angelo umana
|
martedì 8 aprile 2014
|
sentirsi normali mangiando un panino
|
|
|
|
D’accordo, “tu chiamale se vuoi …” commedie, d’accordo, sono leggere, fanno sorridere e fanno commuovere, ma questo non gli toglie valore. E’ impagabile la scena in cui il “pianista” di fama Albert Dupontel interrompe il concerto, si spoglia del frac e in maglietta e bretelle finalmente respira, confessa al pubblico che con quei vestiti e con quei riti non ce la fa, conclude il concerto per cui lo pagano, l’ultimo. Impagabile lo sguardo con cui dal palco interroga la moglie in platea – la splendida allora, nel 2006, 50enne Laura Morante – se lo seguirà nella sua scelta oppure no, impagabili le lacrime di questa. Secondo lui, “come le religioni sono una grande muraglia tra Dio e gli uomini, così i concerti lo sono tra la musica e l’uomo”, non sopporta più le bardature, le cerimonie le interviste e i salamelecchi.
[+]
D’accordo, “tu chiamale se vuoi …” commedie, d’accordo, sono leggere, fanno sorridere e fanno commuovere, ma questo non gli toglie valore. E’ impagabile la scena in cui il “pianista” di fama Albert Dupontel interrompe il concerto, si spoglia del frac e in maglietta e bretelle finalmente respira, confessa al pubblico che con quei vestiti e con quei riti non ce la fa, conclude il concerto per cui lo pagano, l’ultimo. Impagabile lo sguardo con cui dal palco interroga la moglie in platea – la splendida allora, nel 2006, 50enne Laura Morante – se lo seguirà nella sua scelta oppure no, impagabili le lacrime di questa. Secondo lui, “come le religioni sono una grande muraglia tra Dio e gli uomini, così i concerti lo sono tra la musica e l’uomo”, non sopporta più le bardature, le cerimonie le interviste e i salamelecchi. Ama suonare gratuitamente nel “Service de Cancerologie” dell’ospedale, con un maglione qualsiasi addosso, davanti a quei bambini e vecchi malati si commuove, i suoi occhi sono vivi, è entusiasta, mentre nei concerti col pubblico che paga per quel “rito”, e anche tanto, il suo viso mostra sofferenza. Ci sono 6 anni di contratti firmati davanti a sé e alla moglie, sua agente ma anche sua spalla, che ha speso la vita solo per il lavoro del marito, ma lui suonerebbe piuttosto nei boschi, nelle prigioni, per i bambini malati.
E’ la sera del 17 marzo, vicino al Café des Theatres dove la protagonista Jessica fortunosamente lavora – Cécile de France, una ragazzina acqua e sapone di 30 anni nel 2006 - “raggio di sole” della sua nonna che l’ha allevata da quando a quattro anni perse i genitori, si compiono tre diversi destini: quello dell’Albert citato, quello di Valérie Lemercier che viene scritturata dal “grande regista” Sidney Pollack per la parte di Simone de Beauvoir, così come Valérie la intende, e quello dell’anziano “collezionista d’arte” Claude Brasseur. Malato di tumore, uno per cui “un giorno il tempo che passa diventa il tempo che resta”, confessa al figlio che la collezione, quel continuo cercare bei quadri e opere su cui reinvestire il denaro di cui è ricco, era una barricata per lui e la moglie, contro la noia e contro il tempo, “un giorno il cuore non batte più” e lui non vuole “finire come guardiano di un museo”: quella sera vende tutto ad una fruttuosissima asta, salvo “Il bacio” di Brancusi, una scultura che ritira dall’asta e che regalerà al figlio che la desidera per Jessica, a cui quella scultura “fa venir voglia di innamorarsi”.
L’incantata Jessica è arrivata a Parigi senza nessuna certezza, dorme in stanze di fortuna, ha trovato un lavoro precario nel Café da cui transitano le glorie che bazzicano Avenue Montaigne, sembra la sua una passeggiata nella fiaba, personaggi che si sentono normali quando mangiano un panino, un mondo a parte. Incantata tra queste “stelle” che in qualche modo la adottano, s’innamora del personaggio meno di grido del cast, un giovane letterato dimesso e col mal di schiena, figlio del “collezionista” Brasseur.
Il sorriso e la commozione del film derivano dall’ottima interpretazione di ogni attore, sia nelle parti di personaggi famosi che in quelle di persone di contorno in quel mondo. Le tinte non sono mai troppo forti, dev’essere per la delicata mano femminile di Danièle Thompson, regista, soggettista e pure sceneggiatrice del film “Fauteils d’orchestre” (poltrone). Buon sapore invecchiato hanno le canzoni di Aznavour (una è “Les Comédiens”) e di Bécaud, e molto parigina la colonna sonora di Nicola Piovani. Si addicono quattro stelle a un film visto tre volte?
[-]
[+] varie ed eventuali
(di angelo umana)
[ - ] varie ed eventuali
|
|
[+] lascia un commento a angelo umana »
[ - ] lascia un commento a angelo umana »
|
|
d'accordo? |
|
a.l.
|
domenica 18 giugno 2006
|
un pesce nell'acqua
|
|
|
|
Difficile immaginare la pur disinvolta eroina di Un po’ per caso un po’ per desiderio alle prese con le leggi sul lavoro che hanno spinto i suoi coetanei a mettere a ferro e fuoco la Sorbona o a farsi un giro d’esplorazione fra i casseur della banlieau parigina: la Parigi delineata con tanta empatia dalla regista-sceneggiatrice Danièle Thomson( Pranzo di Natale e poco altro) è come la descriveva già Flaubert nelle fantasticherie di Emma Bovary e la si sognava qualche decennio fa, la città aristocratica dei bistrot raffinati, dei grandi boulevards, del Ritz, dell’Olimpia delle sartorie di lusso e di Cartier, il luogo d’elezione ove non si poteva fare a meno di esclamare “Parigi è sempre Parigi”.
[+]
Difficile immaginare la pur disinvolta eroina di Un po’ per caso un po’ per desiderio alle prese con le leggi sul lavoro che hanno spinto i suoi coetanei a mettere a ferro e fuoco la Sorbona o a farsi un giro d’esplorazione fra i casseur della banlieau parigina: la Parigi delineata con tanta empatia dalla regista-sceneggiatrice Danièle Thomson( Pranzo di Natale e poco altro) è come la descriveva già Flaubert nelle fantasticherie di Emma Bovary e la si sognava qualche decennio fa, la città aristocratica dei bistrot raffinati, dei grandi boulevards, del Ritz, dell’Olimpia delle sartorie di lusso e di Cartier, il luogo d’elezione ove non si poteva fare a meno di esclamare “Parigi è sempre Parigi”. Il mito forse non è sopravvissuto alla crisi politica, sociale e culturale di tutti gli stati europei, ma sugli schermi continua a fare bella mostra di sé una Ville Lumière irreale e ancora orgogliosamente fiera di un’ identità impermeabile: eloquente il confronto, per limitarci a opere recenti, con la New York, caoticamente vitale di Inside Man , con la Londra di Match point dove il male sotterraneo corrode le belle apparenze o con la Roma anonima e fredda megalopoli di Anche libero va bene. Viene il sospetto che il cinema francese, così apprezzato per l’ indiscutibile eleganza formale, voglia tenere gli occhi ben serrati di fronte all’avanzare del nuovo con molto più pervicacia persino del tanto bistratto cinema italiano. Comunque, se si riesce a prescindere dal palese anacronismo, se si preferiscono le cartoline a colori a fotografie o a quadri, la commedia, scritta e diretta con sapienza, è godibile come una canzonetta leggera e, verosimilmente in buona fede, nasconde bene fra alcuni aforismi pregnanti la superficialità nell’edulcorare situazioni inconciliabili e drammi individuali. Jessica nasce orfana e povera e, come recita il titolo italiano, un po’ per caso un po’ per desiderio, seguendo le impronte della nonna, si fa assumere in un bar della nota Avenue Montaigne, frequentato da Vip dello spettacolo e da intellettuali di successo e, grazie alla sua spontaneità, viene accettata dal bel mondo. Basta sedersi a un tavolino, ordinare una bevanda dal nome esotico, e, in nome dell’arte e con la Tour Eiffel sullo sfondo, svaniscono le differenze di condizione e di sorte, fioriscono le confidenze fra portiere e cameriere incolte e dive e scrittori: gli umili sono saggi ed allegri, ascoltano Becaud in cuffia, apprezzano Brancusi, Beethoven, ridonoa alle farse di Feydeau, hanno la possibilità di farsi rispettare o di emergere o, se non altro, di dormire finalmente per una notte al Ritz. Sono quindi soprattutto i baciati dalla fortuna ad avere ragione di lamentare i loro mali esistenziali e le frustrazioni professionali: il collezionista miliardario, arrivato al punto in cui “il tempo che passa diventa il tempo che resta” e ammalato di cancro, vende all’asta i suoi oggetti preziosi, l’attrice di soap opera, pagata 300.000 euro a puntata, si realizza facendo Simone de Beauvaire per un Maestro del cinema, il pianista, convinto che le religioni costituiscono una muro fra Dio e l’uomo e allo stesso modo i concerti siano una barriera fra la musica e l’uomo, esegue una suonata di Beethoven in maglietta. Ci sono poi rapporti di coppia difficili, storie che nascono sulle ceneri di altre o rinascono, ma nell’amabile ricamo corale della Thompson malvagità personali, cinismo mercantile elevato a sistema, dolori e disaccordi insanabili stonerebbero con le tinte degli abiti e con gli arredi preziosi. Del resto beato chi pensa che quando la tempesta sbalza fuori dal mare i pesci essi continuino a sentirsi nell’acqua.
[-]
[+] scetticismo
(di angelo umana)
[ - ] scetticismo
|
|
[+] lascia un commento a a.l. »
[ - ] lascia un commento a a.l. »
|
|
d'accordo? |
|
|