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Brotherhood: le ragioni di un premio e i mille piani di un film

Il "film del mese" per Scrivere di cinema.
di Marzia Gandolfi

Invito alla visione
David Dencik (49 anni) 31 ottobre 1974, Stoccolma (Svezia) - Scorpione. Interpreta Jimmy nel film di Nicolo Donato Fratellanza - Brotherhood.

venerdì 2 luglio 2010 - Approfondimenti

Invito alla visione

Premiato col Marc'Aurelio d'oro all'ultimo Festival Internazionale del Film di Roma e selezionato "film del mese" per partecipare al concorso nazionale di critica cinematografica Scrivere di cinema (promosso da pordenonelegge.it, Cinemazero, il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani e MYmovies), Fratellanza - Brotherhood è l'opera prima di Nicolo Donato, regista danese di origine italiana. In equilibrio instabile tra irruenza e inettitudine, violenza e tenerezza, lacrime e sangue, Brotherhood è un (melo)dramma calato nell'insensatezza dell'odio razziale e nella 'democratica' Danimarca che svolta a destra. Nella vertigine del nulla dei raduni neonazisti e dei teorici che li organizzano, due giovani camerati si incontrano e si innamorano, superando la reciproca refrattarietà a comunicare. Lars, costretto a congedarsi prematuramente dall'esercito, è un ragazzo impulsivo che desidera ed ama con l'incoscienza visionaria di un adolescente. Sarà proprio lui, biondo adepto reclutato da un burocrate ammiratore del "Mein Kampf", a produrre il colpo di scena del contatto fisico, il cambiamento della storia rappresentata e la nuova declinazione del rapporto con Jimmy, già membro del gruppo e fratello maggiore di un minore perduto. Ogni cosa accadrà nello scenario naturale di un cottage sul mare, dove ogni elemento (l'acqua, la sabbia, il bosco, il vento) li indurrà a manifestarsi e ad esprimersi col ruvido linguaggio del corpo. Jimmy, il meno consapevole e articolato dei due, si farà amare da Lars, consentendo che la sua natura si alteri fino a rinascere, fino a (ri)afferrare a suon di pugni la propria faccia e ancora fino alla presa di coscienza traumatica della sua ingenuità nel fare il male (il ruolo di leader nella confraternita, il pestaggio di un giovane omosessuale nel parco). Come fu cinque anni fa a Venezia per I segreti di Brokeback Mountain, anche Roma premia la storia di un amore proibito, una vicenda di estremismo emotivo che diventa indicazione di tendenza, opzione di gusto, idea di cinema. Quella di una storia d'amore penetrata fino in fondo e messa a prova estrema, anche a costo della vita stessa. Nonostante le svastiche, i tatuaggi e l'adrenalina dei pestaggi la matrice del film è di fatto (e a detta dello stesso autore) romantica e narra la passione scoppiata fra i due giovani come un grande sentimento assoluto e alla maniera di un qualsiasi grande amore eterosessuale ostacolato dalla società. Brotherhood è da vedersi per almeno due buone ragioni: la prima è il suo riguardare sentimenti primari, la seconda è il suo trovare la naturale centralità romantica dei protagonisti dentro l'equilibrio precario che da sempre nel mondo maschile regge le pulsioni d'amore e violenza.

Invito alla lettura

"Non si vede bene che con il cuore", suggeriva il Piccolo Principe e conferma Nicolo Donato col suo debutto in lungo(metraggio), che può essere affrontato a muso duro (vale a dire diretto) o letto in maniera trasversale. Perché ognuno di noi coniuga le ossessioni dello sguardo in maniera diversa. Perché Brotherhood offrirà a ciascuno di noi un "contatto" diverso. Perché il cinema ha questo di bello: è e noi possiamo e dobbiamo usarlo in maniera diversa. Più prossimo alle montagne in fiore di Ang Lee che all'American History X di Tony Kaye, l'autore danese punta la sua attenzione e quella dello spettatore sui risvolti intimi di una storia d'amore tutta maschile, anzi ipermaschile. Se nei Segreti di Brokeback Mountain la cornice era western e i protagonisti cowboys, in Brotherhood il contesto è la Danimarca contemporanea dei movimenti xenofobi e gli interpreti sono appunto neonazisti che stigmatizzano l'omosessualità come comportamento deviante e "biologizzano" la figura dell'omosessuale come corpo perverso. Mettendo al lavoro il nostro sguardo, diventa interessante capire la linea ideologica che il film offre allo spettatore: Donato impiega la normativa repressiva del movimento neonazista nei confronti degli omosessuali come mero ostacolo a una promessa di felicità? O al contrario la realtà in cui agiscono i due protagonisti evoca un preciso passato, che ha sepolto nel silenzio le persecuzioni degli omosessuali durante il nazismo (Paragrafo 175)? L'autore ha messo unicamente in scena una coppia innamorata al di là delle specificazioni sessuali? Oppure alla luce di quella odiosa criminalizzazione denuncia i rigurgiti nazionalsocialisti del suo Paese, "governato" da una monarchia costituzionale e da un Primo Ministro conservatore? Senza volere per forza di cose attribuire un sovrasenso al film che potrebbe spingerlo verso altre derive, è comunque importante rilevare quel singolare rapporto tra machismo e omosessualità che lo percorre e osservare come il nazismo abbia impiegato inconsapevolmente un'estetica gay e fortemente misogina, basata com'era sul culto dell'attività militare e su un cameratismo esasperato, da cui la donna era naturalmente esclusa e intesa come elemento disturbatore, indispensabile unicamente per la procreazione della cosiddetta razza ariana. Non è una coincidenza che in una sequenza venga fatto riferimento esplicito al comandante delle SA (squadre d'assalto del primo nazismo che tanta parte ebbero nel determinare l'ascesa di Hitler) Ernst Röhm, omosessuale impiccato con l'accusa di tradimento. Recuperando il pensiero del teorico inglese dell'antipsichiatria David Cooper, il regista slatentizza la bivalenza della natura umana nel personaggio di Jimmy: picchiatore neonazista che teme di riconoscersi omosessuale innamorato e di scoprire che la sua vita è in fondo un'insopportabile finzione.

Produzione & recitazione

Prodotto tra gli altri da Lars von Trier, Brotherhood esprime nella persona di Nicolo Donato il talento artistico di una nuova generazione, che riprende e prosegue gli orientamenti dell'ondata Dogma in maniera meno provocatoria. Brotherhood, realizzato con un budget relativamente ridotto, è di fatto una piccola storia con un solido ancoraggio alla realtà nazionale ma con grande apertura nei confronti delle espressioni e delle impressioni derivate dal cinema straniero. Tutt'altro che referenziale il film contribuisce alla molteplice cultura cinematografica d'Europa, assumendo come punto di partenza il luogo in cui è ambientato ma traendo ispirazione da una cultura cinematografica cosmopolita. Un altro possibile percorso che riconduce senza dubbio alle dichiarazioni di intenti del cinema secondo Dogma non può trascurare il lavoro dell'attore e sull'attore, tanto più bravo quanto più impara a non recitare. Abile direttore di attori, Donato scegli due interpreti, diversamente belli e diversamente bravi, che sanno lavorare simultaneamente col viso, con la voce e con il corpo. Lo svedese David Dencik (Jimmy) sembra avere più spessore e più corde del danese Thure Lindhardt (Lars) ma è pur vero che il personaggio di Jimmy presenta maggiori sfumature e difficoltà, col suo carattere scontroso, attaccabrighe e introverso, maschilmente incapace di ascoltare i propri sentimenti e indeciso se uscire o no dall'ordine "familiare" e sociale che si è scelto. Il giovane camerata neonazista gioca la sua partita sul suo corpo, facendone letteralmente il campo di battaglia in cui il carnefice diventa vittima. È il sentimento di Lars, più consapevole e disponibile a vivere la storia fino in fondo, a cortocircuitare l'identità di Jimmy e ad innescare la sua lotta contro il suo stesso volto.
Questi sono alcuni dei possibili percorsi. Come impiegarli? Innanzitutto con la consapevolezza che questi suggerimenti sono il minimo necessario ma anche il massimo dell'insufficienza. Buona visione e buon lavoro a tutti. Soprattutto a quelli che usano gli occhi e lo sguardo invece dei calci e dei pugni.

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