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Un amore vissuto orgogliosamente

Presentato a Roma Dalla vita in poi di Gianfrancesco Lazotti.
di Marianna Cappi

Cristiana Capotondi e Filippo Nigro al photocall.
Filippo Nigro (53 anni) 3 dicembre 1970, Roma (Italia) - Sagittario. Interpreta Danilo nel film di Gianfrancesco Lazotti Dalla vita in poi.

martedì 16 novembre 2010 - Incontri

Esce il 19 novembre, in 70/80 copie, Dalla vita in poi, lungometraggio di Gianfrancesco Lazotti, iperproduttivo regista televisivo, meno noto nelle sale dal grande schermo. Il film, la cui uscita prevista per aprile è poi slittata ad oggi, ha vissuto nel frattempo una vita festivaliera felice, vincendo il Grand Prix della giuria a Montréal e il premio quale miglior film a Taormina, dove è stato riconosciuto anche il lavoro di Cristiana Capotondi e Filippo Nigro, migliori attori. Dramma senza mélo, ma anche viceversa, è una storia d’amore vissuto orgogliosamente, da una parte sulla sedia a rotelle e dall’altra dietro le sbarre, ma senza limiti e persino, in qualche modo, in libertà. Perché è anche una questione di punto di vista, e allora il cinema è il miglior mezzo per raccontarlo.

Come hai lavorato sul personaggio di una ragazza che soffre di distrofia muscolare?
Capotondi: Il personaggio è in parte realmente esistente, perché Katia esiste e io l’ho conosciuta, anche se poi ci ho lavorato su, sulla base di ciò che era già scritto nella sceneggiatura creata da Gianfrancesco. Certamente la malattia influisce sul carattere di una persona ma la scelta registica di inquadrare poco la carrozzella è servita a fare in modo che qualsiasi donna si possa immedesimare nella protagonista di questa storia d’amore, non è l’handicap che fa la differenza.

Cosa c’era di cinematografico nella storia vera che ti ha spinto a portarla sullo schermo?
Lazotti: La detenzione e la malattia sono i due temi importanti del film, è vero, ma fanno da sfondo alla cosa per me più centrale, vale a dire i tre ritratti umani, che gli attori hanno poi completato, mettendoci del loro. Era a quei personaggi che volevo dare vita.

Chi sono, dunque, Danilo e Rosalba, l’innamorato e l’amica di Katia?
Nigro: Il mio personaggio si riassume nella battuta “i sentimenti si provano, non si dicono”: è un uomo che non parla, non solo per un fatto culturale, ma perché è imploso. Grazie a Katia troverà le parole.
Romanoff: Quando ho incontrato la vera Katia, a casa sua, sono rimasta colpita da come questa donna non si occupi solo di se stessa ma di tutta la sua famiglia, compreso il fratello che soffre dello stesso male, in misura più grave. Anche la sua amica, che noi abbiamo chiamato Rosalba, dipende completamente da lei, mentre si potrebbe pensare il contrario. Rosalba è una bambina, che non sa filtrare le sue emozioni, e Katia le fa da mamma.

La storia si ispira ad una vicenda reale, ma anche al personaggio letterario di Cyrano de Bergerac. È così?
Lazotti: Non so fino a che punto la storia che Katia ci ha raccontato fosse precisa, noi ci abbiamo chiaramente costruito intorno una drammaturgia, perché stavamo facendo un film. Poi lei ha visto il film e si è convinta che le fosse successo tutto davvero, ma non è così. Come Cyrano, Katia è una suggeritrice d’amore e c’è un handicap, anche se di natura molto diversa, ma la coincidenza era già nei fatti, non l’abbiamo cercata.

Come hai conosciuto la persona che ti ha ispirato?
Lazotti: Ho conosciuto Katia perché veniva tutti i giorni sul set di un lavoro per la tv che stavo facendo qualche tempo fa. Si presentava tutti i giorni, perché era attratta da Nino Manfredi. Dopo un mese abbiamo familiarizzato e sono venuto a conoscenza della sua storia.

Per la Rosa film si tratta della prima produzione cinematografica. È stato difficile fare questo film?
Paoluzzi: Fare il film non è stato difficile. Tutto nasce da un’amicizia con il regista e con il produttore esecutivo, Massimiliano Leone. Cristiana ha creduto per prima in questo ruolo, l’ha voluto fortemente, per cui io mi sono limitato a seguirla e ora non posso che ringraziarla.

Gli attori hanno dovuto sostenere dei provini per avere la parte?
Nigro: Io non ho fatto un provino. Gianfrancesco mi ha dato la sceneggiatura e mi sono preso un tempo tecnico per accettare, ma più per posa, perché la sceneggiatura mi è piaciuta da subito moltissimo. Lui non si ricordava di me, ma io sì perché era il regista della serie che ho fatto appena uscito dal Centro Sperimentale, “I ragazzi del muretto”.
Capotondi: Anche a me la sceneggiatura è piaciuta subito molto. L’ho letta 2 anni e mezzo fa poi non ne ho avuto più notizie per mesi e mesi. Allora, dopo un po’ di tempo, ho preso in mano il telefono e ho chiamato Lazotti per dirgli che, se faceva il film, io volevo esserci. Non se ne leggono molti di copioni così buoni. Da attrice cerco di fare i film che vorrei vedere da spettatrice, e poi cerco un’evoluzione nel personaggio, a me piace il registro epico, che oggi è difficile da utilizzare, se non legandosi alla Storia. Ma questo film ha qualcosa di epico, nella vita di Katia c’è un prima di Danilo e un dopo Danilo.
Romanoff: Io sono stata felicissima di poter uscire dalla mia quotidianità e fare quello che mi piace fare, ovvero recitare. Non so perché il regista mi ha scelto. Ti ho convinto io?
Lazotti: Non volevo affidare la parte di una coatta ad una ragazza dai tratti marcati, la tipica ragazzotta di periferia, volevo che avesse i tuoi tratti e il tuo corpo. Questi 3 attori sono a tutti gli effetti co-autori del film, hanno lavorato alla costruzione dei loro personaggi da zero. Abbiamo incontrato solo Katia, per cui Filippo, per esempio, ha inventato completamente il personaggio del marito, che non potevamo vedere perché è ancora in carcere.

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