eta beta
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lunedì 3 novembre 2008
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high $chool mu$ical 3: un prodotto di merchandise
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Diciamo la verità.
Chi abbia un figlio tra i sei e i dodici anni ha poche possibilità di NON vedere questo film, a meno che non mandi il bambino al cinema da solo.
Anni di serie televisiva, gadgets, quaderni, poster, eventi e quant'altro hanno spianato la strada a questo film, che infatti, appena uscito, si è subito qualificato come "best sold". Platee affollate di giovanissimi (se non di bambini) incassi record e quant'altro ci si poteva aspettare.
Ma, se non per accompagnare i figli, si tratta di un film che un adulto ha davvero pochi motivi per guardare.
Si capisce - anche dato il target - che non si può avere Chicago, nemmeno Mulin Rouge, e forse nemmeno Grease, ma, anche per un film del suo genere, la pochezza esibita è siderale.
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Diciamo la verità.
Chi abbia un figlio tra i sei e i dodici anni ha poche possibilità di NON vedere questo film, a meno che non mandi il bambino al cinema da solo.
Anni di serie televisiva, gadgets, quaderni, poster, eventi e quant'altro hanno spianato la strada a questo film, che infatti, appena uscito, si è subito qualificato come "best sold". Platee affollate di giovanissimi (se non di bambini) incassi record e quant'altro ci si poteva aspettare.
Ma, se non per accompagnare i figli, si tratta di un film che un adulto ha davvero pochi motivi per guardare.
Si capisce - anche dato il target - che non si può avere Chicago, nemmeno Mulin Rouge, e forse nemmeno Grease, ma, anche per un film del suo genere, la pochezza esibita è siderale. Tutti i personaggi partono come arrivano, con gli stessi tratti, le stesse caratteristiche, gli stessi pregi e le stesse idee, girando e rigirando su caratteri che tendono a diventare stereotipie. I dubbi che si pongono (elevati ad angoscie perchè un film un minimo di Pathos deve pure averlo) costituiscono in astratto dubbi esistenziali, sufficenti a reggere intrecci e interpretazioni ben più robuste (si pensi solo a Fandango, Grease, e persino Animal House); ma in questa sede diventano il mero pretesto per esibizioni narcisistiche ed autocontemplative ed è un peccato vederli massacrati a questo "livello zero", anche in un film "per bambini" (d'altra parte solo pochi giorni fa Wall-e ha mostrato che è possibile fare grande cinema in film (anche) per bambini); per cui la esiguità di questa opera appare purtroppo motivata proprio dai limiti concettuali della serie e dalla consapevolezza della produzione che "bastava" fare HSM3 per avere un pubblico pagante.
Date le premesse, quindi, di trama e contenuti non è più il caso di parlare. Il film non racconta una "storia", ma un evento (la fine della scuola) e ciascun personaggio fa ne più ne meno che quello che già ha fatto per due anni nelle serie televisive.
Le canzoni avrebbero potuto essere l'effettivo riscatto del lungometraggio, ma pare che nemmeno in questo caso ci si sia voluti sprecare. A parte un paio di brani (discreto "Scream"), si tratta di canzoncine piuttosto scipite, per giunta interpretate in scenografie "cheap" e poco aiutate dal ballo, che non è certo all'altezza dell'importanza che gli viene data. Di nuovo, nessuno si aspettava "The Cell Block Tango" di Chicago o "Summertime" di Grease, ma davvero è difficile uscire senza la sensazione di avere mangiato degli avanzi.
Viene quindi il sospetto che il vero contenuto del film sia il tranquillizzante messaggio che tutto è bene, tutto va bene, tutto resta e niente cambierà, nè nel passaggio dalla Tv al cinema, nè nel passaggio dalla scuola alla vita; preparando i bambini di oggi ad aspettarsi un universo salterino e colorato dove non sara mai chiesta loro una rinuncia, una scelta e nemmeno uno sforzo.
Mi piacerebbe quindi parafrasare il finale di un vecchio film dei frateli Coen e raccontare - come Nicolas Cage -un sogno: "Ho sognato un film per bambini che proponesse il valore dello sforzo; un film ambientato in una scuola dove qualcuno degli interpreti portasse un libro sotto il braccio; ho sognato testi non ripetitivi e canzoni che desideri riascoltare; ho sognato films tratti da serie televisive dove i caratteri dei personaggi resistessero alla più lunga durata.... Mah! Forse era Disneyland".
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(di timmyfan)
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ciccio capozzi
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mercoledì 5 novembre 2008
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la forza della gestualità coreografica
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“HIGH SCHOOL MUSICAL 3” di KENNY ORTEGA; USA, 08. All’East High School di Albuquerque, nel mentre si celebra il rito dello spettacolo e della festa di fine anno, si acquista consapevolezza che una fase della vita è finita. I primi due “HSM”, sono due spettacoli tv nati nella divisione tv della Walt Disney Company: sono stati dei successi planetari: il secondo ha totalizzato 17 mln di spettatori. E ben a ragione. Il regista, anche coreografo insieme ad altri “mostri” come Charles Klapow e Bonny Story, ha davvero messo su uno spettacolo originale. A partire dalla sceneggiatura, di Peter Barsocchini, lo stesso degli altri due della serie, che ci presenta un’ambientazione del tutto tradizionale, anzi volutamente non realista: tutta leccatamente ipercolorata su toni squillanti in pretto stile disney; sembra di vedere un classico film anni 60.
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“HIGH SCHOOL MUSICAL 3” di KENNY ORTEGA; USA, 08. All’East High School di Albuquerque, nel mentre si celebra il rito dello spettacolo e della festa di fine anno, si acquista consapevolezza che una fase della vita è finita. I primi due “HSM”, sono due spettacoli tv nati nella divisione tv della Walt Disney Company: sono stati dei successi planetari: il secondo ha totalizzato 17 mln di spettatori. E ben a ragione. Il regista, anche coreografo insieme ad altri “mostri” come Charles Klapow e Bonny Story, ha davvero messo su uno spettacolo originale. A partire dalla sceneggiatura, di Peter Barsocchini, lo stesso degli altri due della serie, che ci presenta un’ambientazione del tutto tradizionale, anzi volutamente non realista: tutta leccatamente ipercolorata su toni squillanti in pretto stile disney; sembra di vedere un classico film anni 60. E in effetti è molto debitore a “Grease”: solo che non ambientata negli anni 60 ma negli attuali Ma pervasa di fremiti adolescenziali, di ritmi vitali che si aprono alla vita. Anche se segue una qualche indicazione di veridicità e di realismo, lo fa solo per stravolgerla con la forza della gestualità coreografica e del più violento meticciato degli stili. Con una agilità sorprendente si passa dal musical classico di Busby Berkley, tipo rivista militare, con le gambotte delle girls in piena evidenza, addirittura dei lontani anni trenta e quaranta, alla musica da rock duro degli anni 60, a quella trascinante della disco, passando per infiltrazioni salsa, chacha e mambo. E tutto avviene con disinvolta, ironica, assoluta padronanza della scena: più che copiare è un divertirsi col ricorso ad un’ispirazione di compatta allegria collettiva, sprizzante energia adolescenziale. Si passa con scioltezza ed efficacia dalla cifra simil-realistica, tipo “Save the last dance”, che resta il musical che ha più innovato in questo senso, o “Dirty dancing”, vero cult, ad un andamento di quasi irreale suggestione d’approfondimento, in cui si cita perfino Michael Jackson . E ciò avviene senza che mai lo spettatore perda il filo centrale dell’allestimento del musical, che è un pre/testo, ma ha anche una valenza metafilmica. Nel senso che i linguaggi vengono sbatacchiati con allegra noncuranza. Infatti il film attira l’attenzione adorante di nuovi pubblici: accanto ai classici teenagers , ci stanno le nuovissime generazioni di tweens, considerate consumatrici fortissime, cioè le ragazzine che sono between , cioè prima degli anni dell’adolescenza. Felicissime le scelte di casting. Zac Efron è il neodivo preadolescenziale, fornito di voce e di presenza scenica; allo stesso livello di Vanessa A.Hudgens, però ancor più dotata vocalmente;così la “cattiva” A.Tisdale
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