ciarls
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venerdì 16 maggio 2008
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discreto film, ma poco violento
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il film è discreto anche se poteva migliorare aggiungendo dettagli splatter nella scena dell'omocidio e dettagli porno nelle scene in cui c'era la coinquilina della protagonista. Poi ci avrei messo qualche sparatoria, giusto per condire il tutto.
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vincenzo
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lunedì 12 maggio 2008
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un film drammatico......
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Un film drammatico che parla dell'insoddisfazione dei giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro e spesso sono costretti a svolgere lavori umilianti.Un film tragico sul mondo in cui viviamo: dalle caste chiuse ad una società che non riesce a formare i propri giovani e soprattutto non si preoccupa di farlo privilegiando il merito.
Un film realista che lascia molta amarezza ed invia forse un messaggio di speranza.
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fa<
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venerdì 9 maggio 2008
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dd
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darjus
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sabato 3 maggio 2008
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virzì in forma altmaniana
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Ampi spazi di una periferia metropolitana, uomini che ballano e cantano, autobus impazziti, scale mobili in eterno movimento, auricolari e scrivanie fantascientifiche, corsi a premi e lotte intestine, menzogne, sogni di plastica e miserie reali: è questo il desolante paesaggio della modernità nella società del dio Denaro, dove l'imperatore Profitto comanda senza pietà, usando l'inganno, la paura e la disperazione come leggi inflessibili cui inginocchiarsi. Questo è il mondo del lavoro in Italia nel nuovo millennio, questo è il panorama che ci mostra un ispiratissimo Virzì, colorando di un surrealismo grottesco il suo lucido affresco sul miserabile mondo dei call-center. Con un piglio quasi Altmaniano il regista livornese si spinge oltre la mera denuncia dello sfruttamento dei precari, descrivendo una realtà a tutto tondo, dove perdono tutti, ricchi e poveri, bravi e incapaci, forti e deboli, e in cui il "mors tua vita mea" trionfa (quasi) sempre sull'amore e sul rispetto.
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Ampi spazi di una periferia metropolitana, uomini che ballano e cantano, autobus impazziti, scale mobili in eterno movimento, auricolari e scrivanie fantascientifiche, corsi a premi e lotte intestine, menzogne, sogni di plastica e miserie reali: è questo il desolante paesaggio della modernità nella società del dio Denaro, dove l'imperatore Profitto comanda senza pietà, usando l'inganno, la paura e la disperazione come leggi inflessibili cui inginocchiarsi. Questo è il mondo del lavoro in Italia nel nuovo millennio, questo è il panorama che ci mostra un ispiratissimo Virzì, colorando di un surrealismo grottesco il suo lucido affresco sul miserabile mondo dei call-center. Con un piglio quasi Altmaniano il regista livornese si spinge oltre la mera denuncia dello sfruttamento dei precari, descrivendo una realtà a tutto tondo, dove perdono tutti, ricchi e poveri, bravi e incapaci, forti e deboli, e in cui il "mors tua vita mea" trionfa (quasi) sempre sull'amore e sul rispetto. A mantenere viva la nostra speranza una splendida Ragonese, forte e incantevole, saggia e fragile, un «iceberg colorato», pieno di dolcezza e vitalità. Bravi anche gli altri attori, in una coralità che appassiona e non stona quasi mai, perdendosi solo in qualche macchietta e qualche evitabile caduta tragico-grottesca. ***½
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andrea di stefano
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venerdì 2 maggio 2008
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grande gesto di virzì ma il finale è ambiguo
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In termini cinematografici ha una regia scolastica, la foto grafia è all'italiana priva di personalità, gli attori indossano queste maschere reali nella nostra società, nella loro recitazione è a limite della finzione che sentiamo solitamente al teatro e questo non coincide con il tipo di fotografia utilizzata, la sceneggiatura è didatticamente scolastica, se il cinema è arte nell'arte bisogna creare un finale concreto e non ambiguo, prendere una posizione perchè tanto il cinema non è la realta. Paolo Virzì è stato molto bravo a mettere in luce la situazione della società italiana in modo tragicomico, costruendo dei personaggi specchio di una società, quella itaqliana, che ha fatto diventare cultura il grande fratello, una società vecchia dove la classe dirigente è composta da ottantenni che decidono se sei idoneo o meno ad affrontare la vita, imprenditori arricchiti chissà come che appaiono con l'abito firmato e la loro automobile da 50.
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In termini cinematografici ha una regia scolastica, la foto grafia è all'italiana priva di personalità, gli attori indossano queste maschere reali nella nostra società, nella loro recitazione è a limite della finzione che sentiamo solitamente al teatro e questo non coincide con il tipo di fotografia utilizzata, la sceneggiatura è didatticamente scolastica, se il cinema è arte nell'arte bisogna creare un finale concreto e non ambiguo, prendere una posizione perchè tanto il cinema non è la realta. Paolo Virzì è stato molto bravo a mettere in luce la situazione della società italiana in modo tragicomico, costruendo dei personaggi specchio di una società, quella itaqliana, che ha fatto diventare cultura il grande fratello, una società vecchia dove la classe dirigente è composta da ottantenni che decidono se sei idoneo o meno ad affrontare la vita, imprenditori arricchiti chissà come che appaiono con l'abito firmato e la loro automobile da 50.000 euro ma in realtà sono perdenti gia dal giorno della loro nascita, insomma questa nuova generazione di giovani che non si non aderisce alla realtà italiana ad u paese culturalmente alla deriva, la positività dei giovani sta morendo, sta morendo la speranza, molti personaggi nel film sono rassegnati, umiliati, alla deriva, soltanto Marta, interpretata con una recitazione suffuciente da Isabella Ragonese, è un personaggio che affronta questa realtà con intelligenza, guardando questa società dall'alto ma allo stesso tempo interagisce con essa ed in alcuni casi ci si affeziona personaggio che nel finale ne esce moralmente positivo ma non porta a casa nulla di concreto, se nel film Alla ricerca della felicità di Will Smit c'era una possibilità di essere assunti qui al personaggio non gli viene data nessuna possibilità di scelta la sua situazione rimarrà così com'è. Il finale del film se vistoda un pubblico giovanile è un finale pieno di speranza di un futuro migliore ma se visto da un pubblico adulto, quindi mentalmente più razionale, il finale è tragico. Un personaggio positivo, pieno di buonismo e di umanità è sicuramente la signora anziana conosciuta telefonicamente da Marta, personaggio che si fa portatore di speranza, ma una speranza in declino proprio perchè interpretata da un'anziana signora con la quale Marta decide di togliersi la maschera e piangere sulla sua spalla, queste sono lacrime non di rassegnazione ma allo stesso tempo di stanchezza di un paese fatto di persone culturalmente inferiori, non sapiamo bene come andremo a finire, sta a noi alla fine del film sognare un futuro migliore, immagginare che Marta troverà lavoro e incontrerà persone come lei, oppure un futuro senza speranza dove ormai quello che si è seminato lo stiamo raccogliendo, ma una cosa è certa i giovani italiani sono diversi dall'italia del secolo precedente.
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mercoledì 30 aprile 2008
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sopra le aspettative
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giulia
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lunedì 28 aprile 2008
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dedicato a chi ha "tutta la vita davanti"
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Bisogna riconoscere a Paolo Virzì il grande merito di aver tracciato un profilo cinico e aderente alla raltà del mondo dei giovani lavoratori. Nella giungla dei precari, tra contratti a termine e co.co.co, nella selvaggia landa dei call-center e delle aziende in cerca di lavoratori giovani e avidi di denaro, si snoda il drammatico scenario del lavoro precario, unica sponda sulla quale approdare per poter dare "un senso a questa vita", avrebbe detto Vasco Rossi, tanto caro alle problematiche esistenziali del mondo dei giovani. Caro come lo è Virzì. La sua maestrìa nel dirigere personaggi e storie tutte diverse ma tutte accomunate da un senso di precarietà che non riguarda il solo aspetto lavorativo, ma la vita in genere, con le sue complessità, i suoi ricchi colpi di scena, il suo cinismo ossessivo, ha fatto di un iper-sponsorizzato film un manuale per la sopravvivenza per apprendisti lavoratori e praticanti della quotidianità.
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Bisogna riconoscere a Paolo Virzì il grande merito di aver tracciato un profilo cinico e aderente alla raltà del mondo dei giovani lavoratori. Nella giungla dei precari, tra contratti a termine e co.co.co, nella selvaggia landa dei call-center e delle aziende in cerca di lavoratori giovani e avidi di denaro, si snoda il drammatico scenario del lavoro precario, unica sponda sulla quale approdare per poter dare "un senso a questa vita", avrebbe detto Vasco Rossi, tanto caro alle problematiche esistenziali del mondo dei giovani. Caro come lo è Virzì. La sua maestrìa nel dirigere personaggi e storie tutte diverse ma tutte accomunate da un senso di precarietà che non riguarda il solo aspetto lavorativo, ma la vita in genere, con le sue complessità, i suoi ricchi colpi di scena, il suo cinismo ossessivo, ha fatto di un iper-sponsorizzato film un manuale per la sopravvivenza per apprendisti lavoratori e praticanti della quotidianità. La pellicola è un ricco carnet di situazioni appartenenti ai diversi strati sociali: c'è la laureata con lode in filosofia costretta a sopravvivere di turni sfiancanti in un call center; c'è la ragazza madre svampita e irresponsabile pronta a "svendersi" per arrotondare una misera mansilità; c'è la capa-pugno di ferro, dispensatrice di consigli sull'autostima, inafferrabile e inarrivabile sul posto di lavoro, perfettamente attacabile in privato; c'è il "capo dei capi", il responsabile d'azienda avvolto dall'aura del potere; c'è il giovane dipendente frenetico e nevrotico, assorbito da una logica di lavoro assolutamente inesatta; c'è il sindacalista imbranato, forte nella propaganda dei diritti del lavoratore, ma incapace di proteggere i giovani, macinati da un sistema di sfruttamento potente e quasi insfiancabile. Tutti fanno parte di un mondo che non è solo quello dei mortificanti call-center, ma del mondo, quello fatto di lotte per l'affermazione, in piccolo o in grande, di sè. Corre in soccorso la filosofia, non solo quella studiata e da studiare, ma la propria, personalisima filosofia di vita. Il panorama è devastante, le prospettive tutt'altro che rosee, il liet-motiv "tutta la vita davanti" è solo un beffeggio da parte di chi l'età del precariato non sa nemmeno cosa sia o l'ha abbondantemente superata. Ma questo film non lascia solo l'amaro in bocca. Spinge a cercare dentro di sè motivazioni sempre nuove per affrontare un mondo a volte spietato con i giusti. Ed è dedicato a tutti coloro che hanno o sentono di avere davvero "tutta la vita davanti" e non ne hanno paura.
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rivoluzionario
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lunedì 28 aprile 2008
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il nuovo film del fratello di carlo virzì
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Se un film ha successo vuol dire che è un pessimo film. Se un film non ha successo vuol dire che è un capolavoro.
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pedro
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domenica 27 aprile 2008
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tutti bravi
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se non lavorassi in un call center, potrei pensare che tutto questo è inventato.
In realtà, a parte un po' di mano calcata talvolta, è tutto molto vero e triste.
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jackbuttler
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sabato 26 aprile 2008
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siamo a posto...
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E questo sarebbe il grande cinema italiano? Possibile che uno che ha fatto il cantante fino all'altro ieri riesca a produrre dei veri e propri capolavori se paragonati al lavoro di gente che nel cinema ci è nata e ci sguazza ormai da tanti anni? Sono andato a vedere il film pieno di buone intenzioni (in fondo Ovosodo non mi era dispiaciuto), ma sono stato riportato alla dura realtà della regia italiana dopo pochi minuti: un argomento interessante che poteva dar luogo a una miriade di spunti di riflessione trasformato in un teatrino delle banalità degno di una soap-opera sudamericana: l'invidia fra colleghe, il proprietario freddo uomo-immagine ma con una vita disastrata, la dirigente aspide-mamma chioccia che - toh! che novità - è in dloce attesa del figlio illegittimo del capo, la vecchina triste perchè la nipote si è suicidata perchè non trovava lavoro, il venditore che ruba i soldi alla vecchina, la coinquilina ragazza-madre svampita, la mamma morente.
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E questo sarebbe il grande cinema italiano? Possibile che uno che ha fatto il cantante fino all'altro ieri riesca a produrre dei veri e propri capolavori se paragonati al lavoro di gente che nel cinema ci è nata e ci sguazza ormai da tanti anni? Sono andato a vedere il film pieno di buone intenzioni (in fondo Ovosodo non mi era dispiaciuto), ma sono stato riportato alla dura realtà della regia italiana dopo pochi minuti: un argomento interessante che poteva dar luogo a una miriade di spunti di riflessione trasformato in un teatrino delle banalità degno di una soap-opera sudamericana: l'invidia fra colleghe, il proprietario freddo uomo-immagine ma con una vita disastrata, la dirigente aspide-mamma chioccia che - toh! che novità - è in dloce attesa del figlio illegittimo del capo, la vecchina triste perchè la nipote si è suicidata perchè non trovava lavoro, il venditore che ruba i soldi alla vecchina, la coinquilina ragazza-madre svampita, la mamma morente... BASTA! Come se non fosse sufficiente ci si mette anche una fastidiosissima voce fuori campo a spiegarti tutto quello che succede prima che succeda, come se il pubblico non fosse abbastanza acuto da capire che se il ragazzo della protagonista lo si vede due secondi all'inizio del film, due secondi alla fine, lui si è trasferito in America e nel frattempo lei è andata con uno per dispetto, forse la loro storia è finita.
Diamo a Cesare quel ch'è di Cesare: l'interpretazione di Isabella Ragonese è veramente emozionante, e non è da meno Valerio Mastrandrea, inoltre il terribile spettacolo della vita nei call-centre offerto da Virzì è molto realistico e molto angosciante (personalmente la parte più traumatica è la canzoncina all'inizio del turno). Dall'altro lato però l'interpretazione della Ferilli è disrmante (ha la stessa espressione quando ride, quando piange, quando è preoccupata, quando è felice e probabilmente anche quando dorme), alcune trovate sono assolutamente gratuite (la madre col cancro, la bambina, i sindacati), tutte cose create, sviluppate e poi lasciate lì senza una ragione precisa (non riesco a capire anche la ragione per cui sono state inserite). Dulcis in fundo, il finale, o per meglio dire, i finali: ci sono moltissime occasioni per chiudere il film in un modo decoroso (almeno salvare la faccia) ma no, Virzì no, sceglie di ignorarle e trascinare il pietoso spettacolo per due ore (quasi) intere, mettendo a dura prova il disgraziato pubblico.Perchè? Perchè si sa che, se non muore qualcuno di inutile, Virzì non è contento.
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[+] pronto a farti massacrare?
(di pasquino)
[ - ] pronto a farti massacrare?
[+] faccia tosta
(di elena)
[ - ] faccia tosta
[+] ...il miglior amico dell'uomo...
(di joe)
[ - ] ...il miglior amico dell'uomo...
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