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Horror Frames: Town Creek, i nazisti e l'occultismo

Da Schumacher un horror poco innovativo ma di solido intrattenimento.
di Rudy Salvagnini

Henry Cavill interpreta il poliziotto Evan Marshall nell'horror Town Creek di Joel Schumacher.
Henry Cavill (Henry William Dalgliesh Cavill) (41 anni) 5 maggio 1983, Jersey (Gran Bretagna) - Toro. Interpreta Evan Marshall nel film di Joel Schumacher Blood Creek.

martedì 22 marzo 2011 - News

Il legame tra nazismo e occultismo è stato oggetto di molta attenzione da parte di storici e divulgatori e, se non ha probabilmente basi oggettive sostanziose, ha comunque un certo fascino a livello narrativo. Nel cinema non è stato molto utilizzato: negli horror, in particolare, i nazisti sono stati più volte associati agli zombie (L'occhio nel triangolo e Dead Snow, per fare solo un paio di titoli), meno spesso con l'occulto. La fortezza di Michael Mann è un titolo che viene in mente, anche se in quel film i nazisti sono più l'emblema degli orrori della guerra in rapporto con quelli del soprannaturale che veri e propri cercatori dell'occulto. Altri esempi marginali sono il recente film polacco Time of Darkness, il trascurabile ma curioso La pistola maledetta (con una vecchia Luger posseduta dallo spirito nazista) o Puppet Master - Il burattinaio dove arcano e nazismo si uniscono in modo poco convincente. Più specificamente sull'argomento è il rutilante e vivace Hellboy di Guillermo del Toro, dove però il nazismo è solo il pretesto per la creazione dell'antieroe protagonista. L'esempio più significativo si trova nel fantasy avventuroso de I predatori dell'arca perduta con i nazisti a caccia dei misteri del soprannaturale contrastati da Indiana Jones.

Town Creek, un'opera particolarmente interessante
Pertanto risulta sotto questo profilo di particolare interesse Town Creek, un film passato invece inosservato e non ancora distribuito in Italia a oltre un anno ormai dalla sua uscita americana (peraltro direttamente in dvd, dopo un breve passaggio in poche sale cinematografiche). Eppure, è diretto da Joel Schumacher, un regista non sempre convincente, ma normalmente alle prese con progetti commercialmente di primo piano. In ambito horror - da lui poco frequentato - Schumacher ha lasciato due film diversamente riusciti, ma entrambi significativi: Ragazzi perduti che, assieme a Il buio si avvicina, ha rivitalizzato il cinema vampiresco e in particolare la sua estetica; Linea mortale che ha toccato con apprezzabile senso del dramma l'argomento allora assolutamente d'attualità delle esperienze di premorte. Con Town Creek, il regista si avvale della sceneggiatura di David Kajganich, già autore dello script per il recente Invasion (ennesimo remake de L'invasione degli ultracorpi, capolavoro di Don Siegel). Gli elementi narrativi interessanti sono diversi.

La trama
Negli anni '30, emissari del nazismo vagano ovunque alla ricerca di pietre runiche il cui potere renderebbe ancora più forte la razza ariana tracciando il cammino per l'immortalità. Nella West Virginia del 1936, Otto Wollner, un emigrato tedesco, riceve da Berlino la richiesta di ospitare un certo Richard Wirth, che conduce ricerche sulla comunità tedesca in America. Ci sono perplessità in famiglia, ma i soldi promessi in cambio dell'ospitalità le vincono. Wirth si finge uno storico, ma è alla ricerca di pietre runiche, una delle quali si trova nella fondamenta del fienile di Wollner. L'inquietante Wirth ha anche notevoli capacità, come quella di resuscitare l'uccellino di Liese, la giovane figlia di Otto per la quale Wirth ha un piano. Ai nostri giorni, il poliziotto Evan Marshall si giostra tra turni di lavoro massacranti e l'assistenza al vecchio padre invalido, rancoroso con lui perché lo ritiene responsabile della scomparsa del fratello Victor, avvenuta misteriosamente due anni prima, poco dopo il suo ritorno dall'Iraq da eroe. Tormentato dai sensi di colpa, Evan crede che Victor sia morto. Ma Victor non è morto e torna improvvisamente - segnato e provato - in una notte piovosa per chiedere aiuto al fratello: Evan accetta e parte con lui verso Town Creek, il luogo della misteriosa scomparsa di Victor, dove un compito terribile attende entrambi.

Un ibrido di vampirismo, occultismo, terzo occhio e zombie
Buone atmosfere caratterizzano il prologo d'epoca, con Schumacher che ricerca un'estetica da vecchio horror, tutto ombre e luci soffuse. Quando la vicenda si sposta nella contemporaneità, il regista mantiene nella transizione un tono cupo e mesto, da horror noir coniugato con ambientazioni rurali e boschive fredde e ostili (il film, come molti horror recenti, è girato nell'Est europeo e più precisamente in Romania). È la fase di preparazione - anche motivazionale - all'azione che contraddistingue il resto del film: un'azione sorretta dapprima dal mistero di ciò che si nasconde dietro la scomparsa di Victor e poi dalla lotta contro l'orrore che governa il tutto. Come spesso avviene negli horror, la fase preparatoria è più tesa e ricca di suspense e suggestione di quella risolutiva. Ma puntando molto sull'azione e lasciando poco tempo allo spettatore per pensare a eventuali incongruenze e scorciatoie, Schumacher riesce a tenere alti ritmo e tasso di intrattenimento. Ibridando vampirismo, occultismo, terzo occhio e zombie, la miscela risultante presenta tracce di originalità che aiutano a dare sostanza al racconto, mentre la messe di effetti speciali e l'abbondanza di gore possono soddisfare gli appassionati. Le psicologie dei personaggi - meramente funzionali allo svolgimento della storia - sono invece appena abbozzate e il rapporto tra i fratelli è tratteggiato sommariamente tra brevi litigi e dialoghi scarni.

Un piccolo horror che intrattiene senza innovare
L'uso dei simboli runici riporta ai classici racconti di M. R. James (in particolare l'inquietante L'incantesimo dei runi che ha dato origine a un piccolo capolavoro come La notte del demonio di Jacques Tourneur) ed è un espediente efficace per la sua inconsuetudine, pur se utilizzato qui in modo superficiale ed esteriore. E se l'immagine del mostro di turno non è figurativamente significativa, non mancano aspetti curiosi interessanti nei dettagli di contorno, non ultima un'armatura di ossa che risulta cruciale per lo sviluppo narrativo.
Le ambizioni del concetto alla base della storia tendono all'orrore cosmico, ma lo svolgimento è più modestamente e convenientemente da sano film di genere, concitato e svelto. In questi termini, Town Creek funziona riuscendo anche a rivitalizzare, grazie a un'attenta orchestrazione degli elementi, una fase finale altrimenti piuttosto prevedibile. Schumacher ha la sua quota di film sbagliati alle spalle, ma è un regista che sa il fatto suo e in questo caso realizza un piccolo horror non particolarmente innovativo, ma di solido intrattenimento.

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