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Galantuomini, un melò dallo scheletro noir

Il film di Edoardo Winspeare apre la seconda settimana del Festival di Roma.
di Désirée Colapietro Petrini

Donne di potere
Donatella Finocchiaro (53 anni) 16 novembre 1970, Catania (Italia) - Scorpione. Interpreta Lucia nel film di Edoardo Winspeare Galantuomini.

lunedì 27 ottobre 2008 - Incontri

Donne di potere
Cast al gran completo questa mattina per la conferenza stampa di Galantuomini, pellicola di Edoardo Winspeare con cui è stata ufficialmente aperta la seconda settimana del Festival internazionale del film di Roma. Accolto da un lungo applauso, il regista ha parlato del suo ultimo film come di "una storia d'amore importante, un melò dallo scheletro noir, per il quale avevo messo una clausola per il personaggio di Lucia: o Donatella Finocchiaro o niente". Apprezzatissima nel ruolo della protagonista, l'attrice catanese ha raccontato: "Per prepararmi al personaggio ho osservato molto le donne salentine che, a prescindere dall'estrazione sociale, hanno uno sguardo fiero in grado di andare oltre le cose. Sono rimasta davvero molto colpita da questa loro determinazione. Lucia è una donna dura, violenta, a tratti spietata: il contesto ambientale su cui poggia questo sguardo era quello dell'organizzazione criminale e questo ha fatto sì che venissero accentuati gli spigoli della sua durezza. È il braccio destro di un boss, una donna di potere che comanda gli uomini. Beh, in questo senso, diciamo che mi sono anche tolta qualche soddisfazione".

Ispirarsi alla realtà del quotidiano
Ambientato nel periodo che va dagli anni Settanta ai Novanta, il film racconta infatti la tormentata storia tra la criminale Lucia e il magistrato Ignazio (Fabrizio Gifuni): lei nata da una famiglia di contadini e divenuta col tempo un boss della Sacra Corona Unita e lui, invece, appartenente alla società borghese dei cosiddetti 'galantuomini', quegli uomini che si comportavano onestamente, magari conformisti e che vivevano in un mondo in cui la linea di demarcazione tra bene e male era più netta. "Per comprendere al meglio la categoria dei magistrati", ha raccontato Gifuni, "abbiamo necessariamente dovuto parlare con alcuni di loro, in particolare con il procuratore aggiunto Cataldo Motta e il magistrato Leone De Castris. Ai fini di una esatta ricostruzione antropologica, è stato infatti molto importante. I consigli che abbiamo chiesto, in realtà, erano soprattutto domande. Cosa avrebbero fatto loro in quella situazione? Perché solo così facendo abbiamo potuto rendere credibile il nostro racconto". "Ho tenuto delle lezioni di cinema presso un carcere", ha aggiunto il regista, "ed è stata in quell'occasione che sono entrato a contatto con alcune detenute. Mi sono appassionato a quelle donne, mogli e fidanzate dei 'vangeli'. In particolare mi sono interessato ad una di loro. Pensavo fosse una vittima del sistema e ho cominciato a girare un documentario su di lei, finché non è stata arrestata per associazione di stampo mafioso. Probabilmente c'è qualcosa di quella donna nel personaggio interpretato da Donatella ma non ne ho conosciuto di affiliate alla Sacra Corona Unita".

Il Salento
Salentino d'origine (nonostante il cognome evochi lontanissime origini inglesi) Winspeare ha detto di "aver utilizzato la bellezza del Salento per raccontare "l'isola felice dell'infanzia". "Il Salento", ha spiegato, "è una terra stupenda rovinata dall'abusivismo. Viviamo nel Paese con le più belle città e le più brutte province. È difficile non cogliere la bellezza di quei luoghi. Questo film vuole essere un affresco di una terra che ha perso la sua innocenza. I personaggi minori, come quelli portati sul grande schermo da Beppe Fiorello e Marcello Prayer, sono quei cialtroni da bar che in quel periodo storico esistevano veramente". "È la prima volta che faccio me stesso in realtà, è la mia parte nera", ha detto con tono ironico Fiorello. "Il mio personaggio, Infantino, è un perdente con il tipico atteggiamento da bullo. Oggi la malavita si veste in altro modo, difficile vederla ai tavoli di un bar. La tecnologia ha colpito anche loro. Per interpretarlo ho comunque preso spunto dalla mia vita vissuta in un piccolo paese della Sicilia. Persone così le ho conosciute, viste, frequentate". Quanto al messaggio del film - il cui finale pare sia stato molto discusso (diversi scritti e altrettanti girati) e che però riflette l'intenzione del regista di lasciare aperto l'interrogativo sul destino dei suoi protagonisti - Winspeare ha detto: "Sono portato ad umanizzare i personaggi e da sempre molto interessato dalla divisione del bene e del male. Nel nostro Paese questo limite è molto sottile. La mafia è il vero cancro dell'Italia. Dal canto mio, ogni volta che giro un film, quel che mi preme fare è farlo bene. Credo che già questa sia un'azione morale".

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