbacinante luce bianca. Ammutoliti. Che sia bello o brutto, che piaccia o non piaccia, “Black Swan” nonostante le imperfezioni ha la forza di arrivare fino in fondo, con coraggio e in punta di piedi.
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dario carta
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lunedì 21 febbraio 2011
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virtuosismo in un balletto d'immagini
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E’ una soluzione sommaria e banale condurre un disinvolto confronto fra i due ultimi lavori di Darren Aronofsky,”The Wrestler” e “Cigno nero”.
Fatto salvo per l’indiscutibile valore delle due pellicole,entrambe segni di grande cinema,sarebbe riduttivo per ambedue i titoli ridurre il paragone ad un fil rouge che li accomunerebbe solo in minor misura ed in modo per nulla adeguato.
Due viaggi nelle pieghe di esistenze tormentate e doloranti,le due storie sondano profondità incoerenti e complesse,muovendosi nelle regioni del cuore che è sede dei conflitti più acuti che un’anima può ospitare.
Ma “Cigno nero” sosta solo per poco al fianco di “The Wrestler”,per poi muoversi nella direzione del sottile confine fra immaginazione e realtà in un sacrificio esistenziale che chiama a sé la pericolosa dualità fra bene e male,tenebre e luce.
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E’ una soluzione sommaria e banale condurre un disinvolto confronto fra i due ultimi lavori di Darren Aronofsky,”The Wrestler” e “Cigno nero”.
Fatto salvo per l’indiscutibile valore delle due pellicole,entrambe segni di grande cinema,sarebbe riduttivo per ambedue i titoli ridurre il paragone ad un fil rouge che li accomunerebbe solo in minor misura ed in modo per nulla adeguato.
Due viaggi nelle pieghe di esistenze tormentate e doloranti,le due storie sondano profondità incoerenti e complesse,muovendosi nelle regioni del cuore che è sede dei conflitti più acuti che un’anima può ospitare.
Ma “Cigno nero” sosta solo per poco al fianco di “The Wrestler”,per poi muoversi nella direzione del sottile confine fra immaginazione e realtà in un sacrificio esistenziale che chiama a sé la pericolosa dualità fra bene e male,tenebre e luce.
L’apparente corrispondenza fra i due film si sviluppa nel breve segmento che cattura il travaglio e il fatale olocausto fisico e psicologico dei protagonisti,atleti ed esseri umani,ma là dove Aronofsky tratteggia i lineamenti di Randy The Ram nei toni pietistici di un piglio compassionevole,il buio e l’ossessione infestano l’anima disturbata di un’artista in bilico fra perfezione e follia.
Le due storie,l’una di un declino l’altra di un’ascesa,s’incrociano nello stesso punto d’incontro fra incubo e realtà,in una dimensione smisurata di sofferenza ed annullamento umano.
Un Aronofsky in stato di grazia non si limita a narrare una storia di confronti e ambiguità fra artisti,ma dipinge un quadro con i colori gravidi di brutale fisicità e vulnerabilità psicologica,dove il balletto è solo termine di metafora per una tragedia tutta umana.
Con un ritmo narrativo di inarrivabile tensione emotiva,il regista innesca un doloroso processo di deterioramento mentale della protagonista divenuta preda del dualismo fra creazione e distruzione,polarità espressa dal regista in forma visiva in frequenti occasioni nel corso del racconto,fra passaggi di chiari-scuri,luci ed ombre e immagini riflesse in vetri e specchi,come spettri onnipresenti di uno sdoppiamento inevitabile e fatale.
Nella figura del Cigno Regina l’ossessione di Nina si trasforma in possessione e la perfezione,oggetto della concupiscenza,diventa soggetto predatore di una mente ormai vittima di una brama incontrollata.
Aronofsky non si sofferma su considerazioni etiche o suggestioni moralistiche.
Il regista mira diritto al cuore di Nina,dove si agita il suo conflitto interiore.
Il balletto è solo la metafora visiva per fare spazio ad un viaggio nei recessi angoli di una personalità spaccata in una condizione di paranoia feroce come l’invidia ed imbellettata dai segni della bellezza e dell’armonia.
La percezione è fortemente aggredita dallo stridente contrasto fra l’innocenza di Nina e il mistero che aleggia fra realtà e immaginazione,illusione e verità,a ridosso del tenue confine fra purezza e smarrimento.
Se in “The Wrestler” la carnalità ferita di Randy accompagna allegoricamente il declino e la sconfitta del protagonista,il Cigno nero è un alto grido di dolore di una sofferta rivelazione interiore,nel luogo dove le ombre di imprevisti fantasmi si agitano nella danza segreta di una crudele follia.
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stefano pariani
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martedì 22 febbraio 2011
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requiem per un cigno: portman pronta per l'oscar
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Il mondo della danza classica non ha mai messo radici al cinema: dal lontano Scarpette rosse ad oggi non sono molti i film sul balletto e pochi sono i memorabili (Due vite, una svolta tra questi). Ora calzamaglia e tutù tornano sul grande schermo con un intenso psico-dramma a tinte dark. Nina (Natalie Portman), ballerina del New York City Ballet, è misurata, eterea, classica; la sua bravura è frutto di tanta tenacia e di tecnica. E' perfetta per interpretare il cigno bianco nel Lago dei cigni, ma fatica a trovare dentro si sè il lato oscuro e più passionale per interpretare il cigno nero.
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Il mondo della danza classica non ha mai messo radici al cinema: dal lontano Scarpette rosse ad oggi non sono molti i film sul balletto e pochi sono i memorabili (Due vite, una svolta tra questi). Ora calzamaglia e tutù tornano sul grande schermo con un intenso psico-dramma a tinte dark. Nina (Natalie Portman), ballerina del New York City Ballet, è misurata, eterea, classica; la sua bravura è frutto di tanta tenacia e di tecnica. E' perfetta per interpretare il cigno bianco nel Lago dei cigni, ma fatica a trovare dentro si sè il lato oscuro e più passionale per interpretare il cigno nero. Vive con la madre (Barbara Hershey), ex ballerina, con la quale ha un rapporto di dipendenza che la esclude dalla vita, dal mondo esterno e dalla dimensione sessuale. Nel corpo di ballo c'è anche Lily (Mila Kunis), che è l'esatto opposto di Nina: è moderna, sessualmente disinibita, tatuata e arriva alle prove con le cuffie alle orecchie e masticando chewing gum. La si direbbe pronta per un provino in stile "Flashdance" piuttosto che ad estenuanti prove sulle punte dei piedi, ma la ragazza è talentuosa e ha quella scioltezza che manca a Nina per interpretare il cigno nero. Nina comincia a vedere in lei la rivale e a sentire vacillante il suo ruolo: non vuole essere soppiantata da un'altra ora che proprio lei ha preso il posto dell'ex prima ballerina (Winona Ryder). Il cigno bianco e il cigno nero, la purezza e la carnalità, si scontrano fino a diventare l'uno speculare all'altro tra tensioni, rivalità e incubi. Lo stile di Darren Aronofsky è stridente e disturbante come il graffio delle unghie sulla lavagna: piedi martoriati, tagli aperti, dolorosi graffi alle spalle, occhi iniettati di sangue e specchi che riflettono volti di altre donne. Nina passa attraverso tutto questo e oltre, scopre la propria sessualità repressa (la madre castrante che taglia violentemente le unghie alla figlia) in una rovente scena lesbo con la rivale e approda a trovare il cigno nero dentro di sè. Piume scure ricoprono le sue braccia leggiadre e la sua anima; il sogno finalmente si è realizzato, ma a prezzo della vita stessa. Il cigno nero ha vinto. Aronofsky ritrova quella narrazione disperata e ai limiti di Requiem for a dream (che resta comunque un pugno nello stomaco insuperato) con personaggi disturbati e un clima allucinato e claustrofobico con venature horror. Natalie Portman ha qui forse il ruolo più bello e impegnativo della sua carriera fino ad ora: insicura e delicata, quanto delirante e spaventosa. Dopo il Golden Globe, l'Oscar potrebbe averlo già in tasca. Piace ritrovare Barbara Hershey, che si vorrebbe vedere più spesso, e Winona Ryder, ormai confinata in piccoli ruoli. Cinque nomination agli Oscar tra cui miglior film e miglior regia.
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mariangela sansone
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lunedì 7 marzo 2011
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danzando sulle punte fino all'orlo del baratro
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Superare il limite, perdersi per conoscere meglio se stessi, lanciarsi nel vuoto per raggiungere la perfezione, quella perfezione che va oltre la tecnica, ma si confonde nell'errore per essere più vera. Dopo l'acclamatissimo The Wrestler, Darren Aronofsky si cimenta nuovamente con un soggetto a lui molto caro, l'uomo che si confronta con le proprie paure,mettendosi a dura prova, estremizzando i propri sforzi sino alla mutazione fisica e psicologica.In Black Swan, la bravissima Natalie Portman, nel ruolo della ventottenne Nina, ballerina classica, viene scelta per interpretare il ruolo del cigno bianco e la sua antitesi, il cigno nero, nella rappresentazione del Lago dei cigni dal direttore artistico Thomas Leroy, un cinico e sensuale Vincent Cassell.
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Superare il limite, perdersi per conoscere meglio se stessi, lanciarsi nel vuoto per raggiungere la perfezione, quella perfezione che va oltre la tecnica, ma si confonde nell'errore per essere più vera. Dopo l'acclamatissimo The Wrestler, Darren Aronofsky si cimenta nuovamente con un soggetto a lui molto caro, l'uomo che si confronta con le proprie paure,mettendosi a dura prova, estremizzando i propri sforzi sino alla mutazione fisica e psicologica.In Black Swan, la bravissima Natalie Portman, nel ruolo della ventottenne Nina, ballerina classica, viene scelta per interpretare il ruolo del cigno bianco e la sua antitesi, il cigno nero, nella rappresentazione del Lago dei cigni dal direttore artistico Thomas Leroy, un cinico e sensuale Vincent Cassell. Nina è un angelo quando danza sulle punte, un animo puro e fragile, legata ad una madre soffocante in un rapporto morboso e castrante per la piccola "sweet heart". Alla continua ricerca della perfezione stilistica, costringendo la sua femminilità e negandola a sé stessa ed agli occhi degli altri; Nina dedica tutto il suo tempo al balletto, non c'è spazio per la vita. Perfetta nel ruolo del Cigno Bianco, la sua purezza ben si sposa col carattere della principessa Odette, ma per interpretare il cigno nero, Nina deve scoprire la sua parte più ferina, deve imparare a "perdersi". L'unico ostacolo al raggiungimento della perfezione, per Nina, è se stessa, scoprire la sensualità, accettare il suo lato oscuro, è il passo ultimo, ma non è indolore; lo sforzo sta nel far coesistere la sua natura prettamente apollinea con un lato di se che ancora non conosce; la sua indole dionisiaca è ben nascosta negli antri più reconditi della sua mente e grida per manifestarsi. Il regista ama addentrarsi tra le pieghe dell'animo e come pochi riesce a raccontare le paure e le sofferenze di quegli uomini che si spingono oltre i propri limiti, fisici e psicologici; lo fa con poesia quando racconta la carne in pieno disfacimente di un lottatore di wrestling che cerca di recuperare i sentimenti ed i rapporti che si era negato negli anni; lo fa con crudezza ed una punta di cinismo quando si approccia allo spirito femminile di una trentenne che ha rinunciato per paura al suo lato femmineo e sensuale per dedicarsi al balletto, porto sicuro dove nascondersi dai mostri generati dalle sue angosce.The Wrestler e Black Swan sono due film strettamente legati, un dittico che rappresenta uno spaccato sulla difficoltà di vivere. In entrambi i film il corpo è mortificato, tormentato dallo sforzo del lavoro fisico; tumefazioni, ferite che sanguinano e cartilagini che scricchiolano in una danza, ora su un ring, ora su un palco, tra la vita e la morte.Il film si avvale di una colonna sonora fatta dalle note dell'opera di Cajkovskij e dall'ottimo lavoro di remix compiuto da Clint Mansell; gli effetti sonori coinvolgono emozionalmente lo spettatore, così il battito d'ali, il sangue che pulsa ed il battito del cuore sono ottimi "personaggi" sapientemente gestiti e dosati dal regista. La Portman, in questo film, offre un'ottima prova di recitazione, senza sbavature, riesce a gestire bene entrambe le parti, a suo agio nelle vesti del Cigno Bianco ma anche, e soprattutto, in quelle del suo doppleganger, il cupo Cigno Nero. Black Swan, Il Cigno Nero, è un thriller fortemente intriso di erotismo, fatto di ossessioni che prendono vita, è un film che merita di essere visto perchè stupisce e coinvolge, pura furia passionale che rapisce e seduce.
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diego p.
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giovedì 29 marzo 2012
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più intossicante che capolavoro a mio avviso!
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BLACK SWAN
CRITICA DI: Diego Pigiu III
VOTO: 7
Eccezionale Natalie Portman che merita l'oscar come migliore attrice, film davvero intrigante e molto inquietante. Lei è una ballerina che per poter ottenere la parte più importante della sua vita deve, nonostante la sua perfezione tecnica, imparare cosa voglia dire essere femminile, e dovrà scoprire a sue spese quello che in anni porta una adolescente a diventare donna. Dovrà sconfiggere l'assurdo mondo creatole dalla madre e le sue piu grandi paure. Il film, recita la locandina, è "Uno strordinario, intossicante, capolavoro".. più intossicante che capolavoro a mio avviso, molto vicino al delirio di The Machinist a mio avviso, comunque ben riuscito, non è un film sulla danza la quale diventa solo cornice di un quadro piu profondo: gli scherzi di una mente disturbata figlia di una madre iperpossessiva, frustrata e non realizzata.
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BLACK SWAN
CRITICA DI: Diego Pigiu III
VOTO: 7
Eccezionale Natalie Portman che merita l'oscar come migliore attrice, film davvero intrigante e molto inquietante. Lei è una ballerina che per poter ottenere la parte più importante della sua vita deve, nonostante la sua perfezione tecnica, imparare cosa voglia dire essere femminile, e dovrà scoprire a sue spese quello che in anni porta una adolescente a diventare donna. Dovrà sconfiggere l'assurdo mondo creatole dalla madre e le sue piu grandi paure. Il film, recita la locandina, è "Uno strordinario, intossicante, capolavoro".. più intossicante che capolavoro a mio avviso, molto vicino al delirio di The Machinist a mio avviso, comunque ben riuscito, non è un film sulla danza la quale diventa solo cornice di un quadro piu profondo: gli scherzi di una mente disturbata figlia di una madre iperpossessiva, frustrata e non realizzata. Il film spesso tocca il cattivo gusto, a volte più vicino alla sensazione di orrore di un film horror.
Diego Pigiu III
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