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Un medico in famiglia 6: il ritorno di Lele Martini

Intervista a Giulio Scarpati.
di Alessandra Giannelli

Un medico che non passa inosservato
Giulio Scarpati (68 anni) 20 febbraio 1956, Roma (Italia) - Pesci. Interpreta Lele nel film di Tiziana Aristarco, Elisabetta Marchetti Un medico in famiglia 6.

lunedì 16 novembre 2009 - Televisione

Un medico che non passa inosservato
Per il grande pubblico, soprattutto in questi giorni, lui è Lele Martini, il "medico in famiglia" della serie televisiva più longeva e amata dagli italiani. Il suo ritorno, dopo tanti anni, non è passato inosservato, soprattutto perché il pacioso medico non soltanto è alle prese con la sua vasta famiglia, ma con molteplici vicende sentimentali. Scarpati, in questi anni, ha continuato a lavorare, a recitare e adesso lo ritroviamo a teatro con uno spettacolo che esorcizza il personaggio del buono a tutti i costi.

Ti è mancato Un medico in famiglia?
A livello affettivo, per i rapporti che avevo creato, di amicizia, di legami, sicuramente si. La scelta professionale era una cosa, la nostalgia lavorativa un'altra. Dal punto di vista professionale, ero più che convinto che dovessi interrompere perché Lele mi stava un po' fagocitando e non riuscivo a fare cose diverse. Avendo fatto, in questi anni, cose diverse, mi sento un po' più tranquillo adesso.
Come è stato il "rientro"?
È stato emozionante, stavamo nello stesso teatro in cui abbiamo girato le prime due serie con alcune persone che erano le stesse, è stato un ritorno a casa dopo tanti anni. Io ero molto coinvolto emotivamente perché, a livello lavorativo, per me è stata una grandissima esperienza anche solo per l'incredibile popolarità che la serie ha avuto. Il medico, all'epoca, è stato un evento. Al di là di questo, ritrovare il mio personaggio è stato un effetto "Truman show": dieci anni prima hai raccontato la storia di un padre con i figli piccoli, dieci anni dopo ti ritrovi a raccontare la storia con i figli cresciuti, tocchi con mano il cambiamento reale delle persone. I tre figli, Ciccio, Maria e Annuccia, dieci anni dopo li ritrovo più grandi, è stato impressionante. Trovare il modo per raccontare un'altra età è bello.
Quanto ti senti Lele Martini?
Scarpati contiene Lele Martini, Lele Martini non contiene Scarpati. Rappresenta una parte di me, direi che, sentimentalmente, Martini è un po' troppo lento nel prendere decisioni, Scarpati è un po' più rapido. Questo è dovuto al fatto anche che è una serie lunga e lo fanno decidere anche un po' tardi, guadagnano tempo.

Ti emozioni di più sul palcoscenico o sul set?
In questo periodo sono in giro per l'Italia con lo spettacolo teatrale Troppo buono e invito tutti a vederlo perché è molto divertente. Mi metto a nudo, racconto i "disastri" della bontà e mi prendo in giro sulle scelte professionali, ci sono tanti spunti divertenti. Canto, duetto con Bob Messini al pianoforte. Il teatro è una grande possibilità liberatoria ed emotivamente fortissima con il pubblico, vivi una serata con gli spettatori, l'emozione è immediata e impagabile. La televisione e il cinema si completano o quando proietti il film in una sala gremita, e quindi puoi sentire le reazioni, o quando in televisione mandano la serie oppure un film e vedi come risponde il pubblico, se il giorno dopo ti fanno i complimenti. Il rapporto più diretto è con lo spettacolo dal vivo, non c'è dubbio.
Il pubblico come sta rispondendo allo spettacolo Troppo buono?
Si diverte molto, poi vengono in camerino e mi dicono che è vero, che anche loro sono troppo buoni. Ovviamente giochiamo sugli stereotipi della bontà, c'è anche un pezzo in cui parlo dell'attore buono; ce ne è un altro molto divertente, che hanno scritto Marco Presta e Nora Venturini, in cui tengo un telegatto in mano, somiglia all'incipit dell'Amleto perché esclamo: "Essere o benessere...", la dice tutta sul grado di ironia che c'è intorno. Ci metto dentro anche Califano, Petrarca, Gozzano, ma anche un pezzo del Principe Myškin de L'idiota di Dostoevskij. Uno spettacolo vario e il pubblico è contento di vedermi in una veste un po' più varia rispetto al personaggio televisivo, anche se ne sono affezionati. Vorrebbero sapere come procede con Bianca (Francesca Cavallin), vorrebbero anticipazioni sulla fiction, ma io ovviamente posso dire poco per non togliere il gusto di vedere le puntate, di scoprire le cose di volta in volta. Mi sento gratificato dall'amore delle persone che vengono a vedermi, che mi dimostrano l'affetto ed è un'opportunità per vedermi in una veste diversa, anche più "cattiva".

Ci puoi anticipare chi avrà la meglio tra la bionda (Francesca Cavallin) e la bruna (Caterina Misasi, che è Fanny)?
La scelta di Lele ormai si è definita verso la bionda, ma non tutto fila liscio. Lele c'ha messo un po' troppo a decidersi e questo ha scatenato anche una reazione contraria, e adesso per Bianca e Lele ci sono delle nuvole. Per la storia tra Bianca e Lele, speriamo nel bel tempo!
Ci sarà una settima serie?
Non ne abbiamo ancora parlato. La produzione aveva detto che questa sarebbe stata l'ultima. Vediamo anche come si concluderà l'ultima puntata, come saranno gli ascolti, ma soprattutto se c'è ancora qualcosa che possiamo raccontare di valido della famiglia. Il problema è trovare storie avvincenti, plausibili, che abbiano la leggerezza della commedia e possano far compagnia alle persone.

I tuoi progetti futuri?
Lo spettacolo teatrale sarà in giro per molti mesi, a Bologna, in molte città del Nord, poi in Sardegna; saremo a Modena, poi a Roma ad aprile, al Piccolo Eliseo. In questo, spero di infilarci anche un film tratto da un romanzo e in costume, dovrebbe partire in questi mesi, è una co-produzione italo-francese. Ci sono anche due progetti televisivi a cui tengo molto, che stanno cercando di concretizzare, ma per ora, per scaramanzia, non dico niente. Sono cose diverse, mi piace passare dalla commedia al dramma o a cose più impegnate.
Una curiosità, tu, entrando a casa, dici mai "ciao famiglia"?
No, penso che altrimenti mi sarebbero arrivate delle cose in testa! Non ho rischiato di dirlo, l'ho detto troppe volte in televisione. Non lo dico, ma è implicito, già quando mi presento ho il marchio "ciao famiglia", non ho bisogno di dirlo.

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