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Horror Frames: Devil on the Mountain e i film su Bigfoot

Gli horror montanari sul cugino dello yeti.
di Rudy Salvagnini

Tim Thomerson interpreta Eli Van Cleef nel film Devil on the Mountain.
Tim Thomerson Altri nomi: (Timothy Thomerson / Tim Thommerson / Timmothy Tomerson ) (78 anni) 8 aprile 1946, Coronado (California - USA) - Ariete. Interpreta Eli Van Cleef nel film di Steven R. Monroe Devil on the Mountain.

martedì 14 dicembre 2010 - Approfondimenti

Tra i mostri utilizzati sullo schermo per spaventare ce ne sono alcuni che non sono frutto della fantasia degli autori né appartengono alle antiche leggende del folclore, se non in senso lato. Sono gli esseri di cui molti suppongono la concreta esistenza, senza che però ve ne sia mai stata una prova convincente. Sono, in sostanza, l'oggetto dello studio della criptozoologia e sono, da molto tempo, oggetto di speculazioni e soprattutto speranze da parte di chi non pensa che tutto sia stato scoperto, qui sulla Terra. Lo yeti è forse il più famoso tra questi esseri, ma Nessie - il mostro di Loch Ness - lo tallona da vicino. Poi ce ne sono altri meno appariscenti, come il chupacabra, ma non meno suggestivi. Tutte queste creature hanno al loro attivo una filmografia più o meno consistente che ne ha sfruttato gli aspetti mitici e misteriosi per dare un sottofondo di credibilità a vicende per lo più truculente.
Tra queste creature un ruolo di sempre maggiore spicco lo ha assunto il "cugino americano" dello yeti e cioè Bigfoot (Piedone) conosciuto anche come Sasquatch. Il filmato più famoso che lo vede come protagonista è quello girato nel 1967 da due cacciatori in una foresta dell'America del Nord e che dovrebbe dimostrarne, quale unica prova concreta, l'esistenza. Vero o falso che sia il filmato, non ha nulla a che vedere con il cinema horror se non per il fatto che ha stimolato gli autori cinematografici a prendere in considerazione Bigfoot quale credibile protagonista di horror montanari. Tra i primi, The Legend of Boggy Creek (1972), diretto da Charles B. Pierce, specializzato in horror dall'approccio quasi documentaristico, fortemente impregnati di realtà (come Il terrore arriva al tramonto e The Evictors). Anche Bill Rebane - specialista in film dal budget ridottissimo - ha realizzato la sua versione ultracheap a bassa tensione, The Capture of Bigfoot (1979), con esiti modesti almeno quanto il budget. Lo stesso si può dire per Shriek of the Mutilated (1974), diretto da un regista cult dell'ultrabizzarro come Michael Findlay (morto nel 1977 in un incidente di elicottero avvenuto sul tetto di quello che allora era il grattacielo della Pan-Am): questo film è curioso anche per la voluta confusione tra yeti e Bigfoot. I film su questa creatura realizzati in quegli anni sono spesso caratterizzati da approssimazione e scarsi finanziamenti: nessuno però può battere Curse of Bigfoot (1978) di Don Fields, dove in sostanza Bigfoot non c'è nemmeno. Il film infatti è una rielaborazione di una precedente pellicola, Teenagers Battle the Thing, per cercare di sfruttare la Bigfoot mania, ma il mostro contro cui combattono i protagonisti è una sorta di mummia vivente. Più interessante è The Legend of Bigfoot (1976) di Harry Winer, un documentario sensazionalistico e ben poco realistico, ma a suo modo affascinante. Non pertinenti all'horror, ma alla commedia, sono i simpatici Bigfoot e i suoi amici (1987) e la conseguente serie televisiva Harry e gli Henderson (1991-1993), che mostravano il volto "umano" del mostro.
Dopo un periodo di relativa quiete, Bigfoot è tornato alla ribalta in anni recenti quale protagonista di film più compiuti inseriti all'interno del sempre più prolifico filone dei creatures features, pellicole dedicate a mostri di varia foggia e natura. Tra questi, Abominable (2006) di Ryan Schifrin, pur tra manchevolezze dovute principalmente a un budget adeguato ma non principesco, si segnala per l'asciuttezza e la tensione del racconto. Anche The Untold - Agguato nel buio (2002) di Jonas Quastel parte bene e sembra trovare un approccio interessante alla trattazione di un mito sfuggente come quello del Sasquatch, ma si sfilaccia ben presto e si affloscia in una parte finale banale e poco convincente. Ma il filone non si è fermato e un altro esempio recente è Devil on the Mountain, diretto quattro anni fa da Steven R. Monroe, ma arrivato solo ora da noi direttamente in dvd. La trama mescola thriller e horror per avvicinarsi al suo oggetto principale in modo obliquo.
Quattro banditi - Vin, Travis, Wade e Kayla - rapinano la banca di una cittadina indossando delle maschere da scimmia per non farsi identificare. Il colpo riesce, ma ci sono complicazioni e, prima di darsi alla fuga, i criminali ammazzano un poliziotto. La cosa desta sensazione e allerta le forze dell'ordine. I banditi scappano in auto prendendo una strada nel bosco, inseguiti dall'anziano ma tenace sceriffo Harris. La concitazione porta i banditi a scontrarsi frontalmente con Erin, una donna che sta compiendo un lungo viaggio in auto ed è perciò piuttosto appannata. Harris e i suoi uomini arrivano sul luogo dell'incidente, ma è costretto a lasciar andare i banditi, che tengono la spaventata Erin in ostaggio. Braccati, si rifugiano nella casetta nei boschi del rude Chase Jackson (Lance Henriksen), ma un essere mostruoso è sul punto di intervenire.
La storia mette a confronto dei rapinatori di banca con un mostro e combina quindi gli elementi tipici del poliziesco con quelli dell'horror. Nel farlo, ricorda molto da vicino la trama di un vecchio film, The Beast from the Haunted Cave (1959), prodotto da Gene Corman (con il non accreditato supporto del fratello Roger) e diretto da Monte Hellman, più tardi autore di pellicole molto interessanti e singolari (da Le colline blu a Iguana): in quel film, caratterizzato da effetti speciali al super risparmio, i banditi erano capitanati dal compianto Frank Wolff (Salvatore Giuliano) e dovevano fronteggiare la minaccia di una creatura indefinita nella sua natura. In questo, il mostro è individuato invece chiaramente nel Sasquatch, o Bigfoot, e la sua minaccia si rivela decisamente più concreta. L'intreccio è abbastanza articolato - e il tratteggio dei personaggi sufficientemente brillante pur all'interno di prototipi assai consueti - da destare inizialmente interesse, ma il suo affidarsi a situazioni già straviste e la lentezza nello sviluppo della trama fanno diminuire progressivamente l'interesse. Per dare vivacità a una vicenda che si presenta comunque piuttosto schematica, lo specialista Monroe (House of 9) si affida eccessivamente a movimenti di macchina ripetuti e frenetici ottenuti mediante l'uso della macchina a mano: in questo modo, ottiene un risultato più fastidioso che efficace. Bigfoot entra in pieno in azione soltanto nella parte finale con discreti esiti spettacolari e le scene in cui è protagonista sono le migliori del film. Una curiosità degna di nota è che il sempre bravo Lance Henriksen sembra un iscritto al fan club di Bigfoot (se ce n'è uno) perché, oltre a comparire in questo film, è presente anche in Abominable e The Untold - Agguato nel buio. Altri veterani del cast sono il rugoso ma efficiente Rance Howard, papà del più famoso Ron Howard (attore e soprattutto regista di grande successo), il vecchio "duro" Tim Thomerson e un ambiguo Craig Wasson, che molti ricorderanno come protagonista di Omicidio a luci rosse, uno dei più efficaci thriller di Brian De Palma. C'è anche un affettuoso omaggio al western all'italiana: il cacciatore interpretato da Thomerson si chiama infatti Eli Van Cleef (da Eli Wallach e Lee Van Cleef).
La creatura dei boschi del nord degli Stati Uniti resta un'affascinante miraggio che, come lo yeti e il mostro di Loch Ness, si vorrebbe veder concretizzata nella realtà per dare spazio al sense of wonder che la civiltà ha ridotto ai minimi termini, ma attende ancora una definitiva consacrazione cinematografica.

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