enzo70
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domenica 1 novembre 2015
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ottimo esordio
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Marco Righi esordisce alla regia con un film che propone una diversa modalità con la quale raccontare le intermittenze dell’adolescenza. Il film è ambientato in una fattoria dell’Emilia, negli anni ottanta, ma ad anni luce dalla Milano da bere. Elia si barcamena tra la fede cattolica della madre e l’attivismo politico del padre comunista, correva l’anno 1984, quello della morte di Berlinguer, studia e lavora nella fattoria dei genitori; è periodo di vendemmia e alla fattoria arriva Emilia per guadagnare qualche soldo. Ed inizia un gioco di seduzione in cui Elia è chiaramente destinato a soccombere, la differenza di età e la malizia di Emilia non consentono un rapporto paritetico.
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Marco Righi esordisce alla regia con un film che propone una diversa modalità con la quale raccontare le intermittenze dell’adolescenza. Il film è ambientato in una fattoria dell’Emilia, negli anni ottanta, ma ad anni luce dalla Milano da bere. Elia si barcamena tra la fede cattolica della madre e l’attivismo politico del padre comunista, correva l’anno 1984, quello della morte di Berlinguer, studia e lavora nella fattoria dei genitori; è periodo di vendemmia e alla fattoria arriva Emilia per guadagnare qualche soldo. Ed inizia un gioco di seduzione in cui Elia è chiaramente destinato a soccombere, la differenza di età e la malizia di Emilia non consentono un rapporto paritetico. L’arrivo di Samuele, fratello di Elia e sempre in giro per l’Europa, porta un carico di problemi relazionali che investe, nuovamente, Elia. Un film che guarda alla tradizione del cinema italiano, si pensi ai ritmi narrativi di Olmi, ma che allo stesso tempo è innovativo rispetto al panorama attuale. Righi riesce con grande capacità a proporre un film lento, ma mai noioso, rigoroso nella regia e nella descrizione degli stati d’animo e capace di appassionare. Ottimo esordio.
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rampante
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sabato 1 febbraio 2014
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un adolescente
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Settembre,
l'estate che finisce, nelle campagne è i corso la vendemmia
Un rito, qualcosa di religioso e insieme pagano, legato alla fertilità della terra, a quei meravigliosi grappoli d'uva gravidi di succo
In una zona contadina dell'Emilia vive un ragazzino che si chiama Elia perchè la madre è molto cattolica ma, potrebbe chiamarsi Palmiro perchè il padre è un comunista
per pagarsi gli studi è venuta a dare una mano una ragazza universitaria Emilia, provocante e maliziosa, figlia di compaesani
La vendemmia è una storia d'amore lieve e appena accennata che il giovane, irrequieto Elia vive con Emilia, donna matura, seducente e segna il passaggio all'età adulta del ragazzo che scopre qualcosa di più della vita, molto lontano dalla quiete della campagna in cui vive ed è cresciuto.
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Settembre,
l'estate che finisce, nelle campagne è i corso la vendemmia
Un rito, qualcosa di religioso e insieme pagano, legato alla fertilità della terra, a quei meravigliosi grappoli d'uva gravidi di succo
In una zona contadina dell'Emilia vive un ragazzino che si chiama Elia perchè la madre è molto cattolica ma, potrebbe chiamarsi Palmiro perchè il padre è un comunista
per pagarsi gli studi è venuta a dare una mano una ragazza universitaria Emilia, provocante e maliziosa, figlia di compaesani
La vendemmia è una storia d'amore lieve e appena accennata che il giovane, irrequieto Elia vive con Emilia, donna matura, seducente e segna il passaggio all'età adulta del ragazzo che scopre qualcosa di più della vita, molto lontano dalla quiete della campagna in cui vive ed è cresciuto.
il film di Marco Righi è un esordio creativo, un piccolo film ambizioso, severo, una sinfonia di sguardi e voci
Una regia capace di comunicare con pochi e felici tocchi un misto di affetto e disagio, un amore e odio
al ritorno a casa del fratello Samuele punto di riferimento per Elia
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damien karras
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mercoledì 4 dicembre 2013
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la nostra adolescenza
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il film descrive l'adolescenza vissuta in citta come in campagna ,la protagonista ormai emancipata perche cittadina a tutti gli effetti nasconde dietro ad un lavoro poco pagato,il desiderio di ritrovare il passato vissuto in una campagna per lei indimenticabile anche grazie al suo primo amore,che qui rincontra,ma che purtroppo per lei anche lui molto cambiato dalle diverse esperienze fatte lontano dalla vita di campagna...
Film piacevolissimo,che fa rinascere esperienze fatte in età adolescenziale..
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bonnard
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giovedì 29 novembre 2012
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amore adolescenziale sotto il sole dell'estate '84
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I giorni della vendemmia, di Marco Righi, si presenta come una mancata storia d'amore adolescenziale, in cui il protagonista Elia, un ragazzino che vive nella campagna dell'Emilia, sotto il caldo sole estivo del 1984, viene colpito dall'arrivo della bellissima Emilia, studentessa universitaria arrivata dalla città per guadagnare qualche soldo aiutando nella vendemmia. Elia è affascinato da Emilia, ma l'arrivo del fratello grande rompe ogni illusione circa questo amore platonico. La trama semplice, quasi banale, lascia spazio all'accenno di alcuni temi importanti, che fanno riferimento alla storia politica e sociale dell'epoca: la contrapposizione cattolici, comunisti, incarnata dalla coppia di genitori del protagonista, l'omosessualità non dichiarata del fratello giramondo.
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I giorni della vendemmia, di Marco Righi, si presenta come una mancata storia d'amore adolescenziale, in cui il protagonista Elia, un ragazzino che vive nella campagna dell'Emilia, sotto il caldo sole estivo del 1984, viene colpito dall'arrivo della bellissima Emilia, studentessa universitaria arrivata dalla città per guadagnare qualche soldo aiutando nella vendemmia. Elia è affascinato da Emilia, ma l'arrivo del fratello grande rompe ogni illusione circa questo amore platonico. La trama semplice, quasi banale, lascia spazio all'accenno di alcuni temi importanti, che fanno riferimento alla storia politica e sociale dell'epoca: la contrapposizione cattolici, comunisti, incarnata dalla coppia di genitori del protagonista, l'omosessualità non dichiarata del fratello giramondo. Lodevole la cura delle inquadrature e della fotografia: non può non colpire per l'acuta ironia il cambiamento di fuoco che lentamente mette in evidenza, dietro una statuetta della Madonna, l'inconfondibile sagoma della marionetta di Pinocchio, segno di un evidente impegno politico dell'autore.
Il film, che comunque riesce a provocare una certa empatia nello spettatore, presentando un piuttosto elevato grado di cura estetica, risulta però troppo semplicistico nell'analisi dei complessi temi che presenta.
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stefano-kun
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mercoledì 10 ottobre 2012
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adolescenza inquieta all'ombra di un vigneto
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Sarà perché in provincia tutto arriva con un po' di ritardo, o forse sarà che il ritratto degli anni '80 come età spensierata e consumista è opera di falsari patentati, ma nell'Emilia di quegli anni si agitava una gran inquietudine pronta a venire a galla. E' l'"Emilia paranoica" cantata dai CCCP e abitata da quei giovani smarriti raccontati da Tondelli.
Nel settembre del 1984 Elia ha 17 anni e vive assieme al padre comunista, alla madre molto cattolica e all nonna nella campagna attorno a Reggio Emilia. Vie di fuga da un ambiente così tradizionale, del quale l'adolescente inizia ad avvertire il peso, ce ne sono poche: una di queste è "Altri libertini", proprio il romanzo del conterraneo Tondelli, che Elia ama leggere mentre si fuma una sigaretta, il tutto di nascosto, s'intende.
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Sarà perché in provincia tutto arriva con un po' di ritardo, o forse sarà che il ritratto degli anni '80 come età spensierata e consumista è opera di falsari patentati, ma nell'Emilia di quegli anni si agitava una gran inquietudine pronta a venire a galla. E' l'"Emilia paranoica" cantata dai CCCP e abitata da quei giovani smarriti raccontati da Tondelli.
Nel settembre del 1984 Elia ha 17 anni e vive assieme al padre comunista, alla madre molto cattolica e all nonna nella campagna attorno a Reggio Emilia. Vie di fuga da un ambiente così tradizionale, del quale l'adolescente inizia ad avvertire il peso, ce ne sono poche: una di queste è "Altri libertini", proprio il romanzo del conterraneo Tondelli, che Elia ama leggere mentre si fuma una sigaretta, il tutto di nascosto, s'intende. A sconvolgere tale quadretto, che del resto poteva sembrare tranquillo solamente a un osservatore distratto, arriva Emilia, studentessa di città tornata in campagna a dare una mano con la vendemmia. I sensi del giovane Elia sono immediatamente turbati e scossi dall'apparizione della giovane donna, che sembra consapevole e divertita della situazione che sta creando.
Se molti dei giovani che popolano "Altri libertini" erano viaggiatori, per il nostro Elia è sufficiente spostarsi dai vigneti alla camera, tempio delle sue piccole innocue trasgressioni, per testimoniare quello spaesamento e quell'inquietudine dell'adolescenza, ancor più acute quando quando è vissuta in provincia e quando è alimentata da certe letture (e dalla presenza invisibile di un fratello maggiore che invece vive in giro per l'Europa). Credo che il regista Marco Righi abbia dimostrato un grande talento nel disegnare un personaggio così credibile e con il quale è facile identificarsi (aiutato nel compito da un bravissimo Marco D'Agostin). Un'abilità che forse è inferiore solo a quella di riprendere i paesaggi, di rendere con delicatezza e realismo la campagna e la vita nella provincia emiliana. Tutte le relazioni tra i personaggi si giocano in questo ambiente allo stesso tempo realistico e simbolico, in quel caldo umido di settembre che rispecchia i sensi eccitati del giovane protagonista.
Un film piccolo che racconta una storia piccolissima, un esordio nel cinema che ha avuto un successo meritato e ci lascia con la speranza che film come questo continuino ad essere pensati, realizzati e distribuiti.
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stefano-kun
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mercoledì 10 ottobre 2012
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adolescenza inquieta all'ombra di un vigneto
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Sarà perché in provincia tutto arriva con un po' di ritardo, o forse sarà che il ritratto degli anni '80 come età
spensierata e consumista è opera di falsari patentati, ma nell'Emilia di quegli anni si agitava una gran inquietudine
pronta a venire a galla. E' l'"Emilia paranoica" cantata dai CCCP e abitata da quei giovani smarriti raccontati da
Tondelli.
Nel settembre del 1984 Elia ha 17 anni e vive assieme al padre comunista, alla madre molto cattolica e all nonna nella
campagna attorno a Reggio Emilia.
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Sarà perché in provincia tutto arriva con un po' di ritardo, o forse sarà che il ritratto degli anni '80 come età
spensierata e consumista è opera di falsari patentati, ma nell'Emilia di quegli anni si agitava una gran inquietudine
pronta a venire a galla. E' l'"Emilia paranoica" cantata dai CCCP e abitata da quei giovani smarriti raccontati da
Tondelli.
Nel settembre del 1984 Elia ha 17 anni e vive assieme al padre comunista, alla madre molto cattolica e all nonna nella
campagna attorno a Reggio Emilia. Vie di fuga da un ambiente così tradizionale, del quale l'adolescente inizia ad avvertire
il peso, ce ne sono poche: una di queste è "Altri libertini", proprio il romanzo del conterraneo Tondelli, che Elia ama
leggere mentre si fuma una sigaretta, il tutto di nascosto, s'intende. A sconvolgere tale quadretto, che del resto poteva
sembrare tranquillo solamente a un osservatore distratto, arriva Emilia, studentessa di città tornata in campagna a dare
una mano con la vendemmia. I sensi del giovane Elia sono immediatamente turbati e scossi dall'apparizione della giovane
donna, che sembra consapevole e divertita della situazione che sta creando.
Se molti dei giovani che popolano "Altri libertini" erano viaggiatori, per il nostro Elia è sufficiente spostarsi dai
vigneti alla camera, tempio delle sue piccole innocue trasgressioni, per testimoniare quello spaesamento e
quell'inquietudine dell'adolescenza, ancor più acute quando quando è vissuta in provincia e quando è alimentata da certe
letture (e dalla presenza invisibile di un fratello maggiore che invece vive in giro per l'Europa). Credo che il regista
Marco Righi abbia dimostrato un grande talento nel disegnare un personaggio così credibile e con il quale è facile
identificarsi (aiutato nel compito da un bravissimo Marco D'Agostin). Un'abilità che forse è inferiore solo a quella di
riprendere i paesaggi, di rendere con delicatezza e realismo la campagna e la vita nella provincia emiliana. Tutte le
relazioni tra i personaggi si giocano in questo ambiente allo stesso tempo realistico e simbolico, in quel caldo umido di
settembre che rispecchia i sensi eccitati del giovane protagonista.
Un film piccolo che racconta una storia piccolissima, un esordio nel cinema che ha avuto un successo meritato e ci lascia
con la speranza che film come questo continuino ad essere pensati, realizzati e distribuiti.
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luired
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giovedì 6 settembre 2012
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le premesse sono buone ma....
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L'idea e' buona, , gli attori sono bravi, buona anche l'ambientazione nella campagna emiliana, ma il film non convince. Troppe ingenuità, momenti onirici da dimenticare, musica ossessivamente riproposta. Il film e' ancora "grezzo", ma considerata la giovanissima età del regista e' comprensibile . Gli spunti ci sono e il talento non tarderà ad uscire allo scoperto. Vista la durata il film può essere considerato un cortometraggio. Molto intense e struggenti sono le immagini che documentano gli ultimi istanti di vita di Enrico Berlinguer, cosi come e' sincero il dolore vissuto dalla base del suo partito.
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lorriz
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sabato 1 settembre 2012
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la tragica realtà del nostro cinema contemporaneo
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Raramente capita di vedere qualcosa di così inconsistente. Tutto appare troppo studiato nel cercare di coprire con inquadrature e lunghi silenzi (a cui dovrei attribuire qualità?) una mancanza di capacità di fondo. Ambientazione storica senza alcun funzione. Probabilmente per cercare di strappare qualche apprezzamento agli aficionados di Berlinguer con le lunghe inquadrature che permettono alla mancanza di idee di recuperare qualche minuto. Attori e personaggi da no comment. Passi quello della madre, difficile da vedere in una compagnia teatrale di dilettanti, assolutamente non credibile neppure nel recitare le preghiere... (fortunatamente il padre ha la possibilità di recitare in dialetto e di avere un numero di battute che si conta sulle dita di una mano).
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Raramente capita di vedere qualcosa di così inconsistente. Tutto appare troppo studiato nel cercare di coprire con inquadrature e lunghi silenzi (a cui dovrei attribuire qualità?) una mancanza di capacità di fondo. Ambientazione storica senza alcun funzione. Probabilmente per cercare di strappare qualche apprezzamento agli aficionados di Berlinguer con le lunghe inquadrature che permettono alla mancanza di idee di recuperare qualche minuto. Attori e personaggi da no comment. Passi quello della madre, difficile da vedere in una compagnia teatrale di dilettanti, assolutamente non credibile neppure nel recitare le preghiere... (fortunatamente il padre ha la possibilità di recitare in dialetto e di avere un numero di battute che si conta sulle dita di una mano). La protagonista vendemmia in completino da aperitivo (ma non suda) e recita come Michelle Hunziker in Alex l'ariete. Sfortunatamente per lei i dialoghi sono scritti molto probabilmente da uno studente delle superiori per linguaggio e utilizzo dei toni. Quindi una ragazza di 25 (?) anni si trova a dialogare (e a tentare goffamente di sedurlo) con un ragazzino di 16 con qualità che fa invidia ai "Soliti Idioti". Capolavoro nel personaggio della nonna, a cui si attribuisce una valenza di saggezza con battuta finale che dovrebbe suscitare ilarità, ma risulta assolutamente gratuita. Fenomenale quanto inutile anche il personaggio del fratello furbetto e gay (così affrontiamo un altro tema scottante in quest'Italiaccia omofoba) con un'apparizione che ci sta come quella di un rinoceronte al polo nord. Tutto troppo prevedibile, serve buttare dentro tutto per trattarlo male? Concludiamo con sonoro da video della sagra di paese e fotografia che in notturno fa acqua. Scena finale per cui si utilizza qualcosa di già fatto, ma almeno ben copiata e riservata all'unica nota positiva, il giovane protagonista. Perchè la gente non va al cinema? Forse perchè ormai anche in Uzbekistan hanno visto e imparato dai classici, anche italiani. Semplicità ben fatta. Da noi si preferisce tentare di elevarsi a un gioco da campioni con dei dilettanti. Pseudo intellettuali per una cerchia di adepti contenti di avere lo stesso piatto che non fa mai male, liscia solo il pelo a chi vorrebbe essere padrone della cultura italiana. I depositari della morta cultura italiana, che non hanno prodotto nulla negli ultimi quarant'anni, salvo proporre in versione fiaba monocorde le storie dei loro fallimenti storici. Aridatece Milano spara: ignorante, ma senza pretese.
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francesca meneghetti
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lunedì 6 agosto 2012
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ma l'uva è ancora acerba
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Lo spettatore che si accinge a vedere “I giorni della vendemmia” è ben disposto: è al corrente dei riconoscimenti internazionali, del passaparola che ha decretato il successo di un prodotto giovane e indipendente. Si aspetta molto da questo film.
Che inizia con una citazione di Pier Vittorio Tondelli di Correggio, scrittore allevato al Dams di Bologna, morto precocemente di AIDS nel 1991 (nonché compatriota di Ligabue e di Valentina Vezzali). Il libro, “scandaloso”, da cui è tratta la frase posta in avant propos, è “Altri libertini” edito nel gennaio 1980 da Feltrinelli, con una copertina che riprende i colori acidi di moda a quel tempo: verde e giallo.
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Lo spettatore che si accinge a vedere “I giorni della vendemmia” è ben disposto: è al corrente dei riconoscimenti internazionali, del passaparola che ha decretato il successo di un prodotto giovane e indipendente. Si aspetta molto da questo film.
Che inizia con una citazione di Pier Vittorio Tondelli di Correggio, scrittore allevato al Dams di Bologna, morto precocemente di AIDS nel 1991 (nonché compatriota di Ligabue e di Valentina Vezzali). Il libro, “scandaloso”, da cui è tratta la frase posta in avant propos, è “Altri libertini” edito nel gennaio 1980 da Feltrinelli, con una copertina che riprende i colori acidi di moda a quel tempo: verde e giallo. Erano, giova ricordarlo, perché il film si rivelerà una sorta di omaggio quel libro, gli anni del travoltismo, delle nuove manie della discoteca, della festa, dell’India, del macrobiotico e dell’astrologia, per non parlare dell’erba: erano i segni del riflusso, apripista ai cosiddetti “stupidi anni ‘80”.
Ci sono tutte le premesse per assistere a un film trasgressivo e forte nei contenuti. Invece subentra presto la delusione: le trasgressioni messe in scena sono blande e caste (se confrontate al libro, che torna due volte come oggetto e come immagine nel film).I rinvii alla situazione storica discontinui e forzati (lo sono in particolare i riferimenti ai funerali di Enrico Berlinguer, assunto, forse, come simbolo di un’epoca, anche se, prima della sua morte, era additato dal movimento del ‘77 come responsabile del compromesso storico e della rinuncia a un’alternativa rivoluzionaria). Tra l’altro, Berlinguer muore l’11 giugno e il film, con un salto di continuità temporale non esplicitato, ci porta subito dopo alla vendemmia, cioè alla fine dell’estate.
Emergono subito due punti deboli, a nostro avviso: una certa superficialità nel riproporre un passato recente, ma che un regista under 30 non può certo ricordare, e la mancanza di una struttura narrativa. Potrebbe anche trattarsi di una storia di formazione, un genere classico, sempre apprezzato dai giovani. Ma, se tale era l’intento, rimane più nei propositi che nella realizzazione. Che cosa impara il giovane Elia, interpretato splendidamente, questo sì, dal trevigiano Marco D’Agostin, da questa vicenda? Che non ci si deve fidare delle belle ragazze e dei fratelli “mitici”? Un po’ poco, come sostanza.
Restando sul piano dei contenuti, qualcuno ha parlato anche di un certo realismo del film nella rappresentazione della campagna emiliana, citando persino Giorgio Diritti. Neanche su questo punto ci siamo: è realistica per caso la rappresentazione della vendemmia, con casse d’uva che si dileguano nel nulla (senza che si proceda alla macinatura dei grani o al trasporto dell’uva in una cantina)? O forse quella delle riunioni spirituali della mamma di Elia, più consone a un cristianesimo protestante che non al cattolicesimo italico, molto più rituale e meno spirituale? O forse quella del padre, orfano di Berlinguer, per ricreare perfettamente in famiglia il cattocomunismo? Un militante così isolato, non definito socialmente, che si qualifica solo perché ogni tanto sbircia l’Unità?
Forse l’obiettivo di Marco Righi era di suggerire atmosfere, per pennellate. C’è riuscito forse a livello stilistico, con una scelta cromatica che cita le tinte acide care agli anni ’80 (il verde, soprattutto, è il colore dominante, fin dalla prima inquadratura che inquadra la parete con il crocifisso), inquadrature “posterizzate”, una messa a fuoco quasi sempre sfocata, una fotografia talora sottoesposta. La macchina da presa si muove poco e lentamente: può essere simbolico anche questo?
Riteniamo comunque che per dei giovani portare alla conclusione un’impresa costosa con scarsi mezzi e spirito d’indipendenza sia comunque un risultato positivo. Il giovane regista, forte dei riconoscimenti ottenuti, avrà la possibilità di realizzarsi ulteriormente. Il protagonista maschile ci pare ugualmente promettente, mentre degli altri due attori comprimari, Lavinia Longhi e Gian Marco Tavani, sono bellissimi, ma troppo consapevoli di esserlo per risultare altrettanto bravi.
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ester pantano
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martedì 24 luglio 2012
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stralci di vendemmia
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Non so come ma dopo essermi seduta lì, al mio posto, fila E poltrona numero 6 del cinema King di Catania,
improvvisamente ho sentito l’odore di quel salotto, ho pregato insieme a Maddalena,
ed ho sofferto per la comunione nella fede in cui non riusciva a farsi coinvolgere il marito …
per poi trovarmi catapultata in un vigneto,
con l’odore del caldo,
il profumo del sole
e la friabilità della terra fra le dita dei piedi.
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Non so come ma dopo essermi seduta lì, al mio posto, fila E poltrona numero 6 del cinema King di Catania,
improvvisamente ho sentito l’odore di quel salotto, ho pregato insieme a Maddalena,
ed ho sofferto per la comunione nella fede in cui non riusciva a farsi coinvolgere il marito …
per poi trovarmi catapultata in un vigneto,
con l’odore del caldo,
il profumo del sole
e la friabilità della terra fra le dita dei piedi.
Ho sentito tutte le emozioni che ho a disposizione attraversare il mio corpo e farmi vibrare alto.
Ho avuto in dono un vecchio cappello di paglia da un ragazzo, l’ho indossato.
Ho usato quel cappello ed ho viaggiato fra quelle schiere di vigneti pronti a servire la vendemmia.
Sono andata a Londra ed ho sentito il tradimento e la pena del ritorno in un luogo lento che mi hanno detto chiamarsi casa.
Ho sentito l’attività seduta dei corpi, ed il desiderio fermo di intervenire in questo nostro mondo.
E poi … Maria, che non ha bisogno di un codice comune per regalarti il senso di colpa.
Pregna di emozioni vive vi ringrazio e mi auguro che continuiate a scommettere sulle emozioni.
Ester Pantano
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