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Contro tutte le gabbie, come un delfino

Intervista a Raoul Bova, protagonista di una miniserie sulla forza del nuoto.
di Edoardo Becattini

Raoul Bova (52 anni) 14 agosto 1971, Roma (Italia) - Leone. Interpreta Alessandro Dominici nel film di Stefano Reali Come un delfino.

lunedì 28 febbraio 2011 - Televisione

Sono molti i film realizzati per il cinema e la tv in cui Raoul Bova ha cercato di incrociare nobili modelli e racconti edificanti con le passioni della propria vita. Attraverso commissari, carabinieri, cronisti d'assalto e perfino santi, ha portato avanti col tempo un percorso fatto di esperienze personali messe al servizio di biografie emblematiche. Solo una volta, tuttavia, la sua carriera professionale ha incontrato l'altro elemento fondamentale della sua vita: l'acqua. A quasi vent'anni di distanza dal suo primo ruolo come protagonista per Una storia italiana (in cui era uno dei fratelli Abbagnale, storico duo del canottaggio), ritrova il regista Stefano Reali per raccontare la storia di un campione di nuoto messo alla prova dal destino. Per un ex nuotatore professionista come lui, la realizzazione di Come un delfino - in onda martedì e mercoledì sera in prima serata su Canale 5 - rappresenta qualcosa di più di una nuova fiction di valore civile. È il progetto di una vita, cui si è voluto dedicare in prima persona come interprete e come produttore, riunendo assieme una squadra composta per lo più da volti amici. Oltre a Stefano Reali, Come un delfino coinvolge anche Ricky Memphis, Barbora Bobulova e Maurizio Mattioli (suoi compagni nel recente successo di Immaturi), maestri come Ennio Morricone e veri campioni del nuoto agonistico come Alessia Filippi, Luca Marin, Filippo Magnini e Domenico Fioravanti, le cui esperienze di vita sono alla base della storia del film.
Ecco cosa lui stesso ci ha raccontato a proposito dei valori personali e universali, sportivi e sociali, di questa storia.

Vuoi raccontarci Come un delfino con parole tue?
È un film dedicato a tutti quelli che pensano di non potercela fare. Parla di tutti quei ragazzi che vivono al limite tra la legalità e l'illegalità e che pensano che non ci siano alternative alla strada e alla delinquenza. Mentre invece la vita ti riserva sempre un'opportunità. In questo caso la loro opportunità è rappresentata dal mio personaggio, Alessandro, un campione di nuoto ormai a fine carriera: un uomo che non ha mai vinto una medaglia e che si sta allenando il più possibile per riuscire a farcela. Capita invece che questo campione viene colpito da un attacco di cuore in seguito al quale i medici gli consigliano di interrompere la carriera prima del tempo. A quel punto il fallimento lo fa entrare in una profonda depressione, finché non ritrova un suo vecchio amico (Ricky Memphis, ndr) diventato prete che gli chiede un aiuto per la sua comunità. Gli chiede di andare in Sicilia e di lavorare coi ragazzi di una casa famiglia perché gli possa essere da esempio, perché possano ispirarsi a un campione, a una persona che comunque nella vita ce l'ha fatta. All'inizio emergono i primi forti contrasti, fino a quando piano piano il rapporto cresce e lui porta questi ragazzi a trovare uno scopo, un'alternativa alla strada. E così come questi ragazzi riusciranno a salvarsi grazie ad Alessandro, Alessandro grazie a loro guarirà dalla sua malattia, una malattia non solamente fisica ma soprattutto mentale, un blocco psicologico dovuto a un trauma infantile. Grazie a questa vera grande amicizia che si riesce a creare, ognuno vincerà la gara, o meglio la staffetta della propria vita. Questa idea della staffetta è molto importante perché rende il messaggio di unione del film: fa capire quanto sia importante l'unione delle forze per poter arrivare alla vittoria. Il singolo può arrivare fino a un certo punto, però quando al singolo si uniscono altre forze motivate da una voglia di aggregazione si riescono a ottenere grandi risultati. I ragazzi riusciranno nella loro impresa soltanto unendo le loro forze.

È una storia che senti molto vicina?
Questa storia mi è molto vicina, perché io fin da piccolo sono cresciuto nell'acqua, veramente come un delfino. Per me l'acqua all'inizio rappresentava il momento di gioco, di allegria, di riflessione, di sogno: pensavo e sognavo guardando il mare e guardando l'acqua. Poi è diventata qualcos'altro quando ho iniziato ad allenarmi. In quel momento è cominciata una vera passione cui ho dedicato gran parte della vita sacrificando molti di quei momenti spensierati che tanti vivono uscendo con gli amici, ma quella era la mia scelta ed ero molto determinato. Tutto quello che ho appreso dallo sport e dal nuoto per me è stata una sorta di grande e piccola magia, sentivo veramente forte l'attrazione dell'acqua. L'acqua mi ha insegnato molto anche nel comportamento della vita di tutti i giorni. L'acqua se tu l'aggredisci troppo ti sfugge, se invece la rispetti, la accarezzi e cerchi di entrarci con dolcezza e delicatezza, ti ripaga, così come la vita, e ti aiuta ad andare sempre più avanti e sempre più in alto.

Come mai hai deciso di realizzarla proprio adesso? È un momento particolare della tua vita?
Probabilmente è perché sono molto fatalista e credo che certe cose e certe energie si debbano creare sempre al momento giusto. Questa storia avrei voluto farla già dieci anni fa, ma solo oggi si è realizzata perché si sono uniti tutti i componenti giusti nella sceneggiatura e nel cast tecnico.
Probabilmente il destino voleva che questi attori fossero disponibili in questo momento e che questi ragazzi crescessero, questi giovani attori che sono la vera forza del film. Sono tutti ragazzi alla prima o, al massimo, alla seconda o terza esperienza sul set e penso davvero che il destino abbia voluto che li aspettassimo, così come che fosse libero Ricky Memphis o che Ennio Morricone si appassionasse alla storia e decidesse di scriverne le musiche. E ancora, che la nostra società di produzione fosse abbastanza rodata per poter realizzare al meglio questa grande opportunità che ci è stata data da Mediaset.

Dal regista agli attori, si direbbe che ti sia voluto circondare di una piccola famiglia.
Credo nella collaborazione di gente mossa dalla passione, in chi non fa il lavoro soltanto per farlo. Il nostro è un lavoro diverso dagli altri e si può farlo solo con la passione perché ci sono momenti in cui si lavora anche per 20 ore al giorno. Ci si sente molto fortunati a farlo e, anche se non lo si può chiamare propriamente lavoro, resta sempre una passione e come tutte le passioni è totale: ti prende a 360 gradi. Avere questo tipo di opportunità esige sempre persone disposte a metterci l'anima. Questa è un po' anche la politica della Sanmarco, la società di produzione mia e di mia moglie, che è formata solo da gente entusiasta, da sognatori.

Che rapporto si è creato con i giovani attori del film?
Con i ragazzi si è creato un rapporto molto bello. Sembrano i miei piccoli fratellini: sono un po' troppo grandi per essere i miei figli, quindi li ho trattati tutti un po' come fratelli minori. Mi rivedo in loro in tante cose: hanno tutti un grande entusiasmo e una grande voglia di imparare. Sono dotati di una grande educazione e anche sul set sono stati veramente belli, bravi. Abbiamo giocato, ci siamo divertiti e ci siamo anche molto impegnati tutti assieme. Spesso la domenica, invece di riposarci, andavamo a fare altre riprese per conto nostro. Questa storia era diventata ormai la nostra unica passione e non potevamo fare a meno di stare nell'acqua. Eravamo diventati veramente come dei delfini.

Che cosa significa essere come un delfino?
Essere come un delfino significa essere contro le reti. Essere contro tutte le gabbie che ti imprigionano. Da quelle emotive a quelle sociali, fino anche a quelle affettive. Il delfino è il pesce più libero, più allegro e più gioioso. Il delfino è quello che rompe le reti per fare uscire gli altri pesci. È colui che vuole aiutare gli altri, che vuole essere libero e rendere liberi gli altri. Questo è il significato del film e del mio personaggio: essere come un delfino probabilmente significa anche credere che tutto è possibile, che tutto può essere alla nostra portata se veramente lo si desidera.

Che affinità trovi tra il cinema, la recitazione e lo sport agonistico?
La recitazione è sempre una grande scommessa, una grande ricerca. Richiede una grande curiosità per la vita e una propensione a cercare sempre di superare i propri limiti, esattamente come lo sport. La recitazione è trovare e scoprire sempre nuovi limiti e superarli per essere sempre più curiosi nella vita. Occorre non dare mai niente per scontato ma notare tutti i dettagli. Secondo me, crescere nella recitazione significa anche crescere in tutto e per tutto nella propria vita.

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