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Alice: vivere e sognare in provincia

Intervista al regista Oreste Crisostomi.
di Marianna Cappi

Una favola colorata e allegra
Camilla Ferranti (45 anni) 2 aprile 1979, Terni (Italia) - Ariete. Interpreta Alice nel film di Oreste Crisostomi Alice.

martedì 22 giugno 2010 - Incontri

Una favola colorata e allegra
Alice vive in provincia, schiacciata da una madre invadente, a sua volta costretta a sgomitare per emergere dall'ombra di una madre troppo esuberante, ignorata sul lavoro dal collega per cui spasima e corteggiata solo dal più timido dei timidi. Eppure il suo film, la favola che la vede protagonista è colorata e allegra, perché così l'ha immaginata Oreste Crisostomi, classe 1982, di formazione teatrale, che qui esordisce dietro la macchina da presa. Come nella poesia di Sandro Penna, l'Alice del film e il suo autore sembrano abitare uno spazio particolare, tra la necessità di evadere dal quotidiano e l'obbligo di viverci: vivere vorrebbero "addormentati entro il dolce rumore della vita".

Il cinema è il mezzo che permette di far vivere le favole?
O.C.: Attraverso il cinema è possibile quasi tutto; è un occhio migliore del nostro, più elastico. Alice è una fiaba statica, non ci sono trasformazioni, i personaggi sono vittime di piccoli incantesimi quotidiani che li aiutano a costruire il loro mosaico. Costruire un racconto surreale era il mio intento: un romanzo di formazione con tutti gli inciampi che sono dati dall'età dei giovani protagonisti e dai consigli dei meno giovani.

Come hai costruito i tuoi personaggi?
O.C.: Non mi interessava la somiglianza tra personaggio e attore, non è un film che tende al versomile. La fotografia è frutto di uno studio che è stato fatto sui dipinti di Hopper, prima, e poi sui lavori del fotografo Gregory Crewdson, poi. Racconta delle solitudini, all'interno dei contesti famigliari e lavorativi. Alice è il personaggio attorno a cui gravitano tutti gli altri. I giovani sono meno calcati nella recitazione, gli adulti invece sono caricati, rappresentano una critica degli stereotipi televisivi, una parodia dei "Caroselli" di una volta.

La parola agli attori
C.Ferranti (Alice): Per la costruzione del personaggio non sono andata alla ricerca di qualcosa di già visto, sono andata alla ricerca di quello che del personaggio avevo dentro. Alice vive in provincia, tra personaggi che ammira e disprezza allo stesso tempo, di cui invidia la risoluzione che crede di non possedere, ma alla fine scopre che così non è.

Fioretta Mari: Questo film è un fiorellino che va difeso, in un momento in cui i nostri fiori, e cioè la nostra cultura, vengono lasciati appassire.

Anna Dal ton (Simona): Il mio era un personaggio fresco, piacevole da interpretare. La famiglia del film è poi diventata una famiglia vera, perché ci vedevamo tutti i giorni.

Gisella Sofio: Lavorare con Oreste è stato meraviglioso, mi ha lasciato fare di tutto, mi ha trattato con una gentilezza senza precedenti.

Giulio Pampiglione: Io credo che l'attore sia un burattino nelle mani del regista burattinaio, per cui mi sono affidato ad Oreste e ho fatto bene.

C.Spaak: Sono grata ad Oreste per quello che ha fatto con questo suo primo film, per il coraggio e la grinta che ha dimostrato, perché i mezzi erano davvero minimi, e perché, umanamente, è un vero signore. La mia fioraia, Bianca, non parte da me, non ho mai fatto la fioraia in vita mia, ma ho cercato di toccare quello che mi sta a cuore nella vita, non come attrice ma come persona, vale a dire il lato spirituale dell'amore. Sono stata quello che sono nella vita, nel mio privato.

OC: Quando ho chiamato Catherine le ho chiesto: quale tipo di musica ascolterebbe Bianca? E lei mi ha risposto "Le variazioni Goldberg". Da qui è nato il personaggio di questa fioraia esoterica. È stato un lavoro collettivo, siamo stati sulla stessa lunghezza d'onda, ci siamo voluti bene, avevamo una grande responsabilità alle spalle, perché si tratta di un film finanziato con un Fondo Ministeriale di 600000 euro.

Complessivamente, quanto è costato?
O.C: 950000 euro, per 6 settimane di riprese.

Come ha scelto il cast? Già in fase di scrittura o dopo?
O.C: Il casting è avvenuto attraverso provini, almeno per quel che riguarda i ragazzi, mentre per gli adulti avevo già delle idee più precise. Ai provini chiedevo agli attori i loro gusti cinematografici. Con Antonio Ianniello (Carlo, nel film) ho scoperto il gusto comune per Aki Kaurismaki, per cui per le scene di incomunicabilità tra lui e Alice, l'ho invitato a pensare esattamente a quei film, a quella staticità.

Il film punta molto sul colore, nei costumi e nella scenografia. Come avete lavorato?
OC: Abbiamo impostato cromaticamente il film sulle tonalità di Hopper e improntato la messa in scena a quella fissità. Ho lavorato in grande sinergia con i reparti e con lo stilista Cesare Guidetti. Abbiamo lavorato sui contrasti di colore; ogni colore esprime o si avvicina ad uno stato d'animo, ogni colore ha una sua vita propria, come le parole. Per me in questo film ci sono anche i colori dell'"Alice" di Lewis Carrol, nel senso dei colori che ho immaginato io leggendo il libro.

Cosa vuol dire fare il regista cinematografico a Terni?
OC: Essere ternani è qualcosa che "capita", non si sceglie, ma in nome dell'orgoglio ternano voglio ringraziare Emanuela Aureli, mia concittadina, con la quale abbiamo creato un personaggio –quello di Giovanna- sopra le righe, davvero fuori dall'ordinario, e il musicista Alessandro Deflorio, che è riuscito a rendere il rumore poesia, che è esattamente lo spirito del film. Dedico il film a tutto il cast, a tutta la troupe e a un maestro del cinema italiano che viene sempre ricordato troppo poco: Marco Ferreri.

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