felicity
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venerdì 31 marzo 2023
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intreccio di tragedia e melodramma
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Dopo il matrimonio rende vivido l'intreccio drammatico, facendolo pulsare nelle vene e nelle emozioni di figure in grado di risultare sempre autentiche pur nel sovraccarico emotivo da cui sono gravate. Il confronto tra le varie coppie è affidato a una successione di rivelazioni e svelamenti che cambia progressivamente la disposizione affettiva dei personaggi, aggiungendo materia e stratificando l'intreccio. Susanne Bier si affida a una messa in scena dinamica, che trova riscontro in un montaggio che amplifica l'impatto emozionale del film. Vero è che non mancano alcuni vezzi ormai tipici del cinema danese, come una certa irascibilità della tensione drammatica e il ricorso a indici semantici che rischiano di apparire gratuiti.
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Dopo il matrimonio rende vivido l'intreccio drammatico, facendolo pulsare nelle vene e nelle emozioni di figure in grado di risultare sempre autentiche pur nel sovraccarico emotivo da cui sono gravate. Il confronto tra le varie coppie è affidato a una successione di rivelazioni e svelamenti che cambia progressivamente la disposizione affettiva dei personaggi, aggiungendo materia e stratificando l'intreccio. Susanne Bier si affida a una messa in scena dinamica, che trova riscontro in un montaggio che amplifica l'impatto emozionale del film. Vero è che non mancano alcuni vezzi ormai tipici del cinema danese, come una certa irascibilità della tensione drammatica e il ricorso a indici semantici che rischiano di apparire gratuiti. Alla stessa maniera infastidisce non poco l'insistenza sul tema degli orfani indiani, tutto sommato superfluo alla stringente natura del dramma vissuto da Jorgen e Jacob. Più che altro una traccia aggiuntiva, sulla quale però la regista insiste con un prologo ed un epilogo carati su una raffigurazione dell'infanzia bisognosa che appare incongrua a fronte di un dramma prettamente "borghese" come quello vissuto dai protagonisti del film.
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stefanocapasso
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lunedì 23 ottobre 2017
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l'amore passa per l'accettazione
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Jacob è un uomo danese che da tempo ha scelto di dedicare la sua vita agli impegni di volontariato. Il suo impegno, senza particolari risultati, con gli orfani in India è anche un modo per mettere da parte un passato difficile. Quando riceve la proposta di una donazione da un ricco uomo danese, è costretto a tornare nel suo paese d’origine per incontrare il magnate, e una serie di eventi cambierà in qualche modo il corso della sua vita sua e delle persone che incontrerà.
Un film molto intenso, quasi melodrammatico, questo di Susan Bier che racconta un processo di integrazione di un passato difficile e di un futuro doloroso. L’ottima sceneggiatura e le scelte registiche insistono sul tema dell’instabilità e del caos che è presente nelle vite dei protagonisti, almeno fin quando non decidono di affrontare i loro destini.
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Jacob è un uomo danese che da tempo ha scelto di dedicare la sua vita agli impegni di volontariato. Il suo impegno, senza particolari risultati, con gli orfani in India è anche un modo per mettere da parte un passato difficile. Quando riceve la proposta di una donazione da un ricco uomo danese, è costretto a tornare nel suo paese d’origine per incontrare il magnate, e una serie di eventi cambierà in qualche modo il corso della sua vita sua e delle persone che incontrerà.
Un film molto intenso, quasi melodrammatico, questo di Susan Bier che racconta un processo di integrazione di un passato difficile e di un futuro doloroso. L’ottima sceneggiatura e le scelte registiche insistono sul tema dell’instabilità e del caos che è presente nelle vite dei protagonisti, almeno fin quando non decidono di affrontare i loro destini. E proprio questo diventa il punto fondamentale del film, che è un film sull’amore che si declina nell’accettazione dei propri destini. Tutti i protagonisti fanno i conti con situazioni di vita che cercano di allontanare e che in qualche modo fanno da ostacolo per una evoluzione significativa. Accettando, ognuno il proprio destino che è certamente doloroso e comporta una rinuncia, possono aprire le porte all’amore per la vita e le persone che fanno parte della loro comunità.
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luigi chierico
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sabato 27 febbraio 2016
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c’è del marcio in danimarca
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Un ottimo film in cui si respira soltanto aria pura,carità,bontà,perdono,comprensione,generosità e amore,tanto amore in tanto dolore e miseria.E’un prodotto della Danimarca e della Svezia,Jorgen dice a Jacob che dalla sua finestra,quando il tempo è buono,la si può vedere la Svezia.Forse per queste origini la storia che ci viene proposta è positiva sebbene attraversi tante situazioni che altrove sarebbero state motivo di odio e vendetta.Mads Mikkelsen,che impersona magicamente Jacob e Rolf Lassgård, che interpreta benissimo la parte di Jorgen,sono i due personaggi attorno a cui si intrecciano due storie molto belle.L’amore per i bambini nell’India e l’amore per la famiglia in Danimarca,a Copenaghen là dove si può vedere la Torre Rotonda.
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Un ottimo film in cui si respira soltanto aria pura,carità,bontà,perdono,comprensione,generosità e amore,tanto amore in tanto dolore e miseria.E’un prodotto della Danimarca e della Svezia,Jorgen dice a Jacob che dalla sua finestra,quando il tempo è buono,la si può vedere la Svezia.Forse per queste origini la storia che ci viene proposta è positiva sebbene attraversi tante situazioni che altrove sarebbero state motivo di odio e vendetta.Mads Mikkelsen,che impersona magicamente Jacob e Rolf Lassgård, che interpreta benissimo la parte di Jorgen,sono i due personaggi attorno a cui si intrecciano due storie molto belle.L’amore per i bambini nell’India e l’amore per la famiglia in Danimarca,a Copenaghen là dove si può vedere la Torre Rotonda.Non è facile per questo film tacere sulla trama così ricca si sorprese sebbene tutto accada con tale naturalezza da non destare sorpresa. Anche la morte diventa naturale al punto da non commuovere,in quella terra fredda non si piange anche se“c’è del marcio in Danimarca”come dice Amleto.Un film molto bello ma che non dà emozioni,tutto è così naturale,direi normale,anche il tradimento ed i figli naturali.Forse è proprio per questo clima che si respira dall’inizio alla fine che se ne rimane soddisfatti,ma non entusiasti.Ciò che più piace è invece la fotografia che riprende la miseria che si trova in India tra i bambini,per le strade, nei paesi, sui mezzi di trasporto,e la ricchezza a Copenaghen nelle case,nei ristoranti,nei parchi,delle ville e dei vestiti.Se in India non si ha cosa dare ai bellissimi bambini,dai grandi occhi neri,dal sorriso unito al pianto,a casa di Jorgen invece si festeggia il suo 52° anno con una tavola riccamente imbandita,bellissima,su cui si poggiano tanti candelieri d'argento a creare un’atmosfera fantastica che nasconde una terribile verità;non è la modesta tavola con le 12 candele allestita da Babette in uno sperduto villaggio della Danimarca nel 1800,film che non per questo definisco epocale.Ed è ancora la fotografia che ha forse il merito maggiore per far apprezzare questo film, ovviamente oltre all’interpretazione ottima di tutti i protagonisti,non ultima Sidse Babett Knudsen,nella parte di Helene.Vi sono tantissime riprese avvicinate in particolare degli occhi e delle labbra,dei volti e cimeli di animali.Il regista ha forse cerato di entrare attraverso gli occhi e le labbra nel cuore e nella mente di tutti i protagonisti nelle fasi più delicate e sconvolgenti,non mancano le sorprese ma,come ho detto,vengono svelate freddamente,siamo in Danimarca,ripeto.Tantissimi primi piani, tanta buona musica al piano,una magnifica ripresa in chiesa per ascoltare una promessa non mantenuta, perché “Tutto passerà,come passano tutti i dolori”.In sostanza è un film d’amore tra padri e figli e tra coniugi e in una buona sceneggiatura senti dichiarare perché è “Il tempo trascorso con loro quello che conta veramente”, fino a dire:“Tu sei il giorno e la luce,il cielo e il mare”.Ricchezza e povertà,ma il dolore si annida ovunque perché non fa distinzione,al dolore fisico si accompagna quello dell’anima,al presente quello del passato,in attesa di quello che verrà.E tutto passa verso gli occhi che sono le porte che portano al cuore in gioia o a pezzi,in sussulto o in lacrime.
E guardando,muti, lo strazio dell’India vale la pena citare Thomas Mann:”L’umanità vivrà chissà quanto con un buco nero nell’anima lasciato da generazioni di fanciulli che non hanno conosciuto i sogni”.chibar22@libero.it
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themorenina
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mercoledì 17 giugno 2015
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capolvoro assoluto
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Questo film,per quanto mi riguarda, è di una bellezza che rasenta la perfezione.
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vanessa zarastro
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giovedì 26 marzo 2015
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c’è del marcio in danimarca
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" C'è del marcio in Danimarca" è il titolo molto appropriato di una serie di film che Sky trasmette nella programmazione Cinema Cult.
Mads Dittman Mikkelsen è Jacob Petersen, un personaggio ricco di sfumature e di contraddizioni che trae forza dalle intimazioni e dalle coercizioni, dopo una vita avventurosa, ha deciso di dedicarsi ad aiutare gli orfani in India. Quando l'asilo che gestisce rischia di chiudere, riceve un contributo di quattro milioni di dollari a patto che vada a prenderseli in Danimarca, dove il ricco donatore lo ha invitato al matrimonio della figlia. Da lì una serie di intrecci, di vecchie storie, di vecchi amori forse mai dimenticati, di sensi di colpa, di amore e morte e quant’altro.
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" C'è del marcio in Danimarca" è il titolo molto appropriato di una serie di film che Sky trasmette nella programmazione Cinema Cult.
Mads Dittman Mikkelsen è Jacob Petersen, un personaggio ricco di sfumature e di contraddizioni che trae forza dalle intimazioni e dalle coercizioni, dopo una vita avventurosa, ha deciso di dedicarsi ad aiutare gli orfani in India. Quando l'asilo che gestisce rischia di chiudere, riceve un contributo di quattro milioni di dollari a patto che vada a prenderseli in Danimarca, dove il ricco donatore lo ha invitato al matrimonio della figlia. Da lì una serie di intrecci, di vecchie storie, di vecchi amori forse mai dimenticati, di sensi di colpa, di amore e morte e quant’altro.
Il film e ci fa riflettere sul contrasto tra ricchezza e povertà nel mondo – i ricchi viziati con i loro drammi intimisti sono quasi insopportabili – sulla contrapposizione tra libertà e destino dove Mikkelsen conferma la sua bravura in una parte non facile specialmente nei primi piani ossessivi e i lunghi piani sequenza del Dogma di Lars von Trier e dei registi di scuola danese. Un altro attore degno di nota è lo svedese Rolf Lassgård, che viene da successi teatrali impegnativi, e che nel film rappresenta l’opposto di Jacob, un uomo di potere ossessionato dal dover controllare tutto anche dopo la sua morte.
Ho visto “Dopo il matrimonio” di Susanne Nier con molta fatica il film, a mio avviso, è di una certa pesantezza e le figure femminili non sono empatiche, troppo forte è la connotazione di donne ricche e viziate.
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filippo catani
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giovedì 29 agosto 2013
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ritorno al passato
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Un danese vive ormai da anni in India dove si è occupato senza troppo successo di diversi progetti umanitari e attualmente si occupa di dare rifugio a diversi bambini. Improvvisamente l'uomo deve volare a Copenaghen per cercare di ottenere un finanziamento da un milione di dollari che un uomo d'affari mette a disposizione del progetto umanitario che più lo coinvincerà. Si scoprirà che il magnate in realtà è il marito della ex compagna del cooperante.
Ottimo (melo)dramma orchestrato con maestria dalla Bier. Sullo sfondo troviamo la tragedia dell'India in questo caso ma che si potrebbe poi ambientare in diversi paesi; il dramma della povertà e delle malattie che colpiscono i più piccoli.
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Un danese vive ormai da anni in India dove si è occupato senza troppo successo di diversi progetti umanitari e attualmente si occupa di dare rifugio a diversi bambini. Improvvisamente l'uomo deve volare a Copenaghen per cercare di ottenere un finanziamento da un milione di dollari che un uomo d'affari mette a disposizione del progetto umanitario che più lo coinvincerà. Si scoprirà che il magnate in realtà è il marito della ex compagna del cooperante.
Ottimo (melo)dramma orchestrato con maestria dalla Bier. Sullo sfondo troviamo la tragedia dell'India in questo caso ma che si potrebbe poi ambientare in diversi paesi; il dramma della povertà e delle malattie che colpiscono i più piccoli. Con pochi dollari al giorno si potrebbero aprire loro le porte di una assistenza sanitaria decente e avere accesso a medicine per la cura delle più banali infezioni fino all'accesso a cibo e acqua corrente. Dal caldo dei sentimenti indiani tra cooperante e uno dei ragazzini si passa al gelo danese tra il protagonista e la ex compagna; l'uomo infatti nutre un certo rancore per i propri connazionali e in particolare per la sua ex compagna con la quale ha vissuto una storia tormentata e burrascosa. Ben presto l'uomo (e anche la donna a dire il vero) avrà la sensazione che la "reunion" non sia affatto casuale specialmente perchè il magnate insiste perchè l'uomo partecipi al matrimonio della figliastra. Da questo momento entreranno in ballo una serie di sentimenti e di sconvolgimenti che cambieranno radicalmente la vita dei personaggi (di più non si può aggiungere altrimenti si rovina tutta la costruzione del film). Ottimo il cast guidato dal Mikkelsen già protagonista di Open Hearts sempre della Bier e belle anche le ambientazioni. Insomma forse un po' un melodramma che nella trama ricorda quelli di un tempo passato per il suo sviluppo ma che coinvolge emotivamente lo spettatore e alla fine questa è la cosa più importante.
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clemo
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martedì 13 novembre 2012
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meraviglia assoluta
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Descrivere cosa provai quando vidi questo film non è facile,perchè mi ha profuso un?infinità di emozioni.
Susanne Bier è una regista che,con semplicità, riesce a regalare pure emozioni, che ti lasciano senza fiato, come quando ci si ritrova investiti da una folata di vento sul viso.Grande Susanne, non mi deludi mai.
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osteriacinematografo
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lunedì 13 febbraio 2012
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il perfetto congegno dell'orologiaia bier
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Il film inizia con una dolce immersione nel caos, nel calore e nel colore indiani. Segue l’abbraccio toccante e perfettamente aderente fra un uomo europeo e un bimbo del luogo. L’uomo è Jacob, un danese costretto, suo malgrado, a rientrare nella terra natia per reperire fondi utili alla sopravvivenza dell’orfanotrofio in cui quel bimbo e tanti altri hanno trovato una casa.
E così lo stacco fra la miseria d’India e il verdeggiante sfarzo danese è prepotente.
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Il film inizia con una dolce immersione nel caos, nel calore e nel colore indiani. Segue l’abbraccio toccante e perfettamente aderente fra un uomo europeo e un bimbo del luogo. L’uomo è Jacob, un danese costretto, suo malgrado, a rientrare nella terra natia per reperire fondi utili alla sopravvivenza dell’orfanotrofio in cui quel bimbo e tanti altri hanno trovato una casa.
E così lo stacco fra la miseria d’India e il verdeggiante sfarzo danese è prepotente. Susanne Bier trasferisce la scena e l’azione attraverso l’ottica spaesata del protagonista, che immediatamente viene calato in un alloggio modernissimo, zeppo di accessori inutili, simboli istantanei del contrasto con la semplicità della sua vita quotidiana in Asia.
Jacob incontra un ricco magnate che pare più interessato al bicchiere che al progetto che gli viene sottoposto; Jorgen offre però un o spiraglio a Jacob, invitandolo al matrimonio della figlia.
Le nozze rappresentano il punto di svolta in cui si avvia la storia che è dentro la storia, e il film, che pare il congegno sottile e ben calibrato di un sommo orologiaio, si spoglia per gradi della propria struttura in un crescendo di tensioni emotive e rivelazioni sconcertanti. Jacob riconosce dapprima la compagna di un tempo nella moglie di Jorgen , Helene, con cui ebbe un’intensa e travagliata storia d’amore; successivamente, in modo brusco e crudele, coglierà dalle parole della sposa una verità sconvolgente: Anna –questo il suo nome- è sua figlia, una ragazza poco più che ventenne di cui il padre ignorava l’esistenza.
La Bier si sofferma sui dettagli, esita con l’esitare degli attori in scena, indugiando sulle minime incrinature espressive dei loro volti; il terremoto emotivo sconvolge un’intera famiglia, e l’analisi psicologica della regista danese è così attenta da incrociare ogni sguardo, ogni tentennamento, ogni debolezza dei personaggi coinvolti.
I primi piani su Jacob si infittiscono e trasmettono il dolore e l’inquietudine dell’uomo; è una fase di passaggio in cui Jacob cambia pelle e concede una possibilità alla luce nuova che filtra dagli spiragli di un passato dimenticato, la luce del frutto di un amore finito male. L’uomo mette tutto in discussione, compreso il ritorno in India; tenta un arduo e balbettante approccio con la figlia, e si riavvicina ad Helene, quasi spinto dal marito di lei.
Ed ora è proprio Jorgen a conquistare il centro del palco: con sfuggente improvvisazione l’uomo propone a Jacob di gestire in società con Anna un fondo multimilionario, a patto di rimanere in terra danese; Helene s’interroga e indaga sugli strani atteggiamenti del marito, e dalle profondità di un nuovo strato narrativo emerge l’ennesima verità, una verità terribile, che muove Jorgen e il film intero, scoprendo il lato tenero del burbero imprenditore e il suo ruolo centrale e assestante all’interno della famiglia.
Prima che il film termini dov’era iniziato, la mano grande e sicura di Jacob accoglie e contiene quella piccina di uno dei figli di Jorgen, esaudendo in un gesto di cura e protezione la fiducia che in quella mano era riposta.
“Dopo il matrimonio” è un’opera che si percorre in precario equilibrio lungo la corda tesa di un violino perfettamente accordato; è un dramma intensissimo, diretto con cura e raffinatezza estreme, sostenuto da una sceneggiatura solida e mai banale, da fogge architettoniche armoniose, e da un gruppo di attori di grande talento: in particolare, Mads Mikkelsen interpreta Jacob con delicatezza e struggente sensibilità, assecondando ogni vibrazione di un personaggio fragile ed esposto come un nervo scoperto alle vicende che ne stravolgono la vita.
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[+] recensione davvero ben scritta.
(di sophistik)
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picchiri
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mercoledì 1 febbraio 2012
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...da vedere e da amare!!!
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Un film visto, quasi per caso, in tv...mai sentito nominare, ma per fortuna non me lo sono perso!!! La trama si sviluppa piano piano come una ragnatela...dove gli eventi vanno ad occupare, senza fatica, il loro posto come tasselli precisi di un'opera notevole!
Una regia accurata, attenta ai minimi particolari, agli sguardi, ai silenzi...tutto perfetto,niente di più, niente di meno del necessario per dar forma a un capolavoro!!!
Un film che ti fa amare il cinema e ti rendi conto che è una delle tante sfaccettature dell'espressione artistica!!! Una dichiarazione d'amore tra le più belle sentite in un film!
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paride86
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venerdì 27 agosto 2010
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molto bello
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Intenso e misterioso melodramma nordico che tratta l'ìimportanza della famiglia e dei sentimenti. Mi è piaciuta molto la riflessione sulla beneficenza e le missioni: il film si interroga su quale sia la vera generosità e quale, invece, la fuga dalla realtà.
Veramente bello.
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