Fratellanza - Brotherhood

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Un film di Nicolo Donato. Con Thure Lindhardt, David Dencik, Nicolas Bro, Morten Holst, Claus Flygare.
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Titolo originale Broderskab. Drammatico, durata 90 min. - Danimarca 2009. - Lucky Red uscita venerdì 2 luglio 2010. - VM 14 - MYMONETRO Fratellanza - Brotherhood * * 1/2 - - valutazione media: 2,67 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un film che offre interessanti spunti di riflessione Valutazione 3 stelle su cinque

di Mark Hollis


Feedback: 106

Vincitore del Marc’Aurelio d’oro all’ultimo Festival del Cinema di Roma, l’opera prima del regista italo-danese Nicolo Donato, “Brotherhood”, approda questo weekend nelle sale tentando di ottenere lo stesso consenso da parte del pubblico delle sale nazionali. Il film è ispirato ad un documentario sui gruppi neonazisti emergenti che Donato vide in televisione. A quel contesto decise di inserire una storia d’amore omosessuale e il film, oltre al clamore suscitato, lascia molti spunti di interesse e più di una riflessione allo spettatore. Lars, il protagonista, lasciato l’esercito in disaccordo con la famiglia e rimasto solo nel decidere del proprio destino, viene avvicinato da una sorta di talent scout neonazi che, intuendo un certo potenziale in lui, cerca di inserirlo nel proprio gruppo dedito al pestaggio di omosessuali e immigrati. Superate le diffidenze iniziali, complice anche la noia e un po’ di nostalgia di clima cameratesco, Lars diventa membro del gruppo e grazie alle sue capacità riesce a “scalare” i primi gradini gerarchici. Nel contempo, complice una casa isolata da ristrutturare, si avvicina al suo coinquilino fino a quando la passione non esplode tra i due. Il regista adesso conduce lo spettatore in un viaggio parallelo nel quale da una parte pone la storia d’amore con i relativi problemi di accettazione e segretezza e dall’altra le azioni violente del gruppo che tenta di crescere, affermarsi agli occhi dei propri concittadini, tentando una legittimazione cercata attraverso l’uso della paura verso il pericolo derivante dalle diversità e la ricerca della protezione dello status quo. In questo viaggio parallelo tra amore e odio, si sviluppano le dinamiche del gruppo e della coppia inserite in un contesto sociale altrettanto controverso. Siamo di fronte infatti alla civilissima Danimarca che inizia a fare i conti con il problema dell’immigrazione e con le prime crepe derivanti da una globalizzazione culturale che tende a portare l’Europa verso una pericolosa deriva razzista e violenta. Come per lo Yin e lo Yang il regista mette in scena le possibili trasformazioni e contaminazioni tra mondi opposti e tenta questa strada, aiutato da una recitazione all’altezza da parte dei protagonisti, per raccontare l’amore visto come il bianco che tenta una sua possibile esistenza nel buio profondo. Questa operazione avviene senza cedere a facili retoriche ma concentrandosi sull’essenzialità utilizzando numerosi primi piani e inquadrature sui protagonisti che riescono a trasmettere tutta la rabbia e soprattutto la paura di cercare se stessi in mezzo ad un’altra umanità identica alla loro ma di difficile condivisione. La regia asciutta, seppur a volte si soffermi troppo su alcune lungaggini che rallentano la narrazione, riesce a non cedere in termini di tensione restituendo intatta l’asprezza e il coinvolgimento emotivo. La colonna sonora risulta azzeccata pur palesemente ispirata al sound dei Sigur Ros che ben si inseriscono in contesti di solitudine, desolazione e paesaggi nordici. Nel finale interessante che non sveleremo, a conferma di quanto detto, il coprotagonista indossa una maglia bianca, simbolo della presa di coscienza di se stesso e del proprio cambiamento che copre i tatuaggi nazisti sulla pelle a vantaggio della riscoperta che il vero coraggio è nel compiere scelte difficili restando se stessi nel mondo piuttosto che aderire a pericolose ideologie derivanti solo dalla ricerca di un proprio posto nel branco.

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