Se una bufala diventa arma politica
di Paolo D'Agostini La Repubblica
In Italia s'intitola L'imbroglio ma The Hoax si potrebbe tradurre "la bufala". E quella- veraco me la storia di Clifford Irving, accaduta all'inizio degli armi 70, poco prima della morte misteriosa e controversa come tutto del magnate Howard Hughes - che uno scrittore ambizioso ma senza talento architetta per raggiungere il successo. Tra l'altro Irving scrisse anche un libro sul falsario di opere d'arte Elmyr De Hory che fu tra le figure ispiratrici del film di Orson Welles F For Fake. Interpretato da un Richard Gere che non ha più lo smalto di Pretty Woman, dopo che tutte le sue smanie di grandezza sono naufragate in modesti risultati e i suoi manoscritti respinti dagli editori, Clifford inventa di sana pianta lo scoop di un'autobiografia a lui commissionata dal mitico produttore, petroliere, aviatore e padrone di compagnie aeree, e potente burattinaio occulto della politica Howard Hughes. Il quale viveva recluso, inavvicinabile e preda di parossistiche manie igieniste come raccontano Scorsese e Di Caprio in The Aviator. Il gioco, più grande di Clifford, della sua ossessiva e incontrollata bugiardaggine, e della sua vantata furbizia, finisce col trascinarlo nella polvere e nei guai. Intanto facendo di lui inconsapevole strumento, lascia intendere il finale, Hughes aggiusta i suoi personali conti con Il nemico Nixon di li a poco travolto dal Watergate. Illustrativo e non troppo ispirato, il film di Lasse Hallstrom (Chocolat) ficca il naso nella feroce ideologia competitiva e nello spietato culto della commercialità dell'editoria americana. La cui regolamentazione contrattuale ferrea non ha impedito però che un Clifford Irving, per un attimo almeno, abbia mandato tutto a gambe all'aria.
Da La Repubblica, 16 ottobre 2006
di Paolo D'Agostini, 16 ottobre 2006