Intrigo a Berlino

C'è persino l'addio all'aeroporto

Dove siamo capitati? Bianco e nero, musica, titoli di testa e marchio Warner: tutto "d'epoca". Ma ecco Clooney giornalista in uniforme che arriva a Berlino nel luglio '45 per seguire la conferenza di Potsdam dove Truman, Stalin e Churchill decideranno la spartizione dell'Europa creando le basi della guerra fredda. E capiamo che è un film fatto "come se" fosse un noir degli anni 40. The Good German di Steven Soderbergh è un po' Casablanca con un po' del Terzo uomo. Il giornalista americano, che già conosceva Berlino e in passato vi aveva incontrato anche 1'amore, ritrova ora una Lena (Blanchett) irriconoscibile. Ogni incontro è una speranza e un desiderio di salvarla di lui e una nuova bugia di lei. E l'addio finale sarà su una pista notturna e piovosa con lei che sale la scaletta dell'aereo sotto un cappello a falde larghe e lui che resta a guardarla. Berlino come la Vienna del grande film wellesiano è un nido di vipere dove borsa nera, amputazioni fisiche e morali, prostituzione, segreti da mantenere tali alimentano il duello invisibile a colpi bassissimi tra i nuovi padroni, russi e americani. Soderbergh vuole farci credere che Cate recita come se fosse Ingrid, Marlene, Alida? E Clooney come Bogart, Gable, Cary Grant? Senza ironia, dice, credendoci. No: si lascia gustare e godere questo film, ma per quello che è. Un algido e raffinato gioco archeologico.
Da La Repubblica, 10 febbraio 2007


di Paolo D'Agostini, 10 febbraio 2007