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terminator
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sabato 13 marzo 2010
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di scarsissimo interesse
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Film sull'omonima organizzazione terroristica di estrema Sinistra.
Racconta la storia e l'evasione di Susanna Ronconi, leader di Prima Linea, esaltando la sua figura, sembra quasi giustificare le idee politiche estremiste, le sue azioni.
Insomma al di là della storia dell'evasione, interessante o meno, il film pare il solito tentativo di giustificare e quasi osannare delle idee politiche di estrema sinistra, della lotta armata, della lotta allo Stato, ecc.ecc.
Il risultato a mio parere è patetico sotto ogni punto di vista.
Il film per correttezza dovrebbe anche informare anche che la Ronconi non solo non scontò la pena, ma che in seguito la terrorista fu persino nominata membro della Commissione Giustizia in Parlamento (!!!) dall'amico estremista ministro Paolo Ferrero (l'attuale leader di Rifondazione Comunista).
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Film sull'omonima organizzazione terroristica di estrema Sinistra.
Racconta la storia e l'evasione di Susanna Ronconi, leader di Prima Linea, esaltando la sua figura, sembra quasi giustificare le idee politiche estremiste, le sue azioni.
Insomma al di là della storia dell'evasione, interessante o meno, il film pare il solito tentativo di giustificare e quasi osannare delle idee politiche di estrema sinistra, della lotta armata, della lotta allo Stato, ecc.ecc.
Il risultato a mio parere è patetico sotto ogni punto di vista.
Il film per correttezza dovrebbe anche informare anche che la Ronconi non solo non scontò la pena, ma che in seguito la terrorista fu persino nominata membro della Commissione Giustizia in Parlamento (!!!) dall'amico estremista ministro Paolo Ferrero (l'attuale leader di Rifondazione Comunista).
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ulisse104
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venerdì 12 marzo 2010
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film discreto
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Un film ricco di "comunismo".
A vederlo ci si interroga su cosa avessero in testa queste persone nel momento in cui uccidevano persone normali. L'unico sbaglio che queste persone avevano era: essere dirigenti di aziende, imprenditori, persone che a modo di dire dei cosidetti "compagni comunisti", sfruttavano la classe operaia.
Ma forse ci si deve domandare che grazie allo sforzo degli imprenditori e al lavoro degli operai: l'Italia è cresciuta.
Film discreto che mette in evidenza un periodo brutto dell'Italia, dove tante persone hanno perso la vita!
Un Scamarcio all'altezza del protagonista!
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salvatore scaglia
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giovedì 10 dicembre 2009
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la prima linea: catarsi ineluttabile ?
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Il film di Renato De Maria potrebbe sembrare un inattuale e doloroso ritorno al passato, seppur recente. Ma la questione giudiziario-diplomatica di Cesare Battisti, che proprio in questi giorni si tenta di risolvere, contribuisce a far apprezzare il tema di questa pellicola: i cosiddetti anni di piombo, visti da un’angolazione particolare. Quella di una specifica formazione terroristica, Prima linea. E di una determinata coppia di amanti: Sergio Segio (Riccardo Scamarcio), fondatore dell’ << organizzazione >>, come la chiamano gli stessi suoi sodali, e Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno).
Se non è un capolavoro, senz’altro l’opera è ben riuscita: avvince, infatti, con un dosato mix di sentimento e passione: il primo tra i due giovani e la seconda per una società più equa.
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Il film di Renato De Maria potrebbe sembrare un inattuale e doloroso ritorno al passato, seppur recente. Ma la questione giudiziario-diplomatica di Cesare Battisti, che proprio in questi giorni si tenta di risolvere, contribuisce a far apprezzare il tema di questa pellicola: i cosiddetti anni di piombo, visti da un’angolazione particolare. Quella di una specifica formazione terroristica, Prima linea. E di una determinata coppia di amanti: Sergio Segio (Riccardo Scamarcio), fondatore dell’ << organizzazione >>, come la chiamano gli stessi suoi sodali, e Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno).
Se non è un capolavoro, senz’altro l’opera è ben riuscita: avvince, infatti, con un dosato mix di sentimento e passione: il primo tra i due giovani e la seconda per una società più equa. Invero, il film inchioda alla poltrona ricorrendo a una certa intensità d’azione, ma soprattutto inquadrando volti tesi, di rado sorridenti e contornati da cieli e contesti grigi o bui: metafora dei tempi che il regista intende rappresentare. Anche la scelta dell’alternanza di diversi flashback pare azzeccata. Per cui il lavoro parte dall’oggi di Segio per riandare alla vita precedente: che non giustifica, e però spiega, il passaggio dalla << forza della ragione >> alle << ragioni della forza >>.
La parabola descritta tuttavia non è solo personale o del gruppo, ma sociale. Così si capisce come dalle prime rapine (<< è solo un’operazione di rifornimento di armi >>) alle iniziali gambizzazioni (<< e’ una lezione in difesa del proletariato: stavolta ti risparmiamo la vita ! >>); dai primi omicidi (il più famigerato è quello del giudice Emilio Alessandrini, nel Gennaio 1979) alla procurata evasione di Susanna e altre << compagne >> dal carcere di Rovigo, la morte, anche quando non è preventivata, insegua questi ragazzi. La loro morte spirituale e morale causa quella, fisica, degli altri. Emblematiche due scene: Susanna che riceve senza lacrime la notizia del decesso naturale della madre; e che, affidatole da una mamma, tiene in braccio un bimbo, che, iniziando a piangere, mette in plateale imbarazzo sia lei che il fidanzato.
Tra inserti di repertorio (la voce del sindacalista Castrezzati a piazza della Loggia e quella di Frajese dopo la strage di via Fani) che descrivono gli “opposti estremismi”, avversati dallo Stato e progressivamente rigettati dai ceti popolari, la pellicola è pervasa da un agghiacciante filo rosso: non già delle scritte di violenta rivendicazione su muri e vetrine ovvero del sangue degli uccisi, bensì della domanda, prima implicita e poi espressa da Sergio a Susanna: << è giusto per un mondo migliore rinunciare alla propria umanità ? >>.
Oggi, scontato l’ergastolo commutato in reclusione pluridecennale, Segio e la Ronconi sono dediti al volontariato. Ma era proprio inevitabile - per loro, le vittime e il Paese - questa catarsi in una spirale di odio, ammantato da anelito, verosimilmente sincero, di giustizia ?
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giovedì 10 dicembre 2009
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film di abiura e di denuncia
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proprio un bel film, duro, secco, toccante. Racconta una pagina degli anni di piombo (non senza dimenticanze), con gli occhi di chi quella pagina l'ha scritta: i terroristi di Prima Linea. Il film non è indulgente con i protagonisti, tutt'altro: il regista e gli sceneggiatori sembrano costantemente preoccupati di far risaltare questo giudizio critico. E' un film di pentimento e di abiura (quella del protagonista, Sergio Segio) ma anche di denuncia perché ci ricorda che quella stagione di terrore nasce da una strage di Stato, Piazza Fontana. Anche se la recitazione di Scamarcio (secondo me) non è delle migliori, il personaggio che interpreta (Segio) è talmente caratterizzato e caratterizzante da risultare comunque convincente.
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proprio un bel film, duro, secco, toccante. Racconta una pagina degli anni di piombo (non senza dimenticanze), con gli occhi di chi quella pagina l'ha scritta: i terroristi di Prima Linea. Il film non è indulgente con i protagonisti, tutt'altro: il regista e gli sceneggiatori sembrano costantemente preoccupati di far risaltare questo giudizio critico. E' un film di pentimento e di abiura (quella del protagonista, Sergio Segio) ma anche di denuncia perché ci ricorda che quella stagione di terrore nasce da una strage di Stato, Piazza Fontana. Anche se la recitazione di Scamarcio (secondo me) non è delle migliori, il personaggio che interpreta (Segio) è talmente caratterizzato e caratterizzante da risultare comunque convincente. Un applauso alla bravura di Vittoria Mezzogiorno
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oggiero
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domenica 6 dicembre 2009
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rappresentazione con le mani avanti.
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Il film inizia con un mea culpa stucchevole e mal recitato che inficia tutto il resto della narrazione. Si intuisce l'intenzione del regista di evitare accuse e grattacapi, una volontà di conformismo, insomma, all'unanime giudizio negativo sul fenomemo terrorismo. Guasta codesto attegiamento poichè, veramente convinto di ciò che estrinseca nel mea culpa per bocca del protagonista, il regista avrebbe potuto lasciare il giudizio al pubblico. I personaggi sono immersi in una disperata atmfera plumbea priva di qualdiasi luce, avvolti da una pietà che li accarezza per tutto il lungometraggio. E' la pietà dell'italia borghese verso il suo figlio degenere, il militante di sinistra passato alla prassi rivoluzionaria, giudicato un immaturo sognatore infarcito di ideologia e totalmente scollato dal sostrato sociale.
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Il film inizia con un mea culpa stucchevole e mal recitato che inficia tutto il resto della narrazione. Si intuisce l'intenzione del regista di evitare accuse e grattacapi, una volontà di conformismo, insomma, all'unanime giudizio negativo sul fenomemo terrorismo. Guasta codesto attegiamento poichè, veramente convinto di ciò che estrinseca nel mea culpa per bocca del protagonista, il regista avrebbe potuto lasciare il giudizio al pubblico. I personaggi sono immersi in una disperata atmfera plumbea priva di qualdiasi luce, avvolti da una pietà che li accarezza per tutto il lungometraggio. E' la pietà dell'italia borghese verso il suo figlio degenere, il militante di sinistra passato alla prassi rivoluzionaria, giudicato un immaturo sognatore infarcito di ideologia e totalmente scollato dal sostrato sociale. Il che è vero, ma giova giustificare, compatire, compiangere, esprimere rammarico per il nobile idealista che macchiasi di assassinio dell'indifeso? Dovevamo aspettare anni di silenzio da parte del cinemna italiano per sorbirci ore della solita solfa dei compagni che sbagliano? Assodato che ogni rivale è uomo, padre, marito, figlio ed assodato che l'italia in coro rifiuta l'assassinio politico e di conseguenza la lotta armata come strumento per sovvertire l'ordine costituito, vincolando così a se stessa una società che non ammette l'esistenza di un antagonista. Assodato, dunque che ammazzare è sbagliato, il pubblico di questo lavoro riceve questo messaggio: alla fine degli anni settanta alcuni giovani sognatori si inventarono motivazioni per guerreggiare contro lo status quo. Erano comunisti, ma in italia non esisteva un proletariato rivoluzionario, da ciò si evince che non essendoci il sostrato rivoluzionario l'ordine sociale era giustificato.
Spero che questo film apra la strada a rappresentazioni più acute e coraggiose di un Italia infame al punto da suscitare la voglia di uccidere in una grossa parte di una generazione politicamente molto impegnata.
Che la maggioranza dei cittadini italiani disagiati a cominciare da gran parte dei meridionali per finire con le innumerevoli fasce sociali prive di identita' non aspirino ad altro che ad una promozione sociale che garantisca un minimo di progettualita' e stabilita' e' un fatto noto e ripetuto fino alla nausea.
Che costoro siano privi della volonta' di cambiamento e che non generino senso di identita' e consapevolezza, che siano in attesa di elemosina, insomma, e' altrettanto noto.
Compito dell'artista sarebbe rappresentare l'abominevole consorzio di individui e di interessi che noi chiamiamo stato e le conseguenze del suo giogo . Fino ad ora ho visto soltanto un' infantile voglia di assoluzione. L'Italia rimane ignobile anche se il marxismo si rivela dottrina fallimentare ed anacronistica, e la ribellione di quei giovani potrebbe costituire per noi tesoro se solo venisse rappresentata nella sua completezza e senza paura.
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olgadik
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sabato 5 dicembre 2009
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un film difficile
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Forse non c’è ancora sufficiente distanza storica, forse è oggettivamente difficile fornire in un film un’analisi ampia e sfaccettata, forse proprio l’esigenza di dire con le immagini il più possibile determina spesso sintesi manichee o cadute nella sceneggiatura. Comunque sia, mi pare di non aver ancora visto un’opera veramente efficace sul periodo che va dal ‘68 al piombo del terrorismo nostrano. Renato De Maria prova a sollevare il velo sulle azioni di “prima linea”, uno dei gruppi terroristici più duri di quegli anni, e lo fa con sufficiente onestà intellettuale, servendosi correttamente di molti materiali d’archivio e di una sceneggiatura in cui gli autori non indulgono a momenti di sotterranea apologia o a eccessi di rabbia ottusa.
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Forse non c’è ancora sufficiente distanza storica, forse è oggettivamente difficile fornire in un film un’analisi ampia e sfaccettata, forse proprio l’esigenza di dire con le immagini il più possibile determina spesso sintesi manichee o cadute nella sceneggiatura. Comunque sia, mi pare di non aver ancora visto un’opera veramente efficace sul periodo che va dal ‘68 al piombo del terrorismo nostrano. Renato De Maria prova a sollevare il velo sulle azioni di “prima linea”, uno dei gruppi terroristici più duri di quegli anni, e lo fa con sufficiente onestà intellettuale, servendosi correttamente di molti materiali d’archivio e di una sceneggiatura in cui gli autori non indulgono a momenti di sotterranea apologia o a eccessi di rabbia ottusa. Nonostante le polemiche sul finanziamento statale al film (che peraltro il produttore Occhipinti ha rifiutato, dando una bella lezione a mediocri colleghi), l’autore. senza ambizioni eccessive, vuole invitare a riflettere per uscire dal rimosso o, trattandosi di parenti delle vittime, per superare lo shock del passato. Ma come i tedeschi, in questo caso maestri, stanno rivedendo con sofferenza collettiva e individuale tutto il loro passato, anche noi faremmo bene a lasciare da parte il passato cercando di capire e non solo condannare, giacchè non è detto che non si debba usare un po’ di “pietas” per chi abbia rivisto le sue convinzioni ed abbia scontato una pena. Tornando all’opera di De Maria, vorrei precisare che buona fede ed esperienza non bastano a centrare sempre l’obiettivo. Nella sceneggiatura vi sono momenti poco credibili, vedi strade vuote di Milano al mattino in orario di lavoro o recita della formuletta rituale di “prima linea” mentre si sta giustiziando in pieno giorno e con molti testimoni un “nemico del popolo”. Che dire poi dell’assalto al carcere di Voghera che nelle intenzioni doveva essere senza sangue e che si svolge invece come un assalto alla Al Capone con un eccesso di botti e appostamenti senza che alcuno noti tutto quel movimento non certo pacifico? In quanto alla recitazione, è corretta ma non esaltante. Migliore la Mezzogiorno nella sua tesa durezza che conosce solo qualche momento di tenerezza; nella parte iniziale, impacciato e monocorde Scamarcio, che poi si scioglie nel secondo tempo, facendo proprie con convincente dolore le parole tratte da libro di Sergio Segio (La miccia corta), da cui il film prende le mosse. Nella narrazione si seguono le vicende e le azioni del gruppo, ma l’obiettivo è focalizzato soprattutto sulla coppia di dirigenti, Segio (Riccardo Scamarcio) e Ronconi (Giovanna Mezzogiorno), compagni di lotta e di vita. Il racconto è strutturato come un flash back fatto di tre parti in un unico giorno, il 3 gennaio 1982, in cui Segio ripercorre l’inizio e lo svolgersi di tutta la sua vicenda, mentre si prepara con quanto rimane dei compagni di “prima linea” a liberare dal carcere Susanna. Durante il tentativo riuscito perde però la vita un passante pensionato: così anche quest’episodio lascia una scia di sangue. Da questo momento Sergio Segio inizia il suo processo di revisione politica abbandonando la lotta e pagando col carcere l’aver voluto usare “invece della forza della ragione la ragione della forza”. Oggi, pur sotto il peso delle responsabilità del passato da lui pienamente assunte nel libro, dopo venti anni di carcere è un uomo libero che lavora nel volontariato forse per riequilibrare in modo più umano la sua storia.
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marezia
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mercoledì 2 dicembre 2009
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e il focus non c'è più?
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marezia
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lunedì 30 novembre 2009
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ma da quale pianeta arriva farinotti?
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Il passo: "Una breve citazione meritano gli antagonisti del film italiano. La classifica ha certo una sua logica: prevalgono le opzioni più naturali del cinema: evasione, felicità, qualità, spettacolo. Vince New Moon, la saga giovanile già culto (€ 6.600mila – evasione). A seguire 2012 (2.800mila – spettacolo); Gli abbracci spezzati, di Almodovar (800mila- qualità); Planet 51, animazione (770mila- felicità); Nemico pubblico (580mila- spettacolo); L'uomo che fissa le capre (470mila-evasione); UP, animazione (350mila- felicità). Ed ecco La prima linea (...tristezza)." sembra scritto da un bambino di 8 anni. E' di un semplicismo spaventoso (oltreché di di un PESSIMO GUSTO). Tristezza? Tristi sono le sue parole piuttosto! Tristezza.
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Il passo: "Una breve citazione meritano gli antagonisti del film italiano. La classifica ha certo una sua logica: prevalgono le opzioni più naturali del cinema: evasione, felicità, qualità, spettacolo. Vince New Moon, la saga giovanile già culto (€ 6.600mila – evasione). A seguire 2012 (2.800mila – spettacolo); Gli abbracci spezzati, di Almodovar (800mila- qualità); Planet 51, animazione (770mila- felicità); Nemico pubblico (580mila- spettacolo); L'uomo che fissa le capre (470mila-evasione); UP, animazione (350mila- felicità). Ed ecco La prima linea (...tristezza)." sembra scritto da un bambino di 8 anni. E' di un semplicismo spaventoso (oltreché di di un PESSIMO GUSTO). Tristezza? Tristi sono le sue parole piuttosto! Tristezza...
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paciugo
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domenica 29 novembre 2009
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discreto
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La storia viene narrata abbastanza fedelmente, Scamarcio e la Mezzogiorno sono ottimi interpreti, magari è un pochino lento, interessante la riflessione sul momento storico e sull'esasperazione del movimento che ha dato origine al film.
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moviola
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giovedì 26 novembre 2009
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film onesto
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L'epilogo è nel bar. Ma a chi servivano questi terroristi. Ai lavoratori di certo no!
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