filippo catani
|
lunedì 20 giugno 2011
|
la divisa grigia per un uomo grigio
|
|
|
|
Germania dell'Est in piena guerra fredda. Un agente della potentissima Stasi riceve il compito di sorvegliare con microspie e pedinamenti un noto drammaturgo sospettato di scrivere articoli e passare dati sensibili oltre il Muro a Berlino Ovest.
Un film agghiacciante che descrive la terribile vita dei cittadini della Repubblica Democratica Tedesca. Allo stesso tempo viene messo in rilievo anche la spietatezza dei membri della Stasi capaci di sacrificare l'intera vita per il bene del Partito. Quello stesso partito a cui a capo ci sono uomini corrotti e senza scrupoli che vivono nella ricchezza sfrenata a confronto della terribile miseria di gran parte dei cittadini. Soprattutto ci viene mostrato cosa attende chi viene preso di mira dal partito, cosa si deve fare per ingraziarselo e a cosa si va incontro in caso di denuncia delle attività della Stasi (emblematica la scena in cui il funzionario bussa alla porta della vicina di casa del drammaturgo per intimarle di non riferire a nessuno quanto visto pena l'espulsione del figlio dall'università).
[+]
Germania dell'Est in piena guerra fredda. Un agente della potentissima Stasi riceve il compito di sorvegliare con microspie e pedinamenti un noto drammaturgo sospettato di scrivere articoli e passare dati sensibili oltre il Muro a Berlino Ovest.
Un film agghiacciante che descrive la terribile vita dei cittadini della Repubblica Democratica Tedesca. Allo stesso tempo viene messo in rilievo anche la spietatezza dei membri della Stasi capaci di sacrificare l'intera vita per il bene del Partito. Quello stesso partito a cui a capo ci sono uomini corrotti e senza scrupoli che vivono nella ricchezza sfrenata a confronto della terribile miseria di gran parte dei cittadini. Soprattutto ci viene mostrato cosa attende chi viene preso di mira dal partito, cosa si deve fare per ingraziarselo e a cosa si va incontro in caso di denuncia delle attività della Stasi (emblematica la scena in cui il funzionario bussa alla porta della vicina di casa del drammaturgo per intimarle di non riferire a nessuno quanto visto pena l'espulsione del figlio dall'università). Fa venire i brividi la schedatura di centinaia di migliaia di persone sospettate di "attività anti-rivoluzionarie" o peggio ancora additate attraverso la dilazione. Ma ciò che rende palese più di tutto la situazione della Germania Est si può riassumere nell'impermeabile grigio indossato dal funzionario dei servizi. Il compianto Ulrich Muhe regala una interpretazione da 10 e lode per come incarna la perfetta figura dell'uomo di regime che, attraverso una lunga presa di coscienza, entra in crisi con se stesso e con il Partito.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
simo
|
sabato 23 giugno 2007
|
una lenta presa di coscienza.
|
|
|
|
All'interno di un grigio e monocromatico sistema totalitario, sotto il dispotico tentativo dittatoriale di controllare il pensiero della popolazione, si sviluppa la silenziosa ribellione del protagonista, il Capitano Gerd Wiesler (l'Hanptmann Gerd Wiesler HGWXX/7); si tratta di un crescendo emozionante che tiene lo spettatore in continua tensione. Chi segue le vicende del gelido capitano, non si rende immediatamente conto che egli sta maturando un cambiamento radicale ma si immedesima in lui, vive e sente la sua angoscia e la sua profonda solitudine, grazie anche alla straordinaria interpretazione di Ulrich Muhe. Il Capitano Wiesler spia in modo meticoloso, quasi pervaso da ossessione maniacale, la vita degli altri, proprio perchè la sua è troppo asettica, apatica, triste; spia le case degli altri perchè la sua è vuota, senza oggetti, senza colore, arredata senza amore e soprattutto senza amici e senza presenza di vita (fa eccezione la prostituta che forse è più felice e meno sola di lei); anche quello che mangia è insipido, verrebbe da dire: proprio per non morire.
[+]
All'interno di un grigio e monocromatico sistema totalitario, sotto il dispotico tentativo dittatoriale di controllare il pensiero della popolazione, si sviluppa la silenziosa ribellione del protagonista, il Capitano Gerd Wiesler (l'Hanptmann Gerd Wiesler HGWXX/7); si tratta di un crescendo emozionante che tiene lo spettatore in continua tensione. Chi segue le vicende del gelido capitano, non si rende immediatamente conto che egli sta maturando un cambiamento radicale ma si immedesima in lui, vive e sente la sua angoscia e la sua profonda solitudine, grazie anche alla straordinaria interpretazione di Ulrich Muhe. Il Capitano Wiesler spia in modo meticoloso, quasi pervaso da ossessione maniacale, la vita degli altri, proprio perchè la sua è troppo asettica, apatica, triste; spia le case degli altri perchè la sua è vuota, senza oggetti, senza colore, arredata senza amore e soprattutto senza amici e senza presenza di vita (fa eccezione la prostituta che forse è più felice e meno sola di lei); anche quello che mangia è insipido, verrebbe da dire: proprio per non morire.
Gerd spia il drammaturgo Dreyman ( i due non si incontreranno mai) con la sua passione per le manifestazioni artistiche (elemento sempre controllato nei regimi dittatoriali) con la sua casa piena di persone, di oggetti (libri, riviste ma anche oggetti inutili); ma soprattutto il capitano vive e sente il grande amore tra lo scrittore e l'attrice, un sentimento forte e passionale.Wiesler ha conosciuto finalmente la forza pulsionale della vita, la sente, capisce di esserne privo e molto lontano; non è geloso, anzi desidera proteggere
e salvare questo mondo profumato e colorato che brilla nel grigiore del totalitarsmo; e lo farà con la sua furbizia e con tutte le sue energie, a costo di perdere il suo lavoro.
Complesso il rapporto tra il capitano e lo scrittore, forse quest'ultimo è l'alter ego faticosamente cercato, forse si tratta solo di amicizia e di nobile sentimento di riconoscenza reciproca: l'uno fa conoscere la vita all'altro, l'altro gli salva la vita; comunque sia i due, solo loro due, si cercano costantemente e alla fine, riescono a capirsi.
Straordinario anche il grande senso di suspense che il giovane regista riesce a suscitare fino alla fine del film che, basato molto sugli interni, presenta uno scorcio di storia del novecento molto inquietante, ha una struttura sia da giallo, sia teatrale e tratta della forza del sentimento e dell'arte, di movimenti interiori e di ribellioni.
[-]
[+] le vite degli altri
(di valentina)
[ - ] le vite degli altri
|
|
[+] lascia un commento a simo »
[ - ] lascia un commento a simo »
|
|
d'accordo? |
|
ronks
|
giovedì 12 aprile 2007
|
l'ombra
|
|
|
|
DOPO FILMS COME "A EST DI BUCAREST" E "GOOD BYE LENIN!" IN CUI VIENE RACCONTATO IN FORMA IRONICA IL DRAMMA DELLA DITTATURA COMUNISTA, ARRIVA UNA PELLICOLA IMPEGNATA, PROFONDAMENTE TOCCANTE, SINCERA, CHE PROBABILMENTE SOLO UN TEDESCO POTEVA RACCONTARE... NEL PIENO SISTEMA ASSOLUTISTA, DOVE TUTTO VIENE MESSO SOTTO CONTROLLO PER LA "CAUSA SOCIALISTA", BASTA CHE IL POTENTE MINISTRO DELLA CULTURA SI INVAGHISCA, DURANTE UNA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE, DELL'ATTRICE PRINCIPALE, PER DECIDERE, PER "IMPOSSERSARSI" DEL SUO CORPO, DI INCASTRARE IL MARITO DI LEI, INTELLETTUALE DI PARTITO E REGISTA DELL'OPERA... IL COMPITO DI CARPIRE EVENTUALI PROVE SOVVERSIVE VIENE AFFIDATO ALL'INFLESSIBILE CAPITANO DELLA STASI Gerd Wiesler, IL QUALE, CON SCRUPOLO, COLLOCANDO ACCURATAMENTE DELLE MICROSPIE NELL'APPARTAMENTO DELLA COPPIA, SI ADOPERA AD UN INTERCETTAZIONE CONTINUA DELLA LORO VITA PRIVATA.
[+]
DOPO FILMS COME "A EST DI BUCAREST" E "GOOD BYE LENIN!" IN CUI VIENE RACCONTATO IN FORMA IRONICA IL DRAMMA DELLA DITTATURA COMUNISTA, ARRIVA UNA PELLICOLA IMPEGNATA, PROFONDAMENTE TOCCANTE, SINCERA, CHE PROBABILMENTE SOLO UN TEDESCO POTEVA RACCONTARE... NEL PIENO SISTEMA ASSOLUTISTA, DOVE TUTTO VIENE MESSO SOTTO CONTROLLO PER LA "CAUSA SOCIALISTA", BASTA CHE IL POTENTE MINISTRO DELLA CULTURA SI INVAGHISCA, DURANTE UNA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE, DELL'ATTRICE PRINCIPALE, PER DECIDERE, PER "IMPOSSERSARSI" DEL SUO CORPO, DI INCASTRARE IL MARITO DI LEI, INTELLETTUALE DI PARTITO E REGISTA DELL'OPERA... IL COMPITO DI CARPIRE EVENTUALI PROVE SOVVERSIVE VIENE AFFIDATO ALL'INFLESSIBILE CAPITANO DELLA STASI Gerd Wiesler, IL QUALE, CON SCRUPOLO, COLLOCANDO ACCURATAMENTE DELLE MICROSPIE NELL'APPARTAMENTO DELLA COPPIA, SI ADOPERA AD UN INTERCETTAZIONE CONTINUA DELLA LORO VITA PRIVATA... QUESTA INCESSANTE ASCOLTAZIONE DELLE LORO PRIVACY, PORTERA' IL CAPITANO AD INTERROGARSI SU SE STESSO E AD ESSERE COINVOLTO, TRASFORMATO, EMOZIONALMENTE ED INTELLETUALMENTE, TANTO DA DIVENTARE L'OMBRA DELLE LORO AZIONI REAZIONARIE... DI SEGUITO A TRAGICI EPISODI DI SUICIDI, INTERROGATORI, PERQUESIZIONI, ATTRAVERSO EVENTI BEN PARTICOLAREGGIATI, SI ARRIVERA' ALLA FATIDICA CADUTA DEL MURO, E ALLA CONOSCENZA "IN-DIRETTA" DELLA PROVVIDENZIALE OMBRA.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ronks »
[ - ] lascia un commento a ronks »
|
|
d'accordo? |
|
antonello villani
|
giovedì 19 aprile 2007
|
spaccato della ddr in pieno socialismo reale
|
|
|
|
Premio Oscar miglior film straniero, “Le vite degli altri” è un’opera prima che sorprende per la maturità cinematografica. Florian Henckel Von Donnersmack, al suo esordio dietro la macchina da presa, ci regala uno spaccato della DDR in pieno socialismo reale facendo i conti con un passato troppo presto dimenticato. Siamo in Germania, prima della caduta del muro. Attori di teatro, filosofi, e gente comune vivono costantemente nel terrore perché la polizia segreta vigila sulla condotta morale dei cittadini. Uno scrittore è tenuto sotto osservazione da un inflessibile agente della Stasi, la sua vita è monitorata da spie e microfoni sparpagliati per casa mentre alcune telecamere registrano gli spostamenti dei sospettati.
[+]
Premio Oscar miglior film straniero, “Le vite degli altri” è un’opera prima che sorprende per la maturità cinematografica. Florian Henckel Von Donnersmack, al suo esordio dietro la macchina da presa, ci regala uno spaccato della DDR in pieno socialismo reale facendo i conti con un passato troppo presto dimenticato. Siamo in Germania, prima della caduta del muro. Attori di teatro, filosofi, e gente comune vivono costantemente nel terrore perché la polizia segreta vigila sulla condotta morale dei cittadini. Uno scrittore è tenuto sotto osservazione da un inflessibile agente della Stasi, la sua vita è monitorata da spie e microfoni sparpagliati per casa mentre alcune telecamere registrano gli spostamenti dei sospettati. Il regista tedesco è abilissimo nel fotografare la realtà di un periodo che non ha vissuto se non attraverso i racconti dei suoi familiari, l’occhio voyeur s’infila ovunque scaraventandoci nell’intimità di una coppia borghese che oscilla tra censura e libero pensiero. Georg Dreyman perde alcuni collaboratori perché contrari al regime, diventa servo del potere fino a quando il suicidio di un amico non gli fa aprire gli occhi; decide di scrivere in gran segreto un articolo per il giornale “Der Spiegel”, ma la compagna lo tradisce per avere salva la pelle. Finale asciutto e toccante con il ravvedimento di un agente di polizia caduto in disgrazia dopo essere passato dalla parte dei buoni ed il tributo di un uomo scampato alla prigione che ritrova finalmente l’ispirazione: vacillano le convinzioni politiche, crollano gli ideali, si spalancano le porte del dubbio anche per i sostenitori del regime. Pentimento e redenzione di un governo di orwelliana memoria, Von Donnersmack rappresenta la coscienza di milioni di tedeschi che riportano alla memoria i suicidi occultati dalla ragion di Stato. Scenografia povera e fotografia livida, “Le vite degli altri” ha ricevuto il riconoscimento all’Academy Award pur essendo un film da Festival. Oscar politico ed Oscar cinematografico riuniti magicamente in un dramma che non presenta le ingenuità delle opere prime, perché il giovane regista di origini nobiliari dirige in maniera impeccabile due attori in stato di grazia: Sebastian Koch nella parte dello scrittore piegato da un sistema che non tollera ribellioni di sorta e Uriche Muhe nella parte del servitore di partito che vuole soffocare ogni forma sovversiva. Ritratto palpitante quello di Von Donnersmack, ma anche viaggio claustrofobico illuminato da alcune anime pie che si riscattano con le buone azioni: la dedica finale arriva come un messaggio di speranza nella Germania che si prepara a voltare pagina dopo guerre e crimini politici.
Antonello Villani
(Salerno)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a antonello villani »
[ - ] lascia un commento a antonello villani »
|
|
d'accordo? |
|
bernardino mattioli
|
sabato 2 giugno 2007
|
un muro che non crolla
|
|
|
|
Un documento inquietante su come il potere, oltre a monitorare e a condizionare "vite di altri", entra nel privato più intimo distruggendo anche il sentimento più inviolabile con perseveranza e crudeltà, mostrando un'apparente pacata violenza morale ma continua che conduce alla distruzione, alla perdita dell'imperdibile.(Vedi anche l'amore)
Neanche Lars von trier in "Dancer in the dark" era riuscito ad avvelenare i battiti rossi che salvano ogni tipo di condizione.
L'invidia, la sete di chi comanda, non si limita a muovere fili conducendo dove vuole chiunque abbia l'abbaglio dell'ambizione. Ma insiste, percuote le fragilità emotive fino a svelare personaggi che si credevano diversi, che nell'incoscio desideravano mantenere il segreto per sentirsi puri e capaci.
[+]
Un documento inquietante su come il potere, oltre a monitorare e a condizionare "vite di altri", entra nel privato più intimo distruggendo anche il sentimento più inviolabile con perseveranza e crudeltà, mostrando un'apparente pacata violenza morale ma continua che conduce alla distruzione, alla perdita dell'imperdibile.(Vedi anche l'amore)
Neanche Lars von trier in "Dancer in the dark" era riuscito ad avvelenare i battiti rossi che salvano ogni tipo di condizione.
L'invidia, la sete di chi comanda, non si limita a muovere fili conducendo dove vuole chiunque abbia l'abbaglio dell'ambizione. Ma insiste, percuote le fragilità emotive fino a svelare personaggi che si credevano diversi, che nell'incoscio desideravano mantenere il segreto per sentirsi puri e capaci.
In un momento diverso sarebbe successo altro e la voglia di stringere avrebbe avuto la meglio sulla corruzione.Ma chi dilania, questa volta, ha tattiche precise, ha studiato per esaltare,possedere e al tempo esatto distruggere
in maniera completa e irreversibile.
Durante le 2 ore 20 minuti la rabbia cresce in maniera lieve,impercettibile, quasi potesse essere attenuata da un evento piacevole, che viene mostrarto solo nella conversione di HHW XX/7,che proprio per questo vive ora all'oscuro piegato dal suo stesso e imprevedibile buon senso.
benna
[-]
|
|
[+] lascia un commento a bernardino mattioli »
[ - ] lascia un commento a bernardino mattioli »
|
|
d'accordo? |
|
nexus
|
lunedì 6 settembre 2010
|
succedeva solo in quel contesto storico?
|
|
|
|
Film straordinario che descrive come il sistema di potere lentamente, ma inesorabilmente, riesce a sopraffare la volontà dei propri cittadini servendosi di ogni mezzo.
Utilizzando il ricatto (la paura di perdere il proprio lavoro di attrice, il calore del pubblico, la creatività) il film descrive come il sistema spinge gli individui a mettersi gli uni contro gli altri, tradendo anche i propri familiari e gli affetti più cari.
In ogni persona viene instillato il sospetto affinché diffidi di chiunque, anche dei propri cari, secondo il vecchio motto: “Dividi et impera”.
Quante analogie con il mondo in cui viviamo ora in occidente!
Sparito il socialismo reale è rimasto il “vincitore” ovvero un capitalismo rapace che utilizza gli stessi meccanismi in forma più sofisticata e subdola.
[+]
Film straordinario che descrive come il sistema di potere lentamente, ma inesorabilmente, riesce a sopraffare la volontà dei propri cittadini servendosi di ogni mezzo.
Utilizzando il ricatto (la paura di perdere il proprio lavoro di attrice, il calore del pubblico, la creatività) il film descrive come il sistema spinge gli individui a mettersi gli uni contro gli altri, tradendo anche i propri familiari e gli affetti più cari.
In ogni persona viene instillato il sospetto affinché diffidi di chiunque, anche dei propri cari, secondo il vecchio motto: “Dividi et impera”.
Quante analogie con il mondo in cui viviamo ora in occidente!
Sparito il socialismo reale è rimasto il “vincitore” ovvero un capitalismo rapace che utilizza gli stessi meccanismi in forma più sofisticata e subdola.
Nel mondo del lavoro, è stata un po’ alla volta, introdotta, ed ampliata, la precarietà dell’impiego finalizzata al costante ricatto con lo scopo di addolcire la volontà delle maestranze.
Vengono divulgati stili di vita che esaltano le libertà individuali compresa quella di tradire i propri affetti (tradire la moglie, tradire la famiglia per il proprio lavoro, gli amici magari per soldi e carriera).
Il risultato ambito è quello di ottenere un uomo solo, con affetti precari, senza veri sentimenti e speranze mosso unicamente dagli istinti, dai desideri, dalla volontà di possesso e successo.
Devono scomparire o essere incanalati su binari prestabiliti gli ideali, le aspirazioni, la creatività, la piena e vera espressione del sé, la condivisione con gli altri , la solidarietà.
Come in questo film stupendo solo la riscoperta dei valori veri, quelli più profondi, può salvare l’Uomo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nexus »
[ - ] lascia un commento a nexus »
|
|
d'accordo? |
|
michael vronsky
|
giovedì 7 giugno 2007
|
un racconto morale sulla dignità dell'uomo
|
|
|
|
Era duro vivere dall’altra parte del muro a Berlino Est, nella Deutsche Demokratische Republik, la Repubblica Democratica Tedesca meglio nota come la DDR. Duro in un paese dove la libertà di espressione è inevitabilmente messa in discussione da un sistema prevaricatore teso a minacciare qualsiasi forma di legittimità.
Essere minimamente sospettati di andare contro il Partito significava compromettere per sempre la propria vita. Il presso da pagare era altissimo, e in particolar modo per gli intellettuali era asfissiante vivere in questo incessante clima di tensione, poiché le persone di cultura erano quelle maggiormente ritenute possibili cospiratori.
Fautrice di questo inquietante “Maccartismo all’incontrario” era la STASI, la polizia di Stato che con i suoi innumerevoli agenti sparsi per tutto il territorio s’insinuava morbosamente nelle vite altrui, raccogliendo frammenti di quotidianità, alla spasmodica ricerca di impercettibili indizi in grado di poter distruggere un’esistenza, isolandola a tempo indeterminato.
[+]
Era duro vivere dall’altra parte del muro a Berlino Est, nella Deutsche Demokratische Republik, la Repubblica Democratica Tedesca meglio nota come la DDR. Duro in un paese dove la libertà di espressione è inevitabilmente messa in discussione da un sistema prevaricatore teso a minacciare qualsiasi forma di legittimità.
Essere minimamente sospettati di andare contro il Partito significava compromettere per sempre la propria vita. Il presso da pagare era altissimo, e in particolar modo per gli intellettuali era asfissiante vivere in questo incessante clima di tensione, poiché le persone di cultura erano quelle maggiormente ritenute possibili cospiratori.
Fautrice di questo inquietante “Maccartismo all’incontrario” era la STASI, la polizia di Stato che con i suoi innumerevoli agenti sparsi per tutto il territorio s’insinuava morbosamente nelle vite altrui, raccogliendo frammenti di quotidianità, alla spasmodica ricerca di impercettibili indizi in grado di poter distruggere un’esistenza, isolandola a tempo indeterminato.
Questo è il lavoro che svolge Gerd Wiesler, inflessibile capitano della STASI, occhi di ghiaccio e atteggiamento severo. Un giorno gli viene ordinato di spiare il noto scrittore George Dreyman nella sua abitazione, poiché forse è un dissidente. Allora Wiesler dalla sua postazione di controllo comincia a svolgere il compito di interlocutore.
L’opera prima dell’esordiente Florian Henckel Von Donnersmarck è un capolavoro indiscusso. Ed è innanzitutto un film spiazzante per la sua attualità. In epoche come questa in cui la violazione della privacy è un’inarrestabile sopraffazione, “Le vite degli altri” è necessario per scuotere le coscienze.
Una cruda metafora sulla contaminazione che si propaga a livelli parossistici, a macchia d’olio come una terribile epidemia: la STASI attraverso i suoi microscopici insediamenti. Un parassita. Essere inanimato capace di trarre nutrimento soltanto tramite la dominazione di organismi viventi immersi nel loro pacifico habitat.
Una minaccia costante, attiva e mai esausta. “Le vite degli altri” è un film intenso, realista e mai ridondante: bravo Henckel Von Donnersmarck che ci proietta in un preciso contesto storico senza mai spettacolarizzare quelli avvenimenti, a differenza di altri registi che si servono della Storia per romanzare insulse fiction.
“Le vite degli altri” ha il grande pregio di non risultare mai agiografico, neanche nelle ultime sequenze dopo il crollo del muro, e né tanto meno cade mai nella retorica. La regia lucida e semplice ( assenti virtuosismi: spazio a campi, controcampi, importanti primissimi piani) garantisce al film un’atmosfera di implacabile freddezza, in piena sintonia con l’aria inquieta che si respirava in quelli anni.
Preda di incontrollabili paranoie, irrimediabili soprusi fisici e psicologici, l’uomo consapevole di non essere più padrone di sé stesso, cerca di porre un freno a tutto ciò: ecco che Gerd Wiesler, (uno straordinario Ulrich Muhe che recita con gli occhi) stufo della sudditanza psicologica e dello squallore esistenziale nella quale è circoscritto, a base di cibi precotti e amplessi a pagamento, decide di cambiare dando una svolta alla sua vita, prendendo una posizione determinante all’interno della situazione.
“Le vite degli altri” è un racconto morale sulla dignità dell’uomo, la tangibile dimostrazione che nonostante la prevaricazione che un regime totalitario impone, l’umanità dell’individuo affiora, e il peso della coscienza esercita un ruolo decisivo, poiché una dittatura può annichilire la mente e il corpo, ma non l’anima. L’essenza di noi stessi implica le conseguenze delle azioni che facciamo.
Ottima sceneggiatura mai prolissa, notevole la suspence che non cala mai di ritmo, eccezionali gli interpreti.
E nel finale, negli occhi azzurri di Wiesler una volta minacciosi ma ora colmi di bontà, s’intravede finalmente un barlume di speranza e redenzione per il genere umano. Commovente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a michael vronsky »
[ - ] lascia un commento a michael vronsky »
|
|
d'accordo? |
|
pensionoman
|
lunedì 21 marzo 2011
|
la vita nella libertà...
|
|
|
|
un film degno della migliore cinematografia di tutti i tempi.. delicato nella narrazione, non stanca, nonostante la lunga durata, ma, in uno con l'esperienza del protagonista della Stasi, ti porta a compenetrarti con le "vite" degli altri, artisti e intellettuali, giornalisti e attori, perseguitati da un regime totalitario spietato e brutale nelle sue metodiche...
fa riflettere, prima di tutto sul profilo giuridico della legittimità dei metodi di interrogatorio, che privano di ogni umanità l'interrogato, portato a spogliarsi di ogni sentimento di umana pietà, per non soccombere alle sue debolezze di individuo, contro un sistema impietoso che lo sfrutta per metterlo contro i suoi simili (esemplari la scena iniziale della spiegazione in classe di come si realizza un buon interrogatorio e l'annotazione del maestro della critica di un allievo, futuro potenziale dissenziente, che esprime dubbi proprio per la mancanza di umanità del sistema con la domanda "ma è proprio necessario"?; nonchè l'altra scena, forse ancor più illuminante, della domanda rivolta al bambino in ascensore, che aveva subito prima rivelato il commento negativo fattogli dal padre sugli agenti della Stasi, volta appunto ad accertare l'identità del padre di lui "chi è tuo padre"?).
[+]
un film degno della migliore cinematografia di tutti i tempi.. delicato nella narrazione, non stanca, nonostante la lunga durata, ma, in uno con l'esperienza del protagonista della Stasi, ti porta a compenetrarti con le "vite" degli altri, artisti e intellettuali, giornalisti e attori, perseguitati da un regime totalitario spietato e brutale nelle sue metodiche...
fa riflettere, prima di tutto sul profilo giuridico della legittimità dei metodi di interrogatorio, che privano di ogni umanità l'interrogato, portato a spogliarsi di ogni sentimento di umana pietà, per non soccombere alle sue debolezze di individuo, contro un sistema impietoso che lo sfrutta per metterlo contro i suoi simili (esemplari la scena iniziale della spiegazione in classe di come si realizza un buon interrogatorio e l'annotazione del maestro della critica di un allievo, futuro potenziale dissenziente, che esprime dubbi proprio per la mancanza di umanità del sistema con la domanda "ma è proprio necessario"?; nonchè l'altra scena, forse ancor più illuminante, della domanda rivolta al bambino in ascensore, che aveva subito prima rivelato il commento negativo fattogli dal padre sugli agenti della Stasi, volta appunto ad accertare l'identità del padre di lui "chi è tuo padre"?)... agghiacciante...
ma a prescindere da tutto, prevale su ogni considerazione di ordine logico filosofico razionale, la passione che si insinua lentamente nella spia protagonista del film, la passione per l'arte, il pensiero, la delicatezza degli altri, il rispetto per le loro passioni e per la loro creatività, per l'intensità delle loro emozioni, insomma per la libertà dell'animo umano, che è il primo bene dell'Uomo, insieme a quello della vita, passioni che finiranno per contagiare, e cambiare, l'anima del protagonista, come anche dello spettatore...
impossibile infatti rimanere impassibile di fronte a un'opera che ha dello shakespeariano e del tragico greco al suo interno, agitata da passioni quasi neoclassiche, nella loro compostezza e al contempo nella potenza unica, che porta lo spettatore per mano fino al climax finale, facendolo sussultare nel petto con la delicata fermezza di un eroe virgiliano, che non è, come qualcuno improvvidamente ha pensato, la scena dell'investimento della povera bellissima e tormentata attrice da un camioncino, ma di contro, evidentemente, è rappresentato, e non può essere altrimenti, dalla scena finale della scoperta della dedica all'interno del libro "Sonata per le persone buone", vera metafora dell'intero universo di sentimenti che si sprigionano nel film e messaggio filosofico finale intriso di ottimismo incrollabile, tipico del pensiero liberale, motore di spinta di ogni vero progresso umano e di ogni vetta di grandezza, intriso di quell'anelito di libertà che è la vera ragione di vita spirituale dell'Uomo, e che non a caso viene accompagnato idealmente alla caduta del muro...
memorabile la scena in cui l'agente spiando chiude gli occhi e si compenetra completamente nelle "vite degli altri", ma soprattutto la scena in cui il commediografo protagonista pensa ad alta voce ed esprime tutto il suo rammarico dopo aver suonato las "Sonata per le persone buone" ( "come può qualcuno che ascolta questa musica essere cattivo"?)... stupendo... uno squarcio di luce nell'anima con una semplicità potente...
che dire... un'opera illuminante in più di un senso... da vedere e rivedere, per ripensare spesso a temi essenziali assai trascurati nel mondo moderno..
un saluto a tutti e alla redazione...
sempre buona visione
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pensionoman »
[ - ] lascia un commento a pensionoman »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
sabato 6 luglio 2013
|
ideali e regime nella berlino divisionista
|
|
|
|
Ogni dittatura porta dietro di sé distruzione e abbandono, spazza via come polvere al vento ricordi personali e gioie passate abbattute dalla violenta mano del totalitarismo che impone conformità, repressione e conseguente condizionamento psico-fisico limitando ogni forma di libertà sia intrinseca che estrinseca.
Le vite degli altri, un titolo che immediatamente rende chiaro allo spettatore “la diversità”, l’estraneità del protagonista, agente della polizia di regime, a un mondo che vede crollare dinanzi ai suoi occhi, immagine cinematografica fedele della causa comunista tedesca, costituisce un esempio di cinema indipendente, secco e semplice che con poche inquadrature, comunica allo spettatore il clima di persistente controllo degno di un Grande Fratello orwelliano.
[+]
Ogni dittatura porta dietro di sé distruzione e abbandono, spazza via come polvere al vento ricordi personali e gioie passate abbattute dalla violenta mano del totalitarismo che impone conformità, repressione e conseguente condizionamento psico-fisico limitando ogni forma di libertà sia intrinseca che estrinseca.
Le vite degli altri, un titolo che immediatamente rende chiaro allo spettatore “la diversità”, l’estraneità del protagonista, agente della polizia di regime, a un mondo che vede crollare dinanzi ai suoi occhi, immagine cinematografica fedele della causa comunista tedesca, costituisce un esempio di cinema indipendente, secco e semplice che con poche inquadrature, comunica allo spettatore il clima di persistente controllo degno di un Grande Fratello orwelliano.
L’ambientazione è la triste Berlino di fine anni 80, a pochi anni dalla caduta del muro, come si evince dalla breve didascalia esplicativa dei primi fotogrammi, preludio alla caratterizzazione storica della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, la cui stabilità e sicurezza era affidata al Ministero della Sicurezza dello Stato, la Stasi.
Membro ufficiale, impeccabile cinico nel torturare psicologicamente i dissidenti al regime, è il capitano Wiesler, incaricato dal ministro della cultura Hempf di sorvegliare i movimenti di Dreyman, un famoso drammaturgo presunto simpatizzante di politiche esterne al partito. Il silenzioso ufficiale pur subodorando un inganno e la passione del comandante verso l’attraente donna del drammaturgo, obbedisce passivamente all’ordine, divenendo ospite indesiderato della vita di un’altra persona, condividendo silentemente azioni e gesti in una metamorfosi che metterà in crisi i saldi ideali di giustizia e rispetto.
Troppo semplice definire una trama lunga e complicata in una recensione di poche righe: molti gli avvenimenti, numerose le inquisizioni di un periodo buio che, negli ultimi anni, la Germania sta decidendo di portare alla luce attraverso pellicole come Goodbye Lenin e in particolare, nel periodo dell’olocausto La rosa bianca. In questo frangente, il ruolo del novelliere è stato affidato all’esordiente regista von Donnersmarck, che in una Berlino cosmopolita utilizza la macchina da presa per girare un documentario sui regimi autoritari caratterizzando con acume, i comportamenti sociali di una popolazione logorata e oppressa dal regime sovversivo (ne è un esempio una delle scene iniziali: l’inserimento di cimici e microspie nell’appartamento di Georg, scena osservata dalla vicina minacciata di incolumità).
Forse troppo “artificiale” in alcune scene e dai toni da Hitchcock spionista de L’uomo che visse due volte, Le vite degli altri evidenzia la metamorfosi e la presa di consapevolezza di un uomo obnubilato dai fumi del regime che da sostenitore ne diviene cauto oppositore fino alla mistificazione dei rapporti.
Ma non è tutto qui: l’ideologia lascia spazio alla caratterizzazione psicologica di un uomo solitario,votato al regime, solo senza affetti che improvvisamente scopre un mondo nuovo, un universo a lui sconosciuto dove regna l’utopica convinzione di uno stato libertario fondato su arte, musica e poesia. In una parola: cultura. La comprensione dell’importanza di questa semplice parola che rappresenta desiderio di espressione artistica di un popolo è solo il primo passo verso ogni forma di democrazia che trae forza dall’umanità e dalla verità forti da abbattere ogni costrizione come avverrà per il Muro.
Un primo passo verso una strada ancora tutta da costruire dove il grigiore di una vita quotidiana piegata alla dittatura possa essere annichilito dalla luce della giustizia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
thedreamer
|
venerdì 13 aprile 2007
|
una finestra sul cortile per non vedenti
|
|
|
|
Di fatto un film toccante ben narrato e ben girato.
Sono d'accordo con quasi tutte le recensioni che mi hanno preceduto, pure su quelle piu' stroncanti.
Ho intravisto un capolavoro mancato.
Se posso aggiungere qualcosa di nuovo e' sul parallelo che farei con "La finestra sul cortile" che qui si incentra piu' sul sonoro(sebbene lo spettatore veda sempre) rispetto al visivo del film di A.Hitchcock, e che qlc. molto prima di me ha definito un film sul cinema...
Da J.Stewart inchiodato alla sedia che osserva (in)volontariamente cio' che accade ai suoi vicini, al capitano Wiesler che ascolta i dialoghi o la musica dei protagonisti,a noi spettatori che dalle ns. poltrone guardiamo il film,
ci unisce un sottile filo: L'essere partecipi di una storia che in qs.
[+]
Di fatto un film toccante ben narrato e ben girato.
Sono d'accordo con quasi tutte le recensioni che mi hanno preceduto, pure su quelle piu' stroncanti.
Ho intravisto un capolavoro mancato.
Se posso aggiungere qualcosa di nuovo e' sul parallelo che farei con "La finestra sul cortile" che qui si incentra piu' sul sonoro(sebbene lo spettatore veda sempre) rispetto al visivo del film di A.Hitchcock, e che qlc. molto prima di me ha definito un film sul cinema...
Da J.Stewart inchiodato alla sedia che osserva (in)volontariamente cio' che accade ai suoi vicini, al capitano Wiesler che ascolta i dialoghi o la musica dei protagonisti,a noi spettatori che dalle ns. poltrone guardiamo il film,
ci unisce un sottile filo: L'essere partecipi di una storia che in qs. momento si svolge davanti a noi e l'incapacita' di poterla cambiare.
Nel film, il Capitano ci provera' e riuscira' quasi a cambiarla la storia.... Ma e' la Storia (la caduta del muro) con i suoi accadimenti ineluttabili che prende il soppravvento, indipendentemente dai ns desideri.
Cosi anche il cinema. Non siamo noi a decidere delle sorti dei ns. protagonisti e' il Regista.
Non e' un caso che la protagonista sia un'attrice (di teatro).
Non e' un caso che la prima scena sia quella di un interrogatorio dove qualcuno recita l'innocente e che viene poi a sua volta ascoltata(!) in classe.
Non e' un caso che l'inchiostro sia rosso, colore del comunismo, del sangue e della passione.
Il capitano Wiesler entrando nella vita dei protagonisti diventa senza dubbio un uomo migliore, piu' buono... forse anche noi lo diventiamo quando vediamo un buon film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a thedreamer »
[ - ] lascia un commento a thedreamer »
|
|
d'accordo? |
|
|