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venezia66: Tornatore e Morricone parlano di Baarìa

Elementi civili e morali si uniscono a un comunismo vicino allo Stato.
di Marlen Vazzoler

Aspettando Bagheria il 23 e 24 settembre
Giuseppe Tornatore Altri nomi: (Peppuccio Tornatore) (67 anni) 27 maggio 1956, Bagheria (Italia) - Gemelli. Regista del film Baarìa.

giovedì 3 settembre 2009 - Incontri

Aspettando Bagheria il 23 e 24 settembre
In occasione dell'ultimo film di Giuseppe Tornatore, Baarìa, a Bagheria si terrà un evento speciale che durerà due giorni intitolato "Aspettando Bagheria" che prevede una mostra fotografica del set con ambienti scenografici, un concerto dell'Orchestra Sinfonica Siciliana e l'anteprima del film a cui parteciperà il cast.
La pellicola presentata ieri al pubblico del festival racconta di una famiglia siciliana in un arco temporale che va dagli anni Trenta agli anni Ottanta nella provincia di Palermo attraverso tre generazioni. Durante gli anni del fascismo Cicco è un modesto pecoraio che ama leggere; durante la seconda guerra mondiale il figlio Peppino si imbatte nell'ingiustizia e scopre la politica e la pellicola si chiude con il mondo visto dagli occhi di Pietro il nipote di Cicco.

La definizione di 'Riformista' nel film, si adatta all'oggi o è un modo di pensare il riformismo in cui sono contenute alcune colpe della sinistra?
Tornatore: Spero che sia una definizione cinematografica naturalmente, ma semplice, e quindi spero che possa essere utile e possa servire quanto meno a porre una riflessione anche sull'oggi per quanto riguarda il ruolo della sinistra. Penso che sia pertinente. Il protagonista del film cerca di spiegarlo ad un ragazzino che non ha mai sentito quella parola e trova quindi un concetto molto facile ed incisivo. Talvolta cercare di ottenere subito tutto in modo drastico ed eccessivo non porta bene e spesso non ha mai portato bene. Rincorrere obiettivi in modo ragionevole è spesso l'unica strada specialmente per un'epoca in cui è importantissimo accettare la convivenza tra persone che la pensano diversamente. All'epoca questo era difficile perché il mondo era spaccato in due e non si poteva neanche salutare chi la pensava diversamente da come la pensavi tu. Ecco, oggi fortunatamente questo non c'è più ma forse ancora si fatica ad accettare questo modo più semplice più giusto di fare politica. Naturalmente parlare di questo in un momento in cui le faccende della politica in Italia vanno come vanno, può sembrare folle però lo è soltanto in apparenza.

L'elemento civile e morale è molto forte, da dove nasce questa esigenza di raccontare cosa voleva dire essere comunisti in Italia in un epoca in cui essere comunisti significava essere vicini allo stato?
Tornatore: Lei dice una cosa giusta, nel mio film il tema della passione civile e morale è importantissimo io ho fatto a tempo a nascere e crescere in un paese in cui ancora a questo genere di tematiche si faceva caso. Sono cresciuto in una famiglia in cui non ci insegnavano soltanto come indossare il grembiule per andare a scuola o come impugnare una forchetta. Una delle prime cose che bisognava imparare era come confrontarci con il mondo: come rispettare gli altri e in primo luogo come rapportarci ai nostri sogni e sopratutto abbiamo imparato a capire che cos'è e quanto sia importante la passione civile. Questo oggi si è perso. È una delle tante cose che si sono perse nel nostro paese. Il nostro paese negli ultimi sessant'anni è cambiato molto, in alcune è migliorato in altre no. Di sicuro questa la elencherei tra le cose che non sono migliorate. Sarebbe bello se recuperasse il senso del dovere dell'insegnare ai nostri figli quanto è importante il rapporto con la collettività. Sarebbe bello se si insegnasse che la libertà è bellissima, è importantissima, ma che la nostra deve fare un passo indietro quando comincia quella degli altri. Sono temi che si sono un pò persi nel caos in cui versa ormai la nostra politica.

Nel suo film sembra che ci siano dei protagonisti ma si cerca di parlare della collettività, un'entità poco più allargata, uno sguardo affettuoso alla Sicilia e al popolo siciliano. Tutto il resto passa e la Sicilia e i siciliani restano e si vede cosa rimane qui con loro. Com'è la Sicilia adesso? Cosa rimane ai siciliani dopo tutti questi avvenimenti, queste sofferenze?
Tornatore: Non è solo la Sicilia. C'è una prospettiva attraverso la quale sono raccontate le vicende ma si potrebbe applicare a tutto un altro luogo. L'idea era quella di raccontare un coro di personaggi all'interno di un microcosmo che è un paese e di far sentire continuamente l'eco di tutto ciò che succede intorno, l'eco di tutto quello che succede lontano. A me piace di più pensare ad un film su un luogo che finisce per essere un pò un'allegoria di tutti i luoghi in cui noi siamo nati. Io sono sicuro che chiunque è nato in un centro non estesissimo, troverà migliaia di cose analoghe perché i centri di provincia sono uguali dappertutto e perciò la provincia è importante e ti aiuta quasi sempre, ti aiuta a capire meglio quello che succede lontano. Cosa resta oggi alla Sicilia di tutte queste cose? Resta tantissimo e tant'è che ci si continua ad interrogare su cosa significa essere siciliani, su cosa significhi vivere la Sicilia in Italia. Io risponderei citando uno scrittore che ho amato moltissimo che è Sciascia "Si è siciliani con difficoltà".

È una colonna sonora bellissima. Come Tornatore ha rivisitato il suo cinema facendo Baaria?
Ennio Morricone: Ho imparato che non bisogna amare troppo un film, perché il pericolo è quello di strafare di andare oltre, di perdere la misura, qualche volta nel passato mi è capitato. Stavolta credo che malgrado io ami molto questo film non è capitato, credo di aver mantenuto la misura. Non ho sparato le artiglierie degli ottoni verso il cielo ma ho voluto mantenere salvo un momento di archi soli, tutto il commento in una fase di suono molto omogenea malgrado i suoi crescendo, i suoi diminuendo, la sua dinamica. Forse nella tarantella c'è un pò un grido, c'è accennato il tema politico ma in genere la misura è stata contenuta. Sul fatto che io mi rivisiti, io sono io e ricomincio sempre dall'ultimo lavoro e vado avanti e quindi un autore è sempre lo stesso autore, non può cambiare. Certi tratti, certi stilemi vengono alla luce ugualmente senza volerlo. Io scrivo e siccome scrivo tutto fino alla fine probabilmente questo viene fuori. Ma non ho pensato certamente ad altri lavori pensando alla musica di Baarìa.

Che cosa ha voluto ottenere con Baarìa e come è stato lavorare ancora insieme a Morricone?
Tornatore: Non è stato diverso lavorare con Morricone è il nostro ottavo film, adesso sono più di vent'anni che ci conosciamo e lavoriamo insieme, abbiamo un codice di collaborazione di lavoro che consente a tutt'e due la capacità di comprenderci fino in fondo. Però talvolta ci divertiamo perché sappiamo di essere capaci di comprenderci e proviamo anche a rischiare, a pensare a lungo, a cercare a lungo, non ci accontentiamo mai delle prime idee che ci vengono in mente. Ci piace andare in fondo e ci piace non dare mai nulla per scontato. Questo film è stata un'esperienza esaltante come lo sono state tutte le esperienze con Ennio, ma questo film ci presentava delle sfide diverse rispetto a quelle che rappresentavano gli altri film e quindi ci siamo appassionati noi stessi a cercare la strada giusta.
Benché alcuni elementi della mia esperienza personale fossero stati già utilizzati, opportunamente trasfigurati in altri miei film, da molti anni mi dicevo che questo mondo che mi è rimasto addosso fatto di luoghi, di personaggi, di aspirazioni, di frustrazioni, di sogni, di utopie, di allegrie, di risate e di sfide. Mi dicevo che tutto questo materiale poteva diventare un film. Però non mi decidevo mai a farlo perché pensavo di farlo più in là. Perché pensavo che all'età di sessant'anni sarebbe stata la prospettiva più giusta per avere un ottimo rapporto con la memoria. Non lo so se è stata un'intuizione giusta, sta di fatto che ho avuto una consapevolezza della difficoltà del progetto che mi portava a credere che non si sarebbe fatto mai e forse quella cosa che l'avrei fatto a sessant'anni era un auto ipocrisia. Purtroppo a volte ho fatto l'errore di parlarne con dei miei amici Giampaolo Lette e Mario Ospedaletti con cui ho già fatto tanti film, di tanto in tanto mi è scampato qualcosa. Quando ci siamo trovati attorno ad un tavolo per decidere cosa fare dopo La sconosciuta, mi hanno chiesto: Cos'è quella cosa di cui parli ogni tanto? Mi hanno convinto a raccontargliela ed ho cominciato a descrivere intere frequenze che avevo già in testa e che sono esattamente come sono nel film. Sta di fatto che se ne sono innamorati e piano piano mi hanno aiutato a uscire dalla mia stessa incertezza e a quel punto il film si è fatto.

Morricone: In tutti i film che abbiamo fatto lui ha rappresentato un grande progresso, un grande collaboratore. Devo dire che ci siamo trovati qualche volta ad esprimere la stessa cosa ed io mio sono sorpreso di quello che diceva lui perché io pensavo la stessa cosa e viceversa. I suoi progressi sono stati veramente grandi sia sul lato musicale che sul lato tecnico e quindi sono contento di poterlo dire. Non è facile trovare l'intesa con il regista invece qui è stato facile.

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