Mask of the Ninja

Malibu Hills. Il signor Takeo è un ricco giapponese che vive negli Stati Uniti con la figlia Miko. I due sono in attesa dell'arrivo della nuova moglie di Takeo quando un'irruzione di guerrieri ninja nell'abitazione provoca la morte dell'uomo. Miko si salva e trova l'aiuto di un poliziotto, Jack Barrett il quale cercherà di proteggerla. La ragazza è infatti inconsapevole depositaria della chiave che permette di ottenere un enorme potere. La Kokushibyu (la Morte Nera) vuole entrarne in possesso.
Non è facile cinematograficamente mescolare l'Oriente con l'Occidente. Ci sono riusciti grandi registi come Ridley Scott ( Black Rain) o Michael Cimino (L'anno del dragone) mentre altri hanno fallito clamorosamente limitandosi a un approccio o folkloristico o, ancor peggio, macchiettistico. Non è quello che accade a Bradford May il quale non pretende di proporre indagini sociologiche ma vuole solo realizzare un film d'azione. Ci riesce grazie all'innesto dell'elemento ninja (con tutto quello che di minacciosamente esotico porta con sé).
Casper Van Dien ha così modo di entrare in gioco con la sua aria da duro comprensivo veicolando il versante made in Usa. Ne emerge un film in cui si susseguono colpi di scena che hanno il solo difetto di lasciare un po' troppo allo scoperto la prevedibilità di un finale in cui individuare chi è a capo della misteriosa e sanguinaria Morte Nera. I cultori del ninjitsu avranno poi abbastanza da ridire per la banalizzazione del ruolo dei ninja. 