gianluca bazzon
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sabato 18 giugno 2011
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manuale della famiglia moderna
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Burt e Verona sono in attesa di una bambina e scoprono che i genitori di lui stanno per dare una svolta alla loro vita onorando un progetto che li accomunava da quindici anni: andare a vivere in Belgio, a più di cinquemila chilometri dalla futura nipote. E' la crisi di certezze.
Senza più vincoli geografici e affettivi, decidono di intraprendere un viaggio in giro per l'America e non solo, alla ricerca del luogo ideale per dare i natali alla benvenuta.
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Burt e Verona sono in attesa di una bambina e scoprono che i genitori di lui stanno per dare una svolta alla loro vita onorando un progetto che li accomunava da quindici anni: andare a vivere in Belgio, a più di cinquemila chilometri dalla futura nipote. E' la crisi di certezze.
Senza più vincoli geografici e affettivi, decidono di intraprendere un viaggio in giro per l'America e non solo, alla ricerca del luogo ideale per dare i natali alla benvenuta.
Gli incontri sono talvolta esilaranti, dalla ex collega sboccata col marito catastrofista alla cugina pseudo-hippy che vive una surreale vita new age e ne segue le rigidissime regole insieme al compagno e al 'povero' figlio.
La loro è una vera e propria Odissea, attraverso stili e abitudini di vita e in particolare modelli famigliari, che li getta verso un'indagine sulle loro aspettative, speranze e paure alla luce della quale tirano le fila su come vogliono e non vogliono essere.
A tratti il film, diretto da Sam Mendes già autore di "American Beauty", come a ricordare che in quanto a stile made in the u.s.a è un maestro, sembra essere un manuale della famiglia, pregi e difetti illustrati. Ma Burt e Verona sono solamente una coppia di persone innamorate che aspettano un figlio e che vivono con una percezione profondamente ironica e sana della realtà. Vogliono fare la cosa giusta. L'importanza delle intenzioni e degli intenti supera quella dei problemi materiali, delle caratteristiche estetiche ( i due non sono esempi di bellezza ), e del successo personale.
La loro forza sta in questo, nella genuinità e nella onestà intellettuale che li porta continuamente a mettersi in discussione. Lo dimostra una delle scene iniziali in cui Verona chiede ripetutamente a Burt: "siamo dei falliti?"
La domanda è sana e produttiva in quanto porta ad un ridimensionamento di sè e ad un desiderio di conoscere il proprio ruolo in mezzo agli altri, facendo i conti con il proprio bagaglio personale.
Il finale a cui manca solo la scritta "..e vissero felici e contenti" delle fiabe, è un po' scontato ma rappresenta quello che meritano: una bella casa dove costruire una sana famiglia.
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ipno74
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mercoledì 25 maggio 2011
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trentenni in crisi
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Il film si guarda e le tematiche sono molto.
Mendes non fa proprio un capolavoro, il ritmo a volte si perde ma poi si riprende in modo gradevole.
La sceneggiatura è buona e gli attori sono simpatici.
Tutti cerchiamo un posto stupendo in cui vivere ma a volte non abbiamo il coraggio neanche di partire.
I protagonosti partono e, con la scusa di andare a trovare amici e parenti, cercano anche casa, ma senza riuscirci.
O meglio ne trovano tante ma sempre vicine a persone sgradevoli, fino a finire nella casa dei loro genitori.
Buona visione
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nalipa
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mercoledì 13 aprile 2011
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può sembrare strano......
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forse un pò banale, ma io penso sia molto vero e attuale.
Insomma viviamo in un mondo in cui metter su famiglia non é più automatico e scontato come un tempo!
Burt e verona sono una coppia di trentenni che aspettano un bambino e quando vengono a sapere che gli eccentrici genitori di lui lasceranno il Colorado, anche loro decisono di stabilirsi altrove, perché viene a cadere l'unica ragione per cui i due avevano deciso di stare lì.
Cominciano un lungo viaggio tra Phoenix e Tucson, il Winsconsin e Montreale, Miami e il South Carolina; facendo visiata ad amici e parenti con l'intento di trasferirsi vicino a qualcuno di loro.
Capiranno non senza soffrire che ogni realtà ha i suoi lati buoni e i suoi lati meno buoni ma soprattutto che dovranno solo e soltanto fare affidamento su loro stessi.
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pinkpunk
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martedì 22 marzo 2011
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l'epica on the road tramonta e si torna a casa
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Per chi come me si è formato nei decenni 60/70 questo è un film che stringe il cuore, per due motivi: perchè è un film on the road e per la colonna sonora che ricorda il rock californiano e cantautorale di quei decenni. Inoltre lo spirito critico nei riguardi della società (allora si diceva del sistema) pervade tutto il film. Ci sono poi altri riferimenti, la figura di lui, ragazzo infantile e un po' imbranato, riecheggia il loser, cioè il perdente che fu eroe di tanta letteratura e tanto cinema che lo rappresentò come colui che non si adegua alle regole e ne accetta le conseguenze (nel film i due si interrogano esplicitamente sul fatto se siano dei falliti, qui però il loser perde la sua valenza eroica).
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Per chi come me si è formato nei decenni 60/70 questo è un film che stringe il cuore, per due motivi: perchè è un film on the road e per la colonna sonora che ricorda il rock californiano e cantautorale di quei decenni. Inoltre lo spirito critico nei riguardi della società (allora si diceva del sistema) pervade tutto il film. Ci sono poi altri riferimenti, la figura di lui, ragazzo infantile e un po' imbranato, riecheggia il loser, cioè il perdente che fu eroe di tanta letteratura e tanto cinema che lo rappresentò come colui che non si adegua alle regole e ne accetta le conseguenze (nel film i due si interrogano esplicitamente sul fatto se siano dei falliti, qui però il loser perde la sua valenza eroica). Il viaggio, come al solito, si rivela una panoramica sull' american way of life, condotta in modo dissacrante, volutamente esagerato, con risultati a volte esilaranti. Non è analisi sociologica, ma feroce sarcasmo, in cui i personaggi vengono sbeffeggiati e triturati senza pietà, irrisi non per il loro conformismo, all'opposto per il loro anticonformismo di maniera che li rende marionette le cui fisse mentali sono droga che evita loro di fare i conti con la realtà (con le dovute proporzioni questo tipo di anticonformismo lo possiamo vedere ampiamente intorno a noi). I dialoghi sono l'asse portante del film fin verso il finale: val la pena di ricordare la scena in cui i due si fanno le promesse per il loro futuro insieme, quando lui chiede che, se per caso dovesse morire in un incidente, lei racconti ai figli che è morto combattendo contro una schiera di nemici (e qui c'è la classicità e l'infantilismo, John Wayne) per salvare un centinaio di orfani ceceni (e qui c'è la modernità e la maturità). Nel finale però le immagini prendono il sopravvento e trionfano, come nella bellisima scena delle reciproche promesse, che è una scena d'amore particolarmente struggente(l'abilità straordinaria di fermare la scena prima del bacio e trasmettere ugualmente l'intensità del rapporto tra i due: io la metterei tra i più bei baci del cinema, proprio perchè il bacio non si vede, ma lo si "vive"). E poi nella suggestive scene finali del ritorno a casa, dove si ritrova un paesaggio incantato che non si era mai voluto vedere prima di partire. Ed è nel ritorno che si trova la pace (e forse, chissà, la felicità): questo happy end è però in contrapposizione netta con con lo spirito on the road, per il quale l'importante è essere sempre in viaggio e non arrivare mai, anime perennemente insoddisfatte sempre alla ricerca di "qualcos'altro": per quanto questo possa creare tormento è anche ciò che dà un senso alla vita. I nostri due eroi invece, esausti di quel lungo viaggio cominciato negli anni 70 e stanchi forse di cercare un senso, vogliono proprio trovare la pace, e arrivano infine (40 anni dopo) alla la meta più fantastica che risulta essere (chi l'avrebbe mai immaginato?) la propria terra (che il regista sia un leghista?).
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martacora
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venerdì 4 febbraio 2011
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away we go, in equilibrio tra amore e maternità
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Se ancora non l'avete visto, non perdete tempo perchè Away We Go è una piccola perla di semplicità e sincerità davvero ben amalgamate.
L'arrivo di una bambina è davvero un evento importante per ogni coppia e sembra davvero che tanti altri ormai più esperti in convivenze e matrimoni possano dispensare per i neo-genitori saggezza e supporto negli ovvi e comprensibile dubbi di una mamma e un papà in erba. O almeno questo è quello che pensano i nostri due protagonisti che nel loro lungo viaggio tenteranno di trovare il "guru" della loro futura genitorialità ad ogni costo.
Il finale non potrebbe essere più ragionevole e giusto di ciò che vi aspetterà al concludersi di questa pellicola davvero piacevole e intelligente.
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Se ancora non l'avete visto, non perdete tempo perchè Away We Go è una piccola perla di semplicità e sincerità davvero ben amalgamate.
L'arrivo di una bambina è davvero un evento importante per ogni coppia e sembra davvero che tanti altri ormai più esperti in convivenze e matrimoni possano dispensare per i neo-genitori saggezza e supporto negli ovvi e comprensibile dubbi di una mamma e un papà in erba. O almeno questo è quello che pensano i nostri due protagonisti che nel loro lungo viaggio tenteranno di trovare il "guru" della loro futura genitorialità ad ogni costo.
Il finale non potrebbe essere più ragionevole e giusto di ciò che vi aspetterà al concludersi di questa pellicola davvero piacevole e intelligente.
Non macheranno battute brillanti, esilaranti interpretazioni, momenti di riflessione e alcuni meno profondi. In ogni caso il film riesce a conciliare il tono spensierato e divertito di una commedia senza scadere in descizioni banali o superficiali della giovane generazione americana.
Dopo Revolutionary Road, Sam Mendes torna a raccontarci le difficili dinamiche dei rapporti di coppia, di quanto l'amore possia rivelarsi difficile e imprevisto, di quanto la maternità possa cambiare la vita. Questa volta il bilancio è sicuramente meno tragico e ad anche l'epilogo della lunga peregrinazione non può che farci lasciare lo schermo con una speranza in più.
Come sempre, la distribuzione ha sbagliato di gran lunga il momento d'uscita nei cinema italiani e Away We Go è rimasto tagliato fuori per le poche sale, schiacciato dai cinepanettoni sovraffolati. Poco lusinghiera come al solto la scelta del cambiare titolo in American Life, il solito specchietto per le allodole che neanche è valso alla traduzione dell'originale.
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variabiley
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domenica 23 gennaio 2011
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leggera amministrazione ordinaria
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Attraverso il sapore fruttato della compagna, Burt ne scopre la gravidanza. Da qui comincia la simbiosi vissuta da Burt e Verona, legata alle ansie del diventare genitori. I due sono una coppia affiatata, che dimostra di saper vivere, ma il panico di non riuscire a gestire la nuova vita in arrivo, condito da un contorno di vecchi amici non proprio esemplari, coglie anche chi della vita ha fatto il suo gioco preferito.
Veniamo immediatamente trascinati in casa Farlander e ci sentiamo subito ben accolti da una coppia semplice e ironica, che sembra in grado di poter vivere ovunque, purchè si stia insieme.
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Attraverso il sapore fruttato della compagna, Burt ne scopre la gravidanza. Da qui comincia la simbiosi vissuta da Burt e Verona, legata alle ansie del diventare genitori. I due sono una coppia affiatata, che dimostra di saper vivere, ma il panico di non riuscire a gestire la nuova vita in arrivo, condito da un contorno di vecchi amici non proprio esemplari, coglie anche chi della vita ha fatto il suo gioco preferito.
Veniamo immediatamente trascinati in casa Farlander e ci sentiamo subito ben accolti da una coppia semplice e ironica, che sembra in grado di poter vivere ovunque, purchè si stia insieme. E' proprio questo il punto forte del film: l'empatia creata sin dalle prime scene fra la coppia protagonista e chi la osserva divertito. Il regista, Sam Mendes, si diverte a far sentire ognuno di noi uno della coppia, definendoli attraverso le loro bocche degli sfigati. Potrebbe quasi sembrare paradossale, ma Mendes conosce bene i suoi spettatori e dimostra di sapere su cosa può giocare. A scanso di equivoci, ci offre altre false possibilità di impersonificazione, ossia nei vecchi amici eclittici e un po' suonati.
In realtà questa non è altro che una reunion di alcuni dei più frequenti stereotipi, ma i personaggi sono ben costruiti, studiati e trattati con la dose di ironia giusta per non farci stancare e/o storcere il naso.
Nella seconda parte c'è una flessione, si sorride più di rado ma solo perchè veniamo guidati nel percorso della coppia parallelamente a loro, sfumando l'entusiasmo in preoccupazione vissuta con minor leggerezza. Viene qui sottolineata la sua visione con una critica più velata rispetto alle sue opere precedenti.
Il regista ci tiene a rendere ben chiara la sua posizione e si sforza nel voler arrivare necessariamente alla sua morale finale, ben pronunciata. In questo modo, però, spezza il pubblico in chi aspettava quel tassello mancante e chi lo reputa del tutto superfluo, quasi stonato. Sam Mendes è (purtroppo) così: vuole rispondere a tutte le domande, vuole confutare ogni dubbio (anche quando non ci sono) prima che arrivino i titoli di coda.
“Leggero” non è quello che non ha peso ma è ciò che ti tiene sollevato.
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astromelia
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giovedì 20 gennaio 2011
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troppo bello
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la maternità e le sue sfaccettature, esilarante e dentro il tema,raramente si vede un film così ben costruito,bravi gli attori
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reservoir dogs
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martedì 18 gennaio 2011
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una vita americana nel sogno americano
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Burt (Krasinski) e Verona (Rudolph) sono una coppia di trentaquattrenni con una bimba in arrivo.
Quando i genitori di lui (quelli di lei sono morti) poco interessati all'arrivo della pupa decidono di partire per l'India la giovane coppia sceglie di compiere un gesto semplice ma coraggioso per i tempi che corrono: quello di cominciare un viaggio per l'America alla ricerca del nido adatto in cui crescere la piccola in arrivo.
Dovranno affrontare persone/famiglie di ogni tipo: dagli amici di Verona (Janney e Gaffigan), genitori troppo presi da loro stessi da non pensare e non sentire i loro figli alla bella sorella di Verona (Ejogo) che ha puntato tutto nella vita professionale per non parlare della cugina "acquisita" di Burt (Gyllenhaal) che nella propria utopistica perfezione familiare teme il passeggino come strumento di distacco materno.
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Burt (Krasinski) e Verona (Rudolph) sono una coppia di trentaquattrenni con una bimba in arrivo.
Quando i genitori di lui (quelli di lei sono morti) poco interessati all'arrivo della pupa decidono di partire per l'India la giovane coppia sceglie di compiere un gesto semplice ma coraggioso per i tempi che corrono: quello di cominciare un viaggio per l'America alla ricerca del nido adatto in cui crescere la piccola in arrivo.
Dovranno affrontare persone/famiglie di ogni tipo: dagli amici di Verona (Janney e Gaffigan), genitori troppo presi da loro stessi da non pensare e non sentire i loro figli alla bella sorella di Verona (Ejogo) che ha puntato tutto nella vita professionale per non parlare della cugina "acquisita" di Burt (Gyllenhaal) che nella propria utopistica perfezione familiare teme il passeggino come strumento di distacco materno.
I nostri eroi dopo un lungo ed istruttivo viaggio comprenderanno come sia necessario comprendere il passato e quindi farne tesoro in una casa con un albero di "frutta appesa" per poter guardare dritto nel futuro di una famiglia.
Nicholas Ray parlando de "Il temerario" constatò come il desiderio di possedere una casa incarnasse pienamente il concetto di Sogno Americano, in quel Sogno si trova una vita americana che due "apparenti falliti" hanno deciso eroicamente di avere.
Commedia leggera ed intensa allo stesso tempo quella di Mendes che riparte dalla vita di coppia laddove ci aveva lasciato con Revolutionary Road; con una coppia che decide stavolta di fare davvero il grande passo del trasferimento che invece Frank e April Wheeler prima desideravano ma poi temevano e reprimevano nelle convezioni sociali.
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nickdig
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lunedì 17 gennaio 2011
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mi è piaciuto
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Finalmente un film poistivo, solare che lascia vedere come ci sono alcuni Valori che possono avere il sopravvento su un mondo confuso e alla deriva.
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teiga01
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mercoledì 12 gennaio 2011
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innamorati non ancora genitori
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Quanto puo' essere importante oggi un figlio? E l'essere Genitori all'altezza?
Tanto da spingerli a sbattere come su un ottovolante da una parte all'altra
d'America, presto, presto prima che il figlio nasca...
C'è un disordine diffuso che impregna volutamente la scena:disordine che investe
soprattutto la testa e il cuore delle persone.
Non c'è personaggio o contesto che non ne siano privi, spiacevoli sensazioni
da cui fuggire: genitori sessantenni con la sindrome di Peter Pan, madri degeneri
senza il minimo rispetto per i sentimenti dei figli, padri vacui e assenti,
famiglie new age disturbanti (e forse disturbate), giovani famiglie allargate
(pure troppo).
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Quanto puo' essere importante oggi un figlio? E l'essere Genitori all'altezza?
Tanto da spingerli a sbattere come su un ottovolante da una parte all'altra
d'America, presto, presto prima che il figlio nasca...
C'è un disordine diffuso che impregna volutamente la scena:disordine che investe
soprattutto la testa e il cuore delle persone.
Non c'è personaggio o contesto che non ne siano privi, spiacevoli sensazioni
da cui fuggire: genitori sessantenni con la sindrome di Peter Pan, madri degeneri
senza il minimo rispetto per i sentimenti dei figli, padri vacui e assenti,
famiglie new age disturbanti (e forse disturbate), giovani famiglie allargate
(pure troppo).
Spesso American Life coglie nel segno facendo emergere dal negativo: quella che
dovrebbe essere l'intima bellezza dell'allattamento di un figlio, la condivisione
fino in fondo con i figli adolescenti di un momento, la percezione del senso
di appartenenza ad un micronucleo coeso...
La ricerca di un locus ameno, di un nido d'affetti vero e proprio sfuma sempre più.
I due protagonisti dovranno, anche loro portatori di disordine, privi del sostegno
della Famiglia, del conforto attivo degli Amici, animati dalle amorevoli buone
intenzioni, cominciare coraggiosamente questo viaggio loro tre Soli.
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