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Tim Burton, nelle primissime scene del suo ultimo lavoro, fa con il musical (genere inedito alla sua filmografia) la summa stilistica dell'estetica delle sue pellicole; reinventa il genere, ma senza sconvolgerne snobbisticamente lo schematismo classico. Dopo un inizio folgorante in cui non si riesce a distinguere la realtà delle immagini riprese dalla grafica d'animazione, "Sweeney Todd" procede in lenta discesa, senza mai cadere fino in fondo, ma mantenendosi ad un livello di pavida mancanza di audacia. Tanto trasporto per lo splatter nelle intenzioni e nelle dichiarazioni di preproduzione di Burton si traducono, alla resa dei conti, nella rappresentazione scenica della morte e del sangue, ma con intento sbrigativamente posticcio ed intenzionalmente edulcorato. La densità ed il colore dei fiumi di sangue che scorrono nel salone da barbiere del signor Todd (Johnny Depp) hanno un aspetto volutamente artificiale, quasi che il regista voglia benevolmente rassicurare che lo spettacolo a cui lo spettatore sta assistendo è pura finzione e non merita raccapriccio. Peccato! Burton ha saputo fare di meglio. E se la fotografia fiabesca e le scenografie oniriche tipiche dei film del regista di "Edward Mani di Forbice" continuano a riproporsi in tutta la loro suggestività, ciò in cui Tim Burton ha mancato è proprio la fantasia. Mi sarei aspettato qualcosa di estremamente diverso, certamente meno conformismo. Helena Bonham Carter gorgheggia come un usignolo, Johnny Depp gracchia in maniera encomiabile.
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