Thirst

Un film di Park Chan-wook. Con Eriq Ebouaney, Song Kang-ho, Shin Ha-kyun, Oh Dal-soo, Ok-bin Kim.
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Titolo originale Bak-Jwi. Thriller, durata 133 min. - Corea del sud 2009. MYMONETRO Thirst * * * - - valutazione media: 3,00 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

Blasfemo e comico, commovente e oltraggioso, splatter e fiabesco, demente e incantevole, probabilmente pieno di significati alti ma bisognerebbe aver il tempo di pensarci su, con immagini meravigliose e altre così sanguinolente e vomitose da costringere a chiudere gli occhi: forse bellissimo, forse orribile, "Thirst", sete, in concorso, ha consentito al suoregista coreano Park Chan-Wook, tra i più adorati ai Festival, di spaventare ancora una volta il suo pubblico: affascinandolo, prendendolo in giro, mettendolo in imbarazzo.
Si sa quanto siano di moda soprattutto tra i ragazzini i vampiri, in letteratura e nel cinema, sia che vengano dagli Stati Uniti che dalla Scandinavia: vampiri giovani, belli che vanno a scuola e sono persino buoni. I vampiri di Park Chan-wook, forse perché coreani, sono strettamente riservati agli adulti. E non solo perché fanno l'amore a lungo, gemendo e facendo gemere: ma anche perché, e le gerarchie cattoliche potrebbero seccarsi, il belvampiro Song Kang-ho è un prete cattolico il cui vescovo paralitico e cieco ha sempre una bottiglia di vino in borsa e consente al giovane Padre di succhiargli il sangue, sperando di diventare a sua volta vampiro. La vera vampira però è la stupenda Kim Ok-yin, prima ancora di diventarlo sul serio, perché è lei a spingere il casto prete a farle fuori il marito malato che in più russa. Sino a quel momento, lavorando in un ospedale, il vampiro prete si procurava il sangue senza uccidere, chiudendo in lattine quello ricavabile dalle flebo o leccandosi il suo. Ma lei lo seduce spiegando che non essendo cattolica, non si fa peccato, poi quando vorrebbe lasciarlo perché prete e vampiro, lui le spiega, che «fare il prete è un lavoro, essere vampiro solo una questione di alimentazione».
Del vampiro classico mancano i lunghi incisivi, però c'è il cassone dove dormono di notte, la forza fisica (diventata vampira la bella solleva la grossa suocera cattiva e ormai in coma con poltrona e tutto), la capacità di volare e restare appesi come pipistrelli. Al posto del manto nero, lui ha la tonaca, nera, da prete, e forse qualcosa di irrispettoso vorrà dire. Il finale è romantico: non si può essere vampiri per sempre, e abbracciati come il primo giorno, aspettano su una roccia davanti al mare che il sole sorga e li annienti.
Da La Repubblica, 15 maggio 2009


di Natalia Aspesi, 15 maggio 2009

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