marid
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giovedì 3 marzo 2011
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il bel cinema che viene dalla francia
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C'è un paese che da una parte si affaccia nel Mediterraneo e dall'altra si spinge verso L'Europa continentale. E' famoso ed orgoglioso per e del suo cibo, la sua cultura, la sua letteratura, il suo cinema. Questo paese non è l'Italia. E' la Francia che riesce a produrre un ottimo thriller come "Ne le dis à personne" , e lo fa diventare il campione d'incassi dell'anno 2006, con elogi anche dalle riviste specializzate made in Usa.
Il film di Guillame Canet è solo una, ma una delle testimonianze più brillanti, di cosa voglia dire amare il cinema e tutelarlo, un film per cui vale la pena fare la fila fuori dai botteghini, scena quasi d'altri tempi che in Italia si vede solo per Checco Zalone.
Commovente l'interpretazione di Cluzet, ma bravissimi anche tutti gli attori del cast.
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C'è un paese che da una parte si affaccia nel Mediterraneo e dall'altra si spinge verso L'Europa continentale. E' famoso ed orgoglioso per e del suo cibo, la sua cultura, la sua letteratura, il suo cinema. Questo paese non è l'Italia. E' la Francia che riesce a produrre un ottimo thriller come "Ne le dis à personne" , e lo fa diventare il campione d'incassi dell'anno 2006, con elogi anche dalle riviste specializzate made in Usa.
Il film di Guillame Canet è solo una, ma una delle testimonianze più brillanti, di cosa voglia dire amare il cinema e tutelarlo, un film per cui vale la pena fare la fila fuori dai botteghini, scena quasi d'altri tempi che in Italia si vede solo per Checco Zalone.
Commovente l'interpretazione di Cluzet, ma bravissimi anche tutti gli attori del cast. Da qui traspare un'altra caratteristica del cinema francese d'oggi, quella di costruire dei personaggi profondi senza cadere in ritratti eccessivi e macchiettistici.
Forse l'intrico della trama può far perdere qualche punto in termini di verosimiglianza, ma se fosse sempre tutto verosimile, avrebbe ancora un senso, il cinema?
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fabal
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sabato 12 ottobre 2013
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il thriller francese che guadagna in qualità
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Alexandre è vedovo da alcuni anni. Tenta di rifarsi una vita ma si ritrova, ogni anno, a celebrare a casa degli suoceri l'anniversario della morte di Margot, uccisa da un serial killer in riva a un lago. Il ritrovamento di altri due cadaveri nello stesso luogo costringe a riaprire l'indagine, a otto anni dall'omicidio: Alexandre, visitato dai gendarmi, capisce di essere sospettato e si da alla fuga. Grazie ad alcune mail anonime scoprirà una clamorosa messinscena. Al suo secondo lungometraggio, Guillaume Canet prosegue la sterzata con cui il thriller francese si riscatta dai miscugli gothic - thriller (e dalle suggestioni forzate) che hanno intriso un lustro di lavori come I fiumi porpora, Il patto dei lupi e l'inverosimile L'impero (ma non è un sequel) dei lupi.
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Alexandre è vedovo da alcuni anni. Tenta di rifarsi una vita ma si ritrova, ogni anno, a celebrare a casa degli suoceri l'anniversario della morte di Margot, uccisa da un serial killer in riva a un lago. Il ritrovamento di altri due cadaveri nello stesso luogo costringe a riaprire l'indagine, a otto anni dall'omicidio: Alexandre, visitato dai gendarmi, capisce di essere sospettato e si da alla fuga. Grazie ad alcune mail anonime scoprirà una clamorosa messinscena. Al suo secondo lungometraggio, Guillaume Canet prosegue la sterzata con cui il thriller francese si riscatta dai miscugli gothic - thriller (e dalle suggestioni forzate) che hanno intriso un lustro di lavori come I fiumi porpora, Il patto dei lupi e l'inverosimile L'impero (ma non è un sequel) dei lupi. Il riferimento di Canet è indubbiamente Olivier Marchal (presente, tra l'altro, nel cast) con il suo ottimo 36, Quai des Orfèvres, prodotto di larga esportazione per il cinema transalpino che ha imparato a morigerarsi, pur guardando all'hard boiled e al poliziesco più classico. E guadagnando in qualità. Benché anche la sceneggiatura di Non dirlo a nessuno non sia immune da forzature, questo film risulta avvincente e solido almeno per una buona ora, bilanciando poi la perdita di mordente con le buone interpretazioni del cast. Il soggetto letterario è di Harlan Coben.
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giorpost
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martedì 17 novembre 2015
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grande cast per un impeccabile thriller francese
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Beck è un pediatra che ha perso sua moglie Margot in un brutale assassinio per il quale, inizialmente, è sospettato dalla polizia di esserne l' autore. Otto anni più tardi viene risucchiato nella vicenda da una mail ricevuta e da una speranza riaccesa, scoprendo un torbido vortice colmo di ambiguità che lo costringono alla fuga, obbligandolo a scontrarsi con quanto credeva fino a quel momento.
Questa che avete letto è una sintesi estrema di una trama in realtà ben più complessa e ricca di sterzate che fanno di Non dirlo a nessuno (FRA, 2006) un ottimo prodotto, collocabile nel novero dei thriller europei di maggior rilievo del nuovo millennio.
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Beck è un pediatra che ha perso sua moglie Margot in un brutale assassinio per il quale, inizialmente, è sospettato dalla polizia di esserne l' autore. Otto anni più tardi viene risucchiato nella vicenda da una mail ricevuta e da una speranza riaccesa, scoprendo un torbido vortice colmo di ambiguità che lo costringono alla fuga, obbligandolo a scontrarsi con quanto credeva fino a quel momento.
Questa che avete letto è una sintesi estrema di una trama in realtà ben più complessa e ricca di sterzate che fanno di Non dirlo a nessuno (FRA, 2006) un ottimo prodotto, collocabile nel novero dei thriller europei di maggior rilievo del nuovo millennio.
Il regista Guillaume Canet mostra una notevole dimestichezza sia nelle sequenze di pathos che in quelle d' azione nelle quali non mancano inseguimenti mozzafiato alla maniera di Frankenheimer (Ronin), con una degna rappresentazione di Parigi equamente divisa tra lusso e banlieue, in un mix esplosivo nel quale si muove l' abile protagonista Francois Cluset, braccato dalla giustizia ma che trova inaspettato supporto in periferia.
Il cast è semplicemente eccezionale e non passano inosservate le prove al femminile di Cruse, Scott Thomas e Baye. Ma a rubare la scena a Cluset sono in tanti, da André Dussolier, nell' importante ruolo del suocero di Beck, a Jean Rochefort, nei panni del ricco e vizioso finanziere appassionato di cavalli che vuole vendicare la morte del rampollo (pedofilo) di casa, lo strepitoso Francois Berléand, nelle vesti del detective (e non è la prima volta) che cerca di fare luce sul giallo, fino ad arrivare nientemeno che a Olivier Marchal, il regista (nato poliziotto) di 36 Quai des Orfèvres che sovente si "diletta" anche nella recitazione, in questo caso come killer.
Molte scene sono impregnate di una certa crudezza transalpina ma anche impreziosite da richiami all' esperienza di Marchal (che probabilmente avrà regalato preziosi consigli al giovane Canet) e, dunque, non posso che consigliare vivamente l' opera, soprattutto per coloro che cercano una discreta dose di adrenalina senza per questo dover passare obbligatoriamente presso la dogana di Hollywood. Emozionante la scena finale.
Voto: 7
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smagato
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martedì 14 giugno 2016
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inutili complicazioni
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Quasi tutti i thriller sono inutilmente complicati e hanno bisogno di una spiegazione finale, che è di solito una confessione didascalica, la quale smentisce tutte le ipotesi presentate nel corso del film o immaginate dallo spettatore. Una conclusione che sa di 'deus ex machina'. Il regista pare che dica: “Così è anche se non vi pare.”
Viene da chiedersi: ma allora a che servono tutte le vicende e i flash back che precedono? Servono solo a riempire due ore di film? Credo che sia proprio così.
Questo thriller non fa eccezione ed è quindi l'ennesima produzione artificiosa. E’ un polpettone di vicende improbabili (vedi l’aiuto di uno strano malvivente buono), di fughe mozzafiato (nel senso che dovrebbero togliere il fiato a chi fugge e a chi insegue, ma questi personaggi sono atleti da maratona e non si scompongono nemmeno un po’), di poliziotti stupidi e incapaci, di sevizie ingiustificate e di morti inutili.
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Quasi tutti i thriller sono inutilmente complicati e hanno bisogno di una spiegazione finale, che è di solito una confessione didascalica, la quale smentisce tutte le ipotesi presentate nel corso del film o immaginate dallo spettatore. Una conclusione che sa di 'deus ex machina'. Il regista pare che dica: “Così è anche se non vi pare.”
Viene da chiedersi: ma allora a che servono tutte le vicende e i flash back che precedono? Servono solo a riempire due ore di film? Credo che sia proprio così.
Questo thriller non fa eccezione ed è quindi l'ennesima produzione artificiosa. E’ un polpettone di vicende improbabili (vedi l’aiuto di uno strano malvivente buono), di fughe mozzafiato (nel senso che dovrebbero togliere il fiato a chi fugge e a chi insegue, ma questi personaggi sono atleti da maratona e non si scompongono nemmeno un po’), di poliziotti stupidi e incapaci, di sevizie ingiustificate e di morti inutili.
Nel suo genere è discreto, ma niente di più. Buono per due ore da passare davanti al televisore.
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lunedì 19 agosto 2013
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livin' on the edge
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Un pediatra francese s’innamora di un’assistente sociale che si occupa di giovani con problemi famigliari e la sposa. Anche su di lei però pesa l’origine famigliare, che l’accompagna come un marchio di fabbrica essendo figlia di un poliziotto. E che poliziotto! Il povero pediatra si è scelto come cognato il capo della polizia di Parigi, oltretutto alle soglie della pensione e quindi con alle spalle un carico di nefandezze inconfessabili da far accapponare la pelle. Praticamente le stesse del potente faccendiere che lo ha sul suo libro paga segreto, mentre su quello pubblico ha la figlia del poliziotto prezzolato. E’ lei infatti ad occuparsi del lato presentabile del faccendiere, che è appassionato di sport equestri ma disinteressato alla reputazione del figlio.
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Un pediatra francese s’innamora di un’assistente sociale che si occupa di giovani con problemi famigliari e la sposa. Anche su di lei però pesa l’origine famigliare, che l’accompagna come un marchio di fabbrica essendo figlia di un poliziotto. E che poliziotto! Il povero pediatra si è scelto come cognato il capo della polizia di Parigi, oltretutto alle soglie della pensione e quindi con alle spalle un carico di nefandezze inconfessabili da far accapponare la pelle. Praticamente le stesse del potente faccendiere che lo ha sul suo libro paga segreto, mentre su quello pubblico ha la figlia del poliziotto prezzolato. E’ lei infatti ad occuparsi del lato presentabile del faccendiere, che è appassionato di sport equestri ma disinteressato alla reputazione del figlio. Salvo considerare inammissibile il fatto che il suo rampollo sia morto, apparentemente per mano dello stesso psicopatico che uccide anche la moglie del poliziotto, quando scopre che invece questa sarebbe ancora viva. La psicologia del potere non può accettare di fare, neanche solo una sola volta, la parte del perdente. Gli schizzi di sangue che ne seguiranno serviranno a fare definitivamente luce sopra un’aggrovigliata scena del crimine, rimettendo in ordine il vaso di Pandora che due poliziotti avevano nel frattempo deciso di riaprire otto anni dopo l’archiviazione del caso. Ma riaprire una partita finita in stallo può non solo rimettere a rischio di essere mangiate diverse pedine dello scacchiere, ma anche portare allo scacco matto a scapito di una delle due parti in gioco. E per vincere a scacchi com’è noto non basta saper muovere bene il cavallo. In questo film le nuove tecnologie di internet e del video streaming giocano un ruolo importante. Saranno queste che spingono sempre più persone a fidarsi poco delle vie legali? Così facendo però il pediatra mette a grave rischio la sua stessa incolumità. D’altronde qualche affinità con la figlia del poliziotto doveva pure averla se a suo tempo decise di sposarla dopo averla frequentata e amata sin dall’infanzia. L’amicizia tra le due famiglie degli sposi è infatti di lunga data e gli otto anni di mancate classiche alterne vicende di vita famigliare sono ampiamente compensati dai lunghi anni di fanciullezza vissuta insieme nell’intimità prima del matrimonio.
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