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Ca$h: champagne, per brindare a una truffa

Lo sceneggiatore Eric Besnard, alla sua seconda regia, mette in scena un film ingannevole, tra bollicine che frizzano e cristalli che tintinnano.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Una crime story ispirata al cinema di fine anni '70
Jean Dujardin (51 anni) 19 giugno 1972, Parigi (Francia) - Gemelli. Interpreta Cash nel film di Eric Besnard Ca$h.

giovedì 4 giugno 2009 - Incontri

Una crime story ispirata al cinema di fine anni '70
Quando Eric Besnard afferma che voleva fare un film "champagne", tra bollicine che frizzano e cristalli che tintinnano, viene subito in mente Duplicity e ai continui brindisi a suon di intrighi dell'accoppiata Julia Roberts/Clive Owen. Non si discosta molto dalla matrice indie-hollywoodiana la crime story dello sceneggiatore e regista francese che sceglie la coralità e l'orchestrazione per realizzare il suo personale Ocean's Eleven tutto in francese. Ovviamente Ca$h non è il remake europeo del primo capitolo della trilogia di Steven Soderbergh; eppure l'intrigante intreccio prende spunto, proprio come l'opera del regista di Atlanta, dal cinema della fine degli anni '70 in cui i personaggi erano intelligenti e leggeri allo stesso tempo. "Tra i miei film di riferimento" ha rivelato Besnard, "c'era sicuramente La stangata – al quale la prima scena rende un omaggio distanziato dato che sin dall'inizio la mia truffa prende un'altra via – ma anche Butch Cassidy, Il caso Thomas Crown e tutti quei crime movie in cui gli eroi prendono dei rischi senza perdere il sorriso. Inoltre, essendo cresciuto con i film di Philippe de Broca, mi piace la commedia frizzante; quello che mi interessa è il lato ludico dell'astuzia e poter giocare con lo spettatore. In Ca$h tutti i personaggi sono degli eroi. Volevo che fosse così perché gli eroi hanno sempre l'occhio che brilla, ma la verità è che non avevo previsto che per un attore spesso è difficile calarsi in questo ruolo. Sebbene in Francia ci sia una lunga tradizione di cinema di eroi – penso a Melville e a Verneuil – oggi non si fanno più film di questo genere. Volevo provare a tornare a quel tipo di personaggio, senza che risultasse caricaturale, senza falsità, senza fare un'opera 'alla maniera di'. Spero di essere riuscito a inserirmi in questa tradizione".

Una sceneggiatura intricata Eric Besnard: Nonostante tutti gli attori conoscessero l'intera sceneggiatura, vedevo che in alcuni momenti si ponevano delle domande e di conseguenza sono dovuto diventare il garante della coerenza globale dell'interpretazione; un compito che d'altronde spetta allo sceneggiatore. Non è sempre stato un compito semplice visto che alcuni attori, non avendo scene in comune e avendo girato senza seguire un ordine temporale, non sapevano fino a che punto arrivava l'altro nell'interpretazione dell'inganno. È stata una scommessa e una grande opportunità che mi ha permesso di sapere dove stava andando ogni personaggio. Ovviamente avendo girato il finale all'inizio sapevo che funzionava e ciò mi ha rassicurato durante la lavorazione. Mi piacerebbe affermare che è stato un processo machiavellico e che avevo previsto tutto, ma in realtà è stata la conseguenza degli imperativi del piano di lavoro.

Un attore comico dotato di grande fascino
Eric Besnard: Jean Dujardin è un gran professionista. È sempre presente e lavora moltissimo, ma avevo un paio di dubbi su di lui. Primo: ha costruito la sua carriera su un tipo di recitazione basata sulle maschere, sul camuffamento con parrucche e artifici, dove spesso era lui da solo a sostenere tutto il film. Mi chiedevo perciò se sarebbe riuscito a recitare con altri dieci personaggi. Il secondo dubbio, invece, riguardava la sua componente comica: per questo film doveva riuscire a tenerla a freno. Volevo renderlo sensuale, farne un'icona di eleganza e intelligenza. Jean doveva rendersi conto di essere un eroe.
Jean Dujardin: Questo ruolo è nuovo per me, perché per la prima volta interpretavo un personaggio non fondato sull'ironia ma sul fascino immediato. Accettare di essere il "bello" per me è stato molto difficile. Prima, bisogna lasciare la scena svilupparsi, sapere quello che si vuole e parlare in modo tale che lo spettatore entri nella sceneggiatura, in seguito è necessario lavorare sull'astuzia, sullo sguardo, sui dettagli.

Interpretare il truffatore dei truffatori
Jean Reno: Maxime è un po' una leggenda nell'ambiente dei truffatori. È un maestro, un esteta della truffa, uno che ispira i più giovani e meno esperti. Sa di poter finire in prigione, ma corre il rischio perché la verità è che non sa fare altro e credo che ami il gioco e il pericolo. Non si sa niente della sua vita affettiva e questo lo colloca un po' al lato dell'azione. Tuttavia, se il cinema è un'arte, è comunque un'arte di gruppo. Quello che devi esprimere deve essere in linea con quello che esprimono gli altri, ogni pezzo deve essere al suo posto nel puzzle. A volte si hanno quasi tutte le melodie da suonare mentre a volte siamo nell'orchestra solo grazie a tre colpi di triangolo. Nel caso di Ca$h adoravo la musica che si suonava e avrei accettato il ruolo che mi è stato offerto anche se fosse stato solo per tre giorni di riprese.

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