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ciccio capozzi
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mercoledì 25 novembre 2009
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un'angosciata confessione in pubblico
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“LA PRIMA LINEA” di RENATO DE MARIA; ITA-BEL, 09. Catturato nell’83, Sergio Segio, tra i fondatori dell’organizzazione terrorista di Prima Linea, dopo qualche tempo, si dissociò dalla lotta armata. Reo confesso dell’omicidio del giudice Alessandrini, ha scontato vent’anni di galera. Il film è tratto dal libro di Segio, reso con forza da R. Scamarcio: ha l’andamento di una angosciata confessione in pubblico sull’immensa inutilità di tutte quelle vite spezzate, di tutta quella crudeltà; in nome, poi, di un sogno di pace e di felicità, che doveva essere la mitica “rivoluzione”. Mentre invece ha portato solo dolore. E’ costruito con maestria tecnica. Parte dalla clamorosa evasione da lui organizzata della terrorista Susanna Ronconi (G.
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“LA PRIMA LINEA” di RENATO DE MARIA; ITA-BEL, 09. Catturato nell’83, Sergio Segio, tra i fondatori dell’organizzazione terrorista di Prima Linea, dopo qualche tempo, si dissociò dalla lotta armata. Reo confesso dell’omicidio del giudice Alessandrini, ha scontato vent’anni di galera. Il film è tratto dal libro di Segio, reso con forza da R. Scamarcio: ha l’andamento di una angosciata confessione in pubblico sull’immensa inutilità di tutte quelle vite spezzate, di tutta quella crudeltà; in nome, poi, di un sogno di pace e di felicità, che doveva essere la mitica “rivoluzione”. Mentre invece ha portato solo dolore. E’ costruito con maestria tecnica. Parte dalla clamorosa evasione da lui organizzata della terrorista Susanna Ronconi (G.Mezzogiorno), divenuta moglie (poi separati). Su questo tronco s’innestano i ricordi che aiutano a ricostruire con efficacia la vicenda tormentata, in qualche modo esemplare, di tutta una fascia di gioventù che aderì alla lotta armata. Sempre più isolati, sempre più odiati, trasformarono questa sconfitta politica in una dimensione di pura follia, insensibile al sangue, mentendo a se stessi, illudendosi di poter sopravvivere gridando parole sempre più prive di senso. Il film rende questo segno con sobrietà. Si allude a Dostoevskij: giustamente; è l’unico in grado di rendere questo abisso di tragedia individuale e collettiva che è stato il terrorismo.
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djfilippo
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mercoledì 25 novembre 2009
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300,000 mila euro di incaasi! flop!
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Hahahahah, ma ci pagano almeno gli attori e le spese per questo Film!!!!!!
Ancora non hanno capito che il cinema italiano e' morto, solo Raul Bova e' degno di girare un film, ma il resto tutti da buttare, non gli regalero' mai 7,00 euro dei miei soldi per vedere un loro film, hihihihihi, andate a lavorare, io recito meglio come attore.
WW i film americani e Raul Bova
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(di alespiri)
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marezia
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martedì 24 novembre 2009
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a proposito di etica,
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Cara Rai1, una domanda: l'intervista a Marco Alessandrini in pieno TG come la classifichiamo? Alessandrini infatti distingue alla fine del serizio tra cinema e realtà ma durante tutta la sua durata fa di fatto il critico mettendo in evidenza particolari tecnici attinenti alla sfera registica. E' un modo sottile e indiretto di denigrare un prodotto che, e non ci voleva Alessandrini per saperlo, è UN FILM? Forse non capisco io però...
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erica
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domenica 22 novembre 2009
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un bel film
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Su questo film ho letto di tutto e di più. Ne hanno scritto molto prima di vederlo. Sui giornali si parla di tutto, tranne che del film. Ma lo vogliamo dire che è un bel film?
Non che l'argomento non sia importante, anzi. Ma è un bel film, non annoia mai, gli attori sono bravi (eh si, Riccardo Scamarcio sa recitare anche in ruoli non per ragazzine isteriche). E alla fine esci dal cinema sapendo delle cose che non sapevi, e di certo non schierandoti con il male.
Secondo me bisogna ribaltare i termini della recensione. Da spettatrice ho amato il film, e in un secondo momento dico... che è un film utile, che trasmette notizie e un pezzetto di storia del nostro paese. non mi sembra poco. Non ho capito bene la questione del finanziamento, ma non la metterei al primo posto.
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Su questo film ho letto di tutto e di più. Ne hanno scritto molto prima di vederlo. Sui giornali si parla di tutto, tranne che del film. Ma lo vogliamo dire che è un bel film?
Non che l'argomento non sia importante, anzi. Ma è un bel film, non annoia mai, gli attori sono bravi (eh si, Riccardo Scamarcio sa recitare anche in ruoli non per ragazzine isteriche). E alla fine esci dal cinema sapendo delle cose che non sapevi, e di certo non schierandoti con il male.
Secondo me bisogna ribaltare i termini della recensione. Da spettatrice ho amato il film, e in un secondo momento dico... che è un film utile, che trasmette notizie e un pezzetto di storia del nostro paese. non mi sembra poco. Non ho capito bene la questione del finanziamento, ma non la metterei al primo posto.
Credo che su questo film si sia scagliata la rabbia per colpe che non hanno di certo commesso il regista e gli attori...
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mariac
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sabato 21 novembre 2009
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critiche immotivate
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Film ambientato in tempi in cui dichiararsi prigioniero politico valeva ancora ad identificarsi con qualcuno e con qualcosa, LA PRIMA LINEA ripercorre la nascita, l'evoluzione e l'epilogo dell'omonima organizzazione terroristica di sinistra attiva negli anni 70 in Italia. Capace di attirare critiche prima ancora della sua uscita il film è interamente ispirato al libro MICCIA CORTA di Sergio Segio, fondatore e militante del gruppo, che se ne discosta per i troppi compromessi a cui il regista De Maria è dovuto sottostare. In Italia, purtroppo, si parla ancora con difficoltà di tempi così delicatamete segnati dalla morte ma il film ne esce pulito dal punto di vista morale. Il protagonista afferma "Eravamo convinti di avere ragione e invece avevamo torto", frase che allontana ogni equivico circa la possibilità di una celebrazione degli eventi e dei personaggi rappresentati.
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Film ambientato in tempi in cui dichiararsi prigioniero politico valeva ancora ad identificarsi con qualcuno e con qualcosa, LA PRIMA LINEA ripercorre la nascita, l'evoluzione e l'epilogo dell'omonima organizzazione terroristica di sinistra attiva negli anni 70 in Italia. Capace di attirare critiche prima ancora della sua uscita il film è interamente ispirato al libro MICCIA CORTA di Sergio Segio, fondatore e militante del gruppo, che se ne discosta per i troppi compromessi a cui il regista De Maria è dovuto sottostare. In Italia, purtroppo, si parla ancora con difficoltà di tempi così delicatamete segnati dalla morte ma il film ne esce pulito dal punto di vista morale. Il protagonista afferma "Eravamo convinti di avere ragione e invece avevamo torto", frase che allontana ogni equivico circa la possibilità di una celebrazione degli eventi e dei personaggi rappresentati. Scisso in tre tempi, analizza con razionalità le fasi ideologiche che hanno riguardato il gruppo, parte dall'entusiasmo iniziale che spinge i giovani a lottare per una ridistribuzione dei ruoli, per passare ad evidenziare l'alienazione delle passioni che sembrano non avere più fondamento e arrivare dolorosamente all'accettazione che la missione è fallita. La lotta armata non ha dato i frutti sperati, anzi, ha provocato solo morti di cui Segio si assume la responsabilità giuridica, politica e morale. Il film è montato in modo energico, le prime scene immortalano il protagonista al carcere di Torino nel novembre del 1989 e attraverso i suoi flashback sarà possibile rivirere la storia della "prima linea" per chiudersi con l'assalto al carcere di Rovigo nel 3 gennaio '82 in cui si trova rinchiusa la sua donna. La necessità di mettere in scena un cast di soli giovani corre il rischio di facili immedesimazioni con i personaggi ma il disprezzo verso un gruppo di persone, che credevano di trovarsi in guerra in un paese in cui vigeva la pace, diventa patente via via che gli stessi si lasciano prendere dal senso di morte, considerato l'unico strumento utile alla realizzazione del "progetto"
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boollit
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sabato 21 novembre 2009
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la prima linea: un film superficiale
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Un'ora e quaranta minuti di pellicola che si limita a sfiorare il contesto storico del Sessantotto e degli anni di piombo, senza approfondire le tematiche e gli eventi che portarono alla nascita (e agli eccessi) dei vari gruppi terroristici.
Nessun cenno alla totale impossibilità di manifestare le proprie idee, al clima reazionario e violento che spinse alcuni gruppi di giovani a reagire alle repressioni nell'unico modo che vedevano possibile.
Ora, non voglio spezzare nemmeno mezza lancia a favore delle stragi terroristiche, ma non vedo nemmeno accettabile la rappresentazione di questo fenomeno come una cosa a sé.
I manifestanti e gli attivisti morti vengono citati occasionalmente e brevemente, mentre solo le vittime civili (e non) di Prima Linea sembrano assumere una dimensione umana, vittime di una brutalità che almeno in questa interpretazione non ha capo né coda.
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Un'ora e quaranta minuti di pellicola che si limita a sfiorare il contesto storico del Sessantotto e degli anni di piombo, senza approfondire le tematiche e gli eventi che portarono alla nascita (e agli eccessi) dei vari gruppi terroristici.
Nessun cenno alla totale impossibilità di manifestare le proprie idee, al clima reazionario e violento che spinse alcuni gruppi di giovani a reagire alle repressioni nell'unico modo che vedevano possibile.
Ora, non voglio spezzare nemmeno mezza lancia a favore delle stragi terroristiche, ma non vedo nemmeno accettabile la rappresentazione di questo fenomeno come una cosa a sé.
I manifestanti e gli attivisti morti vengono citati occasionalmente e brevemente, mentre solo le vittime civili (e non) di Prima Linea sembrano assumere una dimensione umana, vittime di una brutalità che almeno in questa interpretazione non ha capo né coda.
Ne consegue un film debole, demagogicamente e forzatamente "politically correct", con dei buchi di sceneggiatura che porteranno i protagonisti a dialoghi forzatissimi (un vecchio amico di Sergio, incontrandolo, elenca delle statistiche sui morti/feriti degli anni di piombo come se tra due attivisti ce ne fosse bisogno) e a una caratterizzazione a mio avviso superficiale della classe operaia dell'epoca, ritenuta totalmente in disaccordo con i movimenti di estrema sinistra ma soprattutto rappresentata dal pessimismo rinunciatario del papà di Sergio, operaio, che si mostra disinteressato ai movimenti di protesta in quanto vicino alla pensione, "tanto non cambierà mai niente". Una frase che avrebbe mandato su tutte le furie qualsiasi sessantottino e che rappresenta l'ennesima visione approssimativa e distorta di un film che come massima ambizione potrà avere quella di costituire l'ennesima dimostrazione che l'Italia non ha superato e probabilmente non supererà mai le proprie contraddizioni.
Per quanto riguarda il cast, impeccabile interpretazione della Mezzogiorno. Scamarcio trova finalmente un ruolo adatto alla sua naturale ed inevitabile inespressività.
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[+] superficiale ma buono e utile
(di americo)
[ - ] superficiale ma buono e utile
[+] vissuto
(di moviola)
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[+] hai ragione.
(di oggiero)
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(di discanto55)
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(di vincenzo lima)
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paola di giuseppe
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venerdì 20 novembre 2009
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film doloroso e necessario
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”Fin dalla prima lettura siamo rimasti sedotti dalla sceneggiatura. L’Italia è uno dei pochi paesi che ha il coraggio di raccontare attraverso il cinema la sua storia.” hanno detto i Dardenne, produttori insieme ad Occhipinti del film, e, a visione avvenuta, crediamo si possa convenire sulla qualità e il coraggio di un film osteggiato a lungo, costretto a rinunciare a finanziamenti statali sempre altrimenti e generosamente profusi,vittima di aprioristiche e immotivate censure (il comune di Milano si è distinto nell’ostacolarlo togliendo il patrocinio). Liberamente tratto da “Miccia corta” di Sergio Segio, il”comandante Sirio” fondatore di Prima Linea, formazione politica armata degli anni di piombo, il film racconta in 96’ minuti serrati l’assalto al carcere di Rovigo il 3 gennaio dell’’83, organizzato per liberare Susanna Ronconi, la donna di Segio, e le altre compagne del gruppo.
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”Fin dalla prima lettura siamo rimasti sedotti dalla sceneggiatura. L’Italia è uno dei pochi paesi che ha il coraggio di raccontare attraverso il cinema la sua storia.” hanno detto i Dardenne, produttori insieme ad Occhipinti del film, e, a visione avvenuta, crediamo si possa convenire sulla qualità e il coraggio di un film osteggiato a lungo, costretto a rinunciare a finanziamenti statali sempre altrimenti e generosamente profusi,vittima di aprioristiche e immotivate censure (il comune di Milano si è distinto nell’ostacolarlo togliendo il patrocinio). Liberamente tratto da “Miccia corta” di Sergio Segio, il”comandante Sirio” fondatore di Prima Linea, formazione politica armata degli anni di piombo, il film racconta in 96’ minuti serrati l’assalto al carcere di Rovigo il 3 gennaio dell’’83, organizzato per liberare Susanna Ronconi, la donna di Segio, e le altre compagne del gruppo.L’azione di commando provocò la morte di un uomo e fu seguita, dopo poco tempo, dalla cattura definitiva dei protagonisti. De Maria costruisce la storia con una serie di intersezioni fra passato e presente, mescolando a tratti filmati d’epoca (Piazza Fontana, Piazza della Loggia,i funerali del giudice Alessandrini, ucciso da Prima Linea perchè indagava su di loro) iscrivendo il film tra i due primi piani in apertura e chiusura di Scamarcio/Segio, che dichiara la sua resa e accetta la responsabilità politica, giuridica e morale di tutto quello che ha fatto. Sappiamo che l’ex terrorista si è dissociato dalla produzione perchè, “scesa a compromessi”, non avrebbe adeguatamente ricostruito il contesto storico. In realtà, proprio affidandosi allo scandaglio rivolto al privato delle due vite di Sergio e Susanna, De Maria ha colto il clima funesto di anni in cui la quotidianità, scandita dagli omicidi, dagli assalti alle armerie, dalle gambizzazioni a pezzi rappresentativi delle strutture del potere, era stravolta da un ideologismo aberrante di cui quelle generazioni furono, prima che carnefici, vittime.Portatori di utopie di fronte alle quali ogni tentativo di razionalità o anche solo di umana pietà era destinato a fallire, incapaci di ascoltare voci, come quella di Pasolini,che smascherò da subito mistificazioni e “cattivi maestri”, vissero nell’universo chiuso di spogli e anonimi appartamenti,tane in cui l’amore, autentico, forte, come quello di Sergio e Susanna, sembra condannato all’asfissia.Brevi telefonate o visite a genitori che assistono con angoscia muta al destino di figli perduti per sempre, collettivi in cui si decidono all’unanimità esecuzioni a freddo di vittime inermi,vecchie macchine imbottite di tritolo e armi che si spostano lungo gli argini di un Polesine freddo e anonimo, intrico di strade, ampi casolari e capannoni industriali fra campi a perdita d’occhio, l’orizzonte è questo.Vite di ventenni che la storia ha travolto, lasciandoli poi a chiedersi, prima di buttare le armi, il senso di tutto quello che era successo, e non trovarlo. ”Un omicida che voleva un mondo migliore”,Sergio, ma senza la grandezza,l’esuberanza,la follia, magari il cinismo, dell’eroe e del combattente di un tempo. Questi giovani hanno attraversato l’inferno come piccoli travet dal grilletto facile, imbottiti di slogan e letture mal digerite, lasciate nei cassetti dove conservavano le P38. Il loro mondo è bruciato, ci dice questo film doloroso, ma non è stato un fuoco purificatore e loro sono stati gli ultimi ad accorgersene.
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marezia
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venerdì 13 novembre 2009
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focus
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Magari lo dicesse! Vabbeh, ho rimediato io.
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marezia
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venerdì 13 novembre 2009
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scusate, redazione, ma la scheda di chi è?
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Se ne sarà pure occupato qualcuno o si è scritta da sola? Aggiungo alla trama dell'anonimo che è una pellicola NATA SENZA IL FINANZIAMENTO STATALE. Non mi sembra poco, andava ricordato no? Non è detto che il focus sia preso in considerazione da tutto il pubblico interessato ad un titolo in particolare mentre la recensione d'ingresso sì.
[+] anzi, senza la prima virgola
(di marezia)
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