A festa da menina morta

Altro affascinante esperimento cinematografico, sempre in concorso al Certain Regard, è l'opera prima del brasiliano Matheus Natchtergaele: A festa da menina morta . L'inquieto Santinho è il giovanissimo leader spirituale di Rio Negro, comunità fluviale dell'Amazzonia profonda dove ogni anno, per rievocare il miracolo da lui compiuto, si attendono le rivelazioni della "nina morta" del titolo. La commemorazione si è pian piano trasformata in una grossa impresa, alla cui ribalta vengono sgozzati maiali e gettate galline vive nel fuoco e, contemporaneamente, a cantare sul palco in riva al fiume sbucano cloni sudamericani di Elvis Presley. Non aspettiamoci comunque nessun tipo di critica sociale o politica ai procedimenti estremi a cui porta la fede degli abitanti di questo villaggio. Perché lo scopo di Nachtergaele è quello di descrivere in immagini l'inesauribile capacità degli esseri viventi di adattarsi e trasformarsi per eludere la questione della fine: «nonostante la minaccia perpetua, le persone avanzano sempre», afferma il regista brasiliano,«noi siamo virus, alghe, animali, piante che sopravvivono, soli o in gruppo, nell'acqua, sulla terra, nell'aria». In A festa da menina morta si assiste a una ritualità ancestrale e primitiva, continuamente fondativa, ripresa da sufficiente distanza, ammantata di un meticciato spirituale che mescola palese ecumenismo di fondo dell'autore con, ad esempio, una esibita sequenza d'incesto tra Santinho e suo padre. Difficile comprendere fin dove vuole avventurarsi Nachtergaele nell'esplorare la dimensione totalizzante del sacro, anche se rimane affascinante l'evocazione misticheggiante di un quadro ambientale chiuso, appiccicoso e impregnato di sudore.
Da Liberazione, 22 maggio 2008