Il cammino di San Diego

Tati è un ragazzo che lavora nei boschi della regione di Misiones in Argentina. Ha una giovane moglie, tre figli e una passione assoluta per Diego Armando Maradona. Un giorno scopre una radice di un albero che, se adeguatamente intagliata, può rappresentare il calciatore mentre esulta a braccia levate. Siamo nell'aprile del 2004. Quando tutti i mezzi di comunicazione diffondono la notizia che Maratona è stato ricoverato per un attacco cardiaco centinaia di tifosi si dirigono verso la clinica in cui versa in pericolo di vita. Tra di loro anche Tati, che inizia un lungo viaggio portando con sé la statua lignea che vuole regalare al suo idolo.
Carlos Sorin sin dal suo esordio con La pelicula del Rey Leone d'oro a Venezia, ha sempre privilegiato storie i cui personaggi si muovessero in una dimensione di realtà ai confini.
Ha confermato questa vocazione con il film precedente a questo, Bombo el perro, storia del rapporto tra un uomo e un cane e ora tenta, riuscendovi, di tracciare un ritratto dell'Argentina in crisi economica seguendo il percorso di un umile come Tati. Il regista è consapevole di tutte le dinamiche che stanno all'origine della mitizzazione di Maradona e, soprattutto, del fatto che per le classi diseredate ha rappresentato, nel bene e nel male, un modello di riscatto sociale. In questo suo mockumentary, in cui la storia di finzione si mescola con la realtà, Sorin è ben lontano dal fare ironia sull'ingenua ossessione del giovane di campagna perché la contestualizza in un on the road in cui i mezzi di comunicazione di massa dominano la scena ma anche i compagni di viaggio divengono partecipi di un sogno.
'San' Diego, con tutte le sue trasgressioni e stranezze, resta uno di loro e anche il camionista brasiliano, una delle figure meglio riuscite, finisce con il divenire partecipe di un pellegrinaggio il cui esito non è per nulla scontato. Il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di San Sebastian del 2006. 