The Black Dahlia

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Un film di Brian De Palma. Con Josh Hartnett, Scarlett Johansson, Aaron Eckhart, Hilary Swank, Mia Kirshner.
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Drammatico, durata 121 min. - USA, Germania 2006. uscita venerdì 29 settembre 2006. - VM 14 - MYMONETRO The Black Dahlia * * 1/2 - - valutazione media: 2,93 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Film d'amore, passione e violenza Valutazione 4 stelle su cinque

di andyflash77


Feedback: 14447 | altri commenti e recensioni di andyflash77
mercoledì 29 agosto 2012

E’ il 1947, Los Angeles. Josh Hartnett ed Aaron Eckhart sono Dwight Bleichert e Leland Blanchard. Abili, stagionati poliziotti ed ex pugili, ai tempi si erano guadagnati i soprannomi di Mr Ice e Mr Fire. Insieme sul ring, quando la polizia organizza un incontro per sponsorizzarsi, insieme nel lavoro e nella vita, dove condividono l’amicizia e l’amore per Kay (Scarlett Johansson), la bella e sensuale compagna di Lee. Insieme sempre e comunque, quindi, ma allo stesso tempo due caratteri opposti: Bucky è compassato e razionale, quanto Lee è passionale e irruento.
Protagonista e narratore, in puro stile noir anni ’50, Bucky assume il ruolo di guida nell’immersione in questa artificiosa atmosfera dal gusto retrò, e ben presto si può osservare come il regista si sia distaccato da quello che era il messaggio del romanzo di Ellroy. Se infatti lo scrittore andava a delineare l’ossessione, spada di Damocle sul capo dei suoi personaggi, la visione di De Palma si sofferma invece sull’apparenza come catalizzatore degli eventi, sulla vanità e sulla artificiosità come mezzi validi per riuscire nella vita e su cui costruire le nostre valide menzogne. Hollywood tutta è basata su apparenza, è finta fino alle ossa: evidenza che si palesa con lo scorrere della pellicola, in modo quasi indignato per il ritardo con cui arriviamo a comprendere. In fin dei conti i segnali erano lì, sotto il naso, fin dall’inizio: quell’incontro truccato, quelle inchieste sui crimini indette in base alla maggiore visibilità.... Quell’amicizia che mente, profumando di triangolo amoroso. Ciò che pare solido e certo si rivela non esserlo, tra pallottole dalla dubbia traiettoria, scatole di fiammiferi, un indirizzo annotato, e la Dalia Nera, la giovane attricetta che passava le notti in strada, nell’attesa dell’occasione giusta. Quando il cadavere di Elizabeth Ann Short viene trovato, orrendamente squarciato e con un sorriso indelebile, disegnato col coltello, in viso, appare chiaro che le ossessioni del passato inizieranno a tormentare i protagonisti. Un lungo preambolo per arrivare al cuore della vicenda, e anche questo non è quello che ci si aspetta. Sono veramente la morte della ragazza e le sue modalità ad ossessionare Lee? Bucky e l’imperturbabile Kay, tra i quali nasce un'evidente attrazione, sono realmente sfuggiti ad essa? O piuttosto l’emergere di una menzogna apre la strada a molte altre?
Noir artificiale, noia genuina. L’immagine che il regista ci offre è pomposa. L’artificialità trasuda dalle inquadrature, dai colori, dagli ambienti, e richiama la nostra attenzione allo stesso modo in cui ci tiene lontani, come una donna che ammalia, ammiccante, per rifiutarci in un perverso gioco di piacere. L’azione non manca e l’emozione non può non risvegliarsi al citare dell’autore di scene epocali come la morte di Tony Montana: ma è solo un attimo, un baluginare che subito si spegne, e di nuovo l’attenzione latita e noia e frustrazione prendono il sopravvento. E’ così possibile, non più distratti dalla trama, andare ad apprezzare con la rabbia della delusione tutta una serie di imperfezioni o di carenze dell’opera, come la scialba interpretazione di quasi tutti i protagonisti: a partire da un Josh Hartnett che non riesce proprio a staccarsi dall’espressione da sagace furbetto, da un Aaron Eckhart la cui soluzione al problema della recitazione pare essere il sorrisetto politico-enigmatico, fino ad arrivare ad un’inadatta, poco convincente e monocromatica Hilary Swank nei panni della solita, piatta femme fatale Madeleine Linscott. Felice ancora una volta la prova della freschissima Scarlett Johansson, capace di adeguarsi alle esigenze recitative. E’ possibile apprezzare, inoltre, la delicata apparizione di Mia Kirshner, nei filmati in bianco e nero visionati dai due agenti, nei panni dell’ancora viva Elizabeth Short: l’attrice ci regala forse le uniche vere emozioni del film, trasudando innocenza contaminata, ed una dolce, forte debolezza.


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