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Amici di cuore

Dal romanzo di Umberto Contarello il nuovo film di Francesca Archibugi.
di Marianna Cappi

Cinema di strada
Kim Rossi Stuart (54 anni) 31 ottobre 1969, Roma (Italia) - Scorpione. Interpreta Angelo nel film di Francesca Archibugi Questione di cuore.

mercoledì 8 aprile 2009 - Incontri

Cinema di strada
Alberto e Angelo vengono colpiti da un infarto nella stessa notte, nella stessa città. Il primo è un noto sceneggiatore, il secondo un giovane carrozziere: due vite distanti, destinate a non incrociarsi mai, che s'incontrano niente meno che davanti allo spettro della morte. Dove si dice che ognuno sia solo, loro si ritrovano in due. Ne nasce un'amicizia che riscrive ogni cosa e che fa dell'approccio alla vita e alla scrittura "una questione di cuore". Dal romanzo omonimo di Umberto Contarello, Francesca Archibugi ha tratto un film con Antonio Albanese (Alberto) e Kim Rossi Stuart (Angelo) che parla della relatività delle distanze e della necessità, per il cinema italiano, di tornare sulla strada.

Il film è ambientato nel triangolo romano che lega i quartieri del Pigneto, del Mandrione e di Torpignattara. Qual è la ragione di questa ambientazione?
Archibugi: Per anni il cinema italiano è stato fatto quasi tutto in questi 5 chilometri quadrati. Era il cinema di Pasolini e di Fellini, che ha dettato l'immaginario dell'Italia nel mondo. Poi questi luoghi sono improvvisamente spariti dagli schermi. Io mi sono chiesta che ne era stato di questo mondo tra la Casilina e la Prenestina, mi sono messa una macchina fotografica al collo e sono andata a vedere, perché trovo che la fotografia e il cinema raccontino molto meglio di qualsiasi parola. In un certo senso, il mio carrozziere, Angelo, è il figlio di un altro carrozziere: Accattone. Tutti i miei film sono occultamente politici e questo non fa eccezione: registra i cambiamenti antropologici di questi posti, che da miseri che erano sono diventati alla moda. È questo balzo quasi romanzesco che ho voluto raccontare scegliendo quest'ambientazione.

Il film si sbilancia a favore di un personaggio sull'altro o della cultura proletaria di contro a quella più intellettuale?
Contarello: No, il film adotta uno sguardo bilanciato attorno a due personaggi che provengono da mondi diversi. Il baricentro dell'empatia non si è spostato rispetto al libro. Francesca ha trovato ciò che li accomuna dentro e quindi li avvicina: in fondo Alberto e Angelo sono due fratelli che si sono ritrovati e che probabilmente si sono conosciuti in un'altra vita, due lavoratori dell'esistenza, limitrofi.
Archibugi: Sono d'accordo con Umberto. Ho amato entrambi i personaggi e non ci sono buoni e cattivi nel mio film, lo sono entrambi allo stesso modo e mi risulterebbe strano che uno di loro si fosse sentito più accarezzato dell'altro.
Rossi Stuart: (Scherza) Però ad Albanese hai fatto più primi piani.
Albanese: Questa è la prima volta che mi faccio guidare al cinema da una donna, mentre nella vita lo faccio sempre. Mi è piaciuto lavorare con Francesca perché lascia agli interpreti la libertà di adattare i dialoghi ai loro corpi attoriali e io, alcune battute, ho bisogno di tatuarmele addosso.

Come sono stati scelti i due protagonisti?
Archibugi: Dopo aver scritto la sceneggiatura non sapevo ancora a quali attori rivolgermi. È stato difficile e laborioso focalizzare la scelta su loro due, anche se sono due attori incredibili. Ero convinta –come lo siamo sempre noi registi, un po' megalomani- che non avessero ancora trovato il ruolo giusto e che io glielo potevo offrire. Kim Rossi Stuart era stato sempre impiegato per ruoli esasperati e drammatici a Albanese doveva ancora sprigionare tutta la sua potenza comica. Ho lavorato su questa piccola zona da liberare. E ho dovuto fare i conti col fatto che sono entrambi due registi e dovevo maneggiarli con cura. La verità è che mi sono fatta dirigere.

Come avete costruito il vostro personaggio?
Albanese: Ho accettato con entusiasmo perché avevo già letto il libro e l'avevo accolto molto positivamente. La ricerca è stata la parte più eccitante e faticosa, anche perché non avevo mai interpretato un infartuato e io faccio un lavoro tribale sul personaggio, sono molto attento al gesto tecnico. Ho chiesto ad un'amica cardiologa qual è il gesto di chi arriva al pronto soccorso in quello stato e lei mi ha risposto che chi si tocca il cuore con un dito sta segnalando una tachicardia, chi invece apre il palmo sotto il petto sta facendo un infarto. Sul set, poi, mi sono fidato molto di Kim. Seguo da anni il suo lavoro di regista e di attore, che trovo garbato e coerente. Ero molto emozionato all'idea di lavorare con lui. Le sequenze più forti sono state quelle dell'ospedale, perché eravamo da soli.

Rossi Stuart: Concordo con Antonio. Ho vissuto la sceneggiatura come se fosse una partitura musicale non completa, che noi dovevamo costruire e ampliare. Mancavano gli elementi ironici, che dovevano spostare il dramma verso la commedia. La scena del letto, all'ospedale, è fondamentale perché è come un concerto a due voci. Per il resto io lavoro di sottrazione nella recitazione, è uno strumento che impiego sempre. Questa volta, però, forse mi sono spinto un po' oltre, ho chiacchierato di più, ci ho messo più ironia.

Il film affronta un doppio dolore, quello che si consuma nel privato del personaggio e quello che si riflette sul pubblico, per esempio nell'ambiente di lavoro di Alberto
Contarello: Quella del personaggio di Albanese è una doppia degenza: c'è la degenza tecnica, legata all'ospedale, e la degenza che trascorre a casa dell'amico, con la sua famiglia. La prima gli permette di curare l'infarto, la seconda di organizzare il suo disagio. C'è anche un doppio spaesamento di Alberto: da un lato quello causato dalla malattia, che solo il suo compagno d'armi può capire, e dall'altro quello dello scrittore che ha perso il contatto con la realtà e non sa più cosa raccontare.

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